Episode iEpisode i è un romanzo breve composto da 8 capitoli, scritto da Jun Eishima e pubblicato unitamente a "Final Fantasy XIII: Ultimate Hits International". Narra gli eventi immediatamente dopo la fine di Final Fantasy XIII e funge da collegamento con le vicende del sequel Final Fantasy XIII-2: per questo motivo tutti i suoi capitoli, oltre a contenere spoiler su FFXIII, potranno essere apprezzati soltanto da chi abbia già completato questo gioco.
in queste pagine vi offro una traduzione in lingua italiana da me realizzata (da non pubblicare altrove senza aver prima chiesto).


Episode i - Capitolo 1

"E' come... un miracolo".

Lightning guardò in alto verso Cocoon, gli occhi colmi di stupore.

"Lo è...", rispose Vanille, con una voce che sembrava quasi non raggiungere la realtà. Impedire la caduta di Cocoon... sapevano che dovevano farlo, a qualunque costo. C'erano così tante persone lì, così tante vite umane. Nei loro cuori, sapevano di doverle salvare. Era stato il lampo di un momento e dell'eternità. Poi, quando si erano svegalite, sia Vanille che Fang erano lì.
Fu assai diverso da quando erano diventate cristalli nel tempio del fal'Cie Anima. Quando quello era accaduto, tutto - compreso il fal'Cie Anima - era caduto in un profondo sonno. Un sonno così profondo da essere privo di sogni.
Adesso, sebbene stessero dormendo, potevano vedere il mondo. Potevano vedere lo splendido e caldo mondo di Grand Pulse. Potevano sentire le voci dei loro amici.

Una moltitudine di soldati in armatura corse fuori dall'aeronave. Avevano già visto quelle uniformi in passato. Oh, naturalmente. Loro. Non erano chiamati PSICOM? Quegli uomini non erano più loro nemici. Stavano lavorando duramente per assicurarsi che la gente di Cocoon fosse condotta in un luogo sicuro. Non avrebbero più puntato le loro armi contro i cittadini. Vanille non aveva alcuna prova di tutto ciò, ma ne era convinta. Le loro voci non mentivano, incitavano la gente a salvarsi.

"Potremmo non rivederle mai più, ma possiamo realizzare dei miracoli", disse Hope. Sembrava triste, ma la sua voce era tinta di forza e determinatezza. Avevano salvato gli abitanti di Cocoon, di certo avrebbero potuto compiere un altro miracolo. Di certo sarebbero riusciti a salvare Vanille e Fang. Forse era questo che stava pensando.

"Grazie, Hope", sussurrò Vanille. "Ma questo non significa che sia la fine. Veglieremo sempre su di te. Anche se tu non puoi vederci, noi possiamo vedere te. Possiamo vedere l'intera Grand Pulse dalla torre di cristallo. Dovete ritrovare la felicità, tutti quanti, non lasciate che le persone amate si allontanino dal vostro fianco".

Vanille guardò i suoi amici riunirsi con i loro cari, con il cuore colpo di gioia. Si sentì in pace, finalmente tutto il male che aveva provocato era stato disfatto. Era stata colpa loro se Serah e Dajh erano stati trasformati in l'Cie.
Dopo aver pianto lacrime di gioia per aver rivisto i suoi cari, Serah voltò lo sguardo verso Cocoon. I suoi occhi si adombrarono. "Era così anche il mio sguardo, tempo fa", pensò Vanille. "Le nostre azioni hanno provocato dolore agli altri. Abbiamo coinvolto persone che non dovevano essere coinvolte, e cambiato il loro destino. Ero terrorizzata per i nostri crimini, erano troppo pesanti, non riuscivo ad affrontarli. Sono scappata. Era così il mio sguardo, tanto tempo fa".
"Conosco bene il dolore che serba. So che cosa prova verso Cocoon in questo momento". Poi Vanille si ricordò. Una volta, su quella spiaggia al di fuori di Bodhum, Serah le aveva detto: "Ho i miei amici con me, loro mi aiuteranno ad affrontare tutto". Vanille ricordò lo sguardo che aveva negli occhi. Nonostante la consapevolezza e il rimpianto per le proprie colpe minacciassero di abbatterla, Vanille sapeva che Serah sarebbe riuscita a farvi fronte.

