FanFic Garden

Un Gioco di Ruolo Narrativo a più mani, tra SeeD e Cadetti, Garden ed Accademia, Tornei, Missioni, Sagre, e molto altro: questo è il Garden Club! Leggi i topic "Bacheca" e "Spiegazione Topic" prima di postare

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*Paine*
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Re: FanFic Garden

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Un ultimo atto d'amore 1/2



L’immenso atrio del Garden Supremo. Se quattro anni fa, quando il Garden di Rinoa aveva deciso di accogliermi, mi avessero detto che sarei arrivata a lavorare nella struttura del comando generale, gli avrei riso in faccia. Invece ero lì, imbambolata a fissare la mia nuova casa.
Andrew strinse più forte la mia mano. Mi scosse dal torpore.

Andrew: Dobbiamo dirigerci verso il mio nuovo ufficio d’Anziano, per preparare delle scartoffie prima della partenza.
Paine: Scartoffie?
Andrew: Beh, ho ritenuto opportuno che, prima di recarci alla Dharma, dovessimo ufficializzare il tuo nuovo ruolo ed il tuo nuovo grado.
Paine: Grado? Nono, spetta… Ero d’accordo per il ruolo, ma nessuno mi ha parlato di alcun grado!
Andrew: Rilassati… Chiamiamola promozione al merito data la costanza e l’impegno con cui ti sei presa cura dei tuoi compagni. O non vuoi diventare una Commander?

SeeD Commander Paine Byrne… Suonava bene! Da quanto avevo sognato di salire a tale grado?
Ormai neanche lo ricordavo più. Mi affrettai comunque a rispondere.

Paine: Sisisisisi. Piuttosto, ma se prenderò il tuo cognome, non sarebbe più saggio compilarle poi le scartoffie?
Andrew: Beh… C’è anche un altro certo foglio che compileremo in privato ad Esthar insieme a Laguna… Tipo in serata… Se vuoi… Certo poi magari la cerimonia vera e propria seguirà successivamente… Quando tutto sarà tornato alla normalità… Ti prego dì qualcosa!

Il giovane arrossì violentemente. Lo fissai prima sbigottita, poi sorrisi. Faceva tenerezza.

Paine: In mezza giornata hai proprio scompigliato mezzo mondo.
Andrew: Teoricamente l’hai fatto tu.
Paine: Questi son dettagli! Comunque affare fatto. Stasera andremo ad Esthar, però prima andiamo nel tuo ufficio! Dici che correrò meno pericoli compilando tutto ciò?
Andrew: Verrò con te, te l’ho già detto, quindi non correrai alcun pericolo. Non sono così pazzi da attaccare un Anziano, per di più l’Ordine dei Garden sta “coprendo” alcuni loro atti un po’ scomodi. Abbiamo fatto ricadere alcune di queste colpe sull’ex Anziana De Garde. Teoricamente non è stata esclusa una bonifica del territorio.
Paine: E praticamente?
Andrew: Non possiamo intervenire perché alla luce del sole non abbiamo prove certe che la Dharma sia un centro di esperimenti su esseri viventi di ogni specie, dagli animali alle persone. Si sono costruiti con gli anni una buona maschera di copertura come casa farmaceutica. Attaccarli vorrebbe dire aver contro la furia dei molti paesi limitrofi che speculano o sopravvivono con il lavoro che la Dharma offre loro. Certo se ci attaccassero direttamente, poi avremmo una scusa più che valida.
Paine: Ci speri?

Lo guardai sogghignando. L’Anziano sospirò. Forse avrebbe voluto dire sì. Si limitò però a rispondere con poche parole.

Andrew: Non penso sia giusto far morire degli innocenti. Alla fine non tutti sanno cosa succede nei sotterranei. Molti son là soltanto per sostenere e mantenere la propria famiglia.
Paine Capisco.

La discussione si chiuse così. Non c’era altro da aggiungere. Dovevamo soltanto cercare di introdurci alla Dharma creando meno scompiglio possibile.
Nel frattempo però ci saremmo goduti ancora un paio di giorni di relax.

**********

Il Jumper decollò in mattinata. La piccola navetta filava dritta e veloce in mezzo alle nuvole. Mi piaceva guardare fuori dal finestrino, anche se soffrivo un po’ di mal d’aria. Avvicinai la mano al piccolo oblò. Strinsi forte il pugno. Distolsi lo sguardo dal vetro guardando la mano. Avevo afferrato un’altra nuvola. Sorrisi. Andrew, la nuvola, mi guardò inclinando il capo. Scossi la testa come per dirgli “tranquillo è tutto ok”. Si voltò dando altre indicazioni al nostro pilota. Altro che la guida zigzagante di Leon! Questo sì che sapeva guidare un Jumper! Tornai a fissare le nuvole. Un senso di nostalgia mi assalì. Chissà dov’era scappato Fiammella Joe? Beh, meglio saperlo vivo in un qualche strano posto sconosciuto, che morto per mano dell’Ordine. Strinsi forte la collana sorridendo. Avevamo ancora qualche ora di viaggio. Mi lasciai andare sulla poltroncina sorridendo. Che scena! Meglio dei suoi soliti fuochi d’artificio! Sorridendo mi addormentai.

***********

Una mano dal tocco gentile e delicato mi scosse dolcemente. Con la bocca impastata cercai di mugugnare qualcosa che scatenò le risa dei due uomini. Mi stropicciai gli occhi e guardai prima Byrne, poi il pilota. Il Jumper era atterrato nei pressi della Dharma.

Paine: Mmmh… Potevate svegliarmi prima…
Andrew: Tranquilla, siamo atterrati adesso.
Paine: Questo coso ha un bagno per darmi una sistemata? Ho gli occhi appiccicosi…
Andrew: Uno piccolo ce n’è. In fondo a destra.

Mi alzai barcollando trascinandomi dove mi aveva indicato il Commander. Sciacquai il viso più volte prima di acquisire un aspetto degno di esser definito tale. Sistemai la coda e pettinai con le dita le varie ciocche. Solo in quel momento pensai effettivamente a dove stavo andando. Il cuore cominciò a martellare nella cassa toracica. Ero davvero pronta ad affrontare Dragunov?
La voce preoccupata di Andrew mi fece ritornare alla realtà. -censura- le paure. Era ora di tirare fuori le palle. Uscii sorridendo. L’uomo mi guardò preoccupato.

Andrew: Sicura di star bene?
Paine: Al cento per cento! Anzi direi di affrettarci, non vorrei che la sig.na Marion Flowers detta anche “faccia da cxxxo” debba attenderci più del necessario!

Mi voltai sistemandomi i capelli stile vamp ed uscii dal jumper. Il pilota continuava a ridere, mentre l’Anziano si crogiolava impettito sulla mia uscita con stile.

Pilota: Che tipetta fine e deliziosa.
Andrew: Non per niente è mia moglie!
Pilota: Aspetto in zona il vostro ritorno?
Andrew: Sì, non dovremmo fermarci più di qualche ora.

Dopo il solito formale saluto militare, Andrew scese dal Jumper, che spiccò il volo verso destinazione ignota, raggiungendomi fino ai cancelli della Dharma. Un paio di guardie ci guardarono con sospetto. L’ultima volta che avevano avuto a che fare con dei SeeD, lo scompiglio era stato tanto. Comunque quella volta l’annuncio era stato effettuato precedentemente e gli spostamenti calcolati fin nei minimi dettagli.

Guardia: Identificatevi prego.
Andrew: Sono l’Anziano Comandante Commander Andrew Byrne, questa è la mia sottoposta SeeD Commander Paine Byrne responsabile del reparto medico dell’Ordine dei Garden.
Guardia: Coniugi o parenti?

Avrei voluto rispondergli pezzo di idiota! Non la vedi la fede o sei cieco? Mi limitai a sorridere, mentre Byrne rispondeva alla domanda.

Andrew: Coniugi. Da qualche giorno. Questi sono i vari documenti che attestano e convalidano ciò che le sto affermando.

La Guardia prese il plico e lo sfogliò velocemente controvoglia. Ovviamente non era uno dei poveri “innocenti lavoratori” citati giorni prima da Byrne, anzi sembrava proprio uno di quelli che preferiva imbracciare il fucile invece della buona chiacchierata pacifica. Ripose la cartellina contenente fogli e documenti nella piccola guardiola per poi porgerci dei tesserini.

Guardia: Sembra tutto regolare. Indossate questi per l’identificazione. Sono in grado di aprire soltanto determinate porte e passaggi tra i vari livelli. Abbiamo preferito aumentare il grado di difesa visti gli ultimi fatti accaduti per mano di due bambocci. Prego potete seguire il mio collega nella struttura. La sig.na Marion Flower vi sta aspettando nella Hall.
Andrew: Grazie della sua disponibilità. E’ stato un piacere conversare con lei.

La guardia rispose al saluto educato del dottor Byrne con una smorfia. Strinsi i pugni per evitare di doverlo pestare. Un po’ per come aveva trattato un uomo degno del miglior rispetto, un po’ per aver definito dei miei ex colleghi bambocci. Respirai profondamente.
Scoprii che per accedere ora bisognava far passare sulla fotocellula d’entrata, ogni tesserino. Poteva entrare soltanto una persona alla volta ad intervalli di tre minuti l’una dall’altra. Per cavalleria Andrew mi fece entrare per prima. Il metal detector non emise alcun suono. Probabilmente avevano pensato che potessimo entrare armati ed ovviamente non volevano si ripetesse lo stesso errore di qualche tempo prima. Dopo qualche minuto di ritrovammo a seguire la guardia fino alla piccola fontanella presente nel centro della hall. In tutta la sua fierezza si ergeva Marion Flowers. Sorriso da gatto sornione e quell’atteggiamento che avrebbe portato chiunque a prenderla a pugni. Byrne sembrava esser più temprato di me nello spirito e nel sopportare quel genere di persona. Strinse la mano della giovane donna e la salutò con garbo.

Andrew: Dottoressa Flowers è sempre un piacere rivederla!
Marion: Come al solito sempre a lusingar le donne lei. E’ un piacere anche per me rivederla dopo tutto questo tempo. Ah sì, lo stesso vale anche per lei Dottoressa Paine.

Il tono canzonatorio con cui marcò la frase mi fece sorridere. Come avrei voluto spaccarle i denti. Mi limitai a risponderle con un mezzo inchino.

Paine: Sig.na Marion….

La donna mi guardò di sfuggita prima di voltarsi ed ignorarmi per tornare a parlare con il dottor Byrne. Solo quando lo prese a braccetto lasciandomi indietro, notò la fede al dito dell’uomo.

Marion: Non sapevo fosse sposato. Mi son forse persa la partecipazione?
Andrew: Assolutamente. Le nozze son fresche fresche, giusto di ieri vero cara?

La risatina da oca della Flowers si spense quando intuì che per “cara” intendeva me. Voltandosi osservò che effettivamente anche io la portavo nell’anulare della mano sinistra. Disgustata si voltò.
Cercai di tirar fuori tutto il mio spirito melenso per la risposta.

Paine: Affermativo tesoro mio!
Marion: Un vero peccato però! Poteva concedersi molte donne migliori. Comunque siete qui per conferire con il dottor Dragunov sul prototipo 001 se non sbaglio vero? Ci sta aspettando al livello 3. Vi apro l’ascensore.

Non ci diede tempo per replicare. Andrew rimase indietro di qualche passo e mi strinse le spalle.

Andrew: Tutto ok?
Paine: Posso riportarne un pezzo a casa?
Andrew: Paine…
Paine: D’accordo non la tocco. Ti piace questo sorriso smagliante?

Il Commander rise. Probabilmente mi trovava buffa o forse apprezzava lo sforzo e la tenacia con cui cercavo di redimere la rabbia interiore. La donna intanto aveva aperto le ante ed era entrata. Con la mano ci fece cenno di entrare spazientita. Potevo ritenermi soddisfatta. Almeno le stavo facendo girar le balle. Durante il tragitto per i tre piani inferiori nessuno parlò. Le ante dell’ascensore si aprirono. La dottoressa ci precedette a passo svelto. Forse Dragunov stava ancora dandole informazioni tramite auricolare come l’ultima volta. Percepivo distintamente gli ultrasuoni prodotti e potevo ben affermare che mi stava per scoppiare la testa. Improvvisamente si fermò.

Marion: Siamo arrivati. Dietro questa porta si trova il laboratorio del Dottor Dragunov. Striscio il tesserino per voi.

Guardai Andrew inorridita. In pratica avevamo solo l’accesso ai cessi pubblici. Sembrò afferrare il concetto e trattenne una risata. Fece per allungare la mano alla maniglia, quando la Flowers gli bloccò l’avambraccio con la mano.

Marion: Dottor Byrne, non così in fretta. Dobbiamo recarci in sala briefing proprio in fondo al corridoio. Se vuole ritirare il prototipo 001 dai nostri laboratori, avrò bisogno di qualche sua firma. Sa la burocrazia.
Paine: E tu sai come vorrei aprirti il culo brutta faccia da ca**o?Vuole dire che dovrò recarmi da sola dal Dottor Dragunov?

Pronunciare la parola “dottore” vicino a quello scempio d’uomo, mi faceva rivoltare lo stomaco. Avevo comunque promesso ad Andrew che avrei mantenuto un comportamento consono. La donna mi guardò ridendo sotto ai baffi. Probabilmente il loro gioco era tutt’altro che leale. Giocare sporco alla fine era nella normale routine della Dharma. Andrew scrutò la mia espressione preoccupato. Gli sorrisi. Era tutto ok, potevo farcela… La donna ricominciò a parlare.

Marion: Esattamente. La disturba in qualche modo conferire da sola con il mio superiore?
Paine: Assolutamente no. Sono qui per questo.
Marion: E a lei sig. Byrne?
Andrew: Se a mia moglie sta bene, non vedo perché contraddirla. La seguo, mi preceda pure.

