FanFic Garden

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Teoskaven
SeeD
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Re: FanFic Garden

Messaggio da Teoskaven »

La ragnatela nella Pietra
Parte 4 di 5: "Il domani che mi dirà: "Ti aspettavo"."


Al tramonto la Barzul Grandark scivolava sull'oceano, e finalmente vedeva la costa di quella che doveva essere la Lustria.
Teoskaven stava davanti a tutti, silenzioso. Felix e gli altri si erano stupiti quando era tornato da solo con il corpo senza vita di Ulrika e la testa del Signore della Guerra Skaven. Non aveva detto neanche una parola; sembrava cambiato totalmente e l'unica cosa che aveva fatto capire era che aveva cambiato il nome.
Dopodichè Byrrnoth aveva conceso l'uso della Barzul Grandark per "un'esplorazione di cacciatori di tesori": in questo modo nessuno avrebbe fatto troppe domande e la segretezza sul portale sarebbe stata preservata.

Felix: Ascolta, Lea... Teo, scusa: io e gli altri non crediamo che la morte di Ulrika sia opera tua.
Tsk: Lascia stare: è stato comunque un mio errore, e voi non potete capire. Nemmeno la vendetta ha saputo confortare, ma solo le fiamme della purificazione potranno un giorno redimermi.
Felix: No, guarda che...
Gotrek: Omuncolo, lascialo perdere: altro mondo, altre abitudini, magari anche quella di perdonare.
Felix: ...sì, ma non è giusto...
Gotrek: Omuncolo...
Felix: Ok, ok... Prego che un giorno però tu possa ritrovare la pace con te stesso. Comunque vedo non ha molta importanza ora. Sbarchiamo e finiamo questa cosa in fretta: se solo la metà delle cose che ho sentito sulla Lustria sono vere saremo in pericolo non appena metteremo piede nella giungla.
--o--
Il gruppo era già al terzo giorno di viaggio e l'accampamento era stato posizionato su una piccola altura; in quanto Nano, Barzul aveva voluto fare le cose in grande e aveva creato una trincea con muretti di legno e acciaio e postazioni per i suoi archibugieri.
Attorno al falò nessuno aveva voglia di parlare; le malattie avevano ucciso già 4 nani, e non ci sarebbe voluto molto per gli altri. Ma a Teoskaven importava poco: il fuoco gli ricordava solo il suo incontro con Rh'llor; una divinità... chi l'avrebbe mai detto?
Mentre l'alchimista era nei suoi pensieri Felix decise di spezzare il silenzio facendo il punto della situazione.

Felix: Dobbiamo trovare la città con questo portale alla svelta, altrimenti qua facciamo tutti una brutta fine. Teo, sei sicuro che sia la direzione giusta?
Tsk: Sempre che questa mappa abbia ragione; e comunque è strano.
Marcus: Cosa?
Tsk: C'è scritto chiaramente che la città è disabitata eppure (sempre se siamo vicini ad essa) continuo a sentire strani rumori, e un inspiegabile puzza di bronzo lavorato in modo pessimo...
Gotrek: Può darsi che ci siano miniere o cose simili; io non mi preoccupo più di tanto. E poi, se anche fosse una qualche creatura misteriosa sarebbe un avversario degno per la mia gloriosa morte.
Tsk: Certo, ma io invece gradirei arrivare vivo fino al portale.
Marcus: Come tutti noi del resto.
THUMP
Tsk: "!" Avete sentito?
Snorri: Cosa?
Marcus: Io non ho sentito niente...
THUMP
Marcus: cxxxo, stavolta l'ho sentito anch'io.
Felix: Cosa può essere?
Barzul: Una creatura della giungla, poco ma sicuro...
Gotrek: Speriamo sia grossa! *__*
Tutti: GOTREK! :grr:
THUMP THUMP THUMP

Dalla boscaglia emerse qualcosa attirato evidentemente dal fuoco: non era una lucertola, ma nemmeno era un dinosauro. Era un rettile comunque, ma spaventosamente grosso e per niente amichevole.
Prima Marcus provò a sparare un globo di fulmini contro la testa della creatura, ma l'effetto fu solo di farla inferocire; poi Teoskaven provò a ingabbiarla usando le rocce circostanti, ma neanche questo funzionò. Gotrek e Snorri stavano per buttarsi addosso alla creatura quando Felix intervenne dando il miglior consiglio di quella notte.

Tsk: Merda... CORRETE!
Barzul: Ma il mio povero accampamento... :smt009
Tsk: Se non vivi abbastanza da starci a che ti serve? Restiamo uniti ed evitiamo di perderci!

Il gruppo corse a predifiato giù dall'altura, nel cuore della vegetazione, inseguiti dalla bestia inferocita, se ne poteva sentire i ruggiti anche a centinaia di metri di distanza. Teoskaven corse finchè potè, ma poi inciampò in qualcosa; un cadavere, una radice, poco importava: il buio della notte divenne ancora più buio.
--o--
Teoskaven si risvegliò in quella che pareva essere una primitiva costruzione di pietra; girandosi vide che alla porta c'era Felix.

Tsk: Ohi... la mia testa...
Felix: Ah, ti sei ripreso vedo; tutto bene?
Tsk: Uhm, sì, sì. Senti, ma che è successo?
Felix: ...Ecco, quando sei svenuto ti abbiamo raccolto: pensavamo comunque che non ce l'avremmo fatta, ma dopo poco è arrivato qualcuno ad aiutarci, scacciando la bestia.
Tsk: Ah... e chi sarebbe che ci ha aiutato?
Felix: Guarda fuori dalla finestra...

Quando si affacciò, l'alchimista non riusciva a credere ai suoi occhi.
Era un'intera città fatta di pietre dorate che scintillavano alla luce del Sole con piramidi alte e a grandi terrazze; ma la cosa che più colpiva erano gli abitanti, bizzarri rettili umanoidi di avrio tipo e dimensione; alcuni erano più massicci e avevano zanne e spuntoni, altri ancora erano più piccoli e per cavarsela avevano cerbottane; quelli più grossi poi sarebbero stati capaci di ridurre un masso in briciole solo con gli artigli. Ma ovunque c'eranop rudimentali armi come mazze e lame piccole.

Tsk: "Ecco cos'era tutto quell'odore di bronzo..." Felix, dove sono gli altri?
Felix: Li stanno tenendo prigionieri: quando quelle piccole lucertole ci hanno trovato dopo aver scacciato la bestia hanno visto la tua coda e ci hanno portato qui. Sembra che vogliano che tu parli con il loro capo, ma se vuoi un parere non credo sia una mossa saggia: molti ti additano dicendo qualcosa come "Sei il figlio del Ratto.".
Tsk: "Tz, non si finisce mai con i pregiudizi..." Felix, è meglio se parlo con questo loro capo: magari riesco a convincerlo a liberare Gotrek e gli altri, no? E poi non ho idea di dove possa essere il portale, tanto vale chiederlo a lui.

Teoskaven uscì dalla capanna, ma non ci mise molto a far sì che gli Uomini Lucertola lo notassero; arrivò da lui uno di quelli piccoli agghindato in un mantello di scaglie purpuree e con uno sgargiante scettro dorato.

???: Tu! Figlio del ratto! Lord Mazdamundi ha decretato di parlare con te. Ti avverto, bada bene a ciò che dirai o farai: non ci vai a genio e i Sauri della città non vedono l'ora di banchettare con le ossa dei tuoi compagni...
Tsk: Io... Perchè non mi avete ucciso subito? Non dovrei essere un pericolo io?
???: Lord Mazdamundi ha fermato le nostre azioni prima che le compissimo, ma ora muoviti: i miei compagni Scinchi ti scorteranno.

L'alchimista venne pungolato dalle piccole armi di quelle lucertoline bipedi fino a che non giunse davanti alla più grande piramide dorata. Appena accanto ad essa c'era una gabbia dove Gotrek, Snorri, marcus, barzul e il resto della spedizione erano rinchiusi.
Salì i gradoni finchè lo Scinco agghindato non gli fece cenno di fermarsi; a quel punto la porta sulla cima della costruzione si spalancò e dall'interno uscì una portantina retta da 4 robusti Sauri: sopra stava una specie di grasso rospo addormentato.
Quando la portantina si fermò davanti a Teoskaven, lo Scinco si mise in ginocchio di fronte al rospo, mise una mano sulla sua fronte e subito si caricò di energia. Dopo poco i suoi occhi divennero rossi e iniziò a parlare con una voce diversa.

???: Io sono Lord Mazdamundi, sovrano di questa città. Figlio del Ratto, hai catturato la mia attenzione: nonostante le tue origini tu sembri un essere puro, il che ti rende inusuale.
Tsk: Io... vi ringrazio, Signore, ma non era mia intenzione arrecare diturbo alla città e ai suoi abitanti.
Mazdamundi: Infatti... sento che ne tu ne i tuoi amici siete qui per le richezze, ma per qualcos'altro... Ah! E così vuoi attraversare il portale che abbiamo noi? Vedi, io posso aprirlo, ma devi prima dirmi perchè hai bisogno di esso.

Teoskaven raccontò della sua storia, di come fosse arrivato in quel mondo e di cosa fosse successo. Lo Scinco posseduto ascoltò calmo tutta la storia, dopodichè sorrise.

Mazdamundi: Capisco... sei un essere davvero fuori da ogni piano che gli Antichi avessero mai progettato. E sia: aprirò il portale. Tuttavia dimmi: cosa devo fare dei tuoi amici?
Tsk: Loro non c'entrano, erano solo venuti per accompagnarmi.
Mazdamundi: Allora farò in modo che tornino alle loro terre.
Tsk: Grazie, mio Signore.

Lo Scinco posseduto fece un gesto con la mano: sugli scalini della piramide comparve il portale che tanto l'alchimista aveva cercato. Prima di passare dall'altra parte tuttavia si fermò per vedere un'ultima volta i suoi compagni.

Marcus: Cerca di cavartela dall'altra parte, ok?
Gotrek: Ratto, torna ogni tanto a trovarci.
Felix: Teo, noi non ti dimenticheremo; pregherò perchè neanche tu ti dimentichi di noi.
Tsk: Grazie a tutti voi: spero un giorno di tornare e di rivedervi.

Cercò di sforzarsi in un sorriso, ma le lacrime facevano capire che avrebbe lasciato quel mondo a malincuore.
Sgomberò a mente da tutti i pensieri tranne che quelli riguardo al trovare la Guenda e dopo un profondo respiro varcò il portale.
Teoskaven
SeeD
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Re: FanFic Garden

Messaggio da Teoskaven »

La ragnatela nella Pietra
Parte 5 di 5: "La Fine dell'Inizio"


Un altro giorno qualunque nel paesino in mezzo al deserto; Teoskaven una volta varcato il portale ha preso la decisione di non proseguire oltre, pertanto si è stabilito in quello sperduto gruppo di case giallastre, giorno dopo giorno sotto un sole che non tramonta quasi mai. Tre settimane sono ormai passate, ma l'alchimista non ha ancora perso la speranza. Nonostante la sua coda ancora una volta sia stata simbolo di discriminazione è riuscito a trovare un posto grazie alle sue arti alchemiche.
Ora, seduto sotto i tendoni del bar locale aspetta che la pausa finisca e che lui possa riprendere ad aiutare nella ricostruzione delle mura della città, ma in cuor suo non riesce a dimenticare dove è stato e con chi ha viaggiato.

Tsk: "Non voglio altri morti sulla mia coscienza: non voglio che altre persone si interessino a me quando devono solo essere di passaggio"
???: Ehi, tu.

A parlargli è stato un uomo: non si vede il volto, ricoperto da bende e due lenti, ma dall'aspetto sembra abbastanza forte da poter essere anche lui un muratore. Ma allora perchè Teoskaven non l'ha mai visto prima?

???: Credo che questo ti possa interessare.

L'uomo butta un giornale in faccia all'alchimista: la data è di un paio di giorni prima, ma è l'articolo in prima pagina a saltare all'occhio.

Tsk: Incidente... Star island... Guenda... !!!
???: Esatto; non è forse quella nave ciò che stai cercando? Non è molto distante da qui e sembra da quel che c'è scritto che sia danneggiata, quindi non dovrebbe scapparti da sotto il naso.
Tsk: Io.. bhè, ecco...
???: Alle stalle vicino allo Spazioporto è arrivato recentemente un pennuto giallo, molto veloce dicono: usa quello e vai in direzione Sud-Sud Est. Là troverai la nave che cerci. Tieni anche questi: soldi per prendere l'uccellaccio e erba Ghisal per nutrirlo durante il viaggio. Adesso va.
Tsk: Io... aspetta: come fai a sapere così tanto su di me, e perchè mi aiuti?
???: Mf... diciamo che sono il tipo che aiuta chi dimostra di meritarsi il mio aiuto.
Tsk: "?"...Grazie, non lo dimenticherò.

Teoskaven corse fuori dai tavolini, mentre l'uomo, vedendolo allontanarsi si sedette a quello che era il suo posto.

???: Ecco un altro che parte... un'altra stella che presto splenderà in questa Galassia.

Epilogo (o Prologo?)
SOTTOFONDO

Teoskaven incitava il Chocobo ad andare più forte verso la direzione indicata; alle sue spalle ormai il paesino, l'ultimo ricordo di esso era un cartello con su scritto "Arrivederci dalla popolazione di Salgin".
La Guenda: forse l'aveva finalmente trovata, forse aveva finalmente terminato quel suo lungo peregrinare tra mondi e razze di ogni specie.
Aveva lasciato dietro di se una scia non indifferente di persone e anche di cadaveri, ma non doveva pensarci troppo: ora che l'obbiettivo era vicino non poteva farselo sfuggire.

Tsk: Chissà chi troverò dentro... ah, già: devo preparare una scheda con i miei dati. Non posso certo presentarmi a mani vuote.

Poi ripensò a Ulrika, poi a Frank il Bardo e poi alla sua famiglia: suo nonno Kayal, sua madre e anche suo fratello e il padre che non aveva mai conosciuto.

Tsk: "Io... ho passato molti fatti e ho vissuto tante esperienza, ma voi siete le persone che non voglio dimenticare. Mai. Madre, Nonno... vi prometto che un giorno tornerò, e allora vi farò vedere quanto sarò diventato forte!" Andiamo bello: sento già il profumo del metallo della Guenda!

Il Chocobo gracchiò e aumentò la velocità: all'orizzonte iniziava a delinearsi la sagoma di un'aeronave...
Ogni volta che chiudo i miei occhi
sono assalito da ricordi senza tempo
ma non importa dove sono ho che farò
la via verso casa sempre io sognerò.


FIN
Lenne
Guerriero
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Re: FanFic Garden

Messaggio da Lenne »

PROMISE OF A LIFETIME


Succede che a volte inseguiamo qualcosa.
Ma non sappiamo nemmeno noi che cosa sia, in realtà.


«Claire…!».
Corsi lungo il viale abbracciato dagli alberi in fiore, il fiato corto e lo sguardo fisso sulla figura a pochi metri da me. Volevo urlarle di fermarsi, implorarla di tornare indietro.


E spesso, quando alla fine raggiungiamo ciò che stavamo cercando, ci accorgiamo che in realtà abbiamo sbagliato strada. Completamente.


Lei si voltò. Alcune ciocche dei lunghi capelli sfuggivano dalla coda che li teneva legati, andando a lambire lievemente il collo e il viso sottile.
Non mosse un passo per venirmi incontro, aspettando che fossi io a raggiungerla; mi fermai davanti a lei respirando a fatica, l’angoscia perfettamente leggibile nei miei occhi.
«Lenne…» sibilò ricambiando il mio sguardo.
Vidi perfettamente il suo viso – diafano per la fame – rigato da pericolose venature che indicavano il suo stato precario; le occhiaie, le iridi che da verde smeraldo si erano tinte di nero…
Il tempo era scaduto. La mia promessa infranta.


La strada che avremmo dovuto percorrere si rivela in realtà molto più lunga e impervia, molto più tortuosa, piena di ostacoli… ma è in quella strada quasi impraticabile che impariamo davvero a conoscere noi stessi.


«Vieni con me» mormorai.
Sorrise la ragazza. Un sorriso strano, malsano, perverso.
«Li ho uccisi» sussurrò. Rimasi immobile a guardarla. «Tre civili, persone innocenti».
«Ho visto…».
Rise piano – forse per via delle mie risposte semplicistiche, forse perché stava perdendo del tutto il senno – osservandosi le mani sporche di sangue. «Non ti disgusto?».
«Io…».
Non mi concesse di proseguire: me la trovai addosso e fu solo per mero istinto che riuscii a evitare la sua morsa, rotolando di lato e rialzandomi subito dopo; la seconda volta fui meno fortunata, quattro profondi solchi si aprirono sull’avambraccio sinistro.
«Ascoltami!» gridai, stringendo la ferita con l’altra mano.


Perché ci affanniamo tanto a percorrere queste strade, cercando disperatamente quello che ci appartiene? Ostinandoci su percorsi forzati, nonostante sappiamo bene che il più delle volte ci conducono a vicoli ciechi o profondi strapiombi.
Pienamente consci che la riuscita del nostro viaggio non è affatto garantita.


Per un attimo la vidi volgere lo sguardo altrove, oltre le cime degli alberi: un tempo che mi parve interminabile. Infine si volse nuovamente, negli occhi lo stesso vuoto che già una volta avevo riscontrato… e che voleva dire una cosa sola.
Ma come potevo rivolgere le mie spade su di lei, sulla giovane con cui mi ero esercitata innumerevoli volte e con la quale avevo condiviso tutto?


Non ci basta mai, il tempo che ci trascina nel suo flutto.
È lui che guarda scorrere noi.


Mi ritrovai a terra schiacciata dalla forza della ragazza, che mi teneva premute le braccia contro il suolo tanto da rischiare di spezzarmele; sentivo il suo respiro farsi sempre più affannoso, quasi volesse preannunciarmi cosa sarebbe successo di lì a poco.
Tuttavia non potevo né volevo farle del male e speravo disperatamente che riuscisse a tornare in sé.
«Claire!» gridai cercando di liberarmi da quello scontro di forza a senso unico. «Guardami, sono io!».
Esitò un momento lei, come se effettivamente mi riconoscesse.
In realtà eluse facilmente i miei deboli tentativi di respingerla e sollevò il braccio destro, irrigidendo le dita sino a farle somigliare ad artigli.
«Claire!» la chiamai nuovamente, senza arrendermi.
Ancora una volta parve reagire, esitando a vibrare il colpo di grazia.
Rialzato lo sguardo, rividi per un attimo la luce tornare ad albergare nei suoi occhi.
«Le… Lenne…» balbettò come un malato al suo ultimo respiro, scostandosi e dandomi modo di risollevarmi. Resa cieca dalla speranza, mi avvicinai.


Il tempo che sviluppa cambiamenti. Il tempo che ci trascina verso fine o inizio.


Prima ancora di poter muovere il terzo passo, l’istinto ebbe la meglio e la giovane, scagliatasi in avanti, diresse un colpo esattamente al centro del petto. Fu solo per vero miracolo – forse per il suo estremo tentativo di reagire a quella che ormai era la sua natura – che gli artigli, anziché affondare nel torace, procurarono una ferita non particolarmente seria ma abbastanza grave da indebolirmi e rendermi ulteriormente inerme.
Gridai per il dolore.
Questa volta era davvero in condizioni di poter chiudere la faccenda e sembrava determinata a farlo se non che, per la terza volta, esitò rimanendo immobile come una statua di sale.
Forse fu la vista di me ridotta in quello stato, forse la consapevolezza interiore di esserne la responsabile, forse la sua coscienza… fatto sta che i suoi occhi di nuovo si accesero di vita e da quel momento fu come se due entità stessero lottando per il controllo dello stesso corpo.


Sempre avanti.
Indietro non si torna. Mai.


I movimenti si fecero meccanici, quasi spasmodici e se una gamba provava ad avanzare, l’altra cercava di far perdere l’equilibrio; se una mano cercava di attaccare, l’altra l’afferrava.
Come una bambola nelle mani di una bambina, la ragazza cominciò a strattonarsi e dimenarsi in tutte le direzioni urlando come una dannata, arrivando persino a lacerarsi le vesti.
Atterrita e sconcertata, la guardai contorcersi in preda alla più terribile agonia.
Finalmente parve tornare padrona di sé ma dalla paralisi che sembrava aver colpito tutto il suo corpo, era evidente che non lo sarebbe rimasta per molto tempo e lo sguardo che mi rivolse, così determinato e insieme triste, mi fece avvertire un terribile colpo al cuore.
«Claire…» ripetei per l’ennesima volta.
«Presto!» disse lei. «Uccidimi!».
Attonita, non volli credere di averla sentita pronunciare proprio quella parola.
«Che cos’hai detto?!».
«E’ l’unico modo per salvarmi e tu lo sai. Non c’è cura per ciò che sono diventata e solo con la morte potrò trovare liberazione!».
«Non puoi chiedermi questo… non puoi…».
«Lenne!» gridò con rabbia ma piangendo nel contempo. «Ti prego! Non voglio passare la mia esistenza come un mostro! Solo tu puoi aiutarmi in questo momento!».
Scossi la testa.
«Fai presto! Non so per quanto ancora potrò resistere!».
Non volevo credere che stesse accadendo davvero. Dovevo togliere la vita a qualcuno.
Dovevo toglierla a lei.


È quando la nostra mente si trova nel bivio della coscienza e si hanno due sole possibili strade, quella giusta e quella sbagliata, che iniziamo a sentirci persi; non possiamo pretendere di affidarci agli altri per il resto dei nostri giorni.
Quando arriviamo a quell’incrocio, la scelta è solo nostra.
Non c’è compromesso, non si possono mischiare le due facce. Ci sono solo il bene e il male.
Per quanto la decisione possa sembrare scontata, in realtà non lo è. Tutti credono di scegliere il bene ma in pochi sanno riconoscerlo.


Una parte capiva e sapeva essere quello che la giovane voleva, come lei stessa stava dicendo in quel momento, oltre alla cosa più giusta da fare; malgrado ciò l’altra parte, quella guidata dal cuore, non voleva né poteva accettare una cosa del genere.
In quella, nuvole minacciose coprirono la luna e un violento acquazzone si abbatté attorno.


Imprevedibile è il potere del tempo.
Stravolge la nostra esistenza con il suo corso, ci mostra la verità, le menzogne, i segreti.


Sperduta come un corpo senz’anima, portai la mano destra alla cintola: le dita strinsero l’elsa di uno dei pugnali.
Claire rimase immobile, in attesa del colpo di grazia.
Passarono alcuni interminabili secondi. La mano tremava mentre la vista si faceva sempre più vacua a causa del dolore e della pioggia.
«No…» dissi abbassando il braccio teso per scagliare. «Io… non ci riesco…».
«Lenne…» rispose mentre le lacrime si confondevano con l’acqua sul suo volto. «Non puoi farmi questo… Ti prego, liberami…».
Stavo soffrendo quanto e forse più di lei, sforzandomi di trattenere il pianto.
Sentivo che sarei morta prima di prendere una decisione.


Se ci fosse dunque offerta l’opportunità, saremmo sempre in grado di fare la scelta giusta?
Possiamo cercare di non lasciarci trascinare ma alla fine le cose non vanno mai come speriamo.


Fu il destino a scegliere per me.
Improvvisamente, senza alcun segnale d’allarme, l’irrazionalità ebbe di nuovo la meglio e la giovane si lanciò all’attacco; fulminea, in un gesto dettato dal puro istinto, scattai in avanti impugnando Ryusei.
La lama, quasi invisibile, fendette le gocce d’acqua al proprio passaggio e andò a conficcarsi con forza nel torace della ragazza, trapassandolo e uscendo dalla schiena; per il contraccolpo ella sussultò e un getto di sangue le fluì dalla bocca.
Inorridita, estrassi l’arma.
Claire cadde con un tonfo sordo sulla terra bagnata.
Lasciando la presa sulla spada mi abbandonai sulle ginocchia, accanto a lei.
Passato qualche secondo, la osservai riaprire gli occhi: la luce era tornata, questa volta completamente ma stava già spegnendosi, lasciando inesorabilmente spazio al buio senza fine della morte.
Batté un paio di volte le palpebre per mettere meglio a fuoco e inclinò lievemente la testa.
Mosse le labbra per formulare silenziosamente il mio nome e la sua espressione sfigurata dal dolore si addolcì. Sapevo di avere pochi minuti prima che si arrendesse al gelo della morte.
Che cosa avrei potuto dirle fintantoché avevo la possibilità di farlo?
C’era così tanto… ma non ne avevo il tempo.
Scusarmi, probabilmente. Per cosa?
Per il mio fallimento, per quello verso cui eravamo state condotte.
Per tutto.


Fugge velocemente, il tempo.
Corre e nemmeno ce ne rendiamo conto: corre come i pensieri, liberi e confusi ma tutti con un senso.