Vanille chiamò Snow, che stava al fianco di Serah. "Resta sempre al suo fianco", gli disse. "Se lo farai, lei riuscirà ad affrontare qualunque cosa. Potrebbe sentirsi perduta, ma ritroverà la sua strada. So che tu le dirai: "Possiamo far sì che i miracoli si avverino! Dobbiamo trovare un modo per salvare Vanille e Fang!". Ma non puoi farlo. Devi restare al suo fianco".
Lui non la sentì, ma si voltò. Come se la sua voce lo avesse davvero raggiunto. Sembrò sussurrare "Mi dispiace".


Episode i - Capitolo II

Nell'esatto istante in cui la strinse tra le braccia, la mente di Snow si svuotò. Come se tutti i suoi ricordi fossero stati cancellati. Niente passato, niente futuro. Solo la sensazione di riavere Serah con sé. Non c'era posto per nient'altro. "La mia mente funziona in modo semplice", pensò Snow, "C'è spazio solo per questo".

"Mi dispiace", disse Snow, sussurrando a Vanille e Fang, addormentate nella loro torre di cristallo. Aveva visto Serah volgere lo sguardo verso Cocoon, ed era stato riportato alla realtà. I suoi ricordi erano ritornati, come un fiume. C'erano ancora due persone che non aveva salvatao. Non era il momento di dimenticare.
Nella visione che aveva avuto nel suo freddo sonno, aveva visto un futuro in cui tutti ridevano insieme. E sapeva, ne era certo, che Vanille e Fang erano lì con loro. Il che significava che non era finita, non poteva essere ancora finita.

"E' andata distrutta adesso, vero? Distrutta...". La sua voce riportò Snow al presente. "Sono salva... sono di nuovo un essere umano, e ho ritrovato te e Lightning. Ma...", Serah guardò in alto, verso Cocoon. "So che c'è ancora qualcosa che devo fare. Non è giusto che solo io mi sia salvata, che solo io possa esere felice. Ma... non so cosa fare...".

Serah aveva ragione, naturalmente. Tutti avevano perso le loro case. I principi su cui avevano basato le loro vite non erano più validi. C'era un interminabile numero di persone da salvare. La mole di lavoro necessario era sufficiente a fargli venire le vertigini.
L'unica cosa che Snow potesse fare era smettere di pensarci. Dopo tutto, la sua testa non era fatta per pensare certe cose.

"Se è andata distrutta, tutto quel che dobbiamo fare è crearne una nuova". Una risposta semplice da un uomo semplice.
"Una nuova Cocoon?", Serah sgranò gli occhi. "No, no, non quello. Intendo qualcosa di diverso, al posto di Cocoon. Possiamo costruirlo qui. Possiamo costruire una nuova città su Grand Pulse. Insieme". Snow stava solo cercando di dire qualcosa, qualsiasi cosa, ma una volta pronunciate quelle parole ad alta voce non gli sembrarono poi una cattiva idea. In effetti, pensò, potrebbe non esserci un piano migliore.
"Possiamo costruire le nostre case, e coltivare il nostro cibo. Possiamo riuscirci. Lo abbiamo già fatto a Bodhum, ricordi? Abbiamo creato un orto, e cacciato mostri".
"Crearne una nuova? E' proprio da te", disse Lightgning, guardado in alto, verso Cocoon. "Sai, hai ragione. Tutto quel che dobbiamo fare è crearne una nuova".
"Esatto! Da oggi in avanti, questa sarà la nostra nuova casa!"
"Non c'è ancora nulla qui", replicò Lightning, ridendo. Serah soffocò una risata.
"Oh... oh già. Su Grand Pulse, siamo tutti una famiglia".
Lightning guardò Snow. "Ti ricordi?", sembrò dirgli. Snow annuì, "Certo che ricordo. E' quel che Vanille diceva sempre".
"Allora questa sarà la nostra casa. E' sempre stata la nostra casa", rispose Lightning voltandosi verso la torre e sorridendo. "Perché è la loro casa".