La donna cominciò quindi a percorrere con passo autoritario il lungo corridoio. L’Anziano si voltò sussurrandomi un ”fai attenzione mi raccomando” molto poco convinto. Risposi con un ok prima che il mio compagno sparì dietro alla Flowers. Fissai per un attimo la porta. Il laboratorio personale di quel viscido verme si trovava dietro a quei pochi centimetri di legno. Afferrai la maniglia con decisione e la aprì. Un uomo sulla trentina, probabilmente coetaneo di Byrne, mi stava aspettando. Alto e slanciato, occhi scuri contornati da occhiaie profonde, capelli neri come pece tirati all’indietro. Ciò che mi colpì di più, oltre al suo sorriso molto simile ad un ghigno, fu la sua aria malaticcia. Sembrava una persona in procinto di spegnersi. Allungò la mano. La strinsi con decisione. Non avevo nulla da temere.

Dragunov: Finalmente ci incontriamo sig.na Paine.
Paine: Signora prego. Sono sposata ora. Con il dottor Byrne.

L’uomo spalancò gli occhi stupito. Riprese subito il suo solito contegno. Forse i suoi piani ora si erano complicati un po’ di più. Continuò comunque a sorridere come se nulla fosse.

Dragunov: Una lieta novella! Una logica spiegazione ad una logica conseguenza. Mi spiace soltanto non aver potuto presenziare.
Paine: E’ stata una cerimonia privata effettivamente. La cerimonia pubblica avverrà successivamente, non si preoccupi.
Dragunov: Spero di poterci essere allora. Comunque che sbadato, sono il Dottor James Dragunov. Di solito non dimentico mai le buone maniere, mi scusi per la scortesia.
Paine: Fa niente. Piuttosto, penso sia stato informato del motivo per cui mi trovo qui.
Dragunov: Il prototipo 001. L’Ordine alla fine ha deciso di inchinarsi davanti alle mie doti.

Scoppiai a ridere. L’uomo mi guardò. Aveva capito che il suo bluff faceva acqua da tutte le parti. Lasciò cadere la sua maschera. Il suo sorriso si dissolse lasciando il posto alla vera espressione del volto. Gelido, impenetrabile, spietato. Raccolsi la sfida e restituì uno sguardo di fuoco.
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Un ultimo atto d'amore 2/2



Scossi il capo incredula dell’idiozia con cui aveva cercato di cogliermi in castagna. Mi riteneva davvero così stupida?

Paine: Non mi costringa a darle dell’idiota. Sa benissimo che il “prototipo 001” in realtà è mio figlio. Probabilmente gliel’avrà detto il padre naturale. Noah il “prototipo 005”. Un bel caso che abbia deciso di raccogliere quella mezza sega di uomo. Magari sperava che fosse il ramo buono della famiglia? Risposta sbagliata! Ha beccato il ramo marcio, estirpato dal ramo buono.

Sorrisi sadicamente indicando la mia figura da capo a piedi. Quell’uomo mi faceva davvero tanta pena. Probabilmente l’aver trovato un embrione ancora in vita dopo giorni l’aveva affascinato. Affascinato a tal punto da auto distruggersi nel realizzare il suo stupido progetto della creatura perfetta. Quel piccolo bambino, ancora non del tutto formato, aveva riacceso in lui la speranza persa dopo anni di ricerche che l’avevano portato a nulla. Quel povero bambino che possedeva nel suo DNA una parte di Angelo nero che gli aveva permesso di sopravvivere. Da quel giorno ci aveva seguiti, monitorati. Chiunque fossero i genitori di quel prodigio, erano necessari al suo scopo. Molti soldati caduti in guerra furono recuperati, confrontati con il DNA del bimbo e, se privi di capacità particolari, buttati al macero. Con Noah fu diverso. Il test di paternità combaciava alla perfezione. Dragunov pensava di aver trovato l’oro, di aver messo le mani sull’essere che tanto agognava. Pensava di aver raggiunto il suo scopo. Fu soltanto quando recuperò il corpo del giovane martoriato e lo trasformò in uno dei suoi “prototipi” che capì. Non era il padre che aveva permesso al feto di rimanere in vita, ma la madre. Furioso esplose.

Dragunov: Chi ti ha dato queste informazioni?
Paine: Un certo Uriel. Il prototipo 004. Probabilmente un altro dei casi limite che ha raccolto. Mi spiace dirle che l’ho decapitato per poi aprirlo in due e tirargli fuori le budella. Una ad una. Mi ha raccontato tutto ciò perché sperava che fossi io quella che doveva fare una brutta fine e invece… Eh! La vita è dura…
Dragunov: Quindi è morto… Poco male! L’Organizzazione Omega non aveva poi pagato molto per portarselo via. Volevano prendersi anche il prototipo 005, ma siccome rifiutava ogni incarico decisi in seguito di ucciderlo. Alla fine non era neanche un granché come combattente.
Paine: Mi sta dicendo che… Modifica geneticamente degli uomini utilizzando degli organi sani, tolti a persone che ne hanno davvero bisogno, per creare degli esperimenti, che oltretutto non sa neanche se andranno a buon fine, per poi venderli al miglior offerente o disfarsene se non aggradano i suoi gusti? Sta scherzando spero…

Il pazzo rise. No. Non stava scherzando. Sospirai profondamente per impedire al mio istinto di spappolargli il cervello dentro la vetrina dei beker. Rilassai i muscoli aspettando una risposta che non avrei mai voluto sentire.

Dragunov: Voglio testare sul campo di battaglia le mie creature, voglio sentire i popoli delle varie nazioni inneggiare al sottoscritto! Non mi arrenderò finché il mio intento non sarà compiuto e nessuno potrà impedirmelo.
Paine: Non è normale. Tutto questo non è normale! Lo dirò una sola volta e spero per lei che la risposta sia diversa da quella che gravita nella mia mente o queste saranno le ultime parole che sentirà in vita sua: Dov’è mio figlio?
Dragunov: Domanda scontata. Potevo secondo te vendere il mio asso nella manica? Il prototipo 001 non si è mai mosso da questa sede e sa perché? Perché altrimenti non saresti venuta a cercarlo.

La porta si sbarrò automaticamente, mentre lo scienziato se la rideva. Una trappola in cui ero conscia di esser caduta. Due uomini armati sbucarono dal nulla puntandomi le loro armi alla schiena.

Alzai le braccia automaticamente. Conoscevo a memoria la procedura. Glielo chiesi schiettamente.

Paine: Cosa vuole da me Dragunov?
Dragunov: Voglio l’essere perfetto! Damon, il prototipo 001, ha delle doti eccezionali. Una forza pazzesca, una capacità di rigenerazione altissima, ma ahimè può morire. E’ stato ovviamente riportato in vita svariate volte. Riesce a sopportare danni molto al di sopra della media, ma molto al disotto delle mie aspettative. Mi darai l’essere perfetto, in cambio avrai Damon.
Paine: Vuole il mio sangue per poter creare una sua creatura? Vuole il mio DNA?
Dragunov: Penso che non abbia afferrato bene il concetto. Voglio lei Paine! Alla fine cosa le costa? Una puntura e zack! Lei diventerà invincibile ed io diventerò lo scienziato più illustre del pianeta terra. Uno scambio equivalente!
Paine: Cazzate! Non voglio diventare il burattino di nessuno!
Dragunov: Ora dice così, ma tra poco non sarà della stessa idea. Damon, vieni a salutare la mamma.

Impietrì. Il cuore si fermò nell’attimo stesso in cui il bambino, di circa 10 anni, comparve nella stanza. Occhi scarlatti, capelli rossicci. Slanciato e dalla muscolatura sviluppata rispetto ad un bambino della sua età. Mi guardò inclinando appena il capo. Era in grado di provare dei sentimenti? Sembrava un normalissimo bambino. Il mio bambino. La somiglianza era stupefacente. Non ebbi più nessun dubbio. Le gambe mi cedettero. Caddi in ginocchio con le lacrime agli occhi. Damon mosse qualche passo verso di me. Pian piano il dolore al petto diventò sempre più forte, i battiti accelerarono. Con le piccole dita mi indicò. Portai la mano alla bocca quando lo sentii parlare. Aveva la stessa voce di suo padre.

Damon: E’ lei mia madre?

Dragunov annuì. Il bambino accennò un timido sorriso. Sì, non era una macchina. Provava sentimenti. I singhiozzi si bloccavano in gola. Pensai alla promessa andata in fumo fatta ad Andrew. Il contegno che dovevo mantenere era andato a puttane già da un po’. Damon mosse ancora qualche passo. Si avvicinò allungando la mano e posandola sul mio viso. Era caldo. Raccolse le lacrime che sgorgavano copiose e si rattristò.

Damon: Perché piangi mamma? Non sei contenta di vedermi? Non mi vuoi?

Scossi la testa. Non riuscì a dire nulla. Le parole si bloccavano in gola. Con mani tremanti afferrai il ragazzino stringendolo a me. Lui fece lo stesso. Da quanto tempo avevo aspettato questo giorno? Non lo sapevo neanche io. Dragunov da qualche metro di distanza guardò la scena compiaciuto.
Il bambino si muoveva desideroso di coccole tra le mie braccia. Da più vicino notai le varie cicatrici cosparse sul volto e sulle braccia. Volevo ammazzarlo quell’uomo di merda! Ad un cenno della mano di Dragunov, una guardia prese di peso il bambino puntandogli la pistola alla tempia. L’altra si assicurò che la canna del fucile facesse ben aderenza tra le mie scapole. Il dottore rise compiaciuto. Dagli occhi del bambino sgorgarono piccole lacrime. Da quanto non riceveva dell’affetto sincero? Strinsi i pugni furiosa sbattendoli a terra.

Dragunov: Calma, calma! I patti sono patti. Io do a te Damon, tu diventi il mio guerriero. Se non vuoi, ovviamente sarò costretto a rinunciare ad uno dei miei esperimenti migliori. Bang! E tutti a casa.

Il gelo con il quale pronunciò quelle parole mi fece inca*zare oltre l’immaginabile. Guardai lui, poi guardai la guardia caricare il colpo. Non scherzava. Il bambino mi fissava terrorizzato. Distesi i palmi delle mani a terra abbassando la testa. Era la seconda volta in vita mia che mi arrendevo. Entrambe le volte l’avevo fatto per amore. Non avrei avuto nessun rimpianto. Sussurrai poche parole.

Paine: Hai vinto…
Dragunov: Di già? Pensavo di potermi divertire ancora di più francamente! Tu! Portala in laboratorio e legala alla sedia. Tu seguici col prototipo, almeno non tenterà di scappare.

Entrambi obbedirono agli ordini. Con sguardo vuoto mi diressi quindi verso il destino che avevo scelto, lasciandomi trascinare dalla guardia.

******

Andrew guardava ogni santo minuto l’orologio. Quelle dannatissime carte non gli interessavano affatto! Per quanto lo riguardava, avrebbe volentieri scagliato per aria il tavolo facendo volare Marion per terra. Erano già passati svariati minuti e di Paine nemmeno l’ombra. Nessuna notizia, nessun richiamo. Si stava spazientendo.

Marion: Questo invece è il foglio che attesta la non pericolosità del prototipo, mi servirebbero un paio di firme. Una qui, l’altra poco più sotto.

Ora basta. Al diavolo le promesse! Aveva chiesto a Paine di mantenere la calma, ma aveva capito che in un momento del genere era impossibile farlo. Si alzò sbattendo le mani sul tavolo.

Andrew: Ne ho le palle piene di firmar fogli! Ora voglio sapere a quale gioco state giocando e pretendo una risposta valida, altrimenti giuro su Yevon che farò elidere all’istante questa struttura! Non so se ci siamo capiti.
Marion: Sig. Byrne, non stiamo giocando a nessun gioco. Volete un nostro prototipo e noi ve lo stiamo fornendo compiaciuti della vostra scelta del prodotto.

A quelle parole diede di matto. Prese la donna per il collo trascinandola dall’altra parte della scrivania. Cercava di liberarsi dalla presa tirando unghiate a destra e a manca. Byrne le schivò tutte.
La donna si trovava sospesa per aria senza più fiato in gola. Il dottore però le offrì un’altra possibilità.

Andrew: ADESSO mi porti da Dragunov e da Paine, afferrato il concetto lurida troie*ta da quattro soldi?

Marion annuì. Andrew lasciò la presa facendola cadere a terra, con molta poca grazia la tirò su di peso afferrandole il braccio. Estrasse dalla fondina la pistola che la donna portava con se all’interno della giacca in casi di necessità e gliela puntò alla schiena spintonandola fuori dalla sala con forza.

*******

Alzai la testa quel tanto che bastava per vedere mio figlio che piangeva tra le luride mani di quello sporco mercenario. Voltai poi la testa scoprendo che le pareti della sala erano a specchio. Sembravo una tigre in gabbia, sofferente, sciupata, priva di vita. Guardai con odio Dragunov. Infilava i guanti con calma, uno alla volta, facendo sbattere l’elastico in lattice sulla pelle. Rideva soddisfatto. Mentre preparava non so quale orrida miscela, cominciò a parlare.

Dragunov: E’ la terza volta che mi capita di operare su un paziente sano e privo di lesioni fisiche. Il primo esperimento è andato male, il paziente è morto. Il suo corpo ha rigettato la miscela facendo marcire i suoi organi uno dopo l’altro. La seconda volta ho modificato la soluzione e, per spronarmi a fare del mio meglio, me la sono iniettata nelle vene personalmente. I primi giorni è stato doloroso assimilarla, ma poi cambiò tutto! Il mio fisico ora è in grado di resistere molto più di quello di un qualsiasi altro essere vivente. Ti sembrerà di bruciare, ma pensa che lo stai facendo per una buona causa…

Diffidavo assai delle sue parole. Resistente una sega! Sembrava un essere decrepito in grado di morire da un momento all’altro consumandosi pian piano come una candela. Il dottore strinse il laccio emostatico al mio braccio. Afferrò la siringa e con l’indice diede dei colpetti secchi e decisi. Le gocce che vennero a contatto con il suo camice lo corrosero all’istante. La conferma ai miei pensieri.
Strofinò il batuffolo imbevuto d’alcol etilico sulla vena. Posò infine l’ago sulla pelle. Aspettai che la siringa trapassasse la carne, sentire il liquido infuocato nelle vene, il dolore lancinante ad ogni organo, ma non successe. La siringa cadde a terra. Byrne si trovava dietro di lui pronto a sparargli una pallottola nel cervello.

Andrew: Fossi in te non ci proverei neanche. Faccio sul serio, stavolta giuro che ti ammazzo. Tu laggiù, libera il bambino, e tu… Slegala!