«Mi… mi dispiace…» dissi, la voce rotta da lacrime che ancora si rifiutavano di uscire. «Mi dispiace…».
Era colpa mia.
Ero io la causa della sua sofferenza.
«Tu devi...».
Un’improvvisa fitta spezzò le parole. I lineamenti si contrassero in una smorfia di dolore.
Mi piegai verso il suo corpo macchiato di sangue.
«Tu devi…?» ripetei annuendo debolmente, inducendola a continuare senza rendermene conto.
Lei lottò per raccogliere un po’ di energie, ogni frammento che poteva permettersi e sollevò a fatica il braccio destro, sfiorandomi la guancia con le dita; capendo la muta richiesta dietro quel gesto, chinai la testa sino a sfiorarle il petto con la fronte.
Sentii la sua mano insinuarsi nei miei capelli ormai fradici, scompigliarli in quello che voleva essere un gesto rassicurante. Mi tenne stretta sé finché le forze glielo permisero.
No, era troppo simile a quella volta. Troppo.
Solo che in questo caso l’assassina ero io. Erano mie le mani macchiate del suo sangue.
«I momenti che ho passato con te…» mormorò lei. «I momenti che abbiamo trascorso con te… sono stati i più belli che… avessimo mai potuto vivere…».
Non appena quelle ultime parole lasciarono le sue labbra, il braccio della giovane scivolò debolmente al suo fianco, sul suolo bagnato della pianura.
Un brivido lungo e doloroso attraversò le membra stanche, causandole un lamento strozzato che infranse la curva serena delle sue labbra. Mi sollevai lentamente – rivoli di sangue lungo il volto – e quando le feci, lei poté avvertire parte della pressione sollevarsi dal torace, conforto da un peso che pareva più emotivo che fisico.
La vidi spostare la propria attenzione altrove, seguire la linea del suo braccio destro sino alla presenza di Ryusei che giaceva lì accanto. Non fu altro se non la semplice volontà che le permise di tendersi, afferrare la spada e sollevarla per porgermela.
Confusa, non compresi il perché di quel gesto.
Voleva che capissi. Che accettassi.
Come avrei potuto?
Esitai, incerta, eppure dopo un istante cercai l'elsa.
Le dita tremani salirono lentamente ad afferrarne l'estremità e la giovane me la spinse tra le mani in un muto incoraggiamento; in silenzio alzai gli occhi, parzialmente oscurati da alcuni ciuffi gocciolanti, incrociando quelli chiari di lei.
Mi guardava e nel suo sguardo c’era tutto il mondo. Tutta la vita: la mia, la nostra.
La vita che avremmo potuto avere assieme e invece, per un capriccio del destino, ci era stata negata;
Accarezzai il suo viso con la mano libera, riuscendo quasi a sentire il suo cuore rallentare la corsa frenetica, procedendo imperterrito verso gli ultimi battiti.
Schiusi poi le labbra che sapevano ora di sangue, le iridi si tinsero di tristezza.
«Grazie…» fu tutto quello che riuscii a dire. «Per tutto».
Claire annuì con lentezza, troppo debole per pronunciare altre parole: certa che avessi capito, lasciò che gli ultimi residui di energia l'abbandonassero. Rimasi sorpresa dal suo sguardo sereno, non più agonizzante, e dal sorriso che delineò la sua bocca mentre abbassava le palpebre.
Accompagnati da un ultimo respiro, gli occhi si chiusero lentamente, senza dar mostra di alcuno sforzo o dolore.


Ma cosa ci rimane quando si ferma?
Quando anche l’ultimo granello della clessidra è caduto?


Immobile come una statua, rimasi a fissarla aspettando che li riaprisse, nelle orecchie nulla di più che un leggero ronzio; tutto aveva perso significato.
Non era successo.
Non poteva essere successo.
Non doveva essere successo.
Restai lì accanto a lei senza il coraggio di muovermi, disperatamente sola.
Guardai poi quel corpo abbandonato a terra: il suo petto non si muoveva, i suoi occhi non mi guardavano con dolcezza, non mi sorrideva come solo lei sapeva fare, non sentivo la sua voce chiamare il mio nome.
Ancora non capivo, mi rifiutavo di capire cosa stesse succedendo.
Mi sembrava di essere dentro a una semplice storia raccontata in un libro: non ero io quella lì, non era Claire che si trovava distesa priva di vita al suolo.



Che cosa succede quando tutto intorno perde colore?


Mi guardai le mani, odiandomi per ciò che avevo fatto.
Avevo ucciso…
Avevo ucciso chi più mi era caro…
Il suo sangue mi macchiava le mani…
Ero responsabile della sua morte…
Le avevo stroncato la vita con troppa facilità…
Non avevo pensato, l'avevo uccisa… anche se solo per salvarmi.
Anche se si trattava della mia vita…
Non riuscivo a credere di averlo davvero fatto…
Mi maledii con tutta la mia anima, sperai di morire, di sprofondare nella terra e perdermi nella tranquillità del niente.
Il sangue macchiava gli abiti, le dita, il volto, i capelli, le labbra… Persino lo sguardo ne era intriso e mi mostrava una visione distorta di quello che c’era attorno.
Rosso.
L’unico colore che i miei occhi coglievano, quasi fosse il solo presente e tutto il resto si fosse spento in un mare grigio, piatto, sfocato.
Rosso.
Come un peccato del passato, una colpa da dimenticare.
Lacrime che si erano fermate nei miei occhi troppo a lungo finalmente iniziarono a scorrere, taglienti come lame, sebbene la pioggia le nascondesse alla vista.
Troppe emozioni che non riuscivo a capire stavano affiorando dentro di me.
Sollevai la testa; ansimavo come se mi mancasse l’aria, il cuore batteva confusamente nel petto mentre osservavo il cielo tingersi di una nuova alba.
Per un istante rimasi immobile, senza respirare né reagire in alcun modo.
Nella mia mente attonita si susseguirono, rapide, immagini diverse.
Tutto però svanì e un feroce impeto di dolore mi riempì il petto; non all’improvviso ma lentamente, come acqua gelida che cola in un vaso.
Un dolore annunciato. Non per questo meno straziante.


Quante volte abbiamo visto noi stessi, per scelta o costrizione, combattere una guerra tra due lati?
Tra il giusto e lo sbagliato, il bene e il male, la salvezza o la dannazione?
Siamo davvero abbastanza forti da sopportarne le conseguenze?


I pugni si strinsero fino allo spasmo e la voce trovò finalmente la via nella gola.
Urlai, urlai e non potei fare altro.
Urlai tutto il mio dolore, la mia rabbia, la mia disperazione.
Urlai a una persona che non poteva più sentirmi.
Sembrava quasi che tutta la sofferenza racchiusa nel cuore si fosse trasformata in un male fisico e non riuscissi a sopportarlo.
La pioggia gelida pungeva gli occhi, come se il cielo stesse piangendo con me… come se sapesse che ero di nuovo sola. Le gocce piano piano scendevano lungo il viso, inzuppando i capelli.
Cadevano fin nella schiena, impregnando i vestiti. Sfioravano le labbra scendendo lungo il collo come una carezza gentile.
Mi aveva dato fiducia.
Una fiducia che avevo tradito. Una fiducia che non meritavo.
L’avevo lasciata sola.
Contro la mia volontà, d’accordo ma l’avevo fatto e nulla avrebbe mai potuto lenire un simile dolore.
Chiusi gli occhi cercando di cancellare tutto, ma vedevo continuamente il destino che mi sorrideva beffardo, pieno di sé per la vittoria che aveva ottenuto.
Avrei voluto aiutarla.
Avrei voluto salvarla.
Avrei voluto vederla sorridere.
Voglio ancora vederti sorridere!
Bramavo una ragione per continuare a credere nei ricordi che mi venivano strappati via; non riuscivo nemmeno a esprimere il bisogno che avevo di ribellarmi a quella tortura.
Vivere per entrambi… Non volevo una vita senza la loro presenza, perché non potevo considerarla vita.
Come avrei potuto, se loro erano tutto per me?
Come avrei fatto a vivere se in loro era racchiusa tutta la mia esistenza?


Fine e inizio non sono altro che due facce della stessa medaglia. Come giorno e notte.
Vicini, eppure così lontani.

* * * * *

A volte i nostri ricordi sono così forti e radicati in noi che diventano quasi una minaccia per la nostra mente.


La fissai quasi con apatia, come se fosse qualcosa che non conoscevo, qualcosa che non apparteneva alla mia vita: lentamente la sua immagine rievocò nitido ogni frammento del nostro scontro, quasi lo stessi rivivendo una seconda volta.
Ricordavo con precisione i movimenti, le parole… tutto.
Ogni suo minimo cambio d’espressione – persino il meno evidente – mi aveva comunicato più di quanto avessero fatto le parole stesse; avevo capito che, nonostante tutto, ancora mi cercava.
Dicono che gli occhi siano lo specchio dell’anima… ma cosa poteva aver visto lei nei miei, che nulla riflettevano?
Senza permetterle di reagire allungai un braccio e la trassi in avanti, stringendola a me con forza; dapprima s’irrigidì, forse sorpresa, ma alla fine percepii i muscoli della schiena rilassarsi sotto le mie dita.
Appoggiai il viso nell’incavo tra collo e spalla della giovane, che sussultò nel sentirmi tremare.
Mi chiamò con fare incerto e tutto quello che ricevette in risposta fu silenzio.
Avvicinai la bocca al suo orecchio: solo allora si accorse che stavo ridendo.
«Era questo che cercavi da me?» sussurrai.
Si scostò nell’esatto momento in cui la spinsi via; osservai il suo sguardo nel quale si alternavano rabbia, dolore e disgusto, incrociando le braccia al petto.
«Mi fai schifo» disse, controllando a stento il tono di voce.
«Mi dispiace per te» risposi appoggiandomi alla parete, le labbra incurvate in un odioso sorriso.
La sentii distintamente trattenere il respiro prima che accorciasse con poche e rapide falcate la già breve distanza che ci separava.
Il manrovescio mi raggiunse subito dopo, facendomi voltare bruscamente il viso.
Quando tornai a fissarla, vidi che aveva ancora il braccio fermo nel gesto appena compiuto.
«Sei un filo scontata» dissi senza smettere di sorridere.
La sua espressione si fece, se possibile, ancora più gelida. «Avrei dovuto davvero ammazzarti, ieri».
«Parole vuote, finché non le metti in pratica».
«Non meriti così tanto tempo».
La guardai, piegando leggermente la testa. Sì, avevo colto una lieve incertezza nella sua voce. «Chiedimi perché non ti sto dando retta? Ah già, non è un problema mio».
La sorpassai senza aggiungere altro.


«I momenti che ho passato con te… I momenti che abbiamo trascorso con te… sono stati i più belli che… avessimo mai potuto vivere…».


Strinsi i pugni.
«Che senso ha affezionarsi alle persone, se poi queste – in un modo o nell'altro – ti vengono portate via?» sussurrai, incurante del fatto che potesse sentirmi o meno. «Perché farsi illusioni, se poi bisogna sempre ricominciare da soli? A questo punto, meglio esserlo sin da subito: non vivendo di false speranze, le ferite si rimarginano prima».
Immagine

Ti ricordi? È proprio lì che siamo diventati amici.
Perché noi siamo amici, vero?

Quando talor frattanto / forse sebben così / Giammai piuttosto
alquanto / come perché bensì; / Ecco repente altronde / Quasi
eziando perciò / anzi altresì laonde / purtroppo invan però /
Ma se per fin mediante / quantunque attesoché / Ahi! Sempre
nonostante / Conciossiacosacché!


X X X

Sirius
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Re: FanFic Garden

Messaggio da Sirius »

Reminiscenza
Solo nei propri uffici il Colonnello Sorran Drown era intento a leggere i soliti tediosi rapporti sull'attività del Garden di Rinoa quando la sua mente tornò all'ultimo faccia a faccia avuto con il Principe Sirius Valantine prima che partisse per l'Accademia del Garden di Rinoa.

Flashback.

Sirius: “Buongiorno, Colonnello.” disse entrando nella stanza.
Drown: “Salve, Vostra Eccellenza.” rispose mettendosi sugli attenti.
Sirius: “Sono venuto a portarvi i miei saluti, ho appena ricevuto le nuove coordinate: sembra che la Guenda sia in riparazione a Rabanastre.”
Drown: “Rabanastre, in Ivalice? È da molto che non vi recate laggiù.”
Sirius: “Dalla dipartita dell'Imperatore Vayne Solidor, sono curioso di scoprire quali cambiamenti ha subito la città. Prima di partire volevo anche informarvi su interessanti sviluppi: dal recente colloquio con il dottor Cid ho appreso che lui, insieme alla Belias, prenderà parte ad una importante missione segreta. A quanto sembra hanno rinvenuto la parte mancante dell'arma.”
Drown: “Vi ha detto dove si trovava?” domandò interessato.
Sirius: “Sul fondo dell'oceano di un mondo esterno all'Impero, essendo una missione riservata non ha potuto dirmi altro.”
Drown: “Considerate le dimensioni, per assemblarla avranno bisogno di molto spazio.”
Sirius: “Infatti è proprio lì che intendono costruirla: nello spazio. Stando a quanto mi ha riferito hanno già costruito una base geostazionaria sul lato oscuro del satellite di quel mondo e presto la renderanno operativa.”
Drown: “Una lieta notizia, questo faciliterà la nostra vittoria.”
Sirius: “Non contateci troppo, se l'Organizzazione dovesse raggiungere il nostro obbiettivo prima della vostra squadra sarebbe una catastrofe.”
Drown: “Non dubitate, Eccellenza. Dispongo degli agenti migliori dell'impero, non fallirò questa missione.”
Sirius: “Vi consiglio di porre particolare attenzione a Perseo, quell'uomo è più pericoloso di quanto pensiate.”

Drown: “Eccellenza, se mi è permesso, posso sapere l'origine del vostro... rapporto conflittuale con Perseo.”
Sirius: “D'accordo, ritengo meritiate di conoscere la verità. Tutto ebbe iniziato 12 anni fa; io ero uno scienziato a capo di un progetto noto come Veritas. Tale progetto riguardava lo studio della storia passata e la ricerca dei segreti di un popolo ritenuto estinto millenni prima; i Cetra. Tale popolo era giunto sul nostro mondo, Corona, 5.000 anni fa portando con sé un pericoloso souvenir: Tenebras. Deve sapere che Tenebras è il capostipite della razza dei Jenova; egli in origine era un potentissimo Arcimago che, al fine di ottenere il potere supremo, tramutò il proprio corpo. Egli viaggiava di pianeta in pianeta insieme alla sua mostruosa progenie, devastando e distruggendo tutto ciò che incontrava; senza pietà; senza esitazione. Quando infine giunse presso il mondo d'origine dei Cetra la sua sorte cambiò; i Cetra si dimostrarono una razza assai più pericolosa di quanto avesse immaginato. Essi non riuscirono a salvare il loro mondo, che fu privato di ogni forma di vita, ma furono in grado di catturare ed imprigionare Tenebras. Pur non riuscendo ad eliminarlo, furono in grado di contenere il suo potere in un sarcofago che chiamarono Arca Oscura. Fatto ciò Garland, il guerriero che riusci ad imprigionare Tenebras, decise di portare il suo corpo, in stato di animazione sospesa, in un luogo dove i Jenova superstiti non sarebbero riusciti a trovarlo. Purtroppo c'era una cosa che Garland ignorava; i Jenova avevano il potere di tramutare qualsiasi batterio con cui venivano a contatto in un virus estremamente pericoloso. Senza saperlo, durante il combattimento, Tenebras lo aveva infettato ed egli si stava lentamente, ma inesorabilmente, trasformando in un mostro. Accortosi di ciò decise di nascondere il corpo sigillato di Tenebras sul primo mondo che avesse incontrato.”
Drown: “Corona!”
Sirius: “Esattamente. Lo nascose in un labirinto che fece edificare 17 chilometri sotto la superficie terrestre. Dopo di che ordinò ai suoi fedelissimi soldati di sigillare il labirinto con lui dentro; sarebbe rimasto a guardia del corpo affinché nessuno potesse risvegliarlo. E così sarebbe andata se non fosse stato per le mie ricerche.”

Drown: “Tutto ciò è molto interessate eccellenza ma... cosa centra con Perseo?”
Sirius: “Ci stavo giusto arrivando. All'epoca non conoscevo questa storia; invero nessuno poteva conoscerla. L'antica civiltà dei Cetra durò sul nostro mondo il tempo necessario a costruire un labirinto e poco altro. Questo attrasse subito la mia attenzione. Mentre in molti altri mondi vi erano tracce evidenti della civilizzazione dei Cetra, su Corona le tracce superficiali erano esigue; ciò mi fece supporre che avessero sviluppato città sotterranee. Ciò non era lontano dal vero, in effetti. Appena ottenuti i fondi per effettuare le ricerche iniziai subito gli scavi ma, ovviamente, vi era il problema della protezione dei lavoratori e degli scienziati dai mostri; pertanto decisi di assoldare una squadra di mercenari per garantire la nostra incolumità.”
Drown: “E in quella squadra vi era Perseo, giusto?”
Sirius: “Era il comandante della squadra.”
Drown: “E cosa accadde poi?”
Sirius: “Trovammo l'Arca Oscura e Garland; più precisamente trovammo ciò che era divenuto. Pur essendo ormai un mostro da migliaia di anni egli era rimasto fedele al suo compito e difese l'Arca strenuamente. In quell'occasione Perseo diede prova di grande abilità nel combattimento salvando sia i ricercatori che i suoi uomini da quel mostro, dopo quello avrei dovuto comprendere con chi avevo a che fare ed invece... Ad ogni modo portammo fuori il sarcofago ed iniziammo a tradurre quanto scritto sulle pareti del labirinto. Purtroppo quando riuscimmo ad ottenere le informazioni era ormai tardi. Assetato di conoscenza e di potere, cosa che sono tutt'oggi in vero, decisi di non aspettare ad aprire il sarcofago. Prima di vedere il corpo martoriato ed esanime di Tenebras pensai che avrei trovato all'interno la salma del grande condottiero Cetra, Garland” Sirius prese un attimo di pausa per richiamare magicamente la sua spada e poi disse: “Questa spada, la Sargatanas, è l'arma con cui Garland sconfisse Tenebras; il suo rinvenimento accanto al sarcofago mi fece supporre che quella fosse la sua tomba.” Ammirò ancora per qualche istante la sua spada prima di farla sparire e riprendere il discorso: “In seguito compresi che avevo a che fare con qualcosa di molto più... interessante e ritenni che avrei potuto sfruttarlo per le mie ricerche. Accecato dal desiderio di fama e prestigio iniziai ad usare le cellule Jenova per i miei esperimenti; senza curarmi degli effetti collaterali decisi di sperimentare la loro efficacia su cavie umane. Ovviamente si trattava di 'volontari', non avrei mai permesso il sorgere di alcun dubbio sulla legalità della mia ricerca. Purtroppo sottovalutai la pericolosità di tali esperimenti ed alcune cavie sfuggirono al mio controllo, divenendo mostri. Quando Perseo venne a sapere cosa conteneva l'Arca Oscura e in che modo la stavo usando decise di distruggerne il contenuto; evidentemente lo riteneva troppo pericoloso ma io ero interessato solo alle mie ricerche e decisi che lui ed i suoi compagni andavano eliminati; per me non erano altro che degli ostacoli posti sul mio cammino che andavano rimossi e per farlo liberai le mie creature, ma le cose non andarono come sperato. Non avrei mai permesso a nessuno di intromettersi nel mio lavoro e, da incosciente, cercai di fermare Perseo da solo. Durò solo sei secondi lo scontro ed ovviamente lui ebbe la meglio. Contrariamente a quanto credette io non ero ancora morto quando se ne andò, ma la fine sarebbe sopraggiunta a breve. Incapace di arrendermi, incapace di morire; senza accorgermene usai il mio potere per creare un legame con quello di Tenebras. Quando mi risvegliai ero in una camera di sostentamento vitale. Una squadra di soccorso giunta sul luogo mi aveva trovato in uno stato comatoso e mi aveva riportato a Belkan, la capitale dell'Impero. Li il dottor Cid Raines mi tenne sotto stretta osservazione per due interi anni senza che riprendessi conoscenza. Quando, risvegliatomi, capii dove mi trovavo cercai di uscire e, senza rendermene conto, scatenai il potere dell'oscurità ora presente in me. Dal mio corpo scaturirono dei tentacoli di oscurità che trafissero e smembrarono tutti coloro che mi si pararono davanti; in pochi istanti uccisi 28 persone tra scienziati e addetti alla sicurezza. Quando il dottor Cid arrivò io ero riuscito a riprendere il controllo di me stesso. Lui mi spiegò che in qualche modo il cuore di Tenebras si era sostituito al mio e stranamente non provai nulla; ciò era dovuto ad un'operazione fatta dal dottor Cid per privarmi dei sentimenti. Questo perché l'oscurità trae il suo potere dai sentimenti quali odio, rabbia, paura, invidia, bramosia, superbia, eccetera. Così facendo però l'oscurità consuma lentamente la volontà degli individui che la usano; pertanto privarmi della capacità di provare emozioni era l'unico modo per controllare l'immenso potere di Tenebras.”
Drown: “Incredibile, e che cosa accadde a Perseo.”
Sirius: “Quando chiesi di lui mi dissero che aveva lasciato il nostro mondo; d'allora, pur riuscendo a trovare alcune informazioni sul suo riguardo, non ebbi più modo di incontrarlo fino al giorno in cui entrai al Garden di Rinoa.”
Drown: “Suppongo ch'egli non sappia della vera natura di Tenebras?”
Sirius: “Credo proprio di no, avrà probabilmente intuito che si trattava di un essere pericoloso, ma se avesse saputo la verità avrebbe tentato di eliminarmi una volta scoperto che posseggo il suo cuore. In effetti, le persone che conoscono la verità si contano sulle dita di una mano.”
Drown: “Perché avete voluto rivelarmi tutto ciò? Non eravate tenuto a rispondermi.”
Sirius: “La vostra fedeltà indiscutibile ed il fatto che siate un esperto nel celare i segreti, anche i più inconfessabili, vi hanno garantito il privilegio di essere messo al corrente dei fatti; inoltre informandovi dei reali poteri che sono in gioco sarete portato a dare il massimo per la riuscita della missione.”
Drown: “Vi riferite all'oggetto da recuperare? Ha a che fare con la storia che mi avete appena raccontato?”
Sirius: “In effetti, sì. Quando i Cetra hanno sigillato il corpo di Tenebras nell'Arca Oscura l'hanno anche separato dal suo potere più grande che hanno poi sigillato in una sfera di magilite che oggi conosciamo come Materioscura. Tale magilite fu poi consegnata ad un gruppo di Cetra che presero la direzione opposta a quella di Garland. Purtroppo la sorte di quel gruppo fu altrettanto tragica: furono sterminati dall'ultimo Jenova dell'esercito di Tenebras, ma questa è un'altra storia.”
Drown: “Posso sapere qual'è questo potere così pericoloso?”
Sirius: “Se volete posso mostrarvi addirittura una ripresa olografica rinvenuta in alcune rovine Cetra.” Detto ciò Sirius avviò la registrazione; entrambi si trovarono nello spazio difronte al lussureggiante pianeta dei Cetra. “Ecco l'effetto della magia di distruzione finale: Apocalisse.”

Terminata la registrazione il Colonnello si dovette appoggiare alla scrivania, shoccato da quanto aveva visto.
Drown: “È spaventoso. Se l'Organizzazione Omega dovesse impadronirsi di un simile potere...”
Sirius: “Ne ho ben donde, è per questo che è della massima importanza per noi recuperarlo. Già un altro mondo ha rischiato di essere distrutto da questo potere a causa di un discendente dei Jenova, Sephiroth. Dopo quell'episodio la Materioscura fu trovata dai membri di un'organizzazione segreta alle dipendenze della Shinra nota come i Turks che, su ordine del loro presidente, la consegnarono all'Ordine dei Seed perché la nascondessero.”
Drown: “E l'Ordine la nascose all'insaputa di tutti all'interno del Garden di Rinoa.”
Sirius: “Esatto, ma così come sono riuscito a scoprirlo io anche loro possono rintracciarlo e se ciò dovesse accadere non ci sarebbe più speranza per nessuno.”
Drown: “Ma allora perché non agiamo subito?”
Sirius: “Glie l'ho già detto colonnello; l'Orine dei Seed non ci darebbe tregua se sapesse che abbiamo sottratto la Materioscura mentre, se agiamo con cautela, forse potremo convincerli a schierarsi con noi.”
Drown: “Il loro statuto non contempla la possibilità di aiutare nazioni, come Belkadan, che utilizzano la guerra come strumento per la propria espansione; non possono darci una mano neanche se lo volessero.”
Sirius: “Vista la situazione sono convinto che potrebbero considerare la possibilità di violare qualche regola per un bene più grande.”
Drown: “Capisco, eccellenza. Spero solo che abbiate ragione anche questa volta; dal mio canto posso assicurarvi che ora più che mai sono disposto a tutto per non fallire la mia missione.”

Fine flashback.