Passarono giorni camminando su Grand Pulse, aggrappandosi ad una flebile speranza nel cammino verso Oerba. Erano amici che avevano combattuto fianco a fianco. erano una famiglia. Fu allora che quel posto era diventato una casa per loro. Non era l'inferno, non era la terra dei loro nemici. Solo la loro casa.
Sentirono un respiro alle loro spalle. Hope. Ancora oltre scorsero un gruppo di soldati in uniformi blu.

"Hey, non sono... quella è la Cavalleria", sussurrò Hope, poi iniziò a correre. Naturalmente non sapevano ancora se suo padre stesse bene. L'ultima volta che avevano sentito sue notizie, era stato salvato dalla Cavalleria. Forse avevano qualche informazione su di lui.
"Seguiamolo", disse Lightning, andandogli dietro.
"Quando un amico è nei guai...", disse Sazh, sollevando Dajh.
"Che vuol dire "nei guai", papà?"
"Vuol dire che ha qualche problema. Anch'io sono stato piuttosto nei guai, negli ultimi tempi".

Il pulcino di Chocobo sulla spalla di Dajh volteggiò attorno a Snow e fischiò nella sua direzione come a volergli dire: "Non vieni con noi?"
Nel suo cuore, Snow si scusò nuovamente con Vanille e Fang. "Vi salveremo presto. Quel sogno che ho avuto? Non era un'illusione. Non lascerò che lo diventi".
"Dovremmo andare anche noi".
"Certo, andiamo!", Serah annui. Sembrava diversa adesso, non più triste come quando aveva volto lo sguardo verso Cocoon. Lui la circondò con le braccia, e la strinse ancora una volta.


Episode i - Capitolo III

"Scusatemi! Perdonatemi, conoscete un uomo chiamate Bartholomew Estheim?", Hope urlò agli uomini in uniforme blu. Pensò che forse uno di loro fosse Rygdea, o almeno uno dei suoi uomini. Avvicinatosi per guardare meglio, non riuscì a scorgere nessun viso familiare. Sembrava che la sua truppa non fosse lì. "So che è stato salvato a Palumpolum, qualcuno di voi...". Hope sentì una mano stringergli la spalla e si voltò d'improvviso, sorpreso. L'uomo, come aveva pensato, non era qualcuno che conoscesse, ma sembrava avere delle informazioni.

"Tuo padre sta bene. L'ho visto personalmente".

Le gambe di Hope vacillarono, facendolo quasi cadere a terra per il gran sollievo. Non si era mai preoccupato così tanto per la sua famiglia. Non ne aveva mai avuto ragione. Quando Bodhum era stata sigillata e messa in quarantena, aveva visto i notiziari ogni giorno. Ma non gli era mai passato in mente che in realtà stesse attendendo speranzoso notizie su suo padre.

"Sfortunatamente, la cosa principale da fare adesso è aiutare i rifugiati. Dovrei attendere un po' prima di poter rivedere tuo padre".
"Oh. No, va bene. Finché so che è sano e salvo. Grazie".

Ogni singola sopravvissuto doveva fuggire da Cocoon. Un numero impressionante. Il solo condurli al rifugio sarebbe stato un lavoro pesante, ma bisognava anche recuperare cibo e acqua da poter offrire loro. Era già tanto che quel soldato avesse trovato il tempo di rassicurare Hope sulla salute del padre.
Lightning gli diede una pacca sulle spalle e gli sorrise. Voltandosi, vide Sazh e Snow che gli rivolgevano assensi di incoraggiamento. Si erano preoccupati per lui.
"Qual è il rapporto sul danno arrecato a Cocoon?", chiese Lightning al soldato. Il volto gli si fece truce. Due terzi, sembrava, erano rimasti intatti. Il che significava che un terzo non lo era. Persone, città... un terzo del pianeta era andato perduto.
"Dicono che i danni più ingenti siano avvenuti nell'area attorno a Bodhum. Ma quasi nessuna vita è andata persa in quell'area. Sai, per l'epurazione. Tutti erano già andati via".
Che si trattasse di fortuna, o di ironia, Hope non lo sapeva. Ma Bodhum era la casa di Lightning e Snow. Come si sarebbero sentiti?