Scandì bene ogni singola parola, infuriato. Nessuno disse niente. Il bambino mi venne incontro, appena fui slegata, aggrappandosi forte alle mie gambe. Marion giaceva a terra priva di sensi, forse colpita col calcio della pistola alla nuca. Purtroppo si sarebbe ripresa. Dragunov tremava come una foglia mentre Byrne calcava con forza la pistola alla testa di quest’ultimo.

Andrew: Per quanto mi riguarda non ho più intenzione di coprire nessun altro atto della Dharma. Ora ho le prove della vostra colpevolezza, nonché dei validi testimoni, e non ci penserò due volte a riferire tutto ai miei colleghi. Hai avuto la tua possibilità James e l’hai mandata a puttane perché avido di potere. Non sei cambiato per niente in tutti questi anni. Questa è la differenza tra me e te!

Byrne lo spintonò a terra con forza. L’uomo annaspava guardandolo e cercando di alzarsi, Andrew però lo teneva sotto tiro pronto a sparare. Il dito fece pressione sul grilletto…

Paine: No! Non ucciderlo. Io sto bene, Damon sta bene, non abbassarti al suo livello…

Byrne strinse forte il pugno fino a far sanguinare la mano. Egoisticamente avrebbe voluto uccidere quel viscido verme che aveva ferito la sua donna e torturato quello che già considerava suo figlio, dall’altro lato, non voleva deluderla né spaventare il piccolo. Abbassò il braccio e mi strinse a se. Nessuno osò muovere un passo né verso l’uscita, né verso di noi. Uccidere due membri dell’organico dell’Ordine, li avrebbe certamente incastrati molto più di quanto non lo fossero già. A passo lento ci dirigemmo verso l’uscita. Andrew tirò fuori il codec, ma prima di comporre il numero si rivolse ancora a Dragunov.

Andrew: Ringraziala se sei ancora vivo, e dì alla tua serva di spedirmeli via fax quei dannati documenti! Damon se ne viene via immediatamente con noi e non come cavia, ma come essere umano. Avrete sicuramente mie notizie. Arrivederci.

La conversazione si chiuse seccamente. L’uomo annuì debolmente.
Nel corridoio l’Anziano compose il numero del pilota. Disse soltanto poche parole “raggiungici immediatamente” prima di infilare il codec in tasca. Dragunov probabilmente aveva già sparso l’ordine di non fermare in nessun modo la nostra avanzata. Nessuno parlò. All’entrata ritirammo la cartella con i documenti che le guardie avevano tenuto come pegno e ci salutarono con garbo ritirando i tesserini. Byrne rispose con un deciso arrivederci che sapeva più di minaccia che di saluto, infine salimmo sul Jumper. Per qualche ora nessuno parlò. Damon dormiva calmo e sereno tra le mie braccia. Probabilmente si sentiva al sicuro. Lo guardai dolcemente accarezzandolo in volto. Anche Andrew si avvicinò sedendosi davanti a noi.

Andrew: Scusami se ti ho fatto una paternale sul non essere impulsiva e poi ti ho dimostrato tutto il contrario scatenando quel casino. Quando ho capito che quella mi stava pigliando per il culo ho dato di matto!
Paine: Se non l’avessi fatto, probabilmente ora non saremmo qui… Con Damon… Potrebbe davvero sembrare tuo figlio, ha il tuo stesso colore di capelli. E poi Damon Byrne suona bene.
Andrew: Di-dici?

Sorrisi al Commander che arrossì. Il piccolo aprì gli occhi stropicciandoli. Guardò me e poi guardò Andrew. Sapeva dentro di lui che non era una persona cattiva, ma ne aveva un po’ timore.

Andrew: Come… stai?
Damon: Bene… Grazie di aver salvato me e la mamma. Sei stato fico.
Paine: E’ vero, posso affermarlo anche io per la prima volta! Grazie. Grazie di cuore!

Byrne si impettì. Era stato fico. Ormai si era perso nel suo mondo. Scoppiai a ridere assieme a mio figlio, a nostro figlio. Damon mi guardò con gli occhi curiosi che distinguono un bambino da un adulto. Voleva probabilmente fare mille domande, ma non sapeva da dove cominciare. Cercai di spronarlo per dargli via libera.

Paine: C’è qualcosa che vuoi chiedermi?
Damon: Dove stiamo andando?
Paine: A casa. Io, te e beh il tuo papà, ma forse l’avrai capito da solo.

Il bambino annuì con forza. Era così tenero, così felice. Ma soprattutto afferrava al volo i concetti, questo gli avrebbe permesso di risultare realmente figlio di Byrne. Il piccolo allungò la mano verso suo padre e strinse un lembo della sua divisa. Andrew, visibilmente agitato, lo prese fra le braccia e lo strinse a se. Con l’altra mano strinse la mia. Ci guardammo sorridendo. Damon cominciò quindi a fare domande su domande senza dar quasi tempo ad Andrew di rispondere a tutte. Li guardai rilassandomi sul sedile. Tutte le paure, tutte le difficoltà, tutti i dolori. Tutto svanì in quell’istante. Ripensai al passato così duro che avevo dovuto sopportare. Pensai al presente che stavo vivendo. Buttai un piccolo pensiero al futuro. In quel momento capì che tutte le mie sofferenze erano finite. Ora sarebbe cominciata la vita che avevo sempre desiderato. Finalmente avrei potuto essere veramente felice.

Offtopic: E qui si concludono quindi le vicende di Paine. Spero che questo ultimo post vi sia piaciuto o che almeno non vi abbia annoiato. Ho deciso di dividerlo in due parti in modo tale che la lettura potesse scorrere più "velocemente" o almeno che il lettore potesse permettersi una pausa senza dover perdere il filo della trama. :asd:
Ricordo comunque alla gentile clientela che, anche se non la ruolerò più personalmente, Paine rimane il Medico dell'Ordine e che quindi qualora doveste mutilarvi nei pressi di tale struttura, sareste ancora affidati alle sue delicatissime mani.
Pensavate davvero di sbarazzarvi di lei così facilmente? :twisted:
xthegame89x
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Re: FanFic Garden

Messaggio da xthegame89x »

A day to remember

1/4

Spoiler
Questa sezione non l'avevo vista, perciò voglio sviluppare la storia del mio personaggio prima che arrivasse al Garden tramite questo Topic. Buona lettura! ;)
I rumori dei seggiolini che passavano negli skyline erano ciò che sentiva maggiormente quando lavorava. Un fruscio li accompagnava sia prima che dopo il passaggio, con le persone che aspettavano pazientemente di giungere a destinazione. Quel giorno la temperatura era fredda e lui non si sentiva tanto bene, tant'è che più di una volta lungo la strada che lo separava dal posto di lavoro starnutì violentemente, dopodiché un'imprecazione seguiva a ruota il tentativo di espellere i germi da parte del suo corpo. Il suo viso arrossato gli restituiva lo sguardo da un monitor spento della via commerciale, mentre si alzò fino a coprire il naso lo scalda collo nero che indossava. In testa portava una cuffia nera, mentre un ciuffo usciva da sotto di essa ribelle a ciò che stava subendo il resto dei suoi capelli. Guardò per un attimo il cellulare e vide solamente un messaggio della ragazza. Matt sorrise per un attimo e aprì il messaggio.

Sei il solito sbadato. Hai lasciato a casa il pranzo. Buon lavoro, ti amo! Mi manchi... :( e, tanti auguri di buon compleanno! Stasera festeggiamo, amore!

"Anche tu mi manchi, Lilian... grazie!" pensò sorridendo Matt. Matt Winchester era un semplice ragazzo nato a Balamb e cresciuto dall'età di 17 anni a Esthar. In quel momento, lavorava come guardia del corpo per gente importante o per carichi preziosi. Il suo lavoro era molto semplice e la paga molto buona. Poco prima di lasciare l'isola Arkland, dove aveva sede anche il Garden di Balamb, Matt decise di affrontare Ifrid e ottenerne i suoi servigi. Da allora non aveva smesso di allenarsi, con il suo fidato Gunblade.

Oggi, il giorno del suo ventitreesimo compleanno, il capo lo aveva convocato per un nuovo incarico. Non sapeva ancora di che si trattava ma l'avrebbe scoperto molto presto. In realtà, Matt non sapeva che quel giorno gli avrebbe cambiato radicalmente la vita. L'edificio della Global Security era una struttura imponente, dallo stile architettonico delle solite caserme militari e dai colori praticamente inesistenti. I cancelli si aprirono non appena Matt premette il pulsante del campanello, producendo un rumore lento e silenzioso che procurava il sonno. Salutò il vecchietto all'interno della guardiola e salì i gradini che portavano al portone d'ingresso in legno lavorato. Sopra di esso, a gettare ombra sui quindici gradini di pietra bianchi, vi era un tettuccio in tegole rosse che si riscaldavano al sole. Aprì il portone e una valanga di odori lo colpì non appena mise piede nell'ingresso: sigaretta, dopobarba scadente e caffè erano gli odori che si riconoscevano di più, misto a quello del sudore di una giornata di lavoro.

- Ciao Matt! Come va? - disse Remy dalla segreteria

- Tutto bene, Remy... e tu? Risolto con quel pacco? - disse Matt sorridendo e firmando per la presenza

- Tutto ok! Alla fine si era trattato di un errore... il corriere non era ancora partito e quello che è arrivato era quello sbagliato! - disse Remy alzando le spalle con un gran sorriso

- Mi fa piacere... se vuoi ci beviamo un caffè dopo, sempre che il capo non mi mandi a Trabia! - disse Matt alzando le spalle

Remy rise e salutò il ragazzo con l'ennesimo sorriso. "Quella ragazza deve avere un debole per me..." pensò Matt sorridendo. In ogni caso, non lo riguardava: lui era già felice con la sua Lilian e Remy era solo una collega per lui. Era giunto davanti all'ufficio del suo capo, passando davanti a tanti altri uffici uguali dove diede il buongiorno ad alcuni suoi amici e colleghi. Bussò tre volte alla porta e attese che la voce roca e profonda del suo capo gli desse l'ordine di entrare.

L'ufficio del suo capo, Jonhas Black, era molto grande e spazioso: a destra vi era un bagno privato, comprendente persino una vasca da bagno, mentre a sinistra vi erano gli schedari con tutti i lavori da fare e fatti, comprendenti anche le ricevute fiscali dei pagamenti effettuati e ricevuti. Davanti all'entrata vi era la scrivania di Black, in legno scuro e lavorata a mano, con molti intarsi e decorazioni. Davanti ad essa vi erano due poltroncine in pelle blu, mentre dietro di essa vi era una grande finestra con le tapparelle abbassate. A sinistra si poteva ammirare una grande bandiera dello stato di Esthar, mentre a destra quello della sua squadra di rugby preferita.

- Bene, il signor Winchester... - disse Black con voce roca

Era un uomo che aveva passato almeno sessanta inverni, con corti capelli bianchi con un taglio che ricordava molto l'esercito, e gli occhi di un colore tendente all'azzurro molto chiaro. Nell'anulare destro aveva due anelli d'oro, mentre le rughe della vecchiaia ormai non gli avrebbero permesso mai e poi mai di sfilarsi quegli anelli. La barba era puntualmente fatta nel viso del signor Black e lo si vedeva solo vestito elegante, con una camicia bianca o azzurra, di solito con sopra una giacca in pelle di colore marrone molto scuro.

- Buongiorno capo... voleva vedermi? - disse Matt avvicinandosi alla scrivania del suo capo

- Siediti... ho un lavoro da proporti... - disse Black prendendo una scheda dal cassetto della sua scrivania

Gli mostrò la scheda di una nave esthariana denominata Dayana e i dati del suo prezioso carico: petrolio.

- Questa nave partirà questo pomeriggio alle tre dal porto Maximilian. Farà rotta verso le coste galbadiane, non molto lontano da Timber. Lì, incontrerai una squadra che scaricherà il petrolio e lo darà in mano ai Galbadiani. Il tuo compito sarà di scorta, ovviamente.. il carico è prezioso e il pagamento verrà effettuato alla consegna... tu prenderai il 30% del pagamento dell'intera missione, noi il 70... ti sta bene? - disse Black guardando con espressione dura e seria il ragazzo di fronte a lui
- Sissignore. - disse Matt controllando gli ultimi dati
- Benissimo. Quindi ci vedremo direttamente al porto stasera. Hai la mattina libera! - disse Black stringendo la mano al ragazzo

Stava per uscire quando Black, schiarendosi la voce, lo fece voltare.

- Un'ultima cosa... auguri di buon compleanno! - disse Black con un mezzo sorriso
- Grazie signore! - disse Matt sorridendo

Quella era la prima volta che aveva visto il suo capo sorridere.

Sono tornato ragazzi, con un nuovo canale e con nuove serie. Restate tunizzati per scoprirne di belle! Buona visione! :P
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Egil ha scritto: Non possiamo fare un referendum per dichiarare Matt Winchester illegale e immorale?

Leon ha scritto: Matt Winchester ogni volta che fai un commento inutile, un gattino nel mondo muore
Paine ha scritto: o.ò sisi confermo la mia teoria... Matt è posseduto dal demonio.
Leon ha scritto: E' più probabile che sia il demonio a essere posseduto da Matt Winchester.

Leon ha scritto: Non è la situazione ad essere disperata, è Matt che si è messo in testa di far crashare i server di Facebook.

Leon ha scritto: Matt Winchester la tua firma occupa una schermata intera e ho un fo***to monitor 1920*1080.
Matt Winchester ha scritto: Quindi anche Ruben è a Reloras??? Posso usare il suo pg????
Vero posso posso posso???
Daiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!
Drittz Do Urden ha scritto: No.
Matt Winchester ha scritto: Sob sigh... (A Drizzt Do Urden piace quest'elemento)
Paine ha scritto: Penso che comunque debba smettere di mortificare il povero matt.... è un cazzone, lo sappiamo tutti e mo lo sai anche tu, non ci fosse lui qua staremmo tutti a grattarci le palle, quindi passa un commento anche fosse acido. Paine docet
Leon ha scritto: Matt Winchester minaccia pure i cani randagi che incrocia per strada ormai (ovviamente trasformandosi in bahamut)
xthegame89x
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Re: FanFic Garden

Messaggio da xthegame89x »

A day to remember
2/4
Il portone si chiuse alle sue spalle, lasciandosi dietro gli uffici polverosi dell'azienda dove lavorava: aveva la mattina libera e non voleva buttarla al chiuso. La sua ragazza era a lezione e quindi doveva girare da solo. Chiamò il suo migliore amico, Richard, al cellulare sperando che fosse libero in quel momento.