Il bussare alla porta del suo ufficio lo richiamò alla realtà.
Drown: “Avanti.”
Di fronte a lui un giovane sottufficiale si mise sugli attenti.
Drown: “Dica Caporale.”
Caporale: “Colonnello, il Maggire Biggs ed il Tenete Wedge sono rientrati con le informazioni richieste, signore.”
Drown: “Molto bene.”
Caporale: “C'è ancora un problema, Colonnello.” disse prima che Sorran si riuscisse ad alzarsi dalla poltrona.
Drown: “Ovvero?”
Caporale: “La squadra inviata per prelevare il dottor Kirk Van Siber è stata attaccata, signore.”
Drown: “Cosa? Chi è stato?”
Caporale: “Non lo sappiamo Colonnello, il caposquadra è riuscito a catturare alcuni degli assalitori ma essi non erano in grado di fornire alcuna informazione, sappiamo solo che il loro obbiettivo era eliminare il dottor Van Siber... e, purtroppo, ci sono riusciti.”
Drown: “Dannazione.” e sbatté violentemente il pugno sulla scrivania.
Caporale: “Prima che morisse è riuscito ad dire solo questa frase, Colonnello.” e gli passò il datapad che aveva con se.
Drown: “Interessante...”
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Tidusisback
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Re: FanFic Garden

Messaggio da Tidusisback »

A Moment Of Rest
1 di 1
L'aria leggera del pomeriggio scarmigliava i miei capelli e quelli di mio fratello facendoli finire davanti agli occhi, come una tendina capace di aprirsi per mostrare quello spettacolo di malinconica pace.
Li scostai piano con la destra e continuai a tenere lo sguardo fisso avanti a me mentre Hope fece ancora qualche passo verso la piccola collina illuminata dal sole. Non una sola nuvola in cielo se non qualche ricciolo bianco, quasi a incorniciare quel panorama.
Mi fermai ad osservare il tutto fino a quando non vidi il ragazzino farmi un cenno, come per seguirlo.
Sorrideva.
Lo raggiunsi con passo tranquillo e lasciai che il vento lambisse la pelle filtrando tra i vestiti: una semplice maglia smanicata, un paio di pantaloni sportivi e degli sneakers. La Tears of Sorrow assicurata al fianco.
Socchiusi gli occhi e vidi Hope avvicinarsi a due piccole sculture poste al centro di uno spiazzo per poi fermarsi e darmi le spalle.
Il sole illuminò le due pietre e, dopo aver messo la mano davanti agli occhi per ripararmi dai raggi caldi, lessi le iscrizioni incise con semplicità
-Bartholomew & Nora Estheim-
«Sono qui» disse poi mio fratello, con aria serenamente melanconica.
Sorrideva.
«Mamma...» aggiunse poi a mezza voce
«...e papà» gli feci eco io.
Più fu il vento a prendere parola e spazzare via ogni emozione, lasciando solamente il pensiero libero di vagare.
Hope si inginocchiò e cominciò a parlare con la foto: due volti sorridenti, due giovani abbracciati insieme in abiti giovanili. Probabilmente scattata pochi giorni dopo il loro incontro e quando ne io ne mio fratello eravamo ancora nei loro pensieri.
«Alla fine sono riuscito a portarvelo. Ve l'avevo promesso» e si girò verso di me strizzandomi l'occhio.
«E' un ragazzo impegnato adesso sapete? E' riuscito a raggiungere uno tra i più alti gradi della scuola militare in cui studia e forse è pure riuscito a trovarsi una bella ragazza» aggiunse divertito.
«Sono tutte sciocchezze» dissi imbarazzato.
Non sapevo che dire e non sapevo che fare.
«Questo qui invece è un tipetto niente male» dissi afferrando Hope scherzosamente per il collo come a voler lottare «Ha praticamente ribaltato mari, monti e la mia pelle per ritrovarmi».
Poi il tono della voce cambiò, si incrinò senza che me ne accorgessi.
«...e come prima cosa l'ho attaccato, non sapendo nemmeno chi fosse, non sapendo nemmeno di avere un fratello. Non avendo mai conosciuto il passato».
Stetti ad osservare quella foto in bianco e nero per qualche istante.
«Credo che non vi sareste mai aspettati qualcosa del genere e di non essere mai stato quello che avreste voluto. Non...non sapevo nemmeno della vostra esistenza»
Un sorriso amaro mi si disegnò in volto.
Mi asciugai una lacrima con il dorso della mano per poi tornare alla mia solita allegria. Ma non ci riuscii e il tentativo fu un disastro: un riso misto a pianto.
«Bel figlio, vero?» singhiozzai, sforzandomi di abbozzare una smorfia allegra.
«Loro non avrebbero voluto di meglio» disse Hope guardandomi fisso negli occhi «Sai, ogni volta che, per qualche motivo, si finiva a parlare di te, a entrambi si illuminava il volto. Non ce l'hanno mai avuta con te».
Non potevo far altro che ammirare quel diciassettenne maturato e cresciuto così in fretta.
Ma lui era lì quando Nora era morta.
Lui aveva sopportato.
Io non avevo mai saputo nulla e forse mi era sempre andata bene così.
«Sei un po' troppo cresciuto per avere me come baby-sitter, non trovi?» aggiunse poi .
«Questo posso dirlo per te. In quanto a me non ne sarei così sicuro»
«Non dire stupidaggini!» mi interruppe lui «Ne hai fatta di strada, sai quanto è complicato andare avanti e sei riuscito a trovare la forza pur non sapendo nulla di loro».
Come può un albero riuscire a reggere se non ha radici?
«Abbiamo entrambi affrontato qualcosa più grande di noi» continuò
«Tu mi hai trovato»
«Poteva forse essere diverso?»
Quest'ultima frase mi mise solo spalle al muro.
«E' grazie a loro che ho potuto ritrovarti...»
«...e riportarmi a casa»
«No»
Lo guardai con fare interrogativo
«Casa è dove c'è affetto e le persone che ci vogliono bene e tu ne hai tante: tutte quelle persone al Garden, quella ragazza con la quale sembri andare perfettamente d'accordo - disse ammiccando - e...poi hai anche me. Casa è avere qualcuno al proprio fianco e loro lo saranno sempre»
Questa volta mi scappò un sorriso spontaneo e sincero mentre veloci mi scorrevano nella mente i volti di Leon, di Nataa...di Lenne.
Lenne.
Mi ero innamorato e Hope l'aveva capito quasi prima di me.
«Avete fatto proprio un bel lavoro con questa piccola peste».
Ci fu una piccola pausa
«Peccato che non sia venuto fuori bello come il sottoscritto ma si sa, non si può riuscire sempre nella perfezione» lo canzonai
«Ehi!» esclamò piccato tirandomi una leggera gomitata nel fianco.
Una risata che scivola leggera nella brezza.
Aver ritrovato un poco di pace.
Era tutto quello che in quel momento mi serviva.
Sapevo che tutto poteva aggiustarsi.
Lo sapevo e lo volevo.
«Non so se fosse questo ciò che avevate in mente» mi inginocchiai per vedere meglio i due volti «ma farò del mio meglio. Per quanto non abbia idea di che cosa...».
Entrambi ci alzammo e notai che Hope mi arrivava ben sopra la spalla.
«Stai crescendo in fretta - notai - Forse è il caso che cominci ad insegnarti un po' di blitzball e vedere se riesci a mettere qualche muscolo sul quel corpicino»
«Scommetto che sarei in grado di batterti già nella corsa, se mi mettessi alla prova» rispose
«Vogliamo tentare?»
«Ci puoi scommettere!»

L'aria continuò a soffiare leggera mentre un piccolo turbinio di pollini e petali sfiorava le due lapidi.
Nella foto, Nora e Bartholomew sembravano sorridere, ancora una volta.
Non si sa dove si è diretti ma si sa sempre dove si è stati e con chi si cammina, fianco a fianco.
-Fine-
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Teoskaven
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Re: FanFic Garden

Messaggio da Teoskaven »

Nota: la seguente Fanfic è immediatamente successiva a questo post: provvederò nel post successivo in Accademia a ricollegare qui gli avvenimenti per evitare confusione ;)

History back in the hands of the Rat-Man

1 di 2



Il corpo aveva smesso di fumare e sentiva di riuscire a rialzarsi in piedi, ma in compenso era sparito tutto: i compagni, Omega, gli Shumi e il laboratorio; al loro posto c'era una specie di enorme passerella in marmo azzurro sospesa sul vuoto e tanto buio, più qualcosa di strano nell'aria.
Rialzandosi notò che in lontananza brillava un enorme roccia dalla forma di quarzo; sopra al vuoto c'era lui, l'essere che odiava con ogni forza.
Prima di muovere un passo pensò un attimo: era morto? La trasmutazione l'aveva consumato fin nelle ossa, ma poi c'era stata quella mano... e ora si trovava lì in posto che non conosceva per niente e per giunta con l'ultimo essere che avrebbe voluto come compagno... come se non fosse sufficiente c'era quell'alone arancione-giallastro nell'aria che la rendeva così pesante...
Fece qualche passo; sembrava che le energie ci fossero tutte; guardandosi vide che anche le armi e il resto era stato portato con lui e anche la mano bionica caudale funzionava bene.
Lui arrivò sospeso nel vuoto di fronte alla passerella. "Ti stavo aspettando:" disse "è arrivata l'occasione che entrambi aspettavamo; seguimi". Tornò sui suoi passi; quando provò a seguirlo si rese conto che c'erano piattaforme energetiche verdi sospese. Lo seguì fino a una piattaforma enorme, con in mezzo uno strano congegno che però scomparve subito, insieme alle piattaforme che gli avevano permesso di passare.
"Sei pieno di domande, te lo si legge in faccia;" disse lui con una smorfia "andrò con ordine."
Iniziò a passeggiare sui bordi della piattaforma, proprio davanti all'enorme quarzo; "No, non sei morto," disse subito "sei solo ina specie di coma: la tua coscienza e il tuo spirito sono qui, lontani dal tuo corpo; ciononostante hai conservato tutto ciò che avevi del tuo guscio mortale."
Indicò il paesaggio "Questa è l'antichissima città avvolta nella magica nebbia del Mystes, Giruvegan" continuò "un luogo dove gli spiriti di questo mondo vagano per ricongiungersi agli Immortali Occuria; ti ho portato qui per parlarti mentre il Mystes rigenererà il tuo spirito."
"Senza mezzi termini: il tuo corpo ora apparterrà a me. Con esso potrò impadronirmi do Omega Mark XII; sapevi a proposito che viene da qui? Riposava in questo immenso cristallo, ma chissà come è stata ritrovata da un'altra parte dagli Shumi. Con Omega, dicevo, mi sbarazzerò di quegli insetti dei tuoi compagni. Poi toccherà agli Shumi. Poi ai Galbadiani. E infine quegli odiosi Cadetti della tua tanto amata Accademia. Finalmente i miei figli potranno riversarsi anche in questi mondi e con alla testa Oega nessuno potrà fermare l'ascesa degli Skaven, e tutto grazie a te. Da una pedina insulsa come tuo padre sono riuscito a tirare fuori il nuovo Messia degli Uomini-ratto. Allora, sei felice per questo? ih ih ih..."

CRACK

Una delle corna della testa della divinità era spezzata: chi l'aveva intaccata era immobile e stava sbriciolando i resti, rosso di rabbbia.
"Finalmente riveli quello che sei:" disse "un approfittatore che ha agito fin troppo nell'ombra. Ma non permetterti di cantare vittoria così: non mi sono sacrificato per riportare in vita la macchina da riconquista della tua razza, pertanto non importa quanto potresti servirmi: oggi, ora, qui ti ucciderò, Ratto Cornuto!"
"Oh, che belle parole Leandre;" rise la divinità "le avevi anche quando la tua amata Ulrika è morta? Sai, è da allora che tui tengo d'occhio; peccato, vuol dire che dovrò annichilire il tuo prezioso spirito."
Preparò il bastone in posizione da combattimento: "Guarda qui" disse indicando la pietra verdastra sulla cima "questa è Warpietra, lo stesso materiale del "Dono": è la cristallizazione del Caos stesso. Con una di queste, le possibilità sono infinite: attacchi elementali, levitazione, teletrasporto... ma tu l'hai solo saputa usare come manipolatore di ricordi: ho dovuto darti un incipit io a Rabamnastre contro quell'Assimilatore."
"L'energia verde" chiese il Cadetto "Che credi? stavo rischiando di diventare un mostro!"
"Oh, ma tu lo sei, tu lo sei" replicò sogghignando la divinità "peccato che non potrai saperlo fino in fondo: ora, muori!"

Scagliò un globulo verde luminoso verso l'avversario, ma all'ultimo una barriera di fiamme salvò il ragazzo, circondando i lati della piattaforma e bruciando il ratto Cornuto.

"Leandre!" urlò una voce in lontananza "Uccidilo: ora è vulnearabile a ogni tuo colpo. fallo, e ritrova la pace con te stesso."
"Tch!" si stizzì il dio "Non credere che il tuo demone infuocato possa pararti le natiche per sempre: ora soffrirai la vera disperazione!"
Teoskaven
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Re: FanFic Garden

Messaggio da Teoskaven »

History back in the hands of the Rat-Man

2 di 2



TATAKAU THEME

I due si fissarono per qualche secondo, quasi esitanti di iniziare; poi Teoskaven scattò per primo.
Il colpo del cutlass destro venne prontamente parato dal nodoso bastone: evidentemente era più che mero legno. L'alchimista non se ne curò e provò a spezzare la parata con il bastone, ma la divinità intercettò facilmente il colpo, spostandosi rapiamente grazie al potere della Warpietra.

Tsk: "Merda... devo distruggere quella cosa..."
RC: È inutile.
Tsk: !
RC: La Warpietra è il più duro minerale esistente: diamanti, Mitrhil e Adamantite, Scaglie di Drago... niente è così resistente come un meteorite di Morrslieb. Fulmine Warp, a me!

Un nuovo globo verde schizzò in direzione di Teoskaven: se solo avesse potuto trasmutare qualcosa si sarebbe riparato, ma la piattaforma eneretica rendeva impossibile usare l'alchimia, e come se non bastasse tutto quel Mystes nell'aria che intropidiva tutto...
Il Ratto Cornuto si teletrasportò rapidamente davanti all'alchimista, tentando di colpirlo con la pietra: solo balzando all'indietro Teoskaven si rese conto che all'estremità era appuntita quanto una punta di lancia.
La battaglia era in stallo: se da una parte la divinità non riusciva a colpire l'avverario, l'alchimista d'altro canto non era abbastanza veloce per attaccare efficacemente. Tentando il tutto per tutto Teoskaven trasmutò le armi nel Soccer Set.

RC: Oh, e così non hai più risorse, eh? Peccato, avrei potuto divertirmi.

L'alchimista non potè fare nulla: dopo aver provato a sferrare il primo pugno si rese conto che l'avversario era schizzato dietro di lui.

RC: Sei troppo lento: muori!

TCHAK

I pugni metallici caddero per terra, tornando subito le lame che erano.
Teoskaven si irrigidì, paralizzato dall'incredulità più che dal dolore: dal petto fuoriusciva il bastone, la Warpietra verde gocciolava sangue; forse erano stati presi i polmoni, forse il cuore, ma non aveva importanza: l'alchimista si abbandonò allo sfiancamento dell'agonia. Poi fu solo uno spazio bianco.

???: Che credi di fare, ragazzo?
???: Come al solito credi di saper fare tutto di testa tua, eh?
???: Forza, fai vedere la potenza della nostra famiglia!

Spiriti, spiriti attorno al corpo sospeso di Teoskaven: suo fratello, Frank il bardo e un uomo adulto con la coda... suo padre?
L'alchimista non riusciva a dire quasi nulla, talmente poche erano le forze.

Tsk: Io... io... non... faccio...
Herbert: Credi che ti lasceremo solo?
Frank: Ti daremo una mano, lascia fare a noi.
???: Figliolo... rendi onore a noi 2 che siamo caduti.

Tutto tornò sulla piattaforma verde: Teoskaven afferrò con le mani piene di luce la Warpietra.

RC: ? Cosa credi di fare? Te l'ho già detto...

Crick

RC:?

CR-CRACK

Lo smeraldo pulsante si frantumò in mille pezzi insieme al bastone, lasciando cadere teoskaven al suolo; stranamente non provava quasi nessuna fatica nonostante la ferita grave...
Si rialzò in piedi raccogliendo le sue armi, lo sguardo in un'espressione dura e che non provava pietà.

Tsk: Adesso... questa è la tua fine, non la mia.
RC: Ehi calma, c-cerchiamo d-di ragionare...

Ma era tutto inutile: Teoskaven era già arrivato di fronte alla divinità, i cutlass e il bastone nelle 3 mani.

Tsk: Taglio orizzontale.

I due cutlass crearono una scia bianca orizzontale sul corpo del ratto Cornuto.

Tsk: Taglio verticale.

Balzando all'indietro Teoskaven creò con il bastone una scia bianca verticale in coincidenza con quella precedente: atterrando si concentrò e chiuse fine a tutto.

TSK: Tecnica Limite di Livello 1: CROCE SAKERIMASUSHI!!!

Un lampo bianco. Il disegno di una croce bianca. Un urlante squittio. Dopo solo quattro parti che una volta erano il corpo del Ratto Cornuto caddero per terra dissolvendosi in un fumo viola.

RC: Maledetto; avrei dovuto ucciderti quando ne avevo l'occasione; ma non credere che abbia finito con te. un giorno tornerò, e aspetta solo che lo dica agli altri Caotici. khorne, Tzeench, Slaanesh, Nurgle... nessuno di loro si risparmierà, nussuno! Tu e i tuoi schifosi compagni marcirete per sempre nelle desolazioni del Caos!

Gli ultimi aloni si librarono in aria con una cupa e stridula risata.
Teoskaven finalmente si inginocchiò a terra stremato: anche se era solo il suo spirito a essere lì il dolore e la stanchezza erano fisici.
Le fiamme intorno alla piattaforma cessarono di ruggire unendosi fino a formare l'uomo incandescente.

Rh'llor: Leandre, sei stato coraggioso e bravissimo, non mi aspettavo niente di meglio da te: ora torna dai tuoi amici: ti ricontatterò meglio quando sarai di nuovo sulla Guenda. C'è qualcosa che devo dirti...
Tsk: ?
???: Teo!
???: Teo, svegliati!

CLANK CLANK

???: Bene, si sta riprendendo: il cerchio fa effetto, meno male.
Ogni memoria deve essere al suo posto;
ogni essere deve stare al suo posto;
nemmeno le divinità possono alterare il destino di un uomo;
il Male non trionferà mai se confiderà solo sulla distorsione del Destino.
Ora, nel Fuoco e nella Verità l'alchimista viene forgiato di nuovo, per continuare il suo lungo viaggio,
ma nel cuore ora è sereno: le catene del Disprezzo sono rotte e solo il Desiderio alberga.
End
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Recks
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Re: FanFic Garden

Messaggio da Recks »

Eravamo tutti a Kilika, finalmente. Io, Eido, Claire, Kratos, quasi tutta la mia famiglia e il resto dei dimenticati. Tutti nella stanza dell'intercessore, ad aspettare il rituale che sarebbe servito per ridare, da quel che dicevano gli altri, ciò che serviva per la nostra salvezza nell'incidente di Sin.

Recks:non capisco. A cosa serve il rituale in fondo?
Mar: è la celebrazione dello spirito che alberga nello stemma. Dobbiamo donargli l'energia che è servita a lui per proteggerci. Una volta fatto ciò, quello che rimane di quell'incidente rimarrà un brutto ricordo e non un qualcosa di così vicino a noi. Rimarrà solo nostra madre da trovare. Sempre che sia viva. Per quanto ci speri bisogna affrontare la realtà: l'impatto di Sin sulla città è stato distruttivo e dubito che una persona normale riesca a scampare di fronte ad un incidente simile.
Matthew:tu invece Recks rimarrai al Garden?
Recks: so che non ha molto senso tornare al Garden, ma ormai il mio posto è lì. Kilika è stata quasi ricostruita e quindi non saprei nemmeno come usare i soldi che ho risparmiato. La mia famiglia non si trova più qui: vedo che ormai tu e Mar vi spostate di città in città come dei vagabondi, mentre nostro padre ha un nuovo posto in cui vivere, quindi direi che è meglio rimanere con i SeeD.
Matthew:capisco.

Claire:zitti, comincia la cerimonia.

Vidi Eido con lo stemma di Kilika in mano. Attraversò la porta che separava il Naos dal salone e poi mise lo stemma in una fessura. Improvvisamente una luce intensa avvolse chiunque stesse assistendo a quella cerimonia. Lentamente i miei occhi si chiudevano, mentre ascoltavo le parole con cui Eido celebrava il rituale. Erano parole che non riuscivo a distinguere chiaramente, tanto che pensai fossero delle parole di una lingua a me sconosciuta. Quando alle parole di Eido si affiancarono quelle dei dimenticati come in un coro io caddi a terra e persi conoscenza. Nessuno se ne accorse finché il rituale non finì e la luce intensa si dissolse, lasciando spazio ad una luce flebile.

***
Quando mi svegliai, mi accorsi di essere tornato nella mia vecchia casa. Mi pizzicai il braccio, per assicurarmi che non stessi vivendo in un sogno. Non appena ebbi la conferma di essere nella realtà cominciai a guardarmi attorno e vidi Kratos e Claire seduti ad una panchina vicino all'ingresso.

Kratos:forza, vieni qua. Ti ho visto, dormiglione!
Claire:si è svegliato? Finalmente!
Recks:sono svenuto T.T
Cliare:ora stai meglio?
Recks:più o meno. Com'è stato il rituale?
Kratos:ha funzionato. Ora Kilika non ha nulla a cui pensare.
Recks:e lo stemma di Kilika?
Claire:rimane nel tempio di Kilika, anche se Eido ha intenzione di distruggerlo.
Recks:distruggerlo!?
Claire:ne abbiamo pensato a lungo dopo il rituale. Tutti siamo stati d'accordo sul fatto di sbarazzarcene. Ora Sin non esiste più e lo stemma non ci serve più. Non vogliamo capire nulla delle sue proprietà curative e non vogliamo nemmeno che dei cercatori di tesori vengano qui per cercare un oggetto del genere, perché porterebbe solo guai. E di guai ne abbiamo già avuti abbastanza. Chissà, potremmo buttare lo stemma in mare, oppure romperlo con qualcosa. Di una cosa però siamo stati tutti d'accordo: non bisogna più usarlo.
Recks:non sono d'accordo. Tutta questa fatica per trovarlo e ora volete sbarazzarvene?
Kratos: nessuno sarebbe al sicuro con quello stemma. Porterebbe solo guai.

Recks:...continuo a dire di non essere d'accordo. Comunque vado a cercare i miei fratelli, venite con me?

Claire:Recks, aspetta, tra poco devi tornare al garden. Meglio che ascolti quello che ha da dirti Kratos.
Kratos: volevo proporti di far parte di un ordine di magia. Ho sentito da Claire che vuoi approfondire l'arte dei mistici e quindi vorrei aiutarti in questa ricerca. Io, te e Claire faremo parte di questo gruppo e faremo delle missioni assieme, senza rinunciare alle nostre mansioni da SeeD. Miglioreremo in campo magico e sosterremo degli esami in maniera particolare, rimanendo nelle nostre stanze e usando la magia per ritrovarci. Il materiale per lo studio ti verrà inviato per email, così lo leggi in biblioteca. Che ne dici?
Recks:... :smt007 .
Claire:ok, direi che è contento di questo.
Kratos:va bene allora. Ora forza, va dai tuoi fratelli.
Recks:ci sentiamo al prossimo esame allora.
Claire:aspetta.

Mi prese e mi diede un dolce bacio. Finora non avevo mai pensato che da Claire potesse uscire un gesto d'affetto simile. Ricambiai con passione il bacio e poi le accarezzai i capelli, dicendole che mi sarebbe mancata. Mi voltai e mi diressi verso il tempio, in cui era piazzato il jumper. Kratos e Claire continuarono a guardarmi agitando le mani finchè il mio colpo di addentrò nelle profondità del bosco di Kilika.

***
Recks:è un arrivederci, allora.
Eido:spero tu torni a farci visita ogni tanto.
Leo: io, Mar e Matthew torniamo a Midgar. Vedi di tenere alto l'onore dei Brightsea nel Garden!
Recks:sarà fatto. Però dovete promettermi una cosa. Tutti e tre. Voglio che mi lasciate cercare mia madre da solo. Voglio che voi vi rilassiate.
Mar:e se non la trovassi?
Recks:mi fido sempre delle mie visioni. Nel rituale, quando sono svenuto, ho visto la mamma... mi diceva che avrei potuto trovarla solo io, e non voi. Sarà il mio ultimo compito per chiuderla definitivamente con Kilika. Prima o poi la troverò.