"Sai, hai ragione. Tutto quel che dobbiamo fare è costruirne una nuova".

Gli tornarono in mente le parole di Lightning. Forse lei sapeva già quel che era successo a Bodhum, forse le era bastato guardare il guscio esterno di Cocoon. Forse aveva già fatto i conti con questa notizia a modo suo.
"Um... inoltre un'aeronave atterrerà qui a breve. Carica di rifugiati", disse il soldato a bassa voce. "Forse sarebbe meglio che andaste da un'altra parte, per un po'. Sapete, la gente potrebbe ancora pensare che..."
"Che siamo nemici di Cocoon".

L'avevano quasi dimenticato. Gli abitanti di Cocoon non sapevano che cosa fosse davvero successo. Per loro, erano stati gli l'Cie di Pule a distruggere Cocoon. Erano stati gli l'Cie ad averli strappati via dal loro paradiso.

"Sì, naturalmente... se dovessero trovarsi di fronte un l'Cie in questo momento, c'è solo una cosa che potrebbero fare".
Si ricordarono di quel giorno a Palumpolum. Si ricordarono di come erano stati trattati. Come nemici.
"Va bene, lo faremo. Non vogliamo causare alcun problema".
"Mi dispiace. Dovrete nascondervi solo per poco tempo. Non appena tutti sapranno chi era il vero nemico, torneranno a fidarsi di voi. Dovete solo aspettare".

Hope si domandò se questo corrispondesse davvero a verità. Avevano ucciso dei soldati. Lo avevano fatto solo per sopravvivere, certo, e tuttavia avevano ucciso così tanta gente tra gli PSICOM. Quegli uomini e quelle donne in PSICOM avevano sicuramente delle famiglie. Non sarebbe importato, alla fine, quale fosse la verità. Li avrebbero comunque considerati dei nemici. Non voleva dimenticare quello che quei soldati gli avevano fatto. Non sapeva se avrebbe avuto o meno la forza di perdonarli. Ma non sarebbe scappato. Non poteva scappare.
Non c'era probabilmente nulla che potesse fare per loro. Che cosa avrebbe potuto fare, adesso che aveva perso i suoi poteri da l'Cie, adesso che era un semplice umano? Ma non sarebbe tornato ad essere quello di un tempo. Indifeso, sempre in fuga dai suoi problemi.
Adesso sapeva che cosa significava aver paura di perdere la propria famiglia. Di perderla sul serio.
Il soldato si era già allontanato, tornando ai suoi doveri.
"Um... c-c'è qualcosa che posso fare per aiutarvi?", urlò, correndogli dietro.