- Ehi bestia, cosa stai facendo? - disse Matt
- Ciao Matt! Niente, mi sto grattando! - disse Richard dall'altra parte del telefono
- Ascolta, passa alla rosa dei venti che facciamo colazione! - disse Matt facendo rotta verso il bar
- Dammi dieci minuti e son da te! - disse Richard chiudendo la chiamata

Matt mise il cellulare dentro la tasca e si guardò attorno. L'atmosfera esthariana in quella zona era meno tecnologica del centro città: si potevano vedere anche alcune case vecchie, appartenute alle persone che vivevano lì da molto tempo, alcune vecchie macchine con il motore a scoppio degli anni della guerra contro la strega Adele, Matt ne aveva solamente sentito parlare, e alcuni spazi verdi. I pochi spazi verdi che esistevano ad Esthar erano in quel quartiere.

La rosa dei venti era un bar che dava sul mare, con un ampio terrazzo sopraelevato che faceva godere ai suoi clienti del magnifico panorama marino: mentre le persone facevano colazione o pranzavano in quel bar, potevano assaporare l'incantevole brezza marina. Il bar non era molto affollato quella mattina, anche se durante gli altri giorni lo aveva sempre visto pieno e costantemente impegnato. Prese posto in un tavolino del terrazzo e disse alla cameriera che stava aspettando un amico.

Un ragazzo dai capelli lunghi e neri, con un paio di occhiali da sole nel viso, stava entrando nel bar pochi minuti dopo che Matt prese posto. Richard non si fece aspettare molto: salutò con una stretta di mano il suo migliore amico, facendogli gli auguri, e aprì il giornale nella pagina sportiva. Era poco più basso di lui e anche leggermente meno robusto; anche perché Matt, per il lavoro che faceva, doveva tenersi sempre in allenamento. Accese una sigaretta e la cameriera si fece avanti con un block notes in mano.

- Cosa vi porto, ragazzi? - disse la cameriera
- A me un capuccio, un cornetto alla marmellata e un bicchiere d'acqua naturale... - disse Matt
- A me un caffè macchiato e una pasta alla crema! - disse Richard chiudendo il giornale e poggiando la sigaretta nel posacenere
- Quelle sigarette ti faranno spendere una fortuna più in là... - disse Matt facendo un cenno verso la sigaretta, una volta che la cameriera se ne andò
- Ah si? - disse Richard con un mezzo sorriso

Matt non rispose: in fondo, glielo aveva detto giusto per provocarlo un po'.

- Comunque, hai visto ieri il Balamb che ha fatto? - disse Matt cambiando discorso e alzando le spalle
- Già, ma comunque l'arbitro ha visto cose che non c'erano... che cavolo si era fumato?? - disse perplesso Richard
- Ma dai! Non incominciare come l'altra volta! - disse Matt esasperato

E da lì cominciò un lungo dibattito sugli arbitri di calcio, che alcuni non ne capivano niente, che alcune squadre venivano avvantaggiate rispetto ad altre e altri discorsi simili. Ogni volta che si incontravano o discutevano sul calcio oppure sui videogame.

- A proposito, tanto per cambiare discorso sennò rimaniamo fino a notte fonda a discutere di quello... con Leyla come va? - disse Matt sorridendo
- Non va! Ci siamo lasciati due giorni fa! - disse Richard alzando le spalle
- Come mai? - disse Matt perplesso
- Distanza! Sai Esthar e Deling City non sono proprio a due passi... - disse Richard
- E cercarti lavoro lì? - disse Matt
- Nah... non fa per me quella città! Qua ad Esthar ho tutto quello che voglio e le opportunità non mancano! - disse Richard alzando le spalle - Di donne ne è pieno il mondo!

La cameriera portò la loro colazione assieme al conto e Matt pagò. Richard, anche se insistette per pagare lui, si arrese con un sorriso e ringraziò l'amico. In quel momento, vide una nave avvicinarsi al porto Maximilian, non molto lontano. Che fosse quella la nave che lo avrebbe portato lontano da casa?

- Oggi devo partire per un lavoro... - disse Matt guardando la nave
- Oggi? Che genere di lavoro? - disse Richard improvvisamente serio
- Dobbiamo scortare un carico di petrolio diretto per Galbadia... probabilmente passeremo per Centra, spero non vi siano intoppi di nessun genere... - disse Matt alzando le spalle
- Mmm... buona fortuna, amico.. quanto ti daranno? - disse Richard
- 30... - disse Matt alzando le spalle
- Beh, buono! Non è a tutti che pagano così tanto! - disse Richard con un sorriso
- Già... sarà perché è il mio compleanno! - disse Matt sorridendo

Richard si limitò ad alzare le spalle e a sorridere. Probabilmente era davvero così. I due si alzarono dal tavolino del bar e decisero di farsi un giro per il borgo mercantile di quel quartiere.

Esthar, dopo la guerra dei Seed contro la strega Artemisia, si era espansa lungo tutta la penisola, rendendo il Tear's Point e il palazzo della strega due monumenti storici. La capitale della tecnologia si estendeva dal confine con la pianura Mordred a nord e con il mare per il restante dei punti cardinali. I porti di Esthar erano in tutto tre: il più grande, il Maximilian, poteva ospitare anche dei transatlantici, oltre che alle comuni navi da crociera e da viaggio. Questo porto era suddiviso in due, quello mercantile e quello turistico. In quello turistico, attraccavano le navi da crociera e da viaggio, mentre in quello mercantile le navi da carico merci e i pescherecci. Gli altri due porti, molto più piccoli rispetto al Maximilian, erano il Neptunus e l'Ulysses. Esthar era diventata una città veramente molto grande e ciò dava anche molte opportunità di lavoro. Matt lo sapeva bene: era così che aveva conosciuto la sua azienda. Prima o poi, si era promesso di fare ritorno dai suoi a Balamb.

Erano già sei anni che era lontano da casa, forse era arrivato il momento di fare una visitina ai suoi. Sorrise, mentre insieme all'amico passavano davanti ai pescherecci parlando del passato, del presente e del loro futuro.

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xthegame89x
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Re: FanFic Garden

Messaggio da xthegame89x »

A day to remember
3/4
Le nuvole all'orizzonte cercavano di oscurare il sole alto nel cielo che quella mattina aveva riscaldato Esthar, allontanando così l'inverno quasi incombente. Nonostante le temperature variassero nel loro autunno, si riusciva ancora a stare senza giacca o giubbotto in giro per la città, rinunciando al calore in più offerto da quel tipo di protezione.

Era giunta l'ora di pranzo e Matt aveva deciso di fermarsi in una paninoteca per non dover tornare a casa. Dato che poi doveva prendere la nave da quel porto, non gli conveniva nemmeno in termini di tempo oltre che di voglia. Mentre addentava famelico il suo Bacon cheese burger, osservava le persone del porto fare avanti e indietro come tante formiche affacendate: osservò per un attimo anche la nave che probabilmente li avrebbe portati nella pianura Galbadiana.

Era una nave molto tecnologica, tant'è che avrebbe raggiunto Galbadia in meno di sei ore e, per una distanza come quella, era molto poco. Nonostante il continente Galbadiano fosse a est del continente Esthariano, la nave avrebbe dovuto fare scalo nella penisola di Centra, dove la città di New Centra sorgeva in tutto il suo splendore. Alcuni dei barili di petrolio erano destinati a loro, a quanto aveva potuto leggere dalle schede del lavoro.

Pensò al tempo che avrebbe impiegato ad andare e tornare: probabilmente Lilian sarebbe stata in pensiero tutto il giorno, ma sarebbe tornato sano e salvo a casa, pronto a riabbracciare la sua ragazza e a raccontarle le storie del viaggio. Dopo aver mangiato, si alzò dal tavolo e andò a pagare il conto. Uscendo dalla paninoteca, si sedette per un attimo nelle panchine del porto.

L'aria fredda di quel giorno gli scompigliava i capelli e lui si strinse lo scalda collo ancora di più, per non rischiare di prendere qualcosa di peggio di una leggera influenza. Erano le due e mezza e, in quella mezzora, si fermò ad osservare i marinai intenti a caricare il petrolio. Sarebbe stato affiancato ad una squadra della sua azienda, ma lui avrebbe avuto il compito di caposquadra. Sperava in una promozione dopo quella missione.

Si alzò dalla panchina e mentre la nave cominciava ad avviare i propri motori, cominciò a salire la scaletta di accesso alla nave.

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Re: FanFic Garden

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A day to remember
4/4
La nave era partita veloce e silenziosa nelle acque salate del mare a sud di Esthar. Dietro di essa poteva vedersi una lunga striscia di schiuma bianca mentre solcavano i mari a sud del continente di Centra, mentre il sole era alto nel cielo e riscaldava il ponte principale. La nave era stata caricata precedentemente alla partenza con il petrolio destinato alla penisola di Centra e a quella Galbadiana. Avrebbero raggiunto prima le coste di Centra e, successivamente, quelle Galbadiane, il tutto in poco più di 12 ore a quanto aveva detto il comandante della nave.

Il viaggio sarebbe durato quasi un giorno intero e gli avrebbe reso tantissimi soldi: un lavoro del genere, scorta a un carico di petrolio, era strapagato. La sua azienda avrebbe preso il 70% sul totale, mentre lui si sarebbe beccato il 30 rimanente. Era comunque una bella somma. Giunsero nella penisola di Centra in poco meno di cinque ore: il porto di New Centra era stato avvisato del nostro arrivo e ci aspettavano con una gru per scaricare più velocemente le dieci pedane da venti barili l'una di petrolio. Il tutto avvenne in meno di un'ora e il pagamento fu veloce e immediato.

La nave ripartì mentre il cielo cominciava ad arrossarsi e il sole a tramontare oltre l'orizzonte alla sua sinistra. Il viaggio verso Galbadia durò altre quattro ore e mezza, raggiungendo il porto di Deiling City senza nessun intoppo o problema. Durante il viaggio e lo scarico dei restanti barili di petrolio, Matt incominciò a chiedersi come poteva utilizzare i soldi di quel lavoro. Avrebbe fatto un bel regalo alla ragazza, senz'altro, mentre il resto lo avrebbe messo da parte per un futuro. L'assegno gli venne consegnato in mano e Matt firmò le ultime carte. Il comandante Reynolds gli disse che sarebbero ripartiti tra due ore, giusto il tempo per riposarsi e scaricare lo stress nella capitale galbadiana.

Deiling City era diventata molto più grande di come se la ricordava. Le statue di Rinoa Heartilly e del resto della squadra dei Seed che sconfissero Artemisia stava dinnanzi all'arco di trionfo, al centro di una grande piazza dove circolavano gli autobus. Matt entrò in un pub insieme a un suo collega, congedando il resto della sua squadra fino all'ora della partenza.

- Ryan che ti prendi? - disse Matt facendo un cenno alla barista

- Mah... un sex on the beach! - disse Ryan alzando le spalle e guardandosi intorno

- Due! - disse Matt alla barista che aveva preso appunti in un block notes

- Certo che, dal periodo della Strega Edea ne sono cambiate di cose. - disse Ryan guardandosi attorno e sorridendo

- Già! Tu eri di qua? - disse Matt bevendo un sorso del suo drink

- Si... abitavo non molto lontano dalla periferia... - disse Ryan annuendo

- Si, ne sono cambiate di cose. Io, in quel periodo, abitavo a Balamb. - disse Matt sorridendo

- Senti mai la mancanza del tuo paese? - disse Ryan

- Ogni tanto, ma cerco di non pensarci. - disse Matt alzando le spalle

I due continuarono a parlare del proprio passato, delle prospettive future e del loro presente. Un viaggio di altre dieci ore circa li attendeva per fare ritorno a casa. Matt pagò il conto alla barista e, quando il suo orologio segnavano quasi le undici di notte. Era tempo di tornare al porto. La nave stava facendo gli ultimi preparativi prima della partenza e il comandante, una volta accertatosi che erano tutti a bordo, fece partire la nave.

Matt era nella sua cuccetta ma il sonno non arrivava. Erano passate solo tre ore e non vedeva l'ora di tornare a casa. Aveva una strana sensazione. C'era qualcosa che lo tormentava, ma perché? Era andato tutto liscio, perché doveva preoccuparsi proprio adesso? Successe tutto rapidamente. Un boato enorme e la nave si bloccò di colpo, facendo cadere letteralmente dal letto il ragazzo, avviluppato dentro le coperte. "Ma che diavolo succede?" pensò perplesso Matt. Recuperò il Gunblade dalla sua valigetta e uscì sul ponte principale... forse era meglio che non l'avesse fatto.

Un enorme calamaro gigante torreggiava sulla prua della nave, bloccandola e impedendole di proseguire la propria navigazione. Doveva fare qualcosa. Vide un suo compagno esser preso dal tentacolo del mostro ed essere spedito lontano fino a cozzare con il corpo la parete metallica della cabina di comando. Prese la rincorsa e si avventò sul mostro, con il suo Gunblade che vibrava leggermente. Il calamaro lo vide, cercò di colpirlo con un tentacolo ma Matt lo evitò con un balzo laterale e affondò la lama del suo Gunblade nel tentacolo scoperto del mostro. Un verso rabbioso uscì dalle fauci dentate del mollusco gigante e un altro tentacolo lo colpì alle spalle senza dargli il tempo di difendersi.

Vide tutto buio e tutto ciò che ricordò prima di perdere i sensi furono immagini frammentate di gente che urlava, la nave che affondava e lui che, per istinto di sopravvivenza si aggrappava ad un tavolo di legno apparso nell'acqua. Tutto taceva, poteva sentire solamente i rumori dell'acqua ma lui non vedeva.
**********
Mi svegliai di soprassalto sguainando un pugnale da sotto il cuscino e urlando come un matto. Ero tutto sudato. Mi guardai attorno e vidi le pareti familiari del Garden di Rinoa attorno a me, la mia divisa da Seed appesa nella porta. Era solo un incubo. Ma sapevo che ciò che avevo appena vissuto erano i ricordi della mia vita prima del Garden. Il giorno prima del mio arrivo al Garden, di quando per la prima volta conobbi Ruben, un uomo dall'aria stanca, quando conobbi Pip, Drizzt e Aura. Le prime persone che conobbi al Garden. Sorrisi. Ero al sicuro. Andava tutto bene.