Presi il mio zaino e mi avvicinai al jumper. Salutai tutti e poi azionai il jumper. Mi alzai da terra, sempre di più e poi partii, verso il Garden. Avevo finito il rituale e ciononostante avevo ancora qualcosa da fare, però non me ne lamentavo: nel corso della mia carriera da Seed avevo imparato che una persona ha sempre qualcosa da fare e che la vita, sia quella di un soldato che di un semplice contadino, può sempre dare delle sorprese. Volete sapere anche la prova? Presto detto: tutti quei problemi con cui il garden e l'accademia hanno a che fare avvengono anche in paesi tranquilli e coinvolgono anche le persone più noiose. Per questo so che ogni giorno avrò un'avventura a cui partecipare.
Macha
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Re: FanFic Garden

Messaggio da Macha »

Goodbye, Esthar
«Non se ne parla!»
Brandon Ingvalt, o meglio lord Brandon Ingvalt, come amava farsi chiamare dai suoi sottoposti, sbatté i pugni sul tavolo con fare molto poco nobiliare. Il sigaro spento che spuntava dai baffi tremò e minacciò di cadere, ma l’anziano riuscì a tenerlo saldo tra i denti. Il segretario si riparò d’istinto dietro la cartelletta piena di rapporti da approvare.
«Tu non vai da nessuna parte se prima non ti diplomi all'accademia!» ruggì di nuovo, rivolto ad una minuta ragazza dai capelli rosso fuoco che stazionava a pochi metri da lui. Lei alzò gli occhi al soffitto, apparentemente più interessata agli intarsi che alla discussione che stava portando avanti. La mossa non sfuggì all'uomo, che sbuffò stizzito dall'irriverenza della nipote.
«Davvero, se avessi preso il buonsenso dalla tua povera nonna, pace all'anima sua...» mormorò tra sé e sé, ma a voce abbastanza alta da essere udito. Non era la prima volta che si verificava quella scena, e Macha sapeva bene che prima o poi il nonno avrebbe ceduto, solo che il suo orgoglio gli impediva di accogliere subito la richiesta della sua unica e amatissima nipote. Non era cosa di tutti i giorni che lei gli chiedesse di raccomandarla per l'ingresso in un Garden, nella fattispecie un Garden di recente fondazione come quello dell'Anziana Rinoa, il cui nome veniva mentalmente associato a quello di un'altra, ben più famosa, Rinoa: la galbadiana Heartilly. Galbadiani! Nei suoi pensieri, lord Brandon caricò di disprezzo quella parola: odiava Galbadia in tutto ciò che la rappresentava, che fossero notizie sui giornali o l'ultimo grido in fatto di moda. Non dimenticava facilmente ciò che Galbadia aveva fatto non molto tempo prima a Esthar.
Macha attese ancora qualche istante in silenzio prima di prendere la parola: «Per la verità, nonno, io credo che al Garden imparerei molto di più che stando all'accademia di Esthar. Tra l'altro l'ambiente lì non mi piace» concluse, incrociando le dita dietro la schiena: forse quella era la volta buona.
Lord Brandon sbuffò ancora una volta prima di prendere carta e penna e cominciare a scrivere una lettera di presentazione. Però, prima che Macha potesse cominciare ad esultare, aggiunse: «Speravo proprio che un giorno potessi prendere il mio posto. Sono troppo vecchio per comandare la base spaziale, ormai». A quella frase Macha alzò nuovamente gli occhi al cielo, per niente convinta. Con i suoi settant'anni suonati, portati oltretutto bene, lord Brandon non aveva affatto bisogno di cedere la carica che ricopriva, non nell'immediato futuro almeno. Ad occuparsi delle ispezioni ci pensava il suo secondo, e il suo ruolo era soprattutto approvare i lanci dal Lunagate, ormai sempre più rari. Da quando il sigillo di Adele era stato rimosso e la strega sconfitta, la base veniva usata per gli studi sui mostri e sulla calamità denominata “Pianto lunare”, ma era quasi certo che presto la missione sarebbe stata revocata, ed agli impiegati militari, lord Brandon compreso, sarebbe stata garantita un'occupazione di pari rango in un altro settore dell'esercito.
L'uomo terminò finalmente la lettera e la firmò con un ultimo svolazzo. Consegnò la busta alla nipote, che la ripiegò in tasca con cura, soprattutto per evitare di mettersi a saltellare per la contentezza davanti al nonno. In fin dei conti era una signorina di buona famiglia, le buone maniere prima di tutto.
«Ecco fatto. Vedi di impegnarti almeno» borbottò lord Brandon, prima di congedare Macha e tornare alle sue occupazioni lavorative – firmare rapporti e accendere il dannato sigaro, ora che la nipote era uscita. Una mezz'ora prima era in procinto di accostare la fiamma alla punta, quando era piombato un tornado rosso a chiedergli di nuovo una lettera di presentazione per il Garden in cui intendeva trasferirsi, e quindi era stato costretto a spegnere l'accendino per non incorrere nei rimproveri della nipote. Macha mal sopportava le persone che fumavano, e aveva avviato una personale campagna tra i domestici, non sempre ben accolta dagli stessi, per abolire sigarette e affini sul luogo di lavoro.
Intanto, fuori dalla porta, Macha aveva un sorrisone a quarantadue denti stampato in faccia, lo stesso di un bambino a cui avessero appena regalato un lecca lecca gigante. Il suo 'lecca lecca' dopotutto era più importante e più agognato di un comune dolce, e finalmente avrebbe potuto mollare l'accademia militare di Esthar per un ambiente più elitario, e forse più pacifico, quale quello di un Garden. A Esthar un ruolo di supporto come il suo non era molto rispettato, e perciò ardeva dalla voglia di combinare qualcosa che non fosse solo l'essere relegata nei campi medici a trasportare pacchi di flaconi.
Cancellando questi sconfortanti ricordi dalla mente, Macha corse verso la propria stanza, a dire il vero posta ad una notevole distanza dallo studio del nonno, e cominciò a prepararsi per la partenza. Coccolò a lungo i suoi gatti – due femmine e un maschio – che stavano pigramente acciambellati sul letto, com'era loro costume quando faceva troppo caldo. Da parte sua, Macha aveva già inoltrato domanda di trasferimento ai suoi superiori, e loro, forse felici di liberarsi di un soldato neanche tanto utile, l'avevano prontamente accettata. Mancava solo la lettera di lord Brandon, e ora che l'aveva, niente poteva ritardare ulteriormente la sua partenza.
Anzi, forse qualcosa c'era: il treno. Aveva studiato gli orari, ma se non si fosse sbrigata, non sarebbe giunta in tempo a comprare il biglietto e prendere la prima corsa disponibile per F.H., dove pareva che l'accademia del Garden di Rinoa fosse attraccata. A dire il vero non capiva bene perché la struttura studentesca fosse separata dal corpo principale del Garden, ma senza dubbio era una delle cose innovative che ne caratterizzavano la gestione.
Lasciò la residenza paterna scortata da due ali di domestici, radunatisi per salutare la padroncina prima che lasciasse Esthar per quello che sarebbe stato un lungo periodo di tempo. Già, chissà quando sarebbe tornata...
Una lieve brezza marina la accompagnò mentre saliva sul treno e si voltava per l'ultima volta, fissando l'azzurro abbagliante che Esthar emetteva sotto la luce del giorno come se volesse imprimerselo nelle pupille. Dopodiché la porta si richiuse, e il treno, sferragliando, abbandonò lentamente la stazione.
Di fronte a lei un lungo ponte, infinito come le possibilità.
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Nataa
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Località: Garden.. finalmente XD!!
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Messaggio da Nataa »

Il buio
Dove la luce si spegne inizia l'infinito.
E cadere nel vuoto non fa così paura quando non esiste il fondo

Dove sono?
Il buio mi circonda.
Dove sono?
Il silenzio è insopportabile
Dove sono?
La paura avanza e trascina via la razionalità

Il cuore accelera leggermente, mentre una strana sensazione di impotenza mi arriva fin nelle viscere.
Cerco di muovermi, ma sono immobilizzata da corde che mi graffiano la pelle ad ogni più piccolo movimento.
Intanto l'inquietudine cresce e assieme a lei un formicolio comincia a diffondersi lungo tutto il corpo. Nasce dalla pancia e si diffonde velocemente lungo le gambe, le braccia, fino ad arrivare al cuore e lì si trasforma in calore. E' una sensazione antica, un bruciore, una colica, voglia di piangere. Il buio si impossessa di me, la paura mi stringe tra le braccia e il suo cullare è così dolce che non me ne stancherei mai.
L'odore di chiuso e di muffa ogni tanto vengono a disturbare il mio naso ed intanto la sensazione che una strega stia giocando all'uncinetto con i nervi della mia testa, cresce. Il dolore arriva fino alle orbite. Tengo chiusi gli occhi, un gesto stupido, ma automatico. Vorrei sbattere la testa al muro, se solo servisse a far passare il dolore. Rabbia e sofferenza si mischiano e diventano impotenza. Mi viene da vomitare, sono sicura che se fossi in piedi barcollerei, magari ho la febbre.
Cerco di portarmi una mano alla fronte, dimentica delle corde. Non riesco a trattenere una maledizione, ma cosa strana la mia voce non riesce ad uscire, la gola è secca, la lingua e le labbra sono riarse, evidentemente la mancanza d'acqua si fa sentire.
Mi chiedo da quanto sono lì, ma cercare una risposta è totalmente inutile, anche la memoria fa brutti scherzi e comincio a confondere sogni e realtà.
Succede lentamente, senza che io me ne accorga, il tempo comincia a dilatarsi e a scorrere a suo piacimento, come un bambino dispettoso cambia la percezione di ogni cosa. Non riesco a capire quante ore siano passate dall'ultimo pensiero, magari era solo un minuto.
Conto i secondi, ma arrivata a 328 perdo il calcolo, o forse mi addormento.
Ormai, non so più quando dormo o quando sono sveglia.
Tutto è circondato dall'oscurità, perfino i sogni sono solo un ammasso nero e niente di più.
Ogni tanto ho l'impressione di ascoltare delle voci, ma non ne capisco la direzione, probabilmente sono frutto della mia fantasia.
Si dice che privando una persona della percezione sensoriale, questa possa impazzire.
E se fossi impazzita?
La sedia sotto di me scricchiola lievemente, mentre cerco di slegarmi.
Non riesco a stare ferma, ho una pressante necessità di muovermi, di camminare su e giù, di sentire aria pulita invadermi i polmoni. Ho bisogno di libertà.
Poi mi riaddormento, sogni vuoti, e al mio risveglio sono rassegnata alla mia condizione.
Ogni cosa si distorce e dilata in questo angolo di mondo privo di percezione.
I pensieri diventano mostri, per poi acquietarsi e diventare mansueti agnellini.
Cerco di distrarre la mente, penso all'esterno e mi chiedo cosa stanno facendo i miei amici.
I loro volti stanno pian piano sbiadendo, ogni volta che li richiamo alla mente perdono qualche dettaglio. Diventano immagini in bianco e nero nella mia testa e si consumano, fino a scomparire del tutto. Arrivo a chiedermi se sono realmente esistiti. Ripeto ossessivamente i loro nomi, nella speranza che chiamarli possa farmi raggiungere da loro.
Mi illudo.
Ma cosa mi resta altrimenti?
Me stessa, qualcuno direbbe.
Non è così, in mezzo a questo buio, io stessa mi perdo e mi confondo.
Sorrido.
Perdermi.. non è così male.
Mi sembra di fluttuare in un enorme lago.
Mi dimentico di chi sono e vago nell'acqua in cerca di un'effimera riva dove riposare e con me vagano i pensieri nel mare etereo che ho creato.
E' così bello lasciarsi vincere dall'illusione, lasciarsi andare e diventare parte del buio. Com'è comodo non esistere.
Chi sono? Dove sono? E cosa importa
E' questo che si prova sull'orlo del precipizio?
Una negazione così forte da smembrare il cuore, ridurlo ad un arido seme.

Altro tempo che scorre e scivola via senza che io possa afferrarlo, senza poterne godere. Il mio corpo comincia a cedere. Piccole gocce di sangue colano dalle labbra e arricchiscono di rosso vermiglio i miei pantaloni, intanto impazzisco per un fastidioso prurito dietro la nuca, causato dal sudore ormai secco. Sento le corde sfregare contro i polsi, la pelle che brucia e non mi lascia tregua. Chiudo e riapro più volte gli occhi, per evitare che le lacrime bagnino le mie scarne guance. Cerco una differenza tra il buio che mi circonda e quello dei sogni, ma non esiste. Vedo piccoli puntini luminosi allontanarsi da me, si formano e muoiono nei miei occhi, danzano un breve ballo per poi cadere tra le braccia dell'infinito.
Com'è facile dimenticare il mondo, quando il mondo diventi tu. Non esiste altro..
Ascolto il suono del mio respiro farsi più lento di minuto in minuto, il cuore si placa e come un'antica ninna nanna mi dà pace in questo caos.
Mi addormento.
Ogni volta che il sonno diventa più profondo la testa cade sul petto, facendomi svegliare di colpo. Non trovo pace.


La luce che riscalda il cuore è per me puro ghiaccio
E insieme alla luce arrivano le ombre più grandi

Luce.
Sole.
Tutto si illumina d'improvviso.
Chiudo istintivamente gli occhi, cercando rifugio da quel dolore abbagliante; le pupille si colorano di toni caldi, accoglienti, gusto quelle tonalità così diverse dal cupo nero e mi lascio sfuggire un sorriso.
Apro un occhio, troppo presto, la luce è ancora accecante.
Butto la testa indietro e i muscoli del collo si contraggono dal piacere, non ricordavo la dolcezza del calore. Lo sento sfiorarmi la pelle, scoprirla e rivestirla come se avesse abili mani, mi scalda fin nel profondo. Un tenero e fugace amante.
Provo di nuovo ad aprire un occhio, questa volta ce la faccio e riesco ad aprire anche l'altro.
Tutto è avvolto da una leggera nebbiolina, ogni contorno è sfocato e tremolante e mi chiedo se sia realtà. Strizzo gli occhi e la nebbia comincia a dissolversi.
Mi guardo intorno.
Quello che mi sembrava uno spazio infinito, in realtà non era che una piccola stanza quadrata dai muri di cemento e un forte odore di chiuso. La luce penetra attraverso una piccola finestrella posta in alto, ma è abbastanza per illuminare tutto l'ambiente.
Fisso le mani, ma non le sto davvero guardando.
Mi perdo in pensieri inutili e frivoli, dimentica della situazione.
Se questo luogo non fosse stato così vicino al sole, non lo desidererei così tanto.
Mi viene da ridere, ma non ne ho per molto.
Una donna compare alle mie spalle, non la sento arrivare e il suo sussurro mi coglie impreparata "E' bello vedere che ancora ridi" sono parole lievi che escono tutte d'un fiato e mi fanno rabbrividire.
Si scosta per spostarsi davanti a me, ogni suo piccolo gesto è sottolineato da un delicato profumo di muschio. Sa di fresco, di vitalità che mal si abbina alla mia nera presenza.
La osservo di sottecchi, come farebbe un bambino curioso ma spaventato, è una donna bellissima. La carnagione olivastra trova totale armonia con i colori scuri dei capelli e degli occhi, labbra come boccioli di rosa e pelle levigata come una pietra bagnata dal mare. Dalle sue guance, delineate dagli alti zigomi, traspare un lieve rossore che si perde tra i lineamenti del viso, fino a scomparire lungo la linea dell'esile collo. Sembra che Renoir e Picasso abbiano unito le loro arti per fare un dipinto di carne e sangue.
Sorride nel suo completo blu scuro, un sorriso affabile, che in realtà nasconde il veleno di un serpente.
Recepisco poche parole del suo discorso, la mia mente vaga e lei se ne accorge, si avvicina e lievemente mi accarezza i capelli "Immagino che questi giorni ti abbiano fiaccato.." prende una ciocca di capelli in mano "..ma non per questo devi essere irrispettosa, non trovi?" la guardo negli occhi, mi sorride "non rispondi?" attorciglia la ciocca al dito e comincia a tirare, fino a che non le resta qualche capello tra le dita "vedi cosa succede a non ubbidire?" provo a parlare, ma la voce fa sciopero.
Sbuffa, visibilmente scocciata "Immagino sia colpa della sete", digita velocemente un numero sul palmare e dopo poco un brocca d'acqua compare tra le mani di un ragazzo non più giovane di me. "Ecco, bevi" Marion congeda il ragazzo e mi porge una tazza poco sotto il mento "Che c'è?" osserva il mio viso e quello che le dice deve essere molto divertente, perché scoppia in una sincera risata “Tu pensavi che ti liberassi una mano?” ride più forte “Non fare la sciocca! Al massimo ti tengo la tazza, trova tu il modo di bere”
Guardo la tazza, riesco quasi a sentire il sapore dell'acqua che scende nella mia gola, il corpo è teso come se anche lui avvertisse la presenza cristallina.
La voglio più di ogni altra cosa. Stringo i pugni, fino a ferirmi il palmo della mano sinistra con le unghie, il dolore mi porta la razionalità.
Chino la testa, chiudo gli occhi e bevo la dignità.
L'acqua è fresca e la sento scendere fino allo stomaco, per poi perdersi nei meandri del mio corpo.
"Sei un bravo animaletto" sorride e mi allontana la tazza prima che io finisca di bere "Penso che ti sia dissetata abbastanza, se ne vuoi ancora devi rispondere a qualche domanda, intesi?"
Sbiascico un si, con una voce quasi irriconoscibile e mi preparo alle domande
"Il tuo nome"
"Edith"
Uno schiaffo mi fece girare la testa.
"Il tuo VERO nome"
"I-io mi chiamo Edith" la guancia pulsa dal dolore ed un altro schiaffo colpisce con precisione lo stesso punto. Non c'è rabbia in quel gesto, né altro sentimento, è quasi una formalità
"Forse non mi sono spiegata" tira fuori dalla giacca un serramanico e lo fa scattare con un solo movimento del polso "io ho veto di vita e di morte su di te, e posso anche decidere come passerai il resto dei tuoi giorni" mi passa il coltello sui polsi, il freddo della lama mi gela anche la mente, un veloce strappo e le corde scivolano a terra "posso trattarti da libera.." si allontana verso la porta "..o da animale" e assieme a lei esce anche il sole
Ancora buio.

Libertà, la sola idea mi fa volare lontano
Nessuno è più schiavo di colui che si ritiene libero senza esserlo
Fatico a stare in piedi, ogni passo mi costa più energie di quante non abbia, ma la disperazione è tanto forte da farmi tirare avanti.

I condotti di aerazione sono stretti e a tratti devo camminare carponi, le ginocchia scricchiolano pericolosamente e di tanto in tanto lasciano scie di sangue lungo il percorso.
Sento la paura afferrarmi la nuca e scendere lungo il collo come un veloce brivido freddo.

Arranco su una piccola salita, poco più in là una luce.
La luce alla fine del tunnel.. "...spero non sia un treno" un pensiero stupido che mi passa per la testa e ridacchio da sola.

Ci sono.
L'aria mi sferza il viso con il freddo pungente della notte, un piccolo sforzo per arrampicarmi sul cornicione e poi via.
Un balzo e sono libera.
Salto e mi lascio cadere sull'erba bagnata, la sensazione della natura sul mio corpo mi fa venire la pelle d'oca, chiudo gli occhi e lascio che l'aria fresca mi invada i polmoni; li riapro ed osservo il cielo, mi sembra più bello di sempre, nonostante le nubi che minacciano pioggia.
Mi alzo da terra, barcollo per qualche passo e poi comincio una sfrenata corsa lungo la pianura.

Il vento frena il mio incedere, ma non mi fermo, lotto e vado avanti.
La libertà è così vicina da far quasi paura.
Cado a terra, i piedi non riescono a stare al passo, ruzzolo lungo il prato, mi rialzo e continua a correre lontano.
Il respiro diventa affannato e la milza comincia a farmi male, sembra che un enorme ago sia stato infilzato nella pancia.
Sento delle voci, corro più veloce e raggiungo un boschetto adiacente alla struttura, mi nascondo.
Due ubriaconi che tornano a casa.
Niente di cui preoccuparsi.
Mi accascio al suolo, mentre tiro un sospiro di sollievo.
Il mio corpo è fiacco, non sta dietro al mio animo, che già è a mille miglia.
Stringo gli occhi e tiro un pugno sul terreno
Devo farcela
Mi rialzo, a fatica, ma mi rialzo.
Scappo lungo il bosco, cercando di tenere a mente la direzione da prendere.
Intravedo una baracca in mezzo la foresta, mi avvicino con cautela, la porta è aperta e dall'interno proviene profumo di legno marcio.
Mi azzardo ad entrare, nessuno.
Accendo una candela che trovo per puro caso a terra.
L'arredamento è spartano, comprende un letto ed una scrivania in rovere, ma è sufficiente per riposare un quarto d'ora.
Spengo la candela e mi butto sul letto, ascolto la pioggia che comincia a scendere sul tetto. E mentre dal terreno si alza l'odore di terra bagnata, mi addormento cullata dal ritmo delle gocce sul tetto.
E' una risata cristallina a risvegliarmi "Buongiorno!"
Il sonno passa in un momento.
"Sembri incredula" mi guarda con disapprovazione "pensavi davvero di sfuggirmi?Ragazza, ti credevo più furba"
Mi tiro su sui gomiti, spaventata da quell’incubo "Voi non potete.."
"Certo che possiamo, forse non ti sei resa conto di una cosa.." sorride affabilmente, ma i suoi occhi scintillano come se fosse pronta ad attaccare, un serpente a sonagli "..Dharma non è solo il nome dell'azienda, ma di un vero e proprio stato, di cui siamo reggenti" stringe lievemente gli occhi
"Non capisco"
Sorride e mi prende il viso tra le mani "Vuol dire che sei in arresto e siamo legittimati a fare di te quel che vogliamo"
"Ma.. le leggi che regolano.." con un gesto della mano termina la protesta
"Blablabla.. troppo noiosa, ragazzina!"
Si avvicina e mi afferra per un braccio "Riportiamola al laboratorio"
Cerco di divincolarmi, ma il calcio di una pistola mi colpisce la nuca e svengo tra le braccia dei nemici
Sirius
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Re: FanFic Garden

Messaggio da Sirius »

Deus Ex Tenebras
Capitolo 1/6: Quiete prima della tempesta


Era una serata come le altre e, come di consueto, Sirius era solo in biblioteca e stava leggendo tranquillamente quando, senza preavviso, si senti posare una mano sulla spalla.
???: “Cosa leggi d'interessante?” chiese una voce femminile.
Senza scomporsi posò il libro e si alzò dalla sedia: “Quale inaspettata sorpresa.” disse voltandosi verso la ragazza.
???: “Spero si tratti di una piacevole sorpresa.”
Sirius: “Ovviamente, Beatrix. Lo sai che gradisco la tua compagnia. Comunque, per rispondere alla tua domanda, stavo leggendo Le Cronache di Yorken.”
Beatrix: “Il diario di viaggio del grande esploratore. Ho letto alcuni estratti durante i miei studi in Accademia, in Belkan.”
Sirius: “Si ma questo non è una semplice copia.” disse con noncuranza.
Beatrix: “Vuoi dire che questo è il diario originale?” chiese avvicinandosi al libro per osservarlo meglio.
Sirius: “Certamente, è stata un'impresa ardua rintracciarlo ma ora è uno dei tanti tesori inestimabili di questa magione.”
Beatrix: “A proposito, per la precisione quanti libri ci sono ora in questa biblioteca?” domandò scrutando l'immensità degli scaffali ricolmi di libri.
Sirius: “Non rammento il numero preciso.”
???: “In quest'ala della biblioteca sono contenuti 3.500 volumi.” rispose un uomo che attendeva vicino all'entrata della biblioteca.
Sirius: “Grazie Albert.”
Albert Gesthal era il maggior domo di casa Valantine da quando aveva 18 anni; per quarantanni la sua unica occupazione era stata servire al meglio la famiglia Valantine. Tale compito, che si tramandava di generazione in generazione, era sempre stato svolto con grande serietà e professionalità; questa usanza risale agli albori della storia dello stesso impero di Belkadan. Il settimo imperatore fu Dorian Valantine, detto 'Il Valoroso'; fu lui a costruire la villa dei Valantine dove ora Sirius dimorava. Durante il suo lungo regno l'imperatore Dorian subì un attentato alla vita da parte di un gruppo dissidente che si opponeva alla sua politica unitaria; durante una cerimonia pubblica in una delle all'ora nuove province dell'Impero tale gruppo corruppe alcune guardie cittadine perché permettessero a dei sicari armati di mescolarsi con la folla. Appena ebbe inizio la cerimonia i sicari si gettarono all'attacco nel tentativo disperato di uccidere l'Imperatore ma egli, anziché mettersi in salvo come avrebbe dovuto, si trattene per prestare soccorso ad un Cavaliere Pretoriano che era rimasto ferito intercettando una freccia diretta a lui: tale cavaliere era Marcus Gesthal; per riconoscenza egli giurò di servire eternamente il casato Valantine e d'allora la discendenza di Marcus ha sempre tenuto fede al giuramento sentendolo come proprio.

Beatrix: “Accidenti, 3.500 volumi. E tutti originali suppongo.”
Sirius: “Ovvio, comunque sono molti di più se si considera la biblioteca nella sua interezza. Se non sbaglio doveremmo essere arrivati ad oltre 30.000.” con un cenno del capo Albert fece capire che era esatto.
Beatrix: “Impressionante, però... ora che ci penso non ricordo di essere mai stata in questa parte della villa.”
Sirius: “Infatti è così. Questa è una delle zone più riservate, dove vengono tenuti i libri più preziosi. Molti sono pezzi unici che nessun altro al mondo possiede. In quest'ala c'è persino la camera del Grimoire.”
Beatrix: “Il Primo Libro?” domandò stupefatta.
Il Grimoire, chiamato anche il Primo Libro, è un testo di magia risalente a più di 25.000 anni fa; scritto dal Sommo Radagaja, il più grande precognitore mai esistito, tale libro, secondo i miti, conterrebbe tutto ciò che c'è da sapere sulla magia.
Sirius: “Non chiederlo neanche.” disse immediatamente, intuendo cosa ella avrebbe desiderato chiedergli “Non posso mostrartelo. Il Grimoire è troppo pericoloso.”
Dicendo ciò non mentiva: il libro era scritto in Runico e le Rune erano estremamente complesse e pericolose da decifrare.
Beatrix: “Puoi almeno dirmi come è fatto?” domandò incuriosita dalla scoperta.
Sirius: “Il libro è rilegato in una copertina rigida nera con al centro un simbolo rosso raffigurante un cerchio runico con in mezzo un triangolo; gli angoli hanno dei rinforzi dorati e persino il bordo delle pagine è dello stesso colore.” mentre diceva ciò notò il crescente interesse della ragazza. “La struttura delle pagine l'ho vista una sola volta: si tratta di mille pagine appena ed ogni pagina contiene 500 Rune distribuite su 50 righe da 10 Rune l'una.”
Beatrix: “Ma ciò significa centinaia di possibili incantesimi per pagina.”
Sirius: “Migliaia. Comunque il rischio nel cercare di tradurre le possibili combinazioni è troppo alto.”