Episode i - Capitolo IV

"Hey, uh... scusate? Avete bisogno di un pilota?", chiese Sazh al soldati. Nell'istante in cui Hope aveva chiesto se poteva essere d'aiuto in qualche modo, Sazh si rese conto che in effetti anche lui poteva dare una mano.
"Considerando tutte le persone che dovremo evacuare, più piloti abbiamo meglio è".
Sazh guardò in direzione di Cocoon. Anche se un terzo del pianeta era andato perduto, si domandò quanti viaggi ci sarebbero voluti per evacuare l'intera popolazione di Cocoon.
"Beh, è vero, ma..."
"D'accordo allora. Finché resterai nella cabina di pilotaggio, non dovrai preoccuparti che qualcuno possa vederti in faccia".
Le aeronavi non erano mai state usate per volare da Cocoon sino a Grand Pulse. Su Cocoon c'erano valanghe, edifici sottosopra, e persone al loro interno che dovevano essere salvate. C'era bisogno di piccoli velivoli per poterli raggiungere. E anche di piloti che li guidassero.
"A dire il vero... la verità è che abbiamo bisogno di più persone di quelle che abbiamo a disposizione al momento".
"Almeno PSICOM ha cessato le ostilità. Direi che un po' di buono è arrivato da tutto questo".
Al di sotto della colonna di cristallo, i soldati dalle uniformi blu lavoravano insieme a PSICOM. Trainando le vettovaglie di cui c'era più bisogno, facendo tutto quanto era in loro potere per essere d'aiuto. Stavano tutti lavorando per la salvezza dei cittadini di Cocoon. "Ancora un altro miracolo", pensò Sazh.
"Allora, dov'è la tua licenza?"
"No, se è in grado di volare, allora andrà benissimo".
Ufficialmente, era autorizzato a pilotare soltanto velivoli civili, ma in situazioni di emergenza come questa nessuno sarebbe stato così fiscale da parlare di una violazione del regolamento se avesse pilotato una nave militare.
"Certo... inoltre, ho mio figlio con me. Vi sarei grato se poteste assegnarmi un'areonave con un po' di spazio nella cabina di pilotaggio".

Sazh non aveva intenzione di lasciare a nessun altro il compito di prendersi cura di Dajh, al momento. Non appena tutto fosse tornato alla normalità lui avrebbe ripreso a lavorare, e avrebbe lasciato Dajh all'asilo. Ma al momento le cose erano diverse. Adesso non voleva lasciarlo, neanche per un istante.
Era iniziato tutto quel giorno a Euride. Solo per un istante aveva perso di vista Dajh. Era diventato incurante, ma sentiva che suo figlio fosse grande abbastanza da non avere bisogno di una sorveglianza costante. Che disastro. Quello era un sentiero che non aveva alcuna intenzione di percorrere di nuovo.

"Così, Dajh...", disse, poggiando il bambino a terra, e inginocchiandosi dinnanzi a lui. "Il lavoro di tuo papà è fare il pilota. E il tuo qual è?"
"Um... mangiare tanto, giocare tanto, dormire, cacciarsi nei guai, essere sgridato, dire che mi dispiace...".
Ogni mattina, prima di uscire da casa, avevano questa conversazione. Poi, una volta arrivati all'asilo, lui gli diceva: "Guarda, ecco il tuo posto di lavoro", e lo portava all'interno.
"E' vero. Ma oggi sarà un pochino diverso".
"Diverso?"
"Oggi il tuo lavoro sarà controllare tuo papà al lavoro. Ti siederai accanto a tuo padre e farai il bravo bambino. Puoi farlo per me?"
Il volto di Dajh si fece luminoso e pieno di gioia. Non aveva mai visto suo padre pilotare da così vicino. "Non potrai alzarti o correre intorno mentre siamo lì. Capito? E' un lavoro in cui bisogna restare seduti. E questo vale anche per te". Poi guardò il pulcino di Chocobo. "E per te. Non svolazzare in giro, capito?". Il pulcino di Choboco cinguettò il suo assenso.
Si prese un istante per abbracciare ancora Dajh. Presto non sarebbe più stato in grado di abbracciarlo così facilmente. I bambini crescono in fretta. Tra neanche dieci anni Dajh avrebbe avuto la stessa età di Hope. Ogni istante era prezoso.
Poi, una volta che Dajh sarà diventato un adulto, potrà dire a Vanille e Fang: "Vedete? E' diventato un bravo giovanotto. Tutto quello che è successo in passato, non conta nulla. Che cosa importa che sia diventato un l'Cie quand'era un bambino?". Verrà il giorno in cui rideranno insieme di tutto quello che era successo. Non importa quanto avanti nel tempo questo giorno potrà mai essere.