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The puppet

Messaggio da Ruben -.- »

The puppet.

Aprì gli occhi come scosso da qualcosa di improvviso e inaspettato. Per un attimo vide solo buio, la strana sensazione che qualcosa fluisse tutto attorno a lui. Si girò di scatto verso la sveglia sul comodino ma non riuscì a metterne a fuoco i numeri. Strizzò gli occhi e aguzzò la vista; per un attimo fu come se la sveglia non sapesse che ora mostrargli, poi il led luminoso segnò le 02.47. Si mise a sedere sul letto ancora stordito dal brusco risveglio; il silenzio della notte, interrotto solo dal verso di una civetta, gli riempiva le orecchie.

Accese la lampada accanto al letto e si guardò intorno; tutto sembrava straordinariamente in ordine nella sua stanza. Si alzò e lento si diresse verso il bagno della camera. Diede un fugace sguardo all'immagine riflessa allo specchio sopra al lavandino e chinò subito il capo; ormai da tempo evitava di guardare il moltiplicarsi delle rughe sul proprio volto se ne poteva fare a meno. Aprì il rubinetto dell'acqua e se ne getto una bella manciata sul volto ancora insonnolito. Per un attimo rimase li fermo congli occhi chiusi e le gocce d'acqua che gli scivolavano lente sui tratti del viso ormai spigolosi, poi tese una mano verso destra alla ricerca di un asciugamano e urtò qualcosa.

Un improvviso fragore lo fece sobbalzare seguito immediatamente da una fitta alla mano. Aprì gli occhi, ma la vista era appannata dall'acqua ancora sul suo volto; scorse del sangue sulla mano che sgorgava da un taglio profondo sul palmo. A terra giacevano rasoio e portasapone di ceramica rotto. Avvolse la mano insanguinata nell'asciugano lì vicino e fece per uscire dal bagno, ma tutto divenne improvvisamente buio, di nuovo.

...

Non era più in piedi, ma disteso su qualcosa di morbido. Non capiva cosa fosse successo. Si girò e vide lo schermo della sveglia sul comodino segnalare le 02.53. Accese la luce e si mise a sedere sul letto osservando attentamente la sua stanza. Sembrava in ordine, esattamente come pochi minuti prima. Tramava, ma non dal freddo quanto dall'agitazione di non sapere cosa diamine fosse successo. Guardò il palmo della propria mano e vide un taglio netto ma ormai rimarginato, sembrava, da qualche giorno.

Si alzò di scatto e corse in bagno, accompagnato dal tubare della solita civetta. Il rasoio era accanto al lavandino proprio vicino al portasapone di ceramica inspiegabilmente intatto. Aveva bisogno di una doccia per scuotersi di dosso il torpore e capire cosa fosse successo. Fece scorrere l'acqua per qualche secondo, tolse i pochi indumenti che aveva addosso e si infilò sotto il getto bollente.

Si attardò qualche minuto, poi uscì, si asciugò il corpo e capelli con un asciugamano che infine cinse alla vita e si diresse verso la porta. Non ricordava di averla chiusa. La fissò dubbioso per un attimo poi, deciso, appoggiò la nano sulla maniglia e l'aprì.

...

Pip gli si parò davanti. Per poco non gli era finito addosso. Ruben stava quasi per chiedergli cosa diavolo ci facesse nella sua stanza a quell'ora di notte quando si occorse che non era nella sua stanza ma nel corridoio adiacente alla sala sicurezza, dalla quale lui stava uscendo, e soprattutto che non era notte a giudicare dalla luce che entrava dalle grandi finestre. Era perfettamente asciutto e vestito di tutto punto con la solita uniforme.

"Attento un po a dove vai!" gli urlò Pip sorridendo.
Ruben era ammutolito. Non sapeva cosa dire ne riusciva a capire cose stesse accadendo.
"Che ci facevi in sala sicurezza? Non sei di turno oggi." insistè lo sciamano guardando Ruben preoccupato. "E sei anche parecchio pallido." aggiunse.
"Io...io, sto bene...ehm, stavo facendo un backup dei dati... sai, per sicurezza." s'inventò il preside su due piedi.
"...già." fece Pip ora preccupato. "Sei sicuro di star bene? Mi sembri un po stralunato."
"Si." ribattè Ruben. "Devo solo riposare un po." disse sopravanzandolo e cominciando a camminare speditamente in direzione del proprio dormitorio.
"OK. Ci...ci vediamo dopo." gli urlò Pip in risposta mentre Ruben ormai girava l'angolo.

Corse a perdifiato per mezzo garden urtando diversi SeeD e mandando a gambe all'aria un paio di cadetti che lo guardarono sconcertarti. Si fermò solo in vista della porta della sua stanza, infilò concitatamente la chiave, aprì ed entrò.

...

"Era ora! Diamine, sono quasi 5 minuti che busso come un forsennato. Perchè diavolo ti sei rinchiuso là dentro?".
Drizzt sembrava furibondo e lo guardava con gli occhi sbarrati in attesa di una spiegazione.
Ruben si girò in direzione della porta dalla quale era appena entrato... o uscito? Non era quella della sua camera ma quella della sala sicurezza. Improvvisamente si rese conto di non avere il fiatone nonostante avesse appena corso per i corridoi come un pazzo. Si girò ad osservare Drizzt come se si aspettasse di ricevere da lui una spiegazione. Drizzt gli restituì uno sguardo irritato.
"Allora?" insistè il drow.
Ruben non rispose nulla. Aprì di nuovo la porta della sala sicurezza, vi entrò e se la richiuse dietro con forza.

...

Drizzt era di nuovo davanti a lui, nel medesimo corridoio, esattamente nello stesso punto di prima ma con una espressione incuriosita.

"Problemi col sistema di sicurezza? Sbattere la porta è inutile, sai?" gli disse ironico. Ma la sua espressione cambio rapidamente. Ruben stava sudando freddo e aveva preso a tremare violentemente.
"Ehi, che hai?" gli chiese il drow ora visibilmente preoccupato.
"Io... credo di non stare affatto bene. Non capisco che mi sta succedendo." cercò di spiegargli il vicepreside. "Devo... devo allontanarmi dal Garden, ora." disse con voce rotta mentre prendeva a camminare lungo il corridoio.
"Cos...cosa significa -allontanarmi-? Ruben?! Che succede? Dove vuoi andare?" gli chiese confuso l'elfo correndogli appresso. Ruben si fermò di botto e si girò verso l'amico.
"Non lo so. Non posso rimanere qui. Metterei tutti voi in pericolo, credo. Devo andare, il più lontano possibile." Il silenzio sembrò dilatarsi e diventare infinito. Fu evidente a Drizzt che cercare di fargli cambiare idea era inutile.
"Ti rivedremo?" gli chiese con gli occhi lucidi.
"Non lo so. Lo spero..." fece Ruben. "Non dire niente a nessuno, per favore. Non prima che io si andato via. Avvisa solo Pip."

...

Il sistema di sicurezza segnalava che una navetta stava salpando dal garden senza autorizzazione. Pip si precipitò ai monitor cercando di capire chi stesse facendo una cosa del genere. Una breve ricerca e risultò che il codice usato per l'uscita dall'hangar era quello di Ruben. In quel momento Drizzt entrò nella stanza.

"Compare, Ruben ha appena preso una navetta ed è andato via." disse Pip.
"In che direzione?" gli chiese l'elfo.
"Est, sembra. Cosa sarà successo?"

I due rimasero un attimo a guardare gli schermi radar finché il segnale della navetta non scomparve improvvisamente.

"Deve aver staccato il sistema di tracciamento. Non vuole essere seguito." fece Drizzt.
"Ma...a te l'ha detto che stava per andarsene?" chiese Pip confuso.
"No." rispose Drizzt sincero. "Veramente oggi non l'ho neanche incontrato."
Ultima modifica di Ruben -.- il 30 giu 2013, 18:34, modificato 1 volta in totale.
Chiedere scusa è un gesto che rafforza l'amicizia, chiarisce i dubbi,
è un rimedio contro l'odio, non è mai un segno di debolezza.
-
Romano Battaglia
xthegame89x
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Re: FanFic Garden

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Un modo per restare vicini
1/4
Balamb. Una cittadina tranquilla, meta di molti turisti per ammirare i monti della pianura Arkland o per sconfiggere Ifrid, uno dei Guardian Force. Dopo la battaglia con Artemisia, non vi furono molti altri eventi che scossero la ridente cittadina di pescatori, anzi non ve ne fu nemmeno l'ombra di un nemico o di qualche altra minaccia. Tutti vivevano in pace, sia con se stessi che con il resto del mondo. Nel tempo, la cittadina a espanso i suoi confini, sia per via della popolazione crescente e sia per un motivo di spazi ridotti rispetto alle persone che l'abitavano. Una piccola casa di campagna, distante da qualsiasi altro rumore di città, sorgeva in una collina leggermente lontana da Balamb. Una famiglia la abitava, la famiglia Winchester. Jonh Winchester e Mary Winchester i genitori di due bellissimi figli: Matt e Dean Winchester, uno di sedici e l'altro di ventidue anni, prossimi tutti e due a compiere il loro compleanno.

La famiglia viveva felice nel loro angolo di paradiso, senza che nessun pericolo o minaccia potesse giungere fino a loro. Jonh era un falegname, lavorava tutto il giorno e arrivava alla sera stanco e desideroso solamente di passare una cena in famiglia, con i suoi cari. La moglie Mary era casalinga, puliva la casa e preparava da mangiare e, quando aveva del tempo libero, stava davanti al camino a rilassarsi, magari con qualche rivista o uscendo di casa per passare del tempo con delle amiche. Dean studiava nel Garden di Balamb ed era diventato da poco un Seed, con tanto di lodi dal preside. Matt ancora non era un Seed: studiava solamente nella scuola di Balamb, in quanto non voleva intraprendere una carriera militare come quella dei Seed.

Un giorno di primavera, mentre tornava dal Garden, Dean si fermò ad ammirare il cielo, sdraiato su un campo d'erba non molto lontano da casa sua. Le nuvole passavano sopra di lui lente, con forme strane e tutte collegate tra loro. Il sole gli colpiva il viso, ma lui chiuse gli occhi tranquillamente, facendosi colpire dai suoi raggi, rilassandosi.

- E' così che studi per diventare un Commander?

Dean si alzò dal prato e vide il fratello Matt, raggiungerlo di corsa.

- Matt! Hai già finito a scuola? - disse Dean sorridendo
- Esattamente... vedo che anche te stai godendo di questi attimi liberi che ti ritrovi! - disse sedendosi vicino al fratello
- Già. E' deciso. Oggi ti porto a conoscere delle amiche! - disse Dean guardando nuovamente il cielo
- Ah si? Spero che siano della mia età, non come l'altra volta che hai tentato di rifilarmi una vecchia. - disse Matt guardandolo in cagnesco

Dean rise di gusto. Matt gli diede un pugno in pancia.

- Scusa, scusa! Ti giuro che stavolta non succederà! - disse Dean sorridendo e massaggiandosi la pancia
- Lo spero... - disse Matt
**********
La mattina passò e i due fratelli, sempre inseparabili, erano già di nuovo in giro per il paese. Dean continuava a sorridere, guardando le ragazze che trovava in giro.

- Guarda là! Quella lì! Secondo te? Ho qualche chance? - disse Dean al fratello pettinandosi i capelli con le mani
- Ti ricordo che te la ragazza ce l'hai già. Al massimo, trovamene una per me. - disse Matt sorridendo
- Mmm... ora che ci penso, mi hai ricordato un'altra cosa. Anche se non centra niente. Tieni questo è per te. - disse Dean mostrandomi un ciondolo

Ne aveva due, identici. Era a forma di drago e dietro aveva inciso una frase.

- Ovunque sarai, io sarò al tuo fianco... bello! Grazie Dean! - disse Matt con un sorriso radioso e indossando immediatamente il ciondolo
- Figurati. Me li ha dati papà! Mi ha detto di darlo a chi volevo! - disse Dean sorridendo e indossando il suo

Matt sorrise e seguì il fratello che si avvicinò alla ragazza che aveva indicato prima. Un'amica era vicina lei. Erano entrambe carine, tutte e due appena ventenni, una bionda e una mora. Visi angelici e profili delicati e dolci. Dean aveva già l'aquolina in bocca, come un lupo che vede le sue prede. Matt lo guardò perplesso. Come si poteva essere così deficienti?

- Saaaalve! Ragazze possiamo farvi compagnia! - disse Dean avvicinandosi alle ragazze e mettendo la mano nella spalla della bionda
- Ma certo! Sopratutto se siamo insieme alla tua ragazza! - disse la bionda
- C-cosa? - disse Dean

Jo era lì, sguardo di fuoco che osservava Dean ancora con la mano nella spalla dell'amica. Matt era lì lì per esplodere dalle risate. Jo fece qualche passo che sembrò risuonare in tutta la piazza e diede un enorme schiaffo in faccia a Dean.

- BRUTTO DEFICIENTE! CI PROVI CON LE MIE AMICHE?? - disse Jo

Aveva lo sguardo di fuoco e Matt si stava pestando a terra dalle risate.

- M-ma non è co-come cr-credi! - balbettò Dean

Le amiche decisero di andarsene e portare via con loro anche Jo, che per l'occasione si era quasi trasformata in Ifrid. Dean si massaggiò la guancia, guardò la ragazza andarsene, ormai ex ragazza, e si girò dal fratello.

- Fratellino! Non fidanzarti mai! Rimani libero come un uccellino finchè potrai! - disse Dean controllando che la mascella fosse a posto
- Basta non provarci con le altre, deficiente! - disse Matt ancora con le lacrime negli occhi dalle risate
**********
- Ma'? Io esco! Vado a vedere se Jo esce stasera! - disse Dean dalla porta
- Sempre se vuole vederti. - disse Matt sorridendo
- Spiritoso... - disse Dean guardandolo in cagnesco e uscendo di casa

Matt rise leggermente e si alzò da tavola per andare davanti alla tv. Davano il suo programma preferito di sera e lui non se ne voleva perdere neanche una virgola. Mentre accendeva la tv, sentì una piccola fitta al cuore. Leggera e passeggera. Niente di preoccupante pensò lui. Ma fu l'inizio di qualcosa che gli avrebbe cambiato la vita per sempre.

Sono tornato ragazzi, con un nuovo canale e con nuove serie. Restate tunizzati per scoprirne di belle! Buona visione! :P
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Egil ha scritto: Non possiamo fare un referendum per dichiarare Matt Winchester illegale e immorale?

Leon ha scritto: Matt Winchester ogni volta che fai un commento inutile, un gattino nel mondo muore
Paine ha scritto: o.ò sisi confermo la mia teoria... Matt è posseduto dal demonio.
Leon ha scritto: E' più probabile che sia il demonio a essere posseduto da Matt Winchester.

Leon ha scritto: Non è la situazione ad essere disperata, è Matt che si è messo in testa di far crashare i server di Facebook.

Leon ha scritto: Matt Winchester la tua firma occupa una schermata intera e ho un fo***to monitor 1920*1080.
Matt Winchester ha scritto: Quindi anche Ruben è a Reloras??? Posso usare il suo pg????
Vero posso posso posso???
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Drittz Do Urden ha scritto: No.
Matt Winchester ha scritto: Sob sigh... (A Drizzt Do Urden piace quest'elemento)
Paine ha scritto: Penso che comunque debba smettere di mortificare il povero matt.... è un cazzone, lo sappiamo tutti e mo lo sai anche tu, non ci fosse lui qua staremmo tutti a grattarci le palle, quindi passa un commento anche fosse acido. Paine docet
Leon ha scritto: Matt Winchester minaccia pure i cani randagi che incrocia per strada ormai (ovviamente trasformandosi in bahamut)
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Matt Winchester

Messaggio da xthegame89x »

Un modo per restare vicini

2/4


I giorni passavano, quasi uguali ma sempre diversi. L'autunno lasciò spazio all'inverno e infine arrivò la primavera. Le foglie, da gialle e marroni, morte e cadenti, divennero verdi e più vive che mai, mentre accanto a loro si formavano fiori di molti colori e di molte forme. In quel periodo così bello per passarlo dentro casa, Dean era in periodo di esami e studiava quasi ogni giorno, mentre Matt, quando non aveva qualcosa da studiare, si annoiava davanti alla tv.

- Dean, ancora molto ti manca? - disse Matt dalla cucina sbuffando
- Matt. Non posso adesso. Devo finire di studiare, l'esame lo dovrò fare al centro di ricerche sottomarino e domani! Credi che sarà una passeggiata? - disse leggermente scocciato Dean
- Va bene, va bene. Non volevo distrarti... - disse Matt un po' rimasto male

Mentre annotava una cosa su un foglio, Dean sospirò. Non voleva rispondere così al fratello, in fondo lo capiva se si stava annoiando. Si alzò dalla scrivania di camera sua e fece capolino dentro la cucina.

- D'accordo... finisco una cosa e usciamo a Timber, va bene? - disse Dean sorridendo - Dammi altri venti minuti, ok?
- Va bene! Io vado a farmi una doccia nel mentre. - disse Matt sorridendo felice

Uscì di corsa dalla cucina e si fiondò letteralmente dentro la doccia, portandosi dietro i vestiti. Aprì l'acqua della doccia, uscì calda e nel fresco della sera diede vita a nuvoloni di vapore, riempendo presto l'intera stanza. Il getto dell'acqua colpiva il suo collo, mentre scendeva calda sulla sua schiena e nel suo petto. Si rilassò per un attimo, ripensando alla ragazza che aveva visto a scuola da poco.

Non l'aveva vista molto spesso, una ragazza così non la scordi se la vedi: evidentemente era di un altro paese oppure non era della loro scuola. Era molto carina, aveva lunghi capelli castani, lunghi oltre le spalle e degli occhi azzurri. Bellissimi occhi azzurri. Matt era quasi inciampato in una panchina talmente aveva la testa per aria guardandola. Si ricordò la battuta di un suo compagno che disse qualcosa riguardo al fatto che aveva gli occhi a cuoricino. Ma che cavolo di battuta era? "Certo che con tutte le battute che esistono su cose del genere, Mike doveva farne una così stupida..." pensò perplesso.

Chiuse l'acqua, prese un asciugamano e per poco non cadde per terra, scaraventandosi di faccia probabilmente. Una fitta forte al cuore lo fece quasi stremare a terra. Era tutto passato. Forse il vapore gli aveva giocato un brutto scherzo. Si massaggiò il petto, in prossimità del cuore. Gli era successo già altre volte, ma lo attribuiva più allo sforzo fisico che ad altro. Mentre si vestiva, quel piccolo incidente gli uscì di mente, senza poi ricordarsi di farne parola con i suoi familiari.

- Beh, sei pronto? - disse Dean da camera sua
- Direi di si! Tu? - disse Matt mettendosi la gelatina per tenere in piedi i capelli
- Si! Andiamo? Inizio ad accendere la navetta! - disse Dean sorridendo e uscendo di casa

Mentre usava il suo profumo, Matt ripensò alla ragazza. Voleva conoscerla e decise di parlarne con il fratello per avere qualche consiglio. Doveva approffitarne oggi, perchè l'indomani Dean sarebbe partito alla volta del centro di ricerche sottomarino e quindi non l'avrebbe visto prima di due o tre giorni.
**********
Dean era pronto a partire. Gli ultimi saluti alla famiglia e sarebbe partito immediattamente per il centro di ricerche sottomarino. La valigetta del suo Hyperion lo stava aspettando vicino alla navetta del Garden, un ragazzo alto e muscoloso sbuffò guardando il ragazzo salutare i familiari. Per lui erano già in ritardo.

- Mi raccomando! Sii prudente Dean... se vedi che è troppo pericoloso, fuggi... - disse la madre abbracciando il figlio
- Non ti preoccupare ma'... ho la pelle dura io! - disse Dean sorridendo

Poi passò al padre, lo strinse in un abbraccio e Jonh disse:

- Sono fiero di te. Fagli vedere a Bahamut di cosa sei capace! - disse Jonh sorridendo
- Te l'ho prometto... - disse Dean annuendo

Mise una mano sulle spalle di Matt, del fratellino. Sorrise.

- Vedi di fare da bravo e riguardo a ciò di cui abbiamo parlato ieri... sii te stesso! - disse Dean sorridendo e abbracciando il fratello
- Va bene. Tu spacca le ossa a Bahamut anche da parte mia! - disse Matt con un sorriso

Il fratello gli fece un occhiolino e fece un gesto con il pollice verso l'alto, sorridendo. Dean agitò la mano, per un ultimo saluto e salì sopra la navetta, mentre il sole si innalzava sempre di più, compiendo il suo normale giro.
**********
Mentre osservava il suo respiro appannare il vetro di camera sua, Matt si chiese come se la stesse cavando il fratello. L'aveva visto più di una volta combattere contro i mostri vicini a Balamb, contro degli Archerosaurus veramente grossi e dei Piros che avevano il coraggio di uscire da una caverna non molto lontana dal paese. Il fratello era fortissimo e lui sperava un giorno di essere forte quanto lui. Per adesso, voleva solo continuare a studiare nella sua scuola, di Seed se ne sarebbe parlato più avanti, forse.

La notte era scesa sul paese come un manto scuro che avvolgeva ogni casa, mentre le stelle sembravano punture di spillo luminose, lontane come non mai. Matt sapeva che, se una stella si fosse spenta, loro se ne sarebbero accorti dopo anni o potevano neanche avere il tempo di accorgersene. Quella notte, una stella avrebbe cominciato a spegnersi. Un ragazzo sarebbe stato colto da un malore ed infine avrebbe avuto dentro il suo corpo qualcosa che non aveva mai desiderato.

Matt sgranò gli occhi, il suo cuore aveva improvvisamente accellerato i battiti a tal punto di fargli male. Mentre cercava di reggersi sopra il letto, provò ad urlare aiuto ma dalla bocca uscì solamente un piccolo verso strozzato, cadde a terra. Con le ultime forze che aveva, riuscì a far cadere la sedia della sua scrivania. Tutto il resto fu buio.

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Re: FanFic Garden

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Un modo per restare vicini

3/4
Dean tornò il giorno seguente. Non potevano portarsi dietro nessun tipo di mezzo di comunicazione, eccetto quelli che poi sarebbero serviti alla squadra che lo supportava. Quando tornò a casa, la trovò stranamente vuota. Non si udiva la tv accesa o rumori della madre in cucina. Si guardò attorno, il cuore che batteva leggermente più veloce. La casa era completamente vuota.

- Strano... molto strano.. - disse Dean prendendo il cellulare

Compose il numero del padre e attese fino a che non rispose.

- Pa? Ma dove siete finiti tutti? - disse Dean preoccupato
- Dean... - disse il padre

Il tono di voce del padre non era per niente rassicurante. Il cuore accellerò i suoi battiti.

- Cos'è successo...? - chiese preoccupato
- Matt... è stato male. L'abbiamo dovuto ricoverare... Siamo all'ospedale adesso. - disse il padre

A Dean parve crollargli il mondo addosso.

- Arrivo. - disse con voce atona
**********
Dean era arrivato all'ospedale in poco meno di due minuti, l'asfalto era corso veloce sotto la macchina quasi fosse un torrente scuro come la pece. Quasi urlò all'infermiera della Hall, aveva il fiatone, chiedendogli dove avevano ricoverato il fratello e si precipito a rotta di collo per le scale, raggiungendo in pochi secondi la stanza.

La stanza era una delle solite stanze anonime di ospedale, pareti bianche e azzurre, lenzuola chiare e pulite il tutto in un ambiente asettico. Matt era coricato nel letto, vicino aveva la madre che gli teneva la mano. Il padre era uscito un attimo fuori a prendere una boccata d'aria. Pareva dormire, beato nel suo letto. Dean si avvicinò con le mani alla testa, gli occhi sgranati dalla preoccupazione.

- Che è successo? - disse Dean con un tono distaccato che non gli apparteneva
- Il dottore ci ha detto che il suo cuore soffre di una rara disfunzione che ogni tanto può fargli avere dei picchi di pressione alta... potrebbe morire di infarto, quando meno se l'aspetta. - disse Mary, gli occhi lucidi e delle leggere occhiaie
- Cosa si può fare? - sempre quel tono distaccato
- L'unica soluzione è... un trapianto... - disse Mary abbassando lo sguardo e cominciando a piangere

Jonh entrò nella stanza, vide la moglie piangere e la abbracciò, dando una pacca nella spalla al figlio maggiore. Guardò per un attimo Matt, chiedendosi perchè suo figlio dovesse meritarsi tutto questo. Dean lo guardò per un attimo. Suo fratello. Matt. Era lì. Di fronte a lui. Non aggiunse altro. Uscì velocemente dalla stanza, mentre il padre lo chiamò a gran voce, preoccupato.

Dean uscì rapidamente dall'ospedale, prese la navetta e si diresse al Garden. Raggiunse l'infermeria, dove trovò il medico di turno, un signore di cui si poteva fidare. Gli raccontò della malattia di Matt, chiedendogli che cosa poteva fare per lui. Il dottore annuì silenzioso, ascoltando la storia di Dean. Sorrise e disse che avrebbe fatto il possibile per analizzare il problema per cercare una soluzione, recandosi immediatamente all'ospedale, mentre Dean entrò in biblioteca.

Prese volumi su volumi che trattatavano dell'apparato circolatorio e di anatomia umana, buttandoli tutti in una scrivania vuota e aprendo il primo volume che gli capitò a tiro. Non aveva mai visto un libro di medicina in vita sua, ma dopo quel giorno avrebbe potuto pure fare il medico.
**********
I giorni passarono. Ben presto divennero settimane e poi mesi. Matt fece il suo diciasettesimo compleanno completamente disteso in un letto. Che tristezza. Ebbe qualche complicazione nell'ultimo periodo, ma niente di grave. Un grande spavento colpì la sua famiglia. Era ormai in coma da quasi sei mesi.

Un giorno d'estate, il padre era a lavoro mentre la madre era a fare la spesa. Avevano appena salutato Dean che decise di fare compagnia al fratello. Era solo in quella stanza. Guardava suo fratello, così pallido. Si chiese perchè... perchè doveva andare così? Perchè Matt doveva essere colpito da una malattia che ha poco meno del 5% di svilupparsi all'interno di una persona? Perchè? Non era giusto. Era così giovane, non era neanche maggiorenne.

Dean urlò. Un urlo di rabbia, di frustrazione. Aveva le lacrime agli occhi, la sua testa poggiata al petto del fratello. Mentre piangeva ripensava a tutti i momenti che aveva passato con lui. Spesso Matt gli aveva detto che era fortissimo, che sarebbe voluto diventare come lui. Dean, nonostante possedesse uno dei Guardian Force più potenti al mondo si sentiva debole e inutile. Si alzò dalla sedia. Il suo cuore batteva a mille. Se non poteva trovare una cura, c'era solamente una cosa da fare.

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Leon ha scritto: Matt Winchester ogni volta che fai un commento inutile, un gattino nel mondo muore
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Leon ha scritto: Non è la situazione ad essere disperata, è Matt che si è messo in testa di far crashare i server di Facebook.

Leon ha scritto: Matt Winchester la tua firma occupa una schermata intera e ho un fo***to monitor 1920*1080.
Matt Winchester ha scritto: Quindi anche Ruben è a Reloras??? Posso usare il suo pg????
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Re: FanFic Garden

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4/4
Dean era pronto. I genitori non c'erano e decise di farlo in quel momento, proprio quando nessuno avrebbe potuto impedirglielo. Non ci sarebbe mai stato un cuore per il fratello, nessuno all'infuori di Dean si sarebbe sacrificato per Matt. Alzò il suo ciondolo, proprio quando i dottori entravano nella sala operatoria.