Le Rune erano una particolare scrittura magica molto complessa: in totale ne esistevano 108 ed avevano un doppio significato, sia iconografico che alfanumerico. Prese singolarmente le Rune potevano indicare un particolare elemento od oggetto ma messe in successione potevano formare farsi dal senso compiuto che andavano da un minimo di tre ad un massimo di sette Rune. La pronuncia, e quindi il significato, di ogni farse poteva cambiare a seconda della posizione di ciascuna Runa. Per esempio un semplice simbolo di cinque Rune disposte a croce, oltre al significato delle singole Rune, poteva celare una frase che, se letta correttamente, era in grado dare origine ad un incantesimo. Perché ciò avvenisse bisognava disporre le Rune partendo da sinistra verso destra, poi dall'altro verso il basso, da destra verso sinistra ed infine dal basso verso l'alto. In questo modo si otteneva una sequenza di dodici simboli dal significato completamente differente in quanto le rune, come accennato, hanno anche un significato differente a seconda della loro posizione esattamente come i numeri 105 e 510 che, pur essendo composti dalle stesse cifre, rappresentano un quantitativo nettamente differente a seconda che siano unità, decine o centinaia. Infine, tali simboli potevano essere letti come un incantesimo composto da due parole da tre Rune ed una parola da sei, oppure come uno composto da una parola da sette Rune e una da cinque dando così origine ad una magia completamente differente. Il problema in queste combinazioni è che spesso risulta impossibile capire se ciò che si sta leggendo sia un incantesimo curativo od una formula di maledizione; tale difficoltà in effetti è spesso voluta per proteggere formule molto importanti da chiunque non conosca l'apposita chiave di lettura con cui erano cifrati i testi in Runico.

Sirius: “Ad ogni modo è quasi ora di cena, che ne diresti se ci accomodassimo in sala da pranzo?” disse chiudendo la conversazione.
Beatrix: “Giusto, così avrò modo di raccontarti del mio ultimo viaggio.”
Ed i due uscirono dalla sala seguiti dal maggiordomo.

Più tardi.

Beatrix: “Era da molto che non mangiavo una cena così.”
Sirius: “Lo immagino. Il nuovo cuoco è un esperto di gastronomia.”
Beatrix: “Ho notato.” detto ciò sbadigliò vistosamente “Chiedo scusa.”
Sirius: “Figurati, immagino tu sia stanca dopo un così lungo viaggio. Se lo desideri la tua camera è pronta.”
Beatrix: “Grazie, sono proprio esausta.”
I due si alzarono da tavola e Sirius l'accompagnò fino alla sua stanza dove si congedò educatamente prima di raggiungere nuovamente la biblioteca per continuare la lettura.

Il mattino seguente Beatrix si alzò di buon ora, come suo solito, e si affacciò alla finestra che dava sul giardino dove poté notare Sirius intento ad allenarsi con Albert. I due combattevano ferocemente e, nonostante lo schiacciante potere di Sirius, Albert era perfettamente in grado di tenergli testa; anzi, sembrava che fosse lui a condurre lo scontro.

Sirius, impugnando la sua Sargatanas, si scagliò con rapidità verso Albert che impugnava una splendida scimitarra. Senza difficoltà egli riuscì a deviare i colpi inferti senza spostarsi di un solo millimetro dal suo posto. Appena si apri uno spiraglio negli attacchi, Abert ne approfittò per contrattaccare con decisione ed in pochi istanti Sirius si trovò in difficoltà. Lo scontro proseguì spostandosi all'interno del giardino dove Sirius sperava che il terreno più variegato gli offrisse maggiori possibilità di mettere in difficoltà il suo avversario. Giunti nei pressi del lago del giardino Sirius usò il suo potere di elementalista per cambiare la percezione dell'acqua del lago e, fatto ciò, si mise a correre sulla superficie che ora si era come solidificata. Subito Albert gli corse appresso come previsto da Sirius; quando i due erano quasi faccia a faccia, Sirius ricorse nuovamente al suo potere per creare una sorta di labirinto d'acqua. Ora ad Albert non rimaneva che cercare di trovare un'uscita, sempre ammesso che ci fosse; nel mentre, dalle pareti sbucarono delle copie di Sirius fatte interamente d'acqua ma pericolose quasi quanto l'originale. Capendo che non avrebbe avuto alcuna speranza se si fosse fermato ad affrontarle, Albert decise invece di fuggire, non più nel tentativo di rintracciare un'uscita, che ormai era giunto a conclusione che non esistesse, ma nella speranza di trovare la fonte di quella trappola magica, ovvero lo stesso Sirius. Girato un altro angolo si ritrovò in un vicolo cieco; non sapendo come uscirne provò prima ad oltrepassare il muro d'acqua passandoci attraverso ma, risultando impenetrabile, tentò poi di saltarlo ma si accorse che il muro era troppo alto ed egli non poteva certo scalare una parete d'acqua. Ad un certo punto, mentre combatteva contro le copie di Sirius che ormai l'avevano raggiunto, l'occhio gli cadde verso il basso e si accorse del trucco: Sirius era seduto sul fondo del lago in una sorta di meditazione, chiaramente stava ricorrendo al suo potere in maniera costante per mantenere attiva la magia ma il fatto che si trovasse immerso nell'acqua diede un'idea ad Albert; senza pensarci su un minuto di più egli castò la magia di tuono più potente che conosceva direttamente contro la superficie del lago conscio che, così facendo, avrebbe subito egli stesso le conseguenze della suddetta magia.

L'effetto fu quello sperato e l'incantesimo si ruppe; anche se entrambi subirono gli sgradevoli effetti della magia di tuono, Sirius ebbe la peggio e rimase tramortito. Quando si riprese si accorse che Albert, nonostante fosse provato dal duello e soffrisse anch'egli dei postumi della folgorazione, si era prodigato per tirarlo fuori dal lago.
Sirius: “Perché l'hai fatto?” gli domandò osservando che era stremato “Io non corro il rischio di annegare, lo sai questo.”
Albert: “Sarebbe stato disdicevole da parte mia se non avessi fatto quant'era in mio potere per soccorrervi. A prescindere dal fatto che voi foste in pericolo di vita o meno vi trovavate comunque in difficoltà ed era mio compito aiutarvi.”
A queste parole Sirius annuì lentamente in segno di ringraziamento e chiuse gli occhi nel tentativo di riprendersi.
Beatrix: “Sono passati gli anni ma vedo che le vostre abitudini non sono affatto cambiate, sempre pronti a darvele di santa ragione.” e nel mentre scosse la testa tenendo gli occhi chiusi in segno di disappunto.
Una volta alzatosi, Sirius disse scherzosamente rivolto al maggiordomo: “Una cosa è cambiata, la vecchiaia ti ha reso meno reattivo; una volta avresti impiegato molto meno tempo per battermi.”
Albert, dopo essersi alzato a sua volta, rispose con tono serio: “Avete ragione signore, mi rammarico di non potervi offrire un allenamento al vostro livello.”
Beatrix: “Scherzi? Ma se l'hai sempre battuto!”
Sirius: “Mi spiace doverti contraddire, mia cara, ma non mi ha sempre battuto.”
Beatrix: “Davvero? E, di grazia, quando saresti riuscito a batterlo.”
Sirius: “Sfortunatamente, a causa dello shock elettrico, ho difficoltà a ricordare i fatti con precisione ma sono certo che fra non molto mi tornerà in mente.”
La ragazza rise allegramente mentre i tre si apprestarono a rientrare in casa per cambiarsi d'abito e riassettarsi. In verità Albert era uno dei combattenti più abili dell'Impero e, malgrado tutti i suoi sforzi, Sirius non era mai riuscito a batterlo finché non ottenne i poteri di Tenebras, dopo quella volta Albert non costituì più un serio problema per Sirius, tuttavia egli finse continuamente di essere in difficoltà, questo per una sorta di riguardo nei suoi confronti che però non lo aveva certo ingannato. D'allora Sirius si lasciò sconfiggere ad ogni scontro nell'intento di non sminuire le capacità del suo maestro e d'altro canto Albert finse sistematicamente di non accorgersene.

Dopo essersi cambiato d'abito Sirius raggiunse Beatrix per la colazione.
Sirius: “Scusa se ti ho fatta attendere.”
Beatrix: “Figurati, piuttosto volevo domandarti una cosa.”
Sirius: “Domanda pure.”
Beatrix: “Vorrei poterti accompagnare nella tua prossima missione.”
Sirius: “Chi ti a parlato della mia missione? Si tratta di un'informazione riservata.”
Beatrix: “Lo sai che non rivelo mai le mie fonti.” disse sorridendo e strizzando un occhio.
Sirius: “Non ha importanza, tanto non ti permetterò di partecipare.”
Beatrix: “Perché no? Mi pare di ricordare che ieri avessi detto di gradire la mia compagnia.”
Sirius: “Ricordi bene ma il fatto che gradisca la tua compagnia non significa che ti voglia tra i piedi durante una missione.” disse bruscamente.
Beatrix: “Questo è ingiusto, lo sai che sono abile sia con la spada che con le carte.”
Sirius: “Abile non è abbastanza. Questa è una missione estremamente pericolosa ed io non posso perdere tempo a farti da balia.” detto ciò si alzò da tavola e si avviò a grandi passi verso le proprie stanze subito seguito dalla ragazza e da Albert sempre onnipresente.
Beatrix: “Non ti servirà a nulla scappare. Io non intendo demordere.”
Sirius: “Non sto scappando, questo è il mio passo regolare. Se non riesci a starmi dietro adesso come pensi di essermi utile sul campo di battaglia?”
Beatrix: “Non cercare scuse, l'hai detto tu stesso che questa è una missione estremamente pericolosa. Hai bisogno del mio aiuto.”
Arrivati sulla soglia della propria stanza Sirius si fermò e si votò verso la ragazza ed il maggiordomo.
Sirius: “Spiacente di deluderti ma io non necessito dell'aiuto di alcuno.” e chiuse loro la porta in faccia.
Beatrix si volto verso Albert e gli disse: “Se pensa di sbarazzarsi di me tanto facilmente si sbaglia di grosso.”
Poco dopo Albert bussò alla porta delle stanze private di Sirius e, non ottenendo risposta, si osò ad entrare; Sirius era seduto con le gambe incrociate intento nella sua meditazione giornaliera ed intorno a lui roteavano otto sfere composte dagli elementi fuoco, ghiaccio, fulmine, acqua, terra, aria, sacro ed oscuro, dunque il maggiordomo attese in silenzio che finisse.
Sirius: “Attendi da molto?” domandò senza aprire gli occhi.
Albert: “No mio signore, appena due minuti.”
Sirius: “Suppongo che sei qui per informarmi che l'Alto Consiglio ha avvallato l'autorizzazione a procedere per la mia missione, ho indovinato?”
Albert: “Si eccellenza, gli oppositori si sono zittiti al riscontro della vostra predizione.”
Sirius: “Un vero peccato che sia stato necessario attendere il versamento di altro sangue perché quegli incompetenti comprendessero la gravità della situazione.” detto ciò si alzò e s'infilò il cappotto.
Albert: “La signorina Beatrix ha manifestato nuovamente l'intenzione di accompagnarvi.”
Sirius: “Dimmi la verità, ritieni che io sbagli a non accettare il suo aiuto?”
Albert: “Se mi domandate ciò, significa che vi siete già dato una risposta a questa domanda.”
Sirius: “Riconosco che è molto abile ma temo possa risultare troppo pericoloso per lei prendere parte a questa operazione.”
Albert: “Sono certo che qualunque decisione prenderete si tratterà della migliore.”
Sirius: “No. Si tratterà della decisione più logica, il che non necessariamente significa la migliore.”
Pochi istanti dopo Sirius raggiunse l'eliporto dove un elicottero militare lo attendeva per portarlo a destinazione. Lì, poco distante, vide Beatrix; egli sapeva che qualsiasi fosse stata la sua scelta lei l'avrebbe rispettata.
Sirius: “Albert mi ha riferito la tua insistenza nel prendere parte a questa operazione.” ella non disse nulla ne cambiò minimamente espressione.
Sirius si voltò ad osservare l'orizzonte e aggiunse: “Ti permetto di venire, ma ad una condizione.”
Beatrix: “Quale?”
Sirius si voltò a guardarla negli occhi e disse: “Voglio che mi prometti che se dovessi essermi in qualche modo d'intralcio farai ritorno a casa senza discutere.”
Beatrix: “Te lo prometto, ma non si verificherà questa evenienza.”
Stretto l'accordo i due salirono a bordo dell'elicottero che decollò verso la sua meta.
Sirius
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Re: FanFic Garden

Messaggio da Sirius »

Deus Ex Tenebras
Capitolo 2/6: Il Sommo Radagaja


Era notte, Sirius si ergeva immobile con in mano la sua Sargatanas, di fronte a lui c'erano diversi soldati armati di armi automatiche posti a difesa di un ponte, alle sue spalle vi erano solo cadaveri. Il comandate di quei soldati teneva stretta una ragazza usandola come scudo umano e gli puntava alla tesa un revolver; Sirius avanzò lentamente ed i soldati presero la mira per sparare. L'ufficiale notò però qualcosa di strano sotto i piedi dell'uomo, qualcosa di pericoloso, ed urlò ai sodati di non aprire il fuoco ma ormai era troppo tardi: Sirius fu crivellato di colpi e cadde in ginocchio. “Doloroso ma necessario” pensò e, quando alzò lo sguardo, tutti i soldati erano morti eccetto il loro comandante che era rimasto immobile con l'arma rivolta alla tempia della ragazza.
Sirius: “Vedo che voi non siete cascato nella mia trappola.” disse con una nota di disappunto.
Ufficiale: “Conosco questo trucco, hai usato il Sigillo di Tanatos.” disse osservando ancora il terreno sotto i piedi del ragazzo.
Sirius: “Come avete fatto ad accorgervene? E come conoscete questo potere?”
Ufficiale: “Semplice. Ho usato la Visione Mistica che mi ha permesso di vedere il sigillo altrimenti invisibile e lo conosco perché ho già avuto a che fare con la Magia Occulta; chiunque si trovi all'interno di quel simbolo è soggetto ad una sorta di maledizione per cui se si viene feriti colui che ha inflitto tale ferita subirà lo stesso destino. Si chiama danno riflesso se non sbaglio.” chiese mostrando un falso sorriso che non riusciva a celare la sua paura.
Sirius: “Esatto, ma come avrete notato io sono immortale, pertanto se proverete ad infliggermi un danno mortale, come hanno fatto i vostri soldati, l'unico a perire sarete voi.” ed esibì un sinistro e provocatorio sorriso.
Ufficiale: “E SE TU PROVI AD AVVICINARTI GLI FACCIO SALTARE LE CERVELLA.” sbraitò con tutto il fiato che aveva in corpo. “Hai eliminato i miei uomini ma non riuscirai ad eliminare anche me.”
A quel punto Sirius sollevò la spada posizionandola orizzontalmente e vi fece scorrere sopra la mano. Sulla lama della spada comparvero, dapprima, alcuni simboli runici di colore azzurro ed in seguito la lama fu avvolta da un'energia rossa vermiglio. Alla vista di ciò il comandante carico il colpo del revolver. Sirius si mise in posizione portando la spada sopra la spalla sinistra e scatenò la tecnica Folgore Assassina nell'esatto istante in cui l'ufficiale premette il grilletto; la pistola fece cilecca mentre la tecnica lo colpì in pieno. A quel punto Sirius si trovava alle spalle del comandante, con il braccio teso di lato che abbassò di scatto facendo così sparire l'aura di energia dalla spada.
Ufficiale: “Non... ci posso... credere.” detto ciò una sottile linea rossa comparve sul suo viso passando da sotto l'occhio destro a sopra il sopracciglio sinistro per poi proseguire sotto l'orecchio destro e sopra quello sinistro per ricongiungersi dietro la testa. Un istante dopo la metà superiore della testa scivolò atterra mentre il resto del corpo cadde all'indietro riversando solo una discreta quantità di sangue; questo perché l'energia della Lama Vermiglio aveva cauterizzato la ferita senza, tuttavia, ustionarla.

Sirius si voltò e si diresse verso la ragazza che giaceva ai piedi della vittima; la osservò per qualche istante e notò che lo guardava con un'espressione contrariata. “Qualcosa non va?” chiese gentilmente “Avrebbe potuto uccidermi!” esclamo la ragazza guardandolo dritto negli occhi. “Tu dici?” domandò semplicemente. “Può darsi che sia vero ma se avessi seguito i mie ordini non ti saresti trovata in questa situazione ed io non avrei dovuto fare tutta questa fatica per salvarti.” A queste parole la ragazza abbassò lo sguardo sapendo che ciò che aveva detto era vero. “Comunque sia, se avessi fatto più attenzione ti saresti accorta che il revolver in dotazione aveva solo sei colpi e aveva già esploso i primi cinque nel primo scontro; poi, quando ha creduto che fossi morto, ha disarmato il cane ed ha rinfoderato la pistola. Purtroppo, come spesso accade, si è dimenticato di far roteare indietro il tamburo di un colpo, pertanto quando mi sono rialzato e lui, spaventato, ti ha puntato la pistola alla tempia sapevo che non avrebbe potuto ucciderti perché premendo il grilletto il cane del revolver si sarebbe caricato facendo roteare il tamburo che sarebbe tornato al primo proiettile esploso.” “Dunque quando ha premuto il grilletto il percussore ha colpito un bossolo vuoto.” disse la ragazza con tono sommesso. “Precisamente.” A quel punto Sirius fece sparire la spada e porse la mano alla fanciulla che l'afferrò e si trasse in piedi. “Però per te è stato facile, non provi emozioni quindi ti è più semplice mantenere la concentrazione.” “Non accampare scuse, tutto ciò non sarebbe successo se avessi seguito alla lettera le mie istruzioni. Come pensi di essermi di aiuto contro Zartas se ti fai catturare da delle semplici guardie? Forse è meglio che da qui in poi prosegua da solo.” e fece per andarsene ma la ragazza gli si parò davanti per fermarlo e disse: “No, aspetta.” “Avevamo un accordo rammenti? Se mi fossi stata d'impiccio ti saresti fatta da parte.” disse Sirius spostandola con una mano. “Non ricapiterà più, te l'assicuro. Ti servirà il mio aiuto se intendi sconfiggerlo.” Sirius si fermò un istante; sapeva che era un'abile combattente ma era anche impulsiva. “D'accordo puoi venire; ma d'ora in avanti seguirai alla lettera le mie indicazioni.” disse voltandosi verso la giovane che con un cenno della testa fece di sì. Dopo di che i due si avviarono oltre il ponte alla cui estremità opposta si stagliava una grande torre.

Flashback.

L'elicottero militare li stava conducendo alla loro destinazione; nel mentre egli era intento ad esporre la questione nei dettagli a Beatrix.
Sirius: “Da diverso tempo a questa parte le nostre forze armate, dislocate su diversi mondi esterni all'Impero, stanno subendo l'offensiva di una non meglio identificata forza armata. Tali assalti sembravano privi di un nesso comune e, di fatti, i vertici militari erano convinti che l'origine degli attacchi fosse da imputare ad azioni di gruppi terroristici indipendenti; tuttavia un esame più approfondito mi indusse ad esporre all'Alto Consiglio la tesi secondo cui queste aggressioni alle nostre forze armate facessero parte di un piano più grande.”
Beatrix: “E suppongo che avessi ragione, vero?”
Sirius: “Purtroppo sì, molti erano scettici al riguardo ma si sono ricreduti una volta espostogli quello che, secondo il mio parere, doveva esserci dietro a questi attacchi. In breve tempo siamo riusciti ad evitare diversi attentati alle nostre truppe e, in aggiunta al già positivo successo, siamo anche risusciti a scoprire chi si nascondeva dietro a tutti gli attacchi. A quanto pare gli artefici fanno parte di una fantomatica Organizzazione Omega; tale organizzazione sembra operare da diverso tempo ma, stranamente, non vi sono informazioni a riguardo.”
Beatrix: “Un'organizzazione segreta ed antica che mina la stabilità dell'Impero, devo ammettere che la faccenda inizia a preoccuparmi.”
Sirius: “Fai bene. Dopo che le loro ultime operazioni sono fallite, essi hanno cambiato strategia ed iniziato ad ostacolare apertamente l'esercito e la marina dell'Impero. Tuttavia io non ero concorde con chi sosteneva che stava per scoppiare una guerra aperta; l'Organizzazione è senz'altro in grado di contrastare tecnologicamente le forze armate di Belkadan ma non ritenevo plausibile che disponessero dei numeri necessari per affrontare apertamente uno scontro su larga scala, anche perché questo non sembrava rispecchiare il loro modus operandi.”
Beatrix: “Scommetto che molti alti ufficiali hanno avanzato l'ipotesi che gli attacchi servissero allo scopo di saggiare le difese di Belkadan.”
Sirius: “Avresti vinto la scommessa, tuttavia essi non avanzarono alcuna ipotesi. I generali e gli ammiragli che sostennero tale teoria erano talmente certi che questa fosse l'unica ragione che non vollero ascoltare il parere mio e degli altri strateghi dell'Impero che sostenevano una tesi diversa dalla loro.”
Beatrix: “Sono pronta a scommettere anche che quei generali appartengono alla vecchia guardia: gente messa lì più per le loro amicizie che per i loro meriti.”
Sirius: “Un altro punto a tuo favore; quei vecchi imbecilli mostrarono una tale arroganza e presunzione di sé da decidere di muovere le loro truppe senza attendere che l'Alto Consiglio avesse vagliato ogni possibile decisione. Pochi giorni fa ben tre armate furono mobilitate verso quello che doveva essere il fronte della battaglia, inutile dire che quando giunsero lì non trovarono alcuna armata ad attenderli.”
Beatrix: “Se non ricordo male l'Impero nascose i fatti dicendo che si trattava di un'imponente esercitazione. Che cosa accade poi?”
Sirius: “Semplice: sfruttando il fatto che una simile mobilitazione attrasse subito l'attenzione dei media e delle nazioni confinati, un piccolo commando guidato da un membro dell'Organizzazione, il Generale Zartas, riuscì ad infiltrarsi nei territori di Belkadan.”
Beatrix: “A che pro? Hanno forse rapito qualche esponente politico o militare? O forse hanno rubato delle informazioni riservate? Oppure hanno sabotato le nostre linee difensive e presto daranno il via ad una vera invasione?”
Sirius scosse la testa: “Nulla di tutto ciò; da quanto risultò dall'analisi dei loro attacchi, essi erano in cerca di qualcosa di specifico: la torre di Valkorados che, stando a quanto narrato nei miti, è dove il Sommo Radagaja svolse gran parte delle sue ricerche sulla magia e dove, sempre secondo queste leggende, scrisse il Grimoire.”
Beatrix era stupefatta da tale rivelazione e chiese: “Aspetta, vuoi forse dire che stanno cercando di entrare in possesso di qualche artefatto appartenuto al Sommo Radagaja?”
Sirius: “Questa è una possibilità più che plausibile. Devi sapere che l'ubicazione di questa torre non è per me una novità, infatti, come già sai, sono in possesso del Grimoire; ciò che però ignori è che il diario originale de Le Cronache di Yorken recentemente ottenuto contiene alcune informazioni omesse dalle successive pubblicazioni; tali informazioni riguardavano uno strano codice scoperto da Yorken in uno dei suoi viaggi. Egli non aveva idea che cosa potesse significare ma intuì che si trattava di qualcosa di molto importante, pertanto ordinò che la pagina contenente il codice fosse esclusa dalle trascrizioni. Ebbene, io ho scoperto che il suddetto codice altro non è che la chiave di lettura del Grimoire; grazie ad essa sono riuscito a tradurre alcune pagine contenenti indizi per trovare la torre di Valkorandos e per venirne a capo ho dovuto visitare gli stessi luoghi che essi hanno attaccato recentemente, anche se io, grazie al ruolo che ricopro ed all'influenza della mia società, la Magitek, ho potuto raccogliere le informazioni necessarie senza spargimenti di sangue ed in maniera assai più discreta.”
Beatrix: “Allora è per questo che sei riuscito a vedere uno schema nei loro attacchi, sapevi già cosa stavano cercando.”
Sirius: “Esatto ma quando ho raccontato tutto all'Alto Consiglio non fui creduto e, siccome mi sono rifiutato di dire come avessi fatto ad entrare in possesso di tali informazioni, fui confinato agli arresti domiciliari 'in attesa che una commissione vagliasse la mia attendibilità', in pratica qualcuno dubitava della mia lealtà. Ovviamente tu comprenderai che non potevo dire loro di essere in possesso del Grimoire ne tanto meno che sono in grado di decifrarne il contenuto, pertanto sono stato costretto ad attendere che scoprissero a loro spese che quanto gli avevo riferito era nient'altro che la verità, anche se parziale.”
Beatrix: “Quindi, se ho capito bene, ora siamo diretti alla leggendaria torre di Valkorados. Non posso crederci, non sai quanto ho desiderato visitarla. Perché non mi hai detto niente di tutto ciò?”
Sirius invece di rispondergli si limitò ad inviargli un'occhiata inequivocabile e subito capì: egli non le aveva detto nulla perché lei semplicemente non era lì per condividere la scoperta. Da molto tempo ormai si era fatta prendere dal suo lavoro di esploratrice, sempre intenta a cercare di scovare nuovi mondi ed entrare in contatto con civiltà sconosciute oppure, quando non era occupata a vagare per il multiverso, si trovava all'Accademia della magia in Aurelia ad insegnare ai giovani assimilatori. Se non fosse stata per una soffiata fattagli da un ricercatore amico di Albert, ella non sarebbe venuta a conoscenza della missione di Sirius in 'territori sconosciuti', come gli fu detto, e probabilmente non si sarebbe fatta viva per molto tempo ancora.