"Va bene, andiamo?". Sazh guardò in alto, verso la torre di cristallo, e la vide risplendere alla luce del sole. Il luogo in cui le sue due amiche dormivano. "Ci incontreremo di nuovo, un giorno", sussurrò, e seguì il soldato che gli faceva strada.


Episode i - Capitolo V

Si sentì come se fosse passata un'eternità dall'ultima volta che aveva visto un bambino simile a lui. Sorridente, felice. Era strano. Dopo il suo risveglio su Cocoon doveva averne visti parecchi nel centro commerciale di Bodhum o a Euride.
Fang pensò che forse il motivo era che lei stessa era cambiata.
O magari non cambiata, ma ritornata ad essere quella di un tempo. Ad Oerba, quando guardava i bambini ridere e giocare.
Tutti i bambini avevano la stessa identica espressione quando sorridevano. Su Cocoon, ad Oerba. Era una cosa davvero strana.
"Naturalmente", rise Vanille. "I bambini sono bambini, su Cocoon e ad Oerba. Non importa da dove vengano".
"Certo, hai ragione", rispose Fang, ritornando a guardare il sorriso di Dajh. Pensò che non si sarebbe mai stancata di guardarlo. Era di nuovo un essere umano, non era più un l'Cie legato al Sanctum. Quando vide che il marchio degli l'Cie era scomparso dalla sua mano, aveva provato un'immensa ondata di sollievo.

"Quel che è successo a Dajh non è stata colpa tua. E' mia la colpa, avrei dovuto tenerlo d'occhio con più attenzione. Pensala così".

Quando Sazh le aveva detto quelle parole, lei non aveva risposto nulla. Ma quelle parole l'avevano salvata. Il peso che si portava sulle spalle si era alleggerito, anche solo un po'.
Ma sentiva ancora che quanto accaduto fosse tutta colpa sua. Avevano coinvolto un bambino innocente. Ed era imperdonabile, anche se quel bambino era un bambino di Cocoon. La voce nella sua testa non cessava di ricordarglielo.
Aveva pensato che l'unico modo in cui avrebbe potuto perdonare sé stessa sarebbe stato ricevere non il perdono di Sazh, ma quello di Dajh. Questo aveva pensato. Ma non era stato così. Non erano state le sue parole, ma il suo sorriso, a permetterle finalmente di perdonarsi per i suoi stessi peccati.

Fang spostò lo sguardo sull'altra persona da cui desiderava essere perdonata. Serah.
"Lascerò che sia Serah a decidere se vorrà perdonarti o mneno", le aveva detto Lightning, quando erano intente a nascondersi a Palumpolum.

"Lei... ci perdonerà?", si chiese Fang.
"Va tutto bene", sussurrò Vanille. "Serah è gentile, e forte. Lo farà. E allora... direi che il nostro lavoro sarà finito. Abbiamo completato questo stupido Focus, abbiamo distrutto Cocoon. Adesso tutti gli l'Cie sono tornati alla normalità".

Ma no, non era ancora finita. Dovevano ancora sorreggere Cocoon.
Sebbene Fang non la ritenesse una vera e propria missione. Avrebbero dormito un lungo e profondo sonno, per tanto, tanto tempo. Questo le bastava.
Vanille era al suo fianco. Non doveva più preoccuparsi di quando avrebbero potuto trasformarsi in Cie'th. Avrebbero potuto passare anche tutta l'eternità insieme.

Poi sentirono che qualcuno gli stava sorridendo.

"Chi?"

Vanille chiamò non appena Fang si fu voltata. Conoscevano questa sensazione. Tanto tempo fa, l'avevano provata. Forse qualcosa nei loro ricordi perduti.
Vanille sussurrò il nome della dea. Certo, Vanille aveva ancora tutti i suoi ricordi. Quindi sapeva chi stava sorridendo. Sì, certo. Adesso capisco tutto. Questa è la definizione di miracolo. Si sentì come se uno stretto nodo si stesse sciogliendo. I suoi ricordi non erano ancora tornati, ma sentