Promessa
  ● Autore: Dark Magician

Solitudine.
Tristezza.
E rancore.
Questo sentiva Sora a volte, senza sapersene spiegare il motivo.
Gli capitava spesso di svegliarsi piangendo per sogni che non aveva fatto, di odiare la propria immagine allo specchio, di sentirsi abbandonato nonostante fosse insieme ai suoi due più cari amici.
All’inizio non capiva.
Era a casa.
Aveva ritrovato Riku e riabbracciato Kairi.
Gli heartless erano scomparsi da tempo.
Niente più pazzoidi a bramare il Kingdom Hearts.
Niente più guerre da combattere.
Eppure c’era qualcosa che non andava, dentro di lui.
Fu col passare del tempo che cominciò a comprendere.
Comprendere perché ogni volta che faceva l’amore con Kairi gli doleva una parte del cuore, perché sedersi davanti al fuoco d’inverno lo faceva piangere, perché sentiva la mancanza di qualcosa.
Era parte della sua anima che continuava a sentire.
“Riku", chiese un giorno all’amico, “E’ possibile che la coscienza di un Nobody non scompaia del tutto?"
L’altro ragazzo sorseggiò una bibita pensieroso “Potrebbe darsi. perché?"
“perché credo che Roxas soffra"

E infatti Roxas soffriva.
finché Sora era sveglio e concentrato su qualcosa no, il suo barlume di coscienza si spegneva.
Ma quando il Prescelto del Keyblade si addormentava, si inebriava o si rilassava troppo, ecco che la sua mente ricominciava a funzionare.
Sora non poteva condividere i suoi ricordi, questo no, ma al contrario Roxas era in grado di leggere quelli di Sora.
Aveva passato notti intere a sfogliare la mente del ragazzo, alla ricerca sempre e soltanto di quel ricordo, che guardava e riguardava all’infinito, fino a che le luci del mattino non lo facevano ritornare al suo mesto sonno.
Luci del mattino che illuminavano le lacrime sulle guance di Sora.
E il giovane Prescelto del Keyblade se ne chiedeva il perché.
perché si svegliava col cuscino inzuppato e gli occhi rossi, nonostante non avesse avuto né incubi né sogni particolarmente tristi.
Non sentiva quelle lacrime come sue.
E Roxas, nella sua semi-incoscienza, continuava a piangere.
Nemmeno le lacrime potevano appartenergli.
Nemmeno il dolore poteva essere veramente il suo, no.
Gli occhi erano di Sora, quindi le lacrime erano di Sora.
Non di Roxas.
Ma di Sora.
E questo gli faceva ancora più male.
Ma la cosa che gli doleva di più in assoluto era una sola.
Era il motivo per cui ogni notte sfogliava sempre e solo quel ricordo, per cui obbligava Sora a versare lacrime che avrebbe versato al massimo per pietà.
Era perché Lui se n’era andato, e non aveva nemmeno potuto dirgli addio.

***

Sora entrò nella sua casetta di corsa.
Era pieno inverno alle Destiny Islands, così freddo che quell’anno aveva persino cominciato a nevicare.
Questo per gli abitanti del luogo era abbastanza insopportabile, non tanto per la neve ma piuttosto per il gelo a cui non erano abituati, date le temperature quasi tropicali delle isole.
Per questo Sora avrebbe approfittato delle vacanze di Natale e del tempaccio per fare visita con Riku e Kairi a King Mickey e a tutti i loro vecchi amici.
Ma prima c’era una cosa che doveva assolutamente sistemare.
Si tolse le scarpe e si accoccolò a gambe incrociate davanti al fuocherello che scoppiettava nel caminetto.
Lanciò un’occhiata al padre, che dormiva su una poltrona col giornale appoggiato sulla pancia, e, accertatosi che era profondamente assopito, sussurrò quasi impercettibilmente: “Cos’è che ti fa male?"
Aveva capito che Roxas era piuttosto cosciente in certi momenti ma non aveva la più pallida idea di quando lo fosse.
Però gli era capitato spesso di piangere davanti al caminetto, quindi forse ora era uno di quei momenti.
Infatti qualche parte di lui gli rispose.
Non una risposta verbale, piuttosto un brivido, una puntura in mezzo al petto, ma gli bastarono per capire.
Non cercò nemmeno di fermare le lacrime che gli scivolavano fuori dagli occhi, ora ne capiva il perché.
Quelle iridi blu mare non erano soltanto sue. Ora erano di Roxas.
Allungò una mano verso il fuoco, lasciando che le dite ne assaporassero appieno l’ustionante passione, e sorrise.
Un rimpianto cadde sul morbido tappeto rosso, insieme a quelle cristalline gocce salate.
Avrei voluto dirgli addio..

Il mattino dopo i tre amici arrivarono alla Twilight Town.
“perché siamo qui?", chiese Kairi guardandosi attorno, e Sora le sorrise.
“Me l’ha chiesto Roxas"
E senza aggiungere altro si incamminò, fino a raggiungere la mansione abbandonata.
Si arrampicò sul cancello, e una volta scavalcatolo entrò nella casa.
Per la prima volta riuscì a condividere i ricordi di Roxas e li utilizzò per raggiungere i sotterranei, una sala in particolare.
“Si è dissolto nelle ombre", disse poi all’altro se stesso, “Però questo lo sapevi già, vero? Quindi perché sei voluto tornare qui?"
E’ qui che mi ha promesso che ci saremmo incontrati di nuovo nella prossima vita, gli rispose una qualche parte della sua anima. Roxas tacque per qualche istante, poi aggiunse:
avrei dovuto dirgli addio allora. Dopo non l’ho più visto. E immaginavo che sarebbe finita così.
Sora annuì.
“E’ morto perché anche tu non facessi la fine degli altri", disse portandosi una mano al petto “perché non scomparissi fra le ombre anche te"
Forse sarebbe stato meglio.
Sora non rispose. Chiuse gli occhi e rimase in silenzio, finché non sentì che Roxas stava ritornando nella sua incoscienza.
Solo allora sussurrò: “Un giorno vi incontrerete ancora. Per il momento puoi dirgli addio qui"
Una lacrima solitaria abbandonò le iridi blu di Sora, gli rotolò sulla guancia e cadde a terra con un rumore cristallino.
Addio.
Dentro Sora Roxas sorrise. Era il momento di tornare a dormire.
Lanciò un ultimo sguardo all’oscurità davanti a sè con gli occhi dell’altro se stesso, frugando fra quei pochi ricordi che erano veramente suoi, pochi ricordi fino a trovare quello che cercava.
Un sorriso dolce, le lacrime tatuate sulle guance, le iridi verde brillante in quel momento così sincere.
E una promessa.
"Incontriamoci di nuovo nella prossima vita"
Sì. Ti aspetterò.



Fine

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