- Vorresti che chiamassimo qualcuno? - disse il dottore con un sorriso triste

- I miei genitori. Dopo l'intervento. - disse Dean, aveva la bocca asciutta

Non era triste, anzi. Era felice. Una lacrima scese dal suo viso, cadendo nel cuscino. Sorrise. Ripensò a tutto quello che aveva passato con Matt, tutti i ricordi che lo legavano al fratello. Chiuse gli occhi.

- Ovunque sarai, io sarò al tuo fianco.. addio Matt... ti voglio bene.. - disse Dean

Il dottore mise la mascherina per l'annestesia sul viso del ragazzo al suo segnale. Fece subito effetto. Nella sua mente, prima di addormentarsi, ci fu l'immagine della sua famiglia che lo salutava. "Addio papà, addio mamma... possiate essere felici insieme a Matt... Matt, continua a studiare, forse un giorno ti verrà la vocazione di diventare Seed e... sii sempre te stesso!" pensò Dean.
**********
Era in luogo che conosceva abbastanza bene. Il centro di ricerche sottomarino. Davanti a sé, il re dei draghi lo osservava, a metà tra il stupefatto e l'essere orgoglioso di lui.

- Mi hai sconfitto per questo? Per morire dopo qualche mese? Che razza di pivello mi ha sconfitto? - disse il drago con un leggero sorriso

- Bahamut... se posso chiederti una cosa, la faresti? - disse Dean

- So già cosa stai per chiedermi... non posso prevedere quali saranno le conseguenze di una cosa del genere... - disse Bahamut

- Lo so... ma tu puoi proteggerlo meglio di quanto potrei farlo io d'ora in avanti. - disse Dean - Te lo chiedo per favore...

Bahamut lo guardò sorridendo. Annuì. Il buio si impadronì di quel luogo, così come di Dean.
**********
- Che cosa?? Mi sta prendendo in giro?? - disse Jonh al medico

Avevano appena saputo di ciò che aveva fatto Dean. Il suo corpo, privo di vita, era stato portato via.

- Signore... posso capire la sua rabbia, ma è una decisione che ha preso Dean e non potevamo fare niente. Era maggiorenne e...
- ...e voi dovevate fermarlo!! Nostro figlio, Dean!! Non ci posso credere... - disse Mary piangendo copiosamente

Il medico continuò.

- L'operazione è andata a buon fine, Matt si sveglierà tra poco. Dean mi ha chiesto un'ultima cosa. Ha detto di non farne parola con Matt. - disse il medico
**********
Aprii gli occhi. Tutto ciò che vedevo di fronte a me, era il soffitto bianco di una stanza. Sbattei le palpebre per un attimo. Sentii gli occhi lacrimare. Stavo piangendo? Vicino a me sentivo qualcuno parlare. Ero in un letto, guardandomi attorno capii di essere in ospedale. Cos'era successo? Tutto ciò che mi ricordo è quando sono caduto dal letto di camera mia, in preda a dolori lancinanti. Tutto il resto era buio.

- Dean! Dean! Dimmi che sei te quello che sta facendo casino! - dissi ridendo

Apparvero i miei, seguiti dal medico. Sembravano sconvolti e allo stesso tempo al settimo cielo.

- Matt! Oh mio dio! Sei sveglio!! - disse mia madre gettandosi per abbracciarmi con le lacrime agli occhi

Anche mio padre sorrideva e piangeva allo stesso tempo dalla felicità. Ma cos'era successo? E Dean dov'era? Perchè non era al mio capezzale, pensai divertito?

- Dean? Dov'è? - dissi perplesso - Perchè anche lui non è qui a portarmi dei fiori?

I miei si guardarono preoccupati.

- Dean è partito a Esthar... in missione... - disse Jonh

- Missione ad Esthar?? E non mi ha salutato?? - dissi perplesso

- Eri in coma da quasi sette mesi... menomale che ora stai bene... - disse Jonh

In coma da sette mesi?? Per fortuna mi ero svegliato.

- Quindi mi dite che non faccio la cacca da sette mesi? - dissi sorridendo

Jonh sorrise e rise leggermente. Quel giorno cominciò la mia nuova vita, ma io non avevo idea che Dean, mio fratello, avesse rinunciato alla propria per me. Non ti ringrazierò mai abbastanza, Dean. E' come un modo per restare sempre vicini. Ovunque sarò, tu sarai sempre al mio fianco.

Sono tornato ragazzi, con un nuovo canale e con nuove serie. Restate tunizzati per scoprirne di belle! Buona visione! :P
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PROGRAMMAZIONE
LUNEDI
- Fantasy World, Final Fantasy IX -
MARTEDI
- Let's Technic, Minecraft Monster Pack 1.6.4 -
MERCOLEDI
- Fantasy World, Final Fantasy IX -
GIOVEDI
- Desertcraft, Minecraft Regrowth Pack 1.7.10 -
VENERDI
- Il ruggito del T-Rex, Dino Crisis -
SABATO
- Video Random -
Se dovete utilizzare il mio pg nel Garden, controllatevi la scheda prima, barboni! xD
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LE PERLE DI SAGGEZZA DEL GRUPPO DEL GC SU FB
Egil ha scritto: Non possiamo fare un referendum per dichiarare Matt Winchester illegale e immorale?

Leon ha scritto: Matt Winchester ogni volta che fai un commento inutile, un gattino nel mondo muore
Paine ha scritto: o.ò sisi confermo la mia teoria... Matt è posseduto dal demonio.
Leon ha scritto: E' più probabile che sia il demonio a essere posseduto da Matt Winchester.

Leon ha scritto: Non è la situazione ad essere disperata, è Matt che si è messo in testa di far crashare i server di Facebook.

Leon ha scritto: Matt Winchester la tua firma occupa una schermata intera e ho un fo***to monitor 1920*1080.
Matt Winchester ha scritto: Quindi anche Ruben è a Reloras??? Posso usare il suo pg????
Vero posso posso posso???
Daiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!
Drittz Do Urden ha scritto: No.
Matt Winchester ha scritto: Sob sigh... (A Drizzt Do Urden piace quest'elemento)
Paine ha scritto: Penso che comunque debba smettere di mortificare il povero matt.... è un cazzone, lo sappiamo tutti e mo lo sai anche tu, non ci fosse lui qua staremmo tutti a grattarci le palle, quindi passa un commento anche fosse acido. Paine docet
Leon ha scritto: Matt Winchester minaccia pure i cani randagi che incrocia per strada ormai (ovviamente trasformandosi in bahamut)
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Re: FanFic Garden

Messaggio da Nightmare/dark sephirot »

Null [1]

Erano passati diversi anni da quando entrai a far parte del progetto, non saprei di preciso quanti, forse cinque o giù di lì; avevo forse 13 anni e a quel tempo ancora facevo fatica a tenermi stretti tutti i ricordi.
Non che sia cambiato molto da allora, ma diciamo che di recente uso degli accorgimenti.
Tuttavia ci sono cose molto importanti che in nessuna maniera potrei mai dimenticare o abbandonare all' oblio; Null è sicuramente uno di questi.
Ma andiamo con ordine.

Come anticipavo, quelle strutture sperimentali del garden già da diverse stagioni erano la mia nuova casa! Scienziati,soldati, cuochi, educatori sì occupavano di noi, tutti rigorosamente facenti parte della SeeD. E posso ben dire di non essermi trovato così male, ben sapendo che le cose sarebbero potute andare in maniera molto diversa.
Comunque per farla breve in quel periodo avevo iniziato a "potenziare" il mio talento, come tutti gli altri miei compagni, non senza esser sottoposto sistematicamente a test fisici e psichici.
Anche tenersi in forma e sviluppare il nostro corpo al massimo rientrava negli obiettivi ( o meglio le basi di partenza) del progetto; e fino ad allora non vi erano stati grossi problemi: era il momento di passare allo step successivo.

Tuttavia prima che ciò potesse avvenire tutto il nostro gruppo doveva essere pronto alle eventualità che sarebbero potute capitare, per questo ci misero al corrente dell'esistenza di Null.
Null.
Se sapesse che utilizzo questo *nome* probabilmente mi odierebbe più di quanto già fa... Sempre ammesso che sia ancora viva!
Ricordo ancora la prima volta che ci avvicinammo alla sua stanza! Bastò toccare la porta per percepire un flusso gigantesco di emozioni di ogni genere! Qualcosa di indescrivibile! E non fu quello a turbarmi di più, bensì lo scoprire che nessuna di esse apparteneva effettivamente a Null: erano tutti simulacri di emozioni e pensieri di ogni singolo membro della struttura.
Me compreso.
Chiaramente nessuno potrebbe sopportare un tale oceano di anime nella propria testa, per lo stesso motivo nessuno doveva interagire direttamente con Null, benché meno uno di noi.
Era stata la prima, un azzardo, un'infelice sequenza di errori, un fallimento sia nello sviluppo che nel contenimento.
Prototipo 0. Null quello che nessuno voleva e doveva diventare.

A suo tempo non lo trovai giusto, privare una persona di qualsiasi rimasuglio di umanità, farla diventare un esempio (o meglio un monito) vivente; ma mio malgrado dovetti ricredermi.
Ultima modifica di Nightmare/dark sephirot il 27 giu 2013, 02:02, modificato 1 volta in totale.
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Re: FanFic Garden

Messaggio da Nightmare/dark sephirot »

Null[2]


Interagire con gli altri membri del gruppo era abbastanza difficile; certo, eravamo sempre a contatto tra noi, a pranzo, nei dormitori e durante gli insegnamenti ma difficilmente riuscivamo a ricordarci i rispettivi nomi o a essere sicuri che si trattasse effettivamente di noi.
Inoltre le perdite di memoria parziale non aiutavano, senza contare quelli che già iniziavano a subire degli effetti collaterali più evidenti. Insomma, i problemi a relazionarsi gli uni con gli altri erano svariati, per questo in genere evitavamo e basta.
Con i SeeD era più facile, loro non erano soggetti a sbalzi emotivi o di personalità (almeno non con frequenza pari alla nostra), tuttavia anch'essi tentavano di mantenere un certo distacco! Ma li caspisco, non era facile neanche per loro gestire quella situazione e già che ci regalassero ogni tanto qualche sorriso andava ben oltre i loro doveri.

Tuttavia...
Non posso negare di aver patito in quel periodo una certa mancanza di affetto... Forse avevo semplicemente voglia di stare un po' con la mia vera famiglia (che facevo di tutto per non dimenticare) o semplicemente gli effetti della pubertà iniziavano a farsi sentire...
Mi tornò in mente Null, supponevo che anche lei si sentisse...Sola...Molto più spesso; e anche non fosse stata lei stessa in prima persona a provare ciò, risentiva comunque del malessere di tutti i membri del reparto.
Decisi di tornare a trovarla.
Non fu nemmeno troppo difficile, conoscevo la strada che conduceva alla sua stanza (benchè rassomigliasse più ad una prigione) e nessun SeeD ci aveva proibito di passarci di fianco, era solo sconsigliato; e comunque la porta era chiusa a chiave, quindi potevamo solo conversare senza avere diretto contatto l'una con l'altro.

Era notte, credo, la prima volta. Non posso dirlo con certezza ma in fondo è un particolare irrilevante; lei sapeva già quello che stavo facendo e a differenza di me sapeva anche il perchè.
Appena mi accostai alla porta fu lei a parlare per prima:
-PENSI CHE NON SAPPIA DISTINGUERE LA PIETà, LA COMPASSIONE E LA SOLIDARIETà DALLA MERA CURIOSITà? O FORSE VUOI SOLO INGANNARE TE STESSO? DIO, VI ODIO VI ODIO VI ODIO! AAAAH!-
Sussultai, la gola mi si seccò istantaneamente; non sapevo cosa fare o cosa rispondere.
-OH, ORA HAI PAURA? O FORSE è SOLO QUALCUN ALTR....NNNGH...NO SEI DECISAMENTE TU... E NONOSTANTE TUTTO... LA CURIOSITà...AAAAH DANNATI INCUBI! BASTA SMETTETELA! SMETTETELA!-
Feci un passo indietro.
-TIMORE, TERRORE... ANCHE TU ORA...AHAHAHA-
Feci un altro passo indietro, anche se...
-ORA ANCHE SOFFERENZA? SMETTILA! SMETTILAAAAA!-
Decisi che era il caso di lasciar perdere, avevo commesso un errore e non dovevo essere lì. Feci per andarmene,ma...
-ASPETTA! Non...Non andare. Ti...aaargh... Ti prego. Resta.-
Mi fermai. Non sapevo esattamente il perchè, a differenza di Null ovviamente: lei sapeva sempre tutto, era impossibile nasconderle un'emozione. Forse mi trattenne proprio quello.
Lei smise di urlare, ansimò un po', respirava faticosamente. Sospirò. la sentii avvicinarsi alla porta.
-Grazie. Sto cercando... Di contenermi. Tu già sai, ti han detto. E'... Difficile.-
Stavolta provavo davvero compassione, oltre a quella curiosità malata; e lei lo sapeva, ovviamente.

Mi avvicinai, allungai la mano verso la porta.
-FERMO! Non toccarla! C'è troppo di me!-
Non capivo ma mi fermai.
-Impazziresti. o forse dovrei dire "subiresti la mia stessa sorte"! Sicuramente è ciò che ti direbbe uno qualsiasi di loro! MAGARI PROPRIO TU, JASPER, LURIDO CANE! QUANTO TI DETESTO!-
"Parlare" con qualcuno del genere era spiazzante! Cosa avrei potuto dire che non avesse già intuito? L'unica coa che mi venne in mente fu il mio nome.
-...Piacere, io sono Siegmeyer.-
Ci fu un attimo di silenzio, poi la risposta:
-Sì. A quanto pare lo sei. sei proprio tu, il tuo io e non qualcun altro.-
-E tu sei...-
-IO ANCHE SONO IO! E SONO TE! E SONO TUTTI! E ODIO OGNI SINGOLO ME, QUALE PIù QUALE MENO! Tuttavia...- E qui cambiò subito tono quando percepì il mio spavento - il nome che vuoi sapere non te lo rivelerò. Non oggi.-
Avevo capito l'antifona, comunque non sarei potuto rimanere molto più a lungo, di tempo libero ne avevamo ben poco! Inoltre per quel giorno mi aveva shockato abbastanza, non volevo perdere la ragione anzitempo.
-Io devo andare...-
-VATTENE E TORNA SOLO QUANDO SARAI PIù PREPARATO! Ma...Torna...E non dimenticare te stesso!-
-...Ciao-
Corsi via.