Pilota: “Siamo quasi giunti alle coordinate da voi indicateci, eccellenza.”
Sirius: “Bene, qual'è il livello di Mystes?”
Pilota: “Superiore alla norma ma ancora entro la soglia di tolleranza, eccellenza.”
Beatrix: “Problemi col Mystes?”
Sirius: “La zona in questione è uno Jagd, per questo non possiamo avvicinarci troppo altrimenti rischiamo di perdere il controllo del velivolo.”
Pilota: “Siamo prossimi alla soglia critica, eccellenza.” avvisò il pilota.
Sirius: “Atterrate allora, noi proseguiremo a piedi. Fra quanto arriveranno i rinforzi?”
Pilota: “Quindici minuti, la flotta Pretoriana più vicina dotata della tecnologia antimystes è quella del colonnello Drown.”
Sirius: “Speriamo arrivino in tempo.” e detto ciò saltò giù dall'elicottero che riprese quota e si allontanò.
Beatrix: “Ed ora dove si va?” chiese osservandosi attorno e non vedendo la benché minima traccia di una struttura che potesse in qualche modo sembrare una torre.
Sirius: “Da questa parte; la torre è nascosta in modo da non essere individuata dalla distanza.”
Dopo aver percorso diversi metri attraverso un territorio alquanto scosceso giunsero all'entrata di una grotta.
Beatrix: “La torre è sotto terra?”
Sirius: “Non proprio, la torre si trova all'interno della montagna. Probabilmente Radagaja ricorse ad una potente magia per scavare la roccia; comunque sia la zona è perennemente illuminata dai cristalli di magilite luminescente.”
Giunti alla fine della caverna poterono osservare la torre in tutto il suo splendore. Dall'aspetto era chiaramente molto antica ma non sembrava aver subito gli effetti del tempo, invero sembrava appena costruita.
Beatrix: “Meravigliosa!” disse con un filo di voce scrutando incantata la superficie dorata piena di statue di angeli e creature mitologiche.
Sirius: “Lo so ma poni attenzione a non cadere nell'inganno, questa torre è irta di pericoli mortali. Molte statue sono rese vive grazie al Mystes presente e faranno di tutto pur d'impedirci di passare.”
Beatrix: “Conosco i pericoli; se non ricordi sono io l'esploratrice e tu lo scienziato.”
Prima che potesse rispondere, Sirius notò del movimento sul ponte che conduceva, oltre uno strapiombo, all'entrata della torre.
Sirius: “Atterra.”
I due si sporsero il minimo necessario per vedere oltre le rocce che li nascondevano.
Beatrix: “Sono loro? Sono membri dell'Organizzazione? Sono già giunti sino a qui?”
Sirius: “Sì a tutt'e tre le domande, e sono chiaramente in troppi, dobbiamo evitarli. Il modo migliore è...”
Beatrix: “Non abbiamo tempo da perdere. Non possiamo permettergli di razziare questo posto.”
Sirius: “No, aspetta!”
Sirius cercò inutilmente di afferrare la ragazza ma essa riuscì a sgattaiolare via.

Fine flashback.

I due erano ora d'innanzi all'entrata della torre; inaspettatamente un campo d'energia bloccava loro il passaggio.
Sirius: “Una barriera magica! Alla mia prima visita sono certo non ci fosse, anzi rammento che qui fui attaccato da un Muro Diabolico che, coltomi di sprovvista, riuscì a smembrarmi.” finito di dire ciò provò a toccare la barriera ma, appena sfiorata, comparve un artiglio d'energia che tentò di afferrarlo ma egli riuscì a schivarlo con un rapido balzo all'indietro. “Non c'è alcun dubbio, dev'essere senz'altro opera loro.” aggiunse.
Beatrix: “Come facciamo a passare?” domandò.
Sirius: “Per prima cosa cerchiamo di scoprirne l'origine.”
Dopo essersi guardato attorno, Sirius si avvicinò ad un soldato morto e disse: “Magari chiedendo spiegazioni...” e con un gesto della mano infuse nuova vita al cadavere. Appena il soldato aprì gli occhi egli gli domandò cos'era quella barriera ed il soldato rispose: “L'ha creata il Generale per impedire a chiunque di entrare finché non avesse finito.” “E sai dirmi che genere di magia ha usato?” chiese poi Sirius. “So soltanto che prima della missione si fece procurare del sangue di vergine per compiere il rito.” “Capisco, vi ringrazio per la collaborazione.” e facendo schioccare le dita il cadavere tornò ad essere tale.
Beatrix: “Tu hai capito di che genere d'incantesimo si tratta?”
Sirius: “Certamente: si tratta di un incantesimo avanzato di necromanzia simile a quello che ho appena usato su quel soldato.”
Beatrix: “E sai come rimuoverlo?”
Sirius: “Sì, occorre versare quattro litri di sangue di vergine affinché la barriera scompaia così com'è apparsa.”
Beatrix: “Quattro litri? E dove troviamo tutto quel sangue.” disse con un tono di rassegnazione appoggiandosi al parapetto del ponte.
Sirius osservò la ragazza poi diede un sguardo con la coda dell'occhio al coltello che portava uno dei soldati morti e subito lo fece levitare in mano propria. La ragazza, per una sorta di sesto senso, si voltò verso il suo compagno e vedendolo con quel coltello in mano fece per avvicinarsi ma egli fu più rapido e, ricorrendo ad una magia temporale, la paralizzò sul posto.
Beatrix: “Sirius, che cosa vuoi fare? No, aspe...” non fece in tempo a concludere la frase che vide il coltello penetrare nella carne. Sirius si era lacerato la gola ed il sangue stava colando copiosamente difronte alla barriera magica che sembrava nutrirsene. Dopo poco la barriera scomparve così come l'incantesimo d'inerzia che bloccava la ragazza; ella subito si precipitò ad aiutare il suo compagno che giaceva a terra privo di forze.
Beatrix: “Perché l'hai fatto? Potevamo trovare un'altra soluzione.” disse estraendo una carta magica e poggiandogliela sul petto; una luce azzurra comparve e sanò le sue ferite.
Sirius scosse lievemente la testa e disse con un filo di voce: “Non c'era tempo... dobbiamo fermarli subito... ora, aiutami ad alzar...” non riuscì neppure a concludere la frase.
La ragazza annuì e lo aiutò a trascinarsi oltre la soglia d'ingresso.
Sirius
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Capitolo 3/6: Zartas il Draghiere
Sirius e Beatrix si erano inoltrati nella torre ma procedevano a rilento a causa della spossatezza di Sirius. Anche se egli non poteva morire, aver perso tutto quel sangue l'aveva reso inerme e se non fosse stato per l'aiuto di Beatrix probabilmente non sarebbe riuscito nemmeno a muovere un passo. Giunti presso un grande portone, la ragazza lo adagiò atterra e gli chiese di attenderla finché non avesse trovato un modo per aprire la porta. Egli avrebbe voluto rispondergli: “Non che possa muovermi in queste condizioni.” ma non riuscì a fiatare; normalmente aver perso del sangue non sarebbe stato un problema ma siccome la barriera energetica l'aveva assorbito, a Sirius non rimaneva che attendere che il suo corpo ne generasse di nuovo. Poco dopo, Beatrix tornò a riferirgli che era riuscita ad aprire il portone e, mentre lo aiutava ad alzarsi, Sirius le disse: “Visto, il mio aiuto ti è servito.” “Come?” domandò lei. “Sono certo che è ciò che avresti voluto dirmi, non è così?” senza dire niente la ragazza continuò ad aiutarlo a reggersi in piedi; Sirius la osservò e le sussurrò: “Grazie.” a quel punto lei lo guardò in viso e si limitò a sorridergli.

Altrove.

Un ufficiale dell'Organizzazione stava procedendo a passo spedito in cerca del proprio superiore per riferirgli importanti, quanto preoccupanti, informazioni; giunto nei pressi di un'enorme porta egli rallentò il passo. D'innanzi alla porta vi era un uomo in armatura che stava recitando formule arcane, all'ufficiale incomprensibili.
Ufficiale: “Generale Zartas, mi duole dovervi disturbare ma abbiamo un problema che urge la vostra attenzione.” notando che il generale non lo degnava neppure di uno sguardo l'ufficiale si decise a proseguire: “La squadra posta di guardia all'entrata non risponde alle nostre chiamate e sembra che il sigillo sia stato rimosso.”
Udendo ciò il Generale interruppe il rituale, si voltò e compì alcuni passi verso l'ufficiale; quest'ultimo si trattenne a stento dall'indietreggiare. Appena fu difronte all'ufficiale, il Generale domandò con tono calmo e profondo: “ Se ho ben inteso, avete appena detto che qualcuno è riuscito ad infrangere il sigillo?” l'ufficiale, visibilmente agitato, annuì con la testa. “Ditemi, siete voi al comando, Tenete?” “Si, Generale.” e si mise sull'attenti. “Molto bene, Tenente, se avete a cuore la vostra vita vi suggerisco di fermare gli intrusi immediatamente.” detto ciò si voltò e tornò a recitare formule nel tentativo di aprire la porta.
Il Tenente, udito l'ammonimento, non se lo fece ripetere due volte e si affrettò ad organizzare le truppe per eliminare gli intrusi.

Più tardi.

Beatrix era circondata da tre scheletri in armature magiche, animatisi al loro passaggio; con una rapida capriola laterale evitò d'essere colpita dalla pesante mazza ferrata del primo guerriero in armatura e con un'altra rapida capriola all'indietro schivò un fendente di spada proveniente dallo scheletro al suo fianco. A quel punto la ragazza balzò sula schiena del secondo scheletro in armatura ed usandolo come piattaforma spiccò un'ulteriore salto con capriola avvitata che la fece giungere alle spalle del terzo scheletro guerriero, anche questo armato di spada. Mentre ricadeva al suolo, con un rapidissimo fendente di spada, decapitò il nonmorto e con il successivo attacco gli tranciò le gambe all'altezza delle ginocchia; sfortunatamente non fece in tempo a trarre fiato che gli altri due nonmorti le furono subito addosso. Mantenendo la concentrazione, ella evitò nuovamente il colpo della mazza ferrata del primo scheletro, che sapeva non essere in grado di bloccare, e quando questa tocco il suolo, infrangendo il pavimento, poggiò prima un piede e poi l'altro sul manico della mazza impedendo così allo scheletro di sollevarla e, subito dopo, lo colpì al cranio con una gomitata; il colpo sbalzò indietro lo scheletro ed un suo braccio si strappò rimanendo attaccato alla mazza, il secondo guerriero si avventò contro Beatrix ma ella estrasse subito una carta magica che conficcò in fronte al nonmorto; dalla carta si sprigionò un'energia sacra che ridusse lo scheletro in polvere. Voltatasi in cerca dell'ultimo guerriero nonmorto vide che era svanito poi, d'istinto, alzò lo sguardo e si accorse che lo scheletro in armatura magica era aggrappato al soffitto. Quest'ultimo si lanciò contro la ragazza ma ella fu più rapida ed estrasse un'altra carta magica; questa arrestò lo scorrere del tempo dello scheletro, che rimase immobile a mezz'aria. Senza indugio, Beatrix raccolse la mazza ferrata e con un colpo discendente mandò in frantumi il nonmorto. Mentre si avvicinava a Sirius, rimasto a distanza perché ancora privo di forza, Beatrix domandò: “Sono migliorata, non trovi?” Sirius fece cenno di sì con la testa poi, alzando la mano, scagliò una sfera Sancta contro un quarto scheletro che stava per colpirla alle spalle. “Ne hai mancato uno.” disse Sirius a fatica “Non l'ho mancato, ho … ehm, preferito lasciarlo a te.” rispose inguainando la spada.

Giunti infine difronte ad un'altra porta, Beatrix domandò: “Hai idea cosa stiano cercando?” “Niente affatto, la prima volta che giunsi qui non mi spinsi così affondo. Mi limitai ad esplorare in minima parte l'atrio della torre riproponendomi poi di ritornare con una squadra di archeologi e scienziati per ufficializzare la scoperta. Era mia intenzione renderti partecipe di questo evento ma, tornato a Belkan, fui informato degli attacchi dell'allora ignota Organizzazione. Visto il mio ruolo non potevo rifiutarmi di collaborare...” “... E per ironia del destino, ora siamo entrambi qui ma con l'intento d'impedire all'Organizzazione Omega di trafugare chissà quali manufatti.” concluse lei. Appena prima che Beatrix aprisse la porta, Sirius la fermò: “Aspetta! Percepisco qualcosa... vi sono dei soldati oltre questa soglia.” “Me ne occuperò io.” disse lei risoluta “No, da quel che sento sono in troppi, meglio che lasci fare a lui.” disse con un sinistro sorriso. Oltre la porta vi era un'enorme sala circolare con diverse colonne e balconate a diversi livelli, tra loro interconnessi, ma soltanto la porta sul lato opposto permetteva di proseguire verso la sala dove si trovava il Generale Zartas; consci di questo, i soldati si disposero, su ordine del Tenete, in maniera tale da impedire a chiunque di oltrepassare l'entrata vivo. Al centro della sala, dietro le prime due linee di soldati, il Tenente passava in rassegna le varie postazioni con la radio:
Squadra 1: “In posizione.”
Squadra 2: “In posizione.”
Squadra 7: “In posizione.
Squadra 9: “In posizione.”
Squadra 3: “ … ”
Tenente: “Squadra 3, a rapporto.”
Squadra 3: “ … ”
Tenente: “Squadra 2, investigare situazione squadra 3.”
Squadra 2: “ … ”
Tenente: “Squadra 2, rispondete.”
I soldati iniziarono ad innervosirsi.
Tenente: “Squadra 5, investigare situazione squadre 2 e 3.”
Squadra 5: “Ricevuto.”
Squadra 5: “Soldato A: Attenzione, ho visto qualcosa. Soldato B: Che cos'è stato? Soldato C: Oh, merda. Sodato B: Indietro, cxxxo.” rumori di spari echeggiarono nell'aria “Soldato C: Aiutatemi. Sodato A: “Nooo, aaargh.”
Tenente: “Squadra 5, cosa sta succedendo?”
Squadra 5: “ … ”
Tenente: “Ma porca... A tutte le squadre: siamo sotto attacco da forze ignote, ripiegare alla mia posizione.”
Squadra 1: “Oh mio dio, no! Aaargh.”
Squadra 7: “Soldato A: Che diavolo è? Soldato B: Non lo so, scappa! Soldato A: Ci sta raggiungendo. Soldato B: È qui! È qui!”
Squadra 9: “A-aiut... aiutatemi... S-so... sono...”
I pochi soldati rimasti, radunatisi al centro della sala, erano sul punto di farsi prendere dal panico; udita una minacciosa e raccapricciante risata, un soldato perse la ragione e si mise a correre in cera di salvezza.
Tenete: “Fermo, torna indietro.” ma il soldato non lo sentì neppure. Infilatosi in un corridoio laterale al secondo piano, si udì uno strano rumore e subito dopo, dalla balconata, fu scagliato al suolo il tronco mutilato del soldato. I compagni, vedendo ciò, aprirono subito il fuoco pur non avendo alcun bersaglio da colpire. Il Tenente tentava inutilmente di far tornare in sé i suoi uomini: “Cessate il fuoco. A cosa state sparando. Dovete controllarvi o moriremo tutti.” purtroppo i soldati erano ormai in preda all'isteria. Mentre tutti erano impegnati a sparare all'aria, un soldato si accorse con la coda dell'occhio di una lama che, dal lato destro, stava per colpirlo al ventre; d'istinto portò la propria arma in posizione verticale per bloccare il colpo. Il soldato fu trascinato indietro fino a sbattere contro una colonna; il suo fucile, piegato dal colpo, fortunatamente non si spezzò. A questo punto i suoi compagni smisero di sparare e si voltarono a vedere cosa fosse successo; il soldato volse lo sguardo alla sua destra, da dietro la colonna fece capolino una figura vestita di nero, il volto era un teschio umano scarnificato con due corna che, uscendo dai lati della testa, puntavano in avanti e due sfere rosse al posto degli occhi. Questa visone fece gelare il sangue nelle vene al soldato ed ai suoi compagni. La creatura emise nuovamente quella raccapricciante rista, dopo di che allentò la pressione sull'enorme falce, con cui teneva il soldato bloccato alla colonna, per poi sferrare un colpo ancora più forte con cui riuscì a tagliare in due il fucile, il soldato e persino la colonna di marmo. Quel gesto risvegliò i soldati dallo stato di trace in cui erano caduti e ripresero a sparare, ma l'essere era nuovamente scomparso.
Soldato: “È Lares, Tenente! L'Esper nonmorto! Colui in grado di richiamare legioni di anime al suo servizio! Non abbiamo scampo!”
Tenente: “Calmati soldato. Non è ancora...” prima che potesse finire la frase, il suo volto fu macchiato di sangue.
Sbucando da un portale nel terreno alle spalle del soldato, Lares lo infilzò brandendo la propria falce all'incontrario, lo sollevò fin quasi al soffitto e, con un rapido movimento, lo scagliò al suolo con tale violenza da rompere il pavimento e mandare in frantumi il corpo; dopo di che ripiombò nel terreno lasciando fuoriuscire soltanto la falce che iniziò a roteare vorticosamente, come una sega circolare, entrando ed uscendo dal pavimento. A quel punto si spostò velocemente sul terreno avanti ed indietro in maniera casuale, costringendo i soldati a continue schivate e chi non era abbastanza rapido veniva tagliato verticalmente in due, senz'alcuna difficoltà, dalla lama della falce. Alla fine Lares uscì dal pavimento ed il Tenente ne approfittò per lanciargli una magia Sancta ritenendo che, essendo un nonmorto, sarebbe stato vulnerabile all'elemento sacro; sfortunatamente Lares assorbiva quell'elemento e, dopo l'attacco, alzò un braccio ad indicare il soffitto; quando i soldati alzarono lo sguardo videro una miriade di scie di fuoco rosso e nero turbinare in senso orario verso il basso, osservandole meglio si accorsero che i contorni di quelle scie riproducevano il volto di una bestia famelica: erano la Legione di Anime che Lares poteva evocare. Al tocco di quelle anime i soldati venivano orribilmente deformati e colpiti da chissà quale maledizione; il Tenente sguainò velocemente la spada e distrusse un paio di anime ma, rendendosi conto che ormai era finita, decise di battere in ritirata. Prima che potesse raggiungere la porta, un'anima lo colpì alla schiena: all'improvviso divenne cieco, si accorse di non potere più ricorrere alla magia e sentiva come se una sorta di veleno magico gli scorresse nelle vene; gli parve infine di udire Lares che rideva e subito dopo fu colpito dalle altre anime e ridotto in cenere.

Terminato il massacro, Sirius e Beatrix entrarono nella sala; Lares era immobile al centro della sala con le anime che gli turbinavano attorno, in ogni dove vi erano i corpi dei soldati, alcuni dei quali erano ancora vivi. Con un gesto della mano, Sirius fece sparire il suo Esper poi si avvicinò ad uno dei soldati agonizzanti e, senza sforzo apparente, gli strappò la gabbia toracica, gli prese il cuore fra le mani e, in un istante, questo fu inghiottito dall'oscurità. Sirius subito si sentì meglio, si alzò in piedi e dalla schiena sbucarono quattro tentacoli serpente che si avventarono su altrettanti soldati sopravvissuti per divorargli i cuori. Dopo poco, Sirius riacquistò tutto il suo potere e fece sparire i tentacoli serpente; appena si voltò verso Beatrix, vide che era rimasta inorridita dallo spettacolo. “Questo è ciò che sono, purtroppo.” gli disse pacatamente “E che cosa saresti? Un vampiro? Un demone.” domandò lei “Una specie, sì. I cuori sono la sede del potere magico di ogni essere vivente, così come il cervello è la sede della sua coscienza; divorando i cuori degli esseri viventi sono in grado di riottenere vigore ed, in alcuni casi, acquisire nuovo potere.” “Capisco.” disse lei in tono sommesso, provando pena per la sua situazione. “Ora non perdiamo altro tempo, il nostro obbiettivo è da questa parte.” disse Sirius spalancando con un gesto della mano l'ultima porta.

I due giunsero fino ad una porta spalancata; dal residuo magico, Sirius capì che quella porta era rimasta sigillata fino a poco tempo prima. Varcata anche quest'ultima soglia, essi si trovarono all'interno di un'ampia sala ovale con due balconate laterali; infondo alla stanza diverse finestre permettevano di vedere fuori “All'apparenza, sembrerebbe una sorta di... centro di controllo.” disse Beatrix osservando le apparecchiature altamente tecnologiche “Tecnologia Cetra, senz'alcun dubbio; tuttavia hanno qualcosa d'insolito...”
???: “Siete giunti sin qui, eppure non comprendete nulla di ciò che vi circonda.”
Sirius e Beatrix si voltarono di scatto nella direzione verso cui proveniva la voce; un uomo in armatura scese lentamente le scale della balconata di destra “Generale Zartas! Per i crimini compiuti contro l'Impero di Belkadan, vi dichiaro in arresto.” disse risoluto Sirius “E chi sareste voi?” “Sono il Principe Sirius Valantine.” “Oh, Chimera! Non avete idea da quanto desideravo incontrarvi.” rispose Zartas “Come mi avete chiamato?” “Come avete già giustamente detto, io sono il Generale Zartas, membro numero VII dell'Organizzazione Omega; confesso che la vostra presenza non era stata prevista, tuttavia, siccome ormai siete qui, mi accollerò anche l'onere e l'onore di ridurvi all'obbedienza.” disse sfoderando la propria spada, l'Alastor, e volgendola verso Sirius. In pochi istanti la lama della spada si avvolse d'energia azzurra; immediatamente Sirius fece scorrere la mano sulla lama della Sargatanas, avvolgendola d'energia vermiglio. Tema di Battaglia. I due guerrieri scattarono all'unisono e le lame si incrociarono; Sirius rimase esterrefatto nel vedere bloccata la tecnica della Folgore Assassina “Ah ah ah. Sorpreso?” disse beffardo Zartas e, con un rapido colpo, fece fare un salto mortale all'indietro a Sirius. Subito Beatrix sguainò la sua spada, pronta a colpire, ma Zartas, senza nemmeno toccarla, la sollevò in aria e la lanciò contro la parete accanto, facendole perdere i sensi. Sirius tornò all'assalto sferrando rapidissimi fendenti che, tuttavia, non riuscivano a penetrare la difesa del Generale. “Dovrete fare meglio di così.” disse Zartas; dopo di che balzò indietro e, sferrando dei fendenti all'aria, dalla spada si sprigionarono delle onde d'energia azzurra che Sirius distrusse con la propria spada prima di venirne investito. Dopo questo attacco, Zartas utilizzò i suoi poteri per scagliargli contro del materiale preso dalla stanza ma Sirius evitò o tagliò ogni oggetto; subito dopo egli tornò a sferrare rapidi colpi di spada, costringendo il suo avversario ad indietreggiare. Dopo aver parato un forte colpo verticale discendente, Sirius sferrò due veloci fendenti all'altezza delle gambe, purtroppo il Generale riuscì a schivarli con due semplici saltelli; a quel punto sollevò Sirius da terra, utilizzando i suoi poteri telecinetici, ed iniziò a soffocarlo ma egli creò due sfere d'aria in ciascuna mano e le scagliò contro il suo avversario che si schiantò contro le finestre alle sue spalle, incrinandole.

Purtroppo il duello non era ancora finito, Zartas si rialzò immediatamente e tornò alla carica; subito iniziò assestando attacchi con sempre maggiore foga, obbligando Sirius a rimanere sulla difensiva finché non sferrò un colpo orizzontale; approfittando di questo attacco, Sirius si flesse sul ginocchio destro e, nel contempo, allungò la gamba sinistra sul pavimento, infine, con una fulminea rotazione antioraria, eseguì una spazzata che atterrò il Generale. Senza indugi, Sirius si rizzò, rovesciò la spada e cercò di conficcarla nel petto di Zartas ma, prima che ci riuscisse, egli rotolò di lato evitando il colpo, poi, mettendo tutta la forza nelle braccia, si diede una spinta e si rialzò in un batter d'occhio, richiamò l'Alastor con la telecinesi e deviò all'ultimo istante un attacco diretto a decapitarlo. “Non male. Neppure bene a dir la verità.” disse puntando la spada in direzione di Sirius ed egli rispose: “Non avete ancora visto nulla.” Sirius gli corse subito incontro tenendo la spada vicino la fianco sinistro mentre Zartas rimase perfettamente immobile; appena gli fu difronte, Sirius compì un fulmineo fendente orizzontale ma il Generale precedette la mossa con un salto mortale sopra il suo avversario. Mentre si trovava a testa ingiù, Zartas compì un attacco verticale ascendente; Sirius, non avendo modo di evitare tale colpo, impugnò rapidamente la spada all'incontrario e la usò per bloccare, se pur parzialmente, l'attacco diretto alla schiena. Il colpo fu di tale violenza che Sirius sbatte la faccia sul pavimento e proseguì strisciando per diversi metri mentre Zartas atterrò perfettamente in piedi. Sirius si alzò lentamente, il volto era tumefatto e sanguinante ma subito le ferite iniziarono a guarire; all'improvviso le apparecchiature si accesero e la torre iniziò a tremare “Perfetto! Il programma ha terminato l'inizializzazione; ora sarete partecipi dell'atto finale.” disse Zartas soddisfatto. La torre prese a perdere l'involucro esterno, rivelando una seconda struttura molto più tecnologica al suo interno; nello stesso momento la magilite nelle rocce iniziò a brillare più intensamente e ad un certo punto la montagna si frantumò portando alla luce la torre nascosta. Proprio in quel momento la fregata del Colonnello Sorran Drown giunse sul posto con i soccorsi richiesti; purtroppo ad attenderla trovò ben tre incrociatori dell'Organizzazione; all'interno della torre, Zartas spiccò un salto in mezzo alla stanza e conficcò la propria spada nel terreno creando un'onda d'energia che avrebbe investito Sirius se Beatrix, rinvenuta dal colpo, non lo avesse scansato in tempo. Quel colpo fu così forte che metà stanza, dove si trovava Sirius, si staccò ed iniziò a precipitare; egli corse verso l'altro lato della stanza, dove vi era Beatrix, ma Zartas gli si parò davanti ed i due precipitarono insieme ai detriti. Anche se stavano cadendo, Sirius e Zartas non smisero di combattere finché non giunse un drago a cui Zartas saltò in groppa “Avanti Fafnir, attacca!” urlò Zartas ed il drago obbedì sputando sfere di fuoco verso Sirius che le evitò saltando da detrito in detrito finché non raggiunse la parete della torre dove vi conficcò la propria spada e vi salì sopra. Mentre Beatrix osservava la scena, uno degli incrociatori sparò degli arpioni che agganciarono la torre ed iniziarono a sollevarla “Non ci posso credere! Intendono portarsi via tutta la torre!” esclamò lei incredula; nel mentre un velivolo armato per il trasporto delle truppe si affiancò alla sua zona e da esso alcuni soldati aprirono il fuoco. Con prontezza di riflessi, Beatrix prese tre care magiche: una per l'ipervelocità e le altre due per gli scudi Aegis e Sphaera, in seguito saltò a bordo del velivolo ed eliminò i soldati senza che questi si rendessero conto dell'accaduto; poi, eliminato anche il pilota, cercò di prendere confidenza coi comandi. Nel frattempo, Sirius, usando la propria spada come trampolino, evitò l'ennesimo attacco di Fafnir ed effettuando un salto mortale riuscì addirittura a calciare Zartas giù dal dorso del drago; quest'ultimo, però, si aggrappò alla coda di Fafnir e, con il suo aiuto, tornò in groppa.

Quando finalmente Beatrix riuscì a controllare il velivolo militare, Sirius e Zartas stavano ancora lottando sulla schiena del drago; a quel punto la ragazza decise di puntare il cannone principale sulla creatura e fare fuoco. Appena Sirius la vide, capì quali erano le sue intenzioni e decise di agevolare la cosa: saltò nuovamente contro la parete della torre e vi corse lateralmente attirando Zartas e la sua bestiola in una posizione che facilitasse il tiro di Beatrix. “Non hai via di scampo.” disse Zartas appena Sirius si fermò “Io non credo” gli rispose lui sorridendogli; in quel preciso istante, Beatrix sparò contro i suoi bersagli ma sia il Generale che Fafnir si accorsero in tempo dell'inganno e riuscirono ad evitare il colpo ma Beatrix non si lasciò per vinta e lanciò una bordata di missili contro di loro; mentre sfrecciava in sella alla sua cavalcatura, Zartas si mise di nuovo in piedi sulla schiena del drago e, raggiunta la coda, agitò la spada nell'aria liberando ancora quelle onde d'energia azzurra che distrussero i missili. Purtroppo, mentre l'ultimo missile lanciato veniva abbattuto, il cannone principale del velivolo fece fuoco per la seconda volta; Fafnir, sapendo di non poter evitare quest'attacco, disarcionò il suo padrone per metterlo in salvo. Mentre il Generale Zartas cadde atterra, il drago venne colpito in pieno, andò a sbattere contro la parete di roccia e si sfracellò al suolo; quando Zartas si rialzò vide il velivolo lanciare una seconda bordata di missili contro il suo drago. “Fafnir, nooo!” furibondo, Zartas scagliò diversi fulmini viola, carichi d'oscurità, verso il velivolo che andò in tilt e si schiantò. Appena Sirius raggiunse il suolo tentò di aggredire Zartas alle spalle ma egli si accorse del gesto e, voltandosi di scatto, bloccò la spada di Sirius. Prima che potesse allontanarsi, Zartas prese per il polso Sirius con la mano sinistra mentre con la destra impugnò l'Alastor all'incontrario e gli tagliò il braccio destro, poi, spostando il peso sulla gamba sinistra, si piegò sul fianco e gli sferrò, con la gamba destra, un calcio al volto mandandolo a sbattere contro una guglia di roccia e, prima che potesse reagire, gli piantò la Sargatanas nel petto, inchiodandolo alla roccia. Improvvisamente, però, Zartas fu avvolto da una colonna d'acqua bollente a 200 gradi; era stata Beatrix, saltata giù dal mezzo poco prima dell'impatto, ad attaccarlo “Tu, lurida -censura-. Pagherai per aver ucciso il mio drago.” esclamò Zartas furioso, avventandosi contro la ragazza; ella tento di bloccare i suoi attacchi ma già al secondo fendente si ritrovò disarmata ed egli le lanciò una strale di ghiaccio che la trafisse da parte a parte. Vedendo la scena, Sirius decise che era il caso di reagire: poggiando entrami i piedi contro la parete di roccia, fece trapassare alla spada il proprio corpo ed una volta toccato terra l'afferrò col braccio sinistro, l'unico rimastogli, e la fece fluttuare difronte a sé, vi fece scorrere sopra la propria mano avvolgendola d'energia ed infine portò la spada sopra la spalla destra; Zartas stava per vibrare il colpo di grazia a Beatrix quando Sirius eseguì nuovamente uno scatto e stavolta riuscì a colpirlo in pieno, dopo di che abbassò di colpo la spada facendo sparire l'energia dalla lama; nello stesso istante, il corpo di Zartas venne tagliato in due, partendo da sotto il braccio sinistro a sopra la spalla destra. Dopo aver vinto il combattimento, Sirius volse lo sguardo verso Beatrix; ella era atterra ma, prima che potesse anche solo tentare di raggiungerla, si sentì mancare e cadde svenuto.
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Deus Ex Tenebras
Capitolo 4/6: L'Assimilatore Mascherato
Sirius aprì lentamente gli occhi, la vista era offuscata e non riusciva a capire dove si trovasse, difronte a lui vi era una forte luce che gli impediva di mettere a fuoco; si guardò attorno in cerca d'indizi e si rese conto di trovarsi disteso su di un tavolo di metallo con le braccia e le gambe immobilizzate da cinghie di ferro. “Vi siete svegliato finalmente.” quella voce parve familiare a Sirius ma non riusciva a ricordare di chi fosse; d'improvviso il tavolo si sollevò e si drizzò verticalmente, a quel punto egli poté vedere in faccia il suo interlocutore, un uomo di 55 anni, capelli corti brizzolati, barbetta ispida, portava un paio di occhiali ed indossava un camice da scienziato “Dottor Cid!” Il dottor Cid Raines: scienziato luminare attualmente a capo del Dipartimento di Ricerca Genetica, Direzioni Generali: Ricerca e Sviluppo del Ministero della Salute di Belkadan; nell'arco della sua carriera ha ricevuto diverse onorificenze in ambito internazionale ed interplanetario per le sue teorie sul Mystes, l'alterazione del flusso spaziotemporale e la manipolazione genetica avanzata. “Dove mi trovo? Cosa mi è accaduto?” domandò Sirius ancora in uno stato confusionale “È naturale che vi sentiate confuso, eravate in pessime condizioni quando la squadra di soccorso vi ha recuperato; sforzatevi di ricordare.” Sirius fece mente locale e dopo un po' riaffiorarono i ricordi: la torre di Valkorados, l'Organizzazione Omega, lo scontro con il Generale Zartas, l'arrivo di una fregata di Belkadan, Beatrix. “Beatrix! Dov'è lei? Sta bene?” “Purtroppo non siamo riusciti a salvarla.” rispose il dottor Raines “Lei è... morta?” “No, è stata catturata dai soldati dell'Organizzazione agli ordini di un alto ufficiale di cui non conosciamo nulla. Hanno tentato di soccorrerla ma è già un miracolo che siano riusciti a trarre in salvo voi prima che le cose precipitassero; ma non temete, i Servizi Segreti Imperiali sono già sulle loro traccie. Per rispondere all'altra vostra domanda: ora vi trovate a bordo della Supercorazzata Belias.” Sirius si stupì di non averlo intuito subito, infondo l'aveva progettata lui quella nave; il dottor Cid lo liberò dalle cinghie e Sirius, fatti alcuni passi, si massaggiò la spalla dolorante. “Il motivo per cui provate ancora fastidio a quel braccio...” “Lo so.” intervenne Sirius “La spada del Generale Zartas era in Metallo Eccelso, per questo il braccio non si è rigenerato subito; mi sono accorto di ciò quando egli è riuscito a bloccare la tecnica della Folgore Assassina.” il Metallo Eccelso è una rarissima lega alchemica la cui formula è andata persa tra le nebbie del tempo; una volta temprata, la lega risulta indistruttibile e non può subire ulteriori trasmutazioni. Le armi in Metallo Eccelso sono le uniche in grado di ferire un'immortale e si dice che persino i leggendari Keyblade fossero fatti con tale lega.

“Ora dov'è il suo corpo?” “Non è stato possibile recuperarlo.” “L'hanno preso i soldati dell'Organizzazione.” “No, non sono stai loro. Il corpo si è autoincenerito.” precisò subito il dottor Cid “Forse si tratta di un dispositivo d'emergenza per evitare d'essere catturati; ad ogni modo siamo riusciti a recuperare la sua spada.” “L'Alastor.” disse Sirius “Mi risulta che voi collezionate armi, sono certo che questa farà una notevole figura come trofeo nella vostra collezione.” aggiunse Cid “Vi ringrazio, ma ora desidero solo partire all'inseguimento dei rapitori di Beatrix.” “Me ne rendo conto, prima però l'Imperatore ha chiesto d'incontrarvi appena vi foste ripreso.” in quell'istante entro nella stanza un ufficiale Pretoriano in armatura “Dottor Cid.” disse semplicemente togliendosi il casco, poi si voltò verso Sirius ed aggiunse: “Sono lieto che vi siate ripreso, Vostra Eccellenza. Sono il Colonnello Sorran Drown, comandante in capo della Tredicesima Flotta dei Falchi Pretoriani.” Il Colonnello Sorran Drown era un uomo di 39 anni, capelli neri ed occhi chiari; all'Accademia Militare di Belkan si distinse per l'innata abilità nel comando e le straordinarie doti tattiche che gli valsero innumerevoli elogi da parte dei suoi addestratori e questo lo portò ad un rapido avanzamento di carriera. “Volevo comunicare al lor signori che stiamo per raggiungere il Palazzo Imperiale.” “Grazie, Colonnello.” rispose Cid “Sapete, è solo grazie ad una sua accurata strategia se, una volta giunto in vostro soccorso alla torre di Valkorados, riuscì a tenere testa con una sola fregata a tre incrociatori dell'Organizzazione.” aggiunse appena il Colonnello lasciò la stanza “Da quel che rammento, la torre di Valkorados nascondeva al suo interno qualcosa che l'Organizzazione Omega aveva intenzione di prelevare. Avete una qualche teoria a proposito?” domandò Sirius “Stiamo ancora investigando al riguardo, quello che posso dirvi con certezza, eccellenza, è che ciò che stavano tentando di rubare appare come una struttura unica nel suo genere: antichissima ma altamente tecnologica; probabilmente anche pericolosa se ha attirato l'interesse dell'Organizzazione Omega. Ad ogni modo ora è meglio che vi lasci, non vorrei farvi arrivare tardi all'incontro con l'Imperatore.”

Tempo dopo.

La missione era quasi conclusa ma egli era seccato, non desiderava essere lì. Avrebbe voluto continuare la sua ricerca ma l'ordine giungeva dall'Imperatore in persona; il compito era semplice: catturare il capo della setta degli Assassini della Rosa Bianca, ritenuti responsabili di un fallito attentato ai danni dell'Imperatore. La setta in questione aveva sede in un mondo fuori dalla giurisdizione di Belkadan i cui rapporti erano divenuti sempre più precari negli ultimi tempi, pertanto un'azione di forza sul larga scala da parte delle forze armate non era nemmeno da considerare. Per Sirius portarla a termine era di una facilità disarmante; altrettanto non si poteva dire per gli uomini al suo comando: essi erano Incursori della marina, specializzati nelle operazioni di recupero ed eliminazione. Peccato che appena 15 minuti dopo essersi intrufolati nella roccaforte nemica caddero in un'imboscata che portò al massacro dell'intero commando. Quello non era stato certo il primo tentativo, altre cinque squadre prima della sua tentarono invano di penetrare nella cittadella di Darulan e furono tutte quante sistematicamente annientate. Ecco perché l'Imperatore aveva chiesto il suo intervento ed ecco perché egli aveva chiesto, ma non ottenuto, il permesso di andare da solo; il risultato era un intero plotone distrutto, atri 50 soldati morti.

Mentre proseguiva verso la sommità della cittadella, facendo strage di chi gli si parava di fronte, un uomo con indosso una maschera d'argento sbucò da un vicolo, applaudendo. Egli non poteva certo essere un membro della setta; non indossava i tipici abiti bianchi, anzi, vestiva con uno strano cappotto viola con rifiniture dorate, un abbigliamento davvero vistoso ed inaccettabile per il rigido codice degli Assassini della Rosa Bianca; come se non bastasse, aveva legato alla coscia destra un revolver semiautomatico Organix: un'arma sperimentale da ufficiali di Belkadan prodotta solo in numero limitato; per quanto ricordava non ne esistevano più di cento esemplari. Gli assassini non utilizzavano le armi da fuoco e, di certo, non potevano aver quel tipo di revolver.
???: “Uno splendido spettacolo, ma credo sia ora di far calare il sipario; non siete d'accordo anche voi, Eccellenza?”
Sirius: “Chi siete voi? Un qualche agente speciale?”
???: “Non sono ne un amico, ne un nemico; sono giunto da un altro mondo per combattere con voi.”
Sirius: “Ho la strana sensazione di aver già udito questa frase... ”
???: “Dico sul serio, io sono originario di un mondo differente da questo ed ho intenzione di sconfiggervi in duello per privarvi di tutti i vostri poteri.”
Sirius: “Privarmi dei poteri? Siete forse un assimilatore?”
???: “... Come l'avete capito? Siete così potente da percepire la vera natura delle persone che incontrate?”
Sirius: “Invero ho tirato ad indovinare; conoscevo una persona che possedeva quest'abilità, sono alla sua ricerca da diverso tempo e mi chiedevo se voi...”
???: “No.” lo interruppe bruscamente “La ragazza che andate cercando non esiste più ormai.”
Sirius: “Come fate a sapere che cerco una ragazza e, soprattutto, cosa significa che non esiste più,”
Subito l'Assimilatore non rispose, allora Sirius si avvicinò a lui e lo esortò: “Rispondete alle mie domande!”
???: “Non posso dirvi perché so ciò che so, ma posso assicurarvi che non troverete ciò che cercate.” disse poggiandogli una mano sulla spalla.
Sirius si scostò ed aggiunse con tono minaccioso: “Voi mi direte tutto ciò che desidero sapere.”

In quel mentre, un cecchino aveva preso posizione su di un tetto e si preparava a colpire; incoccata la freccia la rese invisibile ricorrendo alla magia e la scagliò contro Sirius. La freccia passò a fianco della maschera d'argento dell'Assimilatore ed egli, accortosi dello spostamento d'aria, alzo di scatto la mano ed afferrò la freccia prima che questa potesse colpire al volto Sirius, dopo di che lasciò cadere la freccia e, prima che toccasse il suolo, si voltò nella direzione da cui proveniva il colpo, raggiunse in un lampo il cecchino e, con un salto mortale avvitato, gli giunse alle spalle recidendogli il braccio destro prima che riuscisse a scagliare una seconda freccia. Quando il cecchino fu atterra, urlando dal dolore, egli gli mise una mano intorno al collo, lo prosciugò di ogni potere e dopo vibrò il colpo di grazia.

Sirius era rimasto sbalordito dalle abilità di quell'individuo, non è certo cosa comune fermare una freccia mentre questa ti passa accanto, soprattutto se invisibile.
Sirius: “Vi ringrazio per l'aiuto, signor...?”
???: “Potete chiamarmi Samas, ma non avete motivo di ringraziarmi, l'ho fatto solo perché da morto non avrei avuto modo di privarvi dei vostri poteri.”
Sirius: “Capisco... se vi concedessi spontaneamente parte dei miei poteri mi dareste spontaneamente le informazioni che vi ho chiesto?”
Samas: “Spiacente, non vi dirò nulla. Ho i miei motivi per non farlo.”
Sirius: “Non mi pare una buona risposta.”
Samas: “Accontentatevi, è l'unica che riceverete. Inoltre non ho ragione di trattare con voi perché presto avrò tutti i vostri poteri.”
Sirius: “In tal caso sappiate che io non concedo quasi mai la resa hai miei nemici; se mi ostacolerete non esiterò un istante ad uccidervi e cavarvi il cuore, sapete anche io posso assorbire i poteri.” disse con chiaro intento intimidatorio.
Samas: “Uh, che brivido di paura. Anzi no, credo si tratti solo di indigestione.” e si mise a ridere.
Sirius: “Ridete pure, presto supplicherete la morte.”

Tema di Battaglia.
Samas estrasse rapidamente una carta magica in Mithril che scagliò contro Sirius, il quale fece subito apparire la Sargatanas e con essa tagliò la carta in due. In un lampo Samas gli fu davanti con la spada sguainata; con il braccio sinistro bloccò il braccio destro di Sirius, con cui impugnava la Sargatanas, e con l'altro braccio gli conficcò la sciabola nel petto “Troppo facile.” disse in tono soddisfatto mentre rovesciava di 180 gradi la lama per infliggere maggiore danno. “Ora sei mio.” sibilò Sirius all'orecchio dell'Assimilatore e, prima che potesse accorgersene, si trovò immobilizzato, spalle al muro. In un istante il braccio sinistro di Sirius si era trasformato in una sostanza scura che avvolse l'avversario e si allungo fino a raggiungere il muro della casa difronte; Sirius fece sparire la sua spada e, lentamente, si estrasse dal petto la sciabola “Allora, siete ora incline ad ottemperare alle mie richieste?” domandò con tono irrisorio “Non contateci.” rispose Samas che, riuscendo ad afferrare la pistola con la mano destra, aprì il fuoco e colpì la spalla sinistra di Sirius; lo speciale proiettile di magilite con cui era caricato il revolver esplose tranciandogli di netto il braccio. Immediatamente la sostanza scura si tramutò in un fumo nero che si disperse nell'aria lasciando libero l'Assimilatore; senza alcun indugio fece nuovamente fuco colpendo prima la spalla destra, che subì la stessa sorte della sinistra, poi sparò altri due colpi alle gambe, all'altezza delle ginocchia.

A quel punto Sirius, privo di braccia e gambe, si mise a ridere e disse: “E voi pensate di potermi privare dei poteri? Siete un povero stolto.” mentre diceva ciò le sue parti del corpo presero a rimembrarsi e Samas svuotò i rimanenti sei colpi del tamburo contro il corpo di Sirius che, nonostante accusasse i colpi, non riportava danni permanenti siccome ogni lacerazione si risanava, ogni ferita si richiudeva ed ogni smembramento si ricomponeva. Avendo finito i proiettili, Samas sostituì velocemente il tamburo e, tirato indietro il carrello per preparare il colpo, puntò il revolver in direzione di Sirius, ma questo era scomparso; non fece in tempo a riflettere su dove potesse essere andato che se lo ritrovò alle spalle che gli puntava al collo la lama della propria spada. “Vedete signor Samas, la serenità con cui lascerete questo mondo dipende dalla vostra disponibilità a collaborare.” purtroppo l'intimidazione non ebbe l'esito sperato e, quasi senza che Sirius se ne accorgesse, alle sue spalle comparve un'enorme carta che sprigionò un'esplosione che lo investì in pieno; approfittando della situazione, Samas passò la pistola nella mano sinistra e con la destra disarmò Sirius riprendendosi la spada. Immediatamente tentò di decapitare Sirius con un rapido fendente di spada ma questi si traslò prima che potesse riuscirci, comparendogli di fianco.

Samas tentò ripetutamente di colpirlo ma egli continuava ad evitare di essere colpito traslandosi all'ultimo istante sempre intorno all'avversario finché non fermò un fendente con la mano sinistra e disse: “Qual'è il problema? Siete forse infastidito da una mosca?” in quel preciso istante l'Assimilatore usò i suoi poteri per arroventare la spada e tirandola di scatto tagliò le dita della mano a Sirius che fu costretto ad indietreggiare. Mentre la mano si stava riformando egli disse: “Vedo che non mi lasciate altra scelta.” e pronunciate queste parole fece riapparire la Sargatanas e si lanciò all'assalto. Dopo una serie di stoccate i due si ritrovarono con le spade incrociate e Samas puntò la pistola al petto di Sirius e fece fuoco tre volte costringendolo ad indietreggiare per poi tentare di decapitarlo di nuovo, Sirius evitò tale attacco effettuando una capriola all'indietro mentre Samas gli sparò altri quattro colpi che egli riuscì ad evitare per poi tornare all'assalto. Dopo un'altra serie di fendenti, parate e contrattacchi, Samas deviò un colpo con la spada e, dopo aver effettuato una rotazione su sé stesso, puntò la pistola alla nuca di Sirius, ma egli riuscì a traslarsi prima che il colpo penetrasse la sua scatola cranica; trovandosi ora alle spalle dell'Assimilatore, Sirius tentò un colpo discendente ma Samas si accorse della cosa e reagì effettuando una torsione e sparando con la pistola al piede di Sirius, spappolandoglielo. Sbilanciato, Sirius perse l'equilibrio e prima che potesse rialzarsi, Samas gli sparò l'ultimo colpo del caricatore in faccia colpendolo all'occhio destro; l'esplosione del proiettile di magilite gli portò via mezza faccia ma Sirius non dava segno di voler morire. A quel punto, rendendosi conto che si trovava in una situazione di stallo, Samas inguainò la spada e rinfoderò il revolver; prima che Sirius potesse fare alcunché egli estrasse il suo mazzo di carte e prese a lanciargliele contro. Sapendo di non poterle evitare, Sirius alzò subito le barriere Aegis e Sphaera nel tentativo di proteggersi ma esse andarono in frantumi dopo pochi colpi; purtroppo le carte in Mithril parevano in grado di assorbire le magie, fortunatamente egli si era già spostato abbastanza da poter ripararsi un un vicolo della cittadella, sfortunatamente le carte girarono l'angolo inseguendolo nel vicolo come se possedessero volontà propria.

Vista la cosa, Sirius decise di distruggerle con la spada ma Samas lo inseguì continuando a lanciargli carte, tenendolo costantemente sotto pressione “Sembra che siate voi in difficoltà ora.” disse provocatorio; ad un certo punto entrambi giunsero in un'ampia piazza ed a Samas venne un'idea: sparse molte carte sul terreno e queste si ingigantirono trasformando di fatto l'area in un campo minato, se Sirius avesse inavvertitamente messo piede su una di quelle carte sarebbe stato immediatamente colpito da chissà quale incantesimo. Samas si lanciò nuovamente all'attacco; dal canto suo Sirius riusciva a bloccare gli attacchi ma era limitato nell'offensiva dalla situazione del terreno, inoltre sapeva che se anche avesse tentato di saltare una carta od avesse fatto ricorso alla magia di levitazione per passarci sopra, essa si sarebbe ugualmente attivata avendo anche un'efficacia antiaerea, per così dire. Dopo aver trascorso un po' di tempo ad evitare di essere colpito, Sirius si ritrovò improvvisamente circondato da delle carte giganti sbucate dal terreno che gli si chiusero attorno, dal nulla comparve Samas che lo aggredì con la spada per poi scomparire, assorbito da una delle carte disposte a cerchio; Sirius tentò di distruggerla con la propria spada ma esse risultarono invulnerabili agli attacchi fisici, allora provò a lanciargli contro una sfera di fuoco ma questa dapprima venne assorbita per poi essere rilanciata da ogni carta contro un indifeso Sirius.

Subito dopo Samas ricomparve sbucando da una carta e lo attacco nuovamente con la spada, ancora una volta Sirius riuscì a bloccare l'assalto e contrattaccare ma, ancora una volta, Samas si fece assorbire da una delle carte; rendendosi conto di trovarsi in una situazione senza apparente via d'uscita, Sirius si fermò a riflettere. Nel mentre, Samas comparve alle sue spalle, pronto a sferrargli un altro colpo ma, inaspettatamente, Sirius emise dal corpo un'esplosione d'energia che scaraventò l'Assimilatore contro la barriera di carte e riuscì ad infrangerla, subito dopo un turbine di fuoco iniziò da attirare a se tutte le carte presenti sul terreno, incenerendole. “Liquefazione, molto astuto.” disse Samas tenendosi saldamente aggrappato alla propria spada, conficcata nel terreno, per evitare d'essere risucchiato dal vortice. Quando tutto cessò, Sirius, spossato dall'attacco, si avvicinò all'Assimilatore e, puntandogli la spada contro, disse: “È tempo di porre fine a tutto ciò.” “Concordo.” rispose Samas che, dopo aver fatto comparire una carta tenendola tra il dito indice ed il medio, la lanciò in aria e questa generò un portale dal quale uscì un'enorme creatura serpentiforme “Distruggilo, Karonte!” disse con enfasi l'Assimilatore. L'Esper eseguì l'ordine impartitogli e piombò contro l'indebolito Sirius; questo riuscì ad evitare d'essere travolto gettandosi di lato ed immediatamente dopo invocò anch'egli un Esper “Gilgamesh, a me!”