Per un po' di tempo non tornai da Null ed evitai opportunatamente il corridoio che portava alla sua stanza; cercai anche di limitare al minimo i miei sbalzi emotivi (sebbene i test e gli allenamenti vari non aiutassero affatto) e di rimanere il più distante possibile da lei, ma in fondo sapevo che non sarebbe cambiato nulla. Lei sentiva, lei sapeva.
Ma non importava a nessuno o forse nessuno ci pensava mai e basta; che poi è un po' la stessa cosa.
Condivisi un po' della sua rabbia, per ora era tutto quel che potevo fare.
Ma per un ulteriore confronto diretto, beh, per quello mi serviva dell'altro tempo.

Nightmare/dark sephirot
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Re: FanFic Garden

Messaggio da Nightmare/dark sephirot »

Null [3]


Passarono dei mesi e il nostro gruppo si rimpiccioliva, non tutti erano stati in grado di passare alla fase 2 e tuttavia nessuno veniva abbandonato: semplicemente era opportuno dividerci in base alle nostre abilità e competenze, anche e soprattutto per evitare spiacevoli inconvenienti.
La fase 2 era molto impegnativa e controversa; mentre inizialmente ci avevano insegnato ad espandere le nostre percezioni in modo da assorbire con facilità le personalità altrui e sostituirle alle nostre, ora in questa fase era necessario "distruggere" il lavoro passato, imparare a costruire uno scudo mentale che ci proteggesse da percezioni indesiderate e ci rendesse in grado di "aprire" e "chiudere" la mente a nostro piacimento (o quasi).
Costruzione e distruzione, poteva essere un controsenso ma a ben pensarci era una realtà che trovava riscontro in molti altri aspetti della vita, microscopicamente e macroscopicamente.
Ma era un processo lento e impegnativo che a onor del vero non sono mai riuscito a portare interamente a compimento; ma questa è un'altra storia.

Ai fini dell' affair Null la Fase 2 fu enormemente utile, per entrambi! Potevo risparmiarle ulteriore sofferenza "schermando" almeno una parte dei miei pensieri, sebbene fossi conscio che per lei non sarebbe stato difficile oltrepassare quel labile muro, e al contempo potevo proteggermi dal suo fiume emotivo il che paradossalmente mi avrebbe permesso di entrare maggiormente in contatto con lei.
Fu così che altre sere, mentre i miei "compagni" si divertivano in maniere discutibili, sgattaiolai via dal mio letto e mi diressi in prossimità della sua stanza; le prime volte continuò a manifestare una certa ostilità a tratti, ma fu solo una cosa momentanea poi gli sbalzi d'umore diminuirono sempre più. Passata qualche settimana sembrava quasi di parlare con una persona normale (e anche ora, se sapesse che uso questo termine probabilmente mi strangolerebbe), ci raccontavamo storie, io riguardanti la vita di tutti i giorni e lei riguardanti le evenienze del personale; molto spesso restavamo seduti poggiati ai lati opposti del muro che ci separava, in silenzio, scambiandoci leggere percezioni e nulla di più.
Era rilassante. Non c'era nulla da dire, non c'erano silenzi imbarazzanti da riempire, non erano necessarie frasi di circostanza. Sapevamo benissimo cosa provavamo vicendevolmente! Certo, lei sapeva cosa provasse qualsiasi persona in quella struttura e quando ciò mi tornava alla mente lei prontamente bloccava il mio turbamento con un dolce "non preoccuparti". Ed io sapevo che stava sorridendo, pur non potendola vedere.
Non era più come la prima volta, non aveva più moti di rabbia; non nei miei confronti, almeno.
Purtroppo, per contro, il suo odio nei confronti di determinati addetti e scienziati peggiorò notevolmente, specie per quel Jasper.

Jasper. Ebbi modo di incontrarlo, più e più volte. Lui nutriva un genuino interesse nei miei confronti, che nacque proprio da quel mio legame con Null; e fu lui stesso a mettermi in guardia, sebbene non volesse che io smettessi di frequentarla, dopotutto quegli appuntamenti notturni stavano avendo degli effetti particolari sul soggetto 0 e lui smaniava dalla voglia di studiarli.
Vomitava sete di conoscenza da ogni orifizio, ma non quella sete normale che ha ogni scienziato: lui voleva sapere e poter manipolare il sapere stesso! Più di una volta lo sentii dire che "spesso per fare un passo avanti bisogna prima farne due dietro. E' il progresso e se pensassimo che tutto ciò che sappiamo finora corrisponde a verità probabilmente saremmo ancora all'età della pietra." E in parte aveva ragione. Come in parte io potevo comprendere il fastidio che quel uomo generava in Null.

Non le parlai mai di lui, anche perchè in genere lo faceva lei. A dir la verità non mi interessava e non volevo che si scatenasse più di quanto già accadesse normalmente. Alcune volte fui anche tentato di andarmene mentre divagava con le sue invettive, ma non lo feci mai. Fu così che conobbi il suo vero nome: una sera, dopo l'ennesima crisi isterica la ragazza si calmò e di punto in bianco mi disse: "Il mio nome è Angelica".
Da quel giorno iniziarono gli incidenti.
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Re: FanFic Garden

Messaggio da Recks »

Levita
Parte 1/4
"Si concentri, visualizzi il target e poi si sforzi."

Una piuma si trovava sul banco di una polverosa aula. Per quanto quel ragazzo si impegnasse, la piuma non voleva muoversi. Ogni tanto, Recks la vedeva muoversi, seppur solo leggermente, però non era affatto un risultato buono, specie se era da un'ora che stava cercando di far levitare quella dannatissima piuma. Ci riprovò altre volte, e sempre con scarsi risultati. La piuma non voleva proprio saperne di volare via da quel banco. Sbuffò, facendo sì che un ciuffo dei suoi capelli si sollevasse. Sarebbe stato decisamente più incoraggiante se si fosse sollevato per magia. Lasciò la presa dalla gemma Levita che teneva nella sua mano sinistra e la posò sul tavolo: il professor Hawtorne, insegnante del corso opzionale di magia presso la scuola di Alexandria, gli diede una pacca sulla spalla, cercando di dirgli qualcosa per incoraggiarlo. L'uomo, o per meglio dire il vecchio, aveva ormai raggiunto i settant'anni e, sebbene avesse già raggiunto l'età pensionabile, era rimasto ad insegnare in quella scuola, sostenendo che senza quel lavoro non avrebbe avuto altro da fare. Il signor Hawtorne infatti aveva dedicato tutta la sua vita all'insegnamento, mettendo in secondo piano tutto il resto. Per questo motivo - e forse anche per i suoi frequenti tic - veniva ritenuto quasi da tutti un pazzo. Tuttavia, non si poteva negare che come insegnante fosse uno dei migliori: chiunque avesse frequentato il suo corso aveva imparato ad utilizzare in maniera flessibile e agile gli incantesimi di base e quelli avanzati. Eppure, quello che il signor Hawtorne aveva davanti ai suoi occhi era il suo primo fallimento: Recks era il peggiore dei suoi studenti. Non era un bravo mago, non perchè non studiasse - anzi, conosceva profondamente tutta la teoria relativa alla magia che aveva studiato negli ultimi anni- ma perchè semplicemente non era dotato di un senso pratico. Qualsiasi incantesimo dovesse eseguire lo studente... ecco, lui non riusciva ad eseguirlo se non dopo innumerevoli tentativi. Ad esempio, aveva imparato gli incantesimi elementali di base già da due anni ma non si azzardava mai ad utilizzarli perchè altrimenti si sarebbe solo coperto di ridicolo.

Il professore, come già detto, cercò di consolarlo. Eppure, anche Recks lo sapeva, il professore avrebbe voluto strozzarlo. Hawtorne aveva di fronte a sè il primo fallimento della sua carriera didattica. Quel giorno era l'ultimo che Recks avrebbe passato a scuola - era il suo ultimo anno da studente- e se anche quella volta il ragazzo non fosse riuscito ad utilizzare un incantesimo in maniera accettabile, il professore non si sarebbe più vantato di dire di essere infallibile con i suoi metodi di insegnamento.

Hawtorne: coraggio, signor Recks, può farcela. Gli incantesimi non sono facili da lanciare.
Recks: se ne sono andati tutti da due ore. Tutti ci sono riusciti subito. Levita è l'incantesimo che non calcola più o meno nessuno perchè è praticamente inutile, se confrontato ad un Fire, ad un Energia. Per non parlare poi di incantesimi più avanzati come Reiz o Risveglio.
Hawtorne: si sforzi ancora. Prima la piuma si muoveva ( anche se era il vento, però forse questo è meglio non dirglielo), quindi è molto probabile che al prossimo tentativo lei ci riesca.
Recks: d'accordo.

Strinse ancora la gemma Levita e guardò intensamente la piuma poggiata sul suo banco. Ripetè mentalmente il consiglio impartitogli da Hawtorne. "Si concentri, visualizzi il target e poi si sforzi." Si concentrò, guardò la piuma e poi sussurrò, a denti stretti - frustrato com'era per la sua incapacità - quella parola. Levita

Hawtorne sorrise. La piuma si era sollevata e stava muovendosi, cullata leggermente dal vento. Arrivò tra le mani del professore.

"Congratulazioni. Ho imparato l'incantesimo più inutile.
Ora forse so sollevare piume, vuoi mettere?"

* * *
Era fuggito da casa, per seguire quelle che erano le sue vere ambizioni. Recks non voleva rimanere ad Alexandria, specialmente se ciò avrebbe significato starsene per ore ed ore in un salone di qualche signorotto locale, di cui a Recks non gliene importava nulla. I suoi genitori erano così apprensivi nei suoi confronti da quando aveva cominciato le scuole superiori e ogni volte che il ragazzo esprimeva il desiderio di voler visitare una città diversa o l'intenzione da grande di fare un lavoro diverso da quello sperato dai genitori, questi gli ribadivano, sempre a chiare lettere, che il suo futuro era con loro, ad Alexandria. Non sarebbe mai potuto andare da nessun'altra parte e non avrebbe potuto fare nessun lavoro se non quello del... nobile. Già, Recks apparteneva ad una famiglia nobile, la cui ricchezza era dovuta alla scuola di commercio che avevano ereditato da suo nonno e che loro ancora gestivano.I genitori speravano che Recks, dopo la scuola superiore, trascorresse i suoi prossimi anni lì, per poi diventare una carica di rilievo presso la corte di Alexandria: lì i genitori godevano di una particolare influenza, poichè facevano parte del Concilio di Alexandria, un importante organo che supportava il Re Gidan e la Regina Garnet nella stesura di nuovi leggi e ordinamenti.

"Studierai alla scuola militare e poi, una volta conclusi gli studi, faremo in modo che tu trovi una carica importante e subito. Non ci sono piani in serbo per te se non questo: nel tuo futuro c'è Alexandria e la scuola di commercio, e nient'altro. Perchè te ne dovresti andare?" era questo quello che gli dicevano i suoi genitori di continuo. Era così che loro si giustificavano, quando dicevano al giovane che non se ne sarebbe dovuto andare da Alexandria. Il suo futuro era lì ed andarsene avrebbe significato bruciare le proprie possibilità. Era un bravo studente- ad eccezione del corso di magia- e quindi la scuola di commercio sarebbe stata una scelta decisamente appropriata per lui.

Si sa però che a forza di dire ripetutamente ad un figlio " non può fare qualcosa", questi si spinge inevitabilmente alla ricerca di quel qualcosa. Lo stesso accadde a Recks. A dispetto delle sue incapacità nel campo magico, il ragazzo voleva migliorare in questo campo e per raggiungere l'obiettivo avrebbe dovuto lasciare Alexandria, cercando di farsi istruire da professori diversi. Forse, così cercava di incoraggiarsi lui, il problema era Hawtorne. Forse era davvero un insegnante incapace. Oppure era Recks ad essere un incapace, come diversi compagni di corso credevano. Recks preferiva non pensarci, specialmente nel momento in cui stava fuggendo da casa. Aveva preso tutto l'occorrente: le gemme magiche (Fire, Idro, Thunder, Blizzard e la nuova Levita, regalatagli da Hawtorne), i suoi risparmi - con cui sarebbe riuscito a sopravvivere sicuramente per qualche mese- e uno zaino, in cui aveva messo tutti i suoi affetti personali e i suoi libri. Munito di un pugnale, era riuscito a varcare la soglia di casa senza allarmare nessuno.
* * *
L'incantesimo non si è rivelato affatto inutile. Certo, sarebbe stato inutile se Recks lo avesse usato di nuovo per sollevare le piume. Quella volta però lo aveva usato per sollevare sé stesso e, miracolosamente, ci era riuscito. Sorrise solo per qualche secondo, perchè quello con cui stava avendo a che fare era spaventoso. Non appena si era intrufolato nel bosco, il ragazzo aveva sentito degli strani rumori attorno a lui. Per qualche minuto, credette fossero i mostri che infestavano la zona, poi però dovette ricredersi: il sibilo di una freccia catturò la sua attenzione e per poco non gli aveva trafitto la spalla. Quella di sicuro non era opera di un mostro. Ne ebbe poi la dimostrazione quando si guardò indietro: tre uomini lo stavano inseguendo da lontano. Era quasi buio e difficilmente i tre sarebbero riusciti di nuovo a rintracciarlo a minacciarlo con quelle frecce, specialmente se Recks non avesse fatto rumore. Grazie all'incantesimo Levita, avrebbe evitato di inciampare tra i rami, avrebbe fatto sicuramente il minimo rumore e forse si sarebbe salvato da quell'inseguimento.

Uomo1: dove credi di andare?
Uomo2: fermati, è un ordine! Un ordine dei tuoi genitori!
Uomo1: la prossima volta la freccia ti colpirà in pieno petto, ragazzino.
Uomo3: idioti, state zitti. Non siamo stati pagati per parlare.


Cosa? I miei genitori... mi vogliono morto?
Ultima modifica di Recks il 27 ago 2013, 01:24, modificato 1 volta in totale.
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