Il guerriero dalle quattro braccia apparve e subito si gettò all'attacco dell'enorme creatura saltandogli sulla schiena, nel frattempo Samas creò un cerchio di carte Flare sopra Sirius che seguivano ogni suo spostamento e, senz'alcun preavviso ed in maniera del tutto casuale, iniziarono a cadergli addosso creando delle esplosioni di fuoco azzurro. Mentre Sirius era intento a schivare questi colpi, Gilgamesh era intento a lottare contro l'altro Esper; questo era riuscito a scaraventarlo atterra e dalla sua bocca a forma di teschio gli sputò contro un getto di acido verde estremamente corrosivo. Gilgamesh evitò tale attacco e contrattaccò colpendolo al fianco sinistro, a sua volta Karonte rispose usando il suo corpo per tentare di schiacciarlo ma ancora una volta l'agilità di Gilgamesh gli permise di evitare l'attacco, a quel punto dai fianchi di Karonte sbucarono due grandi braccia scheletriche con cui tentò di catturare Gilgamesh ma, come al solito, l'Esper evitò tali attacchi e rispose con una veloce combinazione di fendenti.

Mentre la battaglia tra gli Esper infuriava, Sirius si trovò nuovamente in difficoltà: continuavano a piovergli addosso carte Flare impedendogli così di portare un attacco a Samas che si limitava ad osservare la scena; come se non bastasse, Sirius era provato a causa dell'ingente uso di magia e dell'invocazione e più tempo impiegava a porre fine alla battaglia, più si riducevano le probabilità di catturare il capo degli Assassini della Rosa Bianca. Dopo l'ennesimo attacco d'acido di Karonte, che disciolse diverse abitazioni, Gilgamesh effettuò un triplo salto mortale laterale che lo portò in una posizione ideale per sferrare il suo attacco finale, Ultimo Affondo: l'Esper portò le quattro spade ai fianchi opposti e vi concentrò l'energia Sacra ed Oscura poi, con un movimento obliquo ascendente delle braccia, creò un'enorme croce d'energia bielemntale che colpì in pieno Karonte, eliminandolo. Distratto dalla distruzione del proprio Esper, Samas perse per un'istante la concentrazione e Sirius ne approfittò per raggiungere il suo avversario e, dopo averlo afferrato per una spalla, gli diede un calcio dietro le gambe e nello stesso tempo lo scaraventò attera, dopodiché lo agguantò per una caviglia, lo trascinò per molti metri di corsa sulla strada ed infine lo lanciò contro un'abitazione; il colpo fu di tale forza che l'intero edificio collassò. Mentre Sirius stava prendendo fiato, Gilgamesh gli si affiancò; quando ormai credeva che tutto fosse finito le macerie della casa esplosero per poi fermarsi a mezz'aria. Da sotto i detriti uscì Samas molto malridotto “V-vi... vi ho... s-sotto... sottovalutato...” disse con estrema fatica. Vista la sua situazione, ed avendo due avversari d'affrontare, l'Assimilatore decise di rinunciare al suo intento e disimpegnarsi “Ci... rivedremo... ancora.” detto ciò sparì in un portale oscuro; Sirius avrebbe voluto inseguirlo e chiudere lì la faccenda ma non poteva rischiare di fallire la missione, pertanto richiamò il suo Esper e si diresse verso il grande tempio in cima alla cittadella.
Sirius
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Capitolo 5/6: Luci ed Ombre
Sirius raggiunse finalmente le porte del tempio, dove trovò ad attenderlo diversi soldati in armatura bianca, armati di Lance Sacre; uno di essi gli si avvicinò e, puntandogli l'arma contro, disse: “Sei giunto sin qui ma non andrai oltre, servo dell'Oscurità.” Sirius, sorridendo, disse: “V'ingannate, io non sono servo dell'Oscurità.” allungò la mano sino ad afferrare la punta della lancia “Io sono l'Oscurità.” questa divenne subito incandescente ed iniziò a disciogliersi mentre il braccio di Sirius iniziò a corrodersi, trasformandosi in una sostanza nera. Il soldato lasciò andare immediatamente la presa sull'arma ed indietreggiò; “Non è possibile! Che dio ci aiuti!” esclamò notando l'arto del suo avversario tornare lentamente normale. Sirius fece alcuni passi in direzione del portone del tempio mentre gli altri soldati si prepararono a colpire “Non contateci; qualunque sia il vostro dio, ha troppa paura per giungere in vostro soccorso.” aggiunse con intento intimidatorio ma i guerrieri non badarono alle sue parole e non si mossero di un solo passo; non vedendo alternative, Sirius fece comparire la sua spada e si preparò a dare battaglia. All'interno del tempio, il Gran Maestro dell'Ordine degli Assassini della Rosa Bianca attendeva lo svolgersi degli eventi seduto sul suo scranno, circondato dalla Guardia Bianca, senza manifestare alcuna preoccupazione, come se gli eventi non lo riguardassero. “Maestro, vi prego di riconsiderare la mia proposta. Siamo ancora in tempo per andarcene.” disse il Capitano della Guardia Bianca “No Capitano, non possiamo abbandonare questo luogo. Chiunque egli sia, è giunto con il proposito ben preciso di catturarmi e non si fermerà sinché non avrà portato a termine la sua missione. Se fuggissi non farei che ritardare uno scontro inevitabile.”

Tema di battaglia.
Dall'esterno iniziarono a giungere clangori di armi che si scontrano e grida di sofferenza; i soldati all'interno presero immediatamente posizione per impedire l'avanzata del nemico, determinati a lottare sino alla morte per proteggere il Gran Maestro. Ad un tratto il frastuono cessò e calò un silenzio assordante; la tensione era al massimo ed i guerrieri avevano tutti i sensi in allerta, pronti a rispondere all'attacco di qualsiasi cosa sarebbe entrata dalla porta. Quando questa infine si aprì, un'enorme parete d'oscurità penetrò nella sala, avvolgendo i presenti in un nero impenetrabile; separati gli uni dagli altri, i soldati si trovarono assaliti da nemici invisibili che, approfittando del buio, fecero scempio dei loro corpi senza che essi potessero opporsi in alcun modo. D'un tratto, però, il Gran Maestro sguainò la propria spada, l'Excalibur, e, puntandola in alto, disse: “Luce della Verità, dissipa le Tenebre dell'illusione.” e l'oscurità svanì nel nulla rivelando, a pochi passi dal lui, un uomo dai capelli argentei che applaudiva beffardo. “Complimenti, Lucifero.” il Gran Maestro puntò la spada verso l'uomo ed aggiunse: “I tuoi poteri illusori non funzionano con me, Manipolatore di Ombre.” “Ne sono lieto, sarebbe stata una grande delusione per me se il Gran Maestro degli Assassini della Rosa Bianca si fosse rivelato un avversario mediocre; dubbio che mi era sopraggiunto combattendo contro la vostra Guardia Bianca, Lucifero.” “Il mio nome è Adel.” “Il mio invece no.” rispose Sirius mantenendo un tono sfrontato al fine d'irritare il suo avversario “Come osate mancare di presentarvi? Siete un individuo senza onore.” “Onore? Singolare detto da un assassino; ad ogni modo non vedo il motivo di rivelare il mio nome ad un morto.” udite queste parole, il Gran Maestro si gettò contro il suo antagonista con l'intento di trafiggerlo con la spada; un attimo prima di colpire, però, Adel si accorse che l'uomo d'innanzi a lui non possedeva alcuna ombra e ciò gli permise svelare il trucco usato da suo nemico ed evitare così, balzando di lato, d'essere colpito da un attacco alle spalle. Difronte a lui ora vi erano due Sirius, uno dei quali svanì poi nel nulla mentre il secondo, armato di spada, lo incalzò con una sequenza di attacchi; in sintesi, Sirius aveva fatto ricorso ai suoi poteri per creare una propria copia che aveva il compito di distrarre il suo oppositore mentre il vero Sirius gli sarebbe comparso alle spalle per catturarlo.

Dopo essersi scambiati una serie di fendenti di spada, Adel concentrò nella lama dell'Excalibur dell'energia sacra e tentò un affondo; Sirius riuscì ad evitare il colpo e l'onda d'energia sacra scaturita dalla punta della spada andò a frantumare una delle colonne di marmo bianco che ornavano la sala. “Impressionante! Il vostro titolo di Gran Maestro non è prettamente onorifico, dunque. Purtroppo per voi questo non è sufficiente a salvarvi.” subito Sirius ripartì all'assalto, incrementando la frequenza degli attacchi. Il Gran Maestro, pressato dall'offensiva del suo aggressore, indietreggiò sino a ritrovarsi spalle contro una colonna; a quel punto Sirius pensò di averlo in pungo ma, inaspettatamente, esso svanì nel nulla per ricomparire poco distante. A quanto pareva anch'egli era in grado di teletrasportarsi ma, stranamente, non sembrava intenzionato a ritirarsi dallo scontro; evidentemente s'illudeva di poterlo battere, o almeno questo è quanto pensava Sirius. Lo scontro proseguì con una veloce spazzata di Adel che venne facilmente intercettata dai fulminei riflessi di Sirius che contrattaccò prontamente; il Gran Maestro schivò il contrattacco con un salto e, mentre era in aria, scagliò diverse sfere Sancta contro il suo nemico che, a sua volta, le schivò con agilità per poi rispondere lanciando alcuni Flare. Il Gran Maestro, appesantito dall'armatura, non ebbe il tempo di schivare queste magie, pertanto decise di alzare una barriera magica per bloccarle; nel frattempo Sirius si era dileguato, nascondendosi alla vista della sua preda. “Fatti vedere codardo.” urlò Adel e, immediatamente, Sirius gli piombò addosso sbucando da un'ombra; l'attacco improvviso sbilanciò il guerriero che cadde rovinosamente atterra, perdendo anche la presa sulla spada. “Patetico, veramente patetico.” disse Sirius osservando la scena ma, prima che potesse porre fine allo scontro, il Gran Maestro svanì nuovamente, ricomparendo accanto alla sua spada che, con un colpo del piede, fece saltare in aria ed afferrò al volo per poi volgerla ancora in direzione del suo oppositore “Non illudetevi, non vi sarà così facile prendermi.”

Senza alcun indugio, Adel fece ricorso ai suoi poteri per far apparire diverse spade attorno a Sirius, impedendogli così di muovere un solo passo; con un rapido gesto, chiuse la mano in un pugno e le spade si fiondarono sull'indifeso Sirius che, per evitare tale attacco, scelse di svanire proprio come fece il suo antagonista. Le spade si schiantarono le une contro le altre mentre Sirius ricomparve alle spalle del Gran Maestro; questo, prevedendo una simile evenienza, si era tutelato castandosi preventivamente le magie Aegis e Sphaera. Il colpo di Sirius s'infranse contro la barriera magica e Adel poté così coglierlo alla sprovvista con un calcio posteriore che lo scaraventò contro una parete; tale colpo fu così forte da danneggiare la parete e far perdere la spada a Sirius. Il Gran Maestro ne approfittò per lanciargli contro un Sancta e questa volta, non avendo tempo per altre scelte, fu il suo turno di proteggersi con una barriera magica; mentre la colonna di luce bianca lo avvolgeva, Sirius sperava ardentemente che la magia fosse sufficiente per reggere all'attacco, ben coscio del fatto che, nelle sue condizioni, un attacco sacro gli avrebbe arrecato ingenti danni. Fortunatamente lo scudo magico riuscì a sopportare la potente magia ma, sfortunatamente, al termine dell'offensiva si ritrovò con la lama dell'Excalibur puntata alla gola. “Siete sconfitto.” gli intimò il Gran Maestro “Ora ditemi chi siete e, soprattutto, chi vi manda?” Sirius rimase impassibile alle richieste e Adel decise di spronarlo appoggiandogli la lama della spada sulla guancia. Il contatto della pelle con l'energia sacra contenuta nella spada provocò a Sirius una reazione simile ad un'ustione. “Vi conviene rispondere se desiderate una morte rapida ed indolore.” dopo queste parole Sirius si gettò di lato e, con un'ulteriore capriola, si portò a distanza di sicurezza “Ora mi avete stufato.” disse concentrandosi per richiamare il potere dell'Oscurità e, allungando un braccio nella direzione del suo nemico, fece comparire una sorta di mano oscura che afferrò il Gran Maestro, dopo di che lo scaraventò prima contro il soffitto, poi contro il pavimento.

Sirius si avvicinò al suo avversario che giaceva al suolo, ormai esanime, e lo immobilizzò definitivamente con delle catene d'Oscurità “T-tu sei... u-un essere... malvagio e corrotto... e p-pagherai... per i tuoi c-crimini.” disse l'uomo con con difficoltà estrema e Sirius, in risposta, gli si avvicinò dicendogli: “Malvagio è una parola cantata dai deboli per alleggerire il proprio cuore; Corrotto è una parola che i patetici usano per descrivere il naturale desiderio di potere che essi stessi negano.” infine lo fece levitare da terra per portarlo fuori senza difficoltà. Un volta varcata la soglia del tempio si accorse che diversi soldati, armati di armi automatiche, lo stavano aspettando; evidentemente alcuni Assassini della Rosa Bianca che non aveva eliminato erano andati in cerca d'aiuto. La sua missione era quella di catturare il Gran Maestro della setta, non combattere contro un esercito; tra l'altro era molto provato per le battaglie, anche se non lo dava minimamente a vedere. Era sul punto di aprire un portale per andarsene con la sua preda quando si accorse che i soldati l'avevano riconosciuto; sapendo che la sua priorità era tutelare l'Impero di Belkadan da qualsiasi coinvolgimento in quella faccenda, Sirius prese, di malavoglia, la decisione di affrontare anche questi soldati. Dopo un profondo sospiro alzò un braccio al cielo e vi fece comparire un sigillo magico dal quale comparve l'Esper Ecatonchiro che, mentre precipitava verso i soldati, sfruttò le sue braccia allungabili per scatenare un diluvio di pugni e massacrare, con empietà disumana, i soldati, impreparati ad affrontare una simile situazione. Una volta toccato terra, Ecatonchiro estese ancora una volta le sue braccia e si mise a roteare su sé stesso sempre più velocemente utilizzando i suoi pugni come delle mazze di ferro con cui dilaniare i nemici rimanenti; subito dopo cambiò formazione e prese a colpire i nemici dalla distanza ricorrendo alle sue potenti mitragliatrici magiche, ai suoi cannoni laser ed ai sui missili di magilite. In breve ebbe decimato le forze nemiche senza che queste riuscissero ad organizzare una controffensiva efficiente e senza che Sirius dovesse muovere un muscolo; ciononostante l'invocazione l'aveva ulteriormente privato di forza, tanto che faticava a reggersi in piedi. In conclusione Ecatonchiro scatenò il suo colpo più forte, eliminando tutti i soldati sfuggiti ai suoi precedenti attacchi e distruggendo altre si il grande tempio e gran parte della cittadella di Darulan per poi svanire nel nulla come era apparso.

Tempo dopo.

Sirius si trovava in macchina e stava tornando alla propria dimora dopo aver presenziato alla chiusura dell'inchiesta sul suo operato, aperta per far luce sullo svolgimento degli eventi della sua ultima missione; a quanto sembrava non molti delle alte sfere avevano gradito l'annientamento della cittadella di Darulan. Da quello che aveva potuto intuire, leggendo tra le righe, il reale scopo della sua missione non era catturare l'artefice di un fallito attentato ai danni dell'Imperatore, cosa apparsogli inverosimile sin dall'inizio, ma attuare un piccolo colpo di stato per favorire l'insediamento di un novo Ordine all'interno della setta degli Assassini della Rosa Bianca; sfortunatamente, durante gli scontri, anche i congiuranti persero la vita ed ora i pochi superstiti erano introvabili e, non avendo un luogo dove tornare ma avendo un nemico da incolpare per l'accaduto, avrebbero potuto costituire una reale, anche se limitata, minaccia, soprattutto se si fossero offerti di aiutare, con le loro abilità spionistiche, gruppi più ostici come la nuova Organizzazione Omega. Sirius era divertito dall'ironia di tutto ciò, se si fossero presi il disturbo d'informarlo delle loro reali intenzioni avrebbe agito diversamente; d'altro canto sapeva che molte delle preoccupazioni che affliggevano gli alti ufficiali delle forze armate non erano dovute all'esistenza di uno sparuto e disorganizzato gruppo di assassini, anche perché non erano stati considerati pericolosi quando erano meglio armati e più numerosi, dunque non v'era motivo di temerli ora. Ciò che invece era sicuro avesse turbato il sonno di tante influenti personalità era stata la sua manifestazione di potere; durante il periodo di leva obbligatoria nell'esercito aveva appreso ciò che tutti gli uomini di potere temevano, ovvero perdere il controllo; che il potere di un essere umano derivasse dall'influenza politica, dalla forza militare, dalla disponibilità di denaro o da abilità personali quali la magia, chiunque ne possedesse un po' era portato a desiderarne sempre più e, nel contempo, a temere di perdere ciò che aveva già acquisito. L'ascesa in campo di uno come lui rompeva i delicati equilibri di potere dell'Impero: egli era già un Principe, pertanto disponeva d'indubbia influenza politica; grazie alla sua impresa, la Magitek, disponeva di ingenti somme di capitale, difatti era l'uomo più ricco del pianeta, ed infine egli possedeva un potere magico che lo rendeva capace di affrontare da solo qualsiasi nemico. Tutto ciò spaventava tremendamente i vari esponenti dell'alta società Belkadiana al punto da spingerli a fare di tutto per metterlo in cattiva luce agli occhi dell'Imperatore; tutto ciò disgustava profondamente Sirius ma sapeva di non potersi sottrarre a quel perverso gioco di poteri.

Arrivato infine presso la sua abitazione, il veicolo di Sirius si arrestò, la portiera si aprì ed il sedile ergonomico si girò agevolando l'occupante nell'atto di uscire dal mezzo; voltandosi ad osservare la propria auto, Sirius non poté fare a meno di riconoscere che anche quella era, di fatto, un simbolo del suo potere: si trattava di una Spartacus Magitek extra lusso prodotta esclusivamente su sua commissione; tale auto sostituiva le normali ruote con dei cuscinetti a sfera ad energia universale in grado creare un legame atomico con la materia con cui venivano a contatto garantendo una tenuta veramente perfetta. Questo sistema di locomozione permetteva altre si di fermarsi all'istante, riduceva gli effetti di un'eventuale incidente e per ultimo, ma non meno importante, permetteva al mezzo di spostarsi anche lateralmente; già solo con queste caratteristiche l'auto risultava unica nel suo genere ma Sirius, lungi dall'accontentarsi, chiese che fosse integrato nel veicolo un cervello positronico così da evitargli il problema di guidare, qualora non ne avesse voglia. Inoltre i vetri dell'auto erano schermi a cristalli liquidi a prova di proiettile che gli offrivano la possibilità di godersi comodamente un film durante il viaggio o di svolgere ricerche su Moogle.com utilizzando un lettore ottico, molto più comodo ed immediato di una tastiera. Come se non bastasse tutta la carrozzeria era rivestita di una speciale nano fibra ottica che gli permetteva di cambiare colore al veicolo in maniera istantanea; tutto ciò senza rinunciare ad una corazzatura degna di un blindato per garantirgli la sicurezza dovuta ad un alto dignitario quale egli era. E che dire della sua dimora? Una villa di 1.000 chilometri quadrati fatta erigere dal settimo Imperatore di Belkadan; chiaramente tutto ciò non poteva che destare l'invidia di chi era alla sfrenata ricerca di prestigio e ricchezza. Da diverso tempo, nei palazzi del potere, si faceva sempre più spesso il nome di Sirius come possibile successore al trono di Belkadan; generalmente ciò genererebbe una corsa al servilismo da parte di coloro intenzionati ad accattivarsi l'amicizia del futuro Imperatore ma Sirius aveva già tutto ciò che desiderava e la sua intolleranza verso i giochi di potere era cosa risaputa. Un uomo ricco, incorruttibile, influente, intelligente, colto e potente come lui che sedesse sul trono di Belkadan era per molti la concretizzazione del peggiore dei propri incubi; fortunatamente per loro, i suoi piani per l'immediato futuro erano altri: l'unica cosa che lo premeva era ritrovare Beatrix.

Curiosamente, rientrando in casa, non trovò nessuno ad attenderlo, fatto davvero insolito; dando una rapida occhiata in giro si accorse che non vi era alcuna traccia ne della servitù, ne delle sue guardie personali e ciò gli destò forti perplessità. Giunto nel salone d'ingresso della villa, Sirius vi trovò Albert ad attenderlo impassibilmente. “Cos'è accaduto? Dove sono tutti quanti?” gli domandò subito ed il maggiordomo rispose pacatamente: “Ho dovuto eliminarli, erano d'intralcio ai miei scopi.” “Cosa diavolo stai farneticando, Alber?” “Vi sto semplicemente mettendo al corrente dei fatti.” rispose con un sorriso beffardo “Vedete, eccellenza, contrariamente a quanto avrete certamente creduto, il mio reale scopo qui non è quello di mantenere fede ad un'assurda promessa di un mio avo.” Sirius si mise ad ascoltare attentamente ciò che Albert stava dicendo “Non crederete davvero che siate riuscito ad entrare in possesso delle Cronache di Yorken per puro caso? Sono stato io a far si che otteneste quel libro ben sapendo che vi avrebbe condotto alla torre di Radagaja, così come sono stato io a coinvolgere la vostra amata sorellina, Beatrix.” “Tutto ciò deve aver comportato un notevole impegno; lascia che ti dia ciò che meriti.” disse Sirius cercando di evocare la propria spada ma si rese subito conto che ciò era impossibile. D'un tratto intorno a lui comparvero dei soldati dell'Organizzazione Omega che fino ad allora erano rimasti invisibili e lo circondarono puntandogli le armi contro; alzando gli occhi al soffitto, Sirius poté vedere chiaramente ciò che gli impediva di utilizzare i suoi poteri: un grande cerchio Runico d'energia fluttuava sopra la sua testa. “Credevate che fossi così stolto d'affrontarvi a viso aperto, ben sapendo di cosa siete capace?” domandò Albert in tono derisorio “Cosa pensi di fare?” gli chiese Sirius “Dovete sapere che vi sono diverse persone che vorrebbero incontrarvi; ma prima è il caso di rendervi più mansueto.” detto ciò, fece un gesto con la mano e Sirius cadde in ginocchio “Il dolore che sentite fa parte di un'antica maledizione che tramuta il sangue in metallo liquido incandescente; normalmente veniva usata per condannare i traditori ad una morte atroce ma, vista la vostra invulnerabilità, dubito che avrete questa fortuna.” Difatti Sirius era dilaniato da dolori inimmaginabili ma non accennava a morire; lentamente il metallo iniziò a colargli fuori dalla bocca e dagli occhi mentre egli si accasciava al suolo, del tutto impotente difronte a quel supplizio. Inaspettatamente, però, il cerchio Runico scomparve nel nulla “Non è possibile!” esclamò Albert mentre i soldati, da prima confusi, si prepararono ad aprire il fuoco. Istantaneamente il corpo di Sirius si disperse in un denso fumo nero e cacciò un urlo che riecheggiò per tutta la villa; Albert, terrorizzato, fuggì verso il giardino mentre dietro di lui sentiva le urla strazianti dei soldati intervallate dal frastuono delle armi da fuoco.

Una volta sbarazzatosi dei soldati, Sirius si diresse, senza fretta, nella direzione verso cui aveva visto dirigersi Albert; nel mentre, il maggiordomo si era fermato a riprendere fiato e, udendo dei passi in avvicinamento, estrasse prontamente la sua scimitarra. “Vedo che il vostro piano è fallito; un piano che tenevate nel cassetto da anni.” “Siete voi, eccellenza. Non capisco cosa sia andato storto; il sigillo funzionava ma improvvisamente si è infranto, eppure...” “Avete ciò che vi era stato chiesto di recuperare?” interruppe il misterioso individuo “N-non è stato possibile, i-io non...” “Capisco. Addio allora.” “No! Vi scongiuro. Vi supplico. Non lasciatemi in balia di quel mostro.” il suo interlocutore, divertito, rispose: “Mi supplicate? In tal caso la mia risposta è... no! Vi era stata affidata una missione semplice e avete ugualmente fallito; a noi non occorrono incompetenti come voi.” detto ciò l'individuo misterioso svanì nel nulla e, un'istante dopo, Albert scorse in lontananza la sagoma del suo ex padrone; subito tentò nuovamente la fuga ma Sirius gli comparve davanti. Fu solo grazie ai suoi riflessi che Albert riuscì a deviare il rapido fendente di spada sferratogli; subito dopo Sirius lo incalzò con una serie di rapidi affondi che Albert riuscì a deviare solo in minima parte. Ferito in più punti del corpo e conscio del fatto che non sarebbe riuscito a sfuggirgli, tentò il tutto per tutto offrendogli le sue conoscenze: “Aspettate, posso tornarvi utile! So cose che voi neppure immaginate.” Sirius lo guardò con espressione vacua e rispose: “Non temere, non è mai stata mia intenzione porre fine ala tua vita.” queste parole, dette in un tono calmo e distaccato, fecero raggelare il sangue ad Albert che già si sentiva mancare al pensiero di ciò che lo attendeva. Per sua fortuna non avrebbe avuto modo di scoprire cosa avesse in serbo per lui Sirius perché una freccia d'energia gli trapassò il petto per poi deflagrare e dilaniare il corpo. “Sono spiacente di avervi tolto questo privilegio, signor Valantine, ma non potevo permettergli di rivelare informazioni confidenziali, spero possiate comprendere.” disse un uomo comparso all'improvviso alle spalle del maggiordomo.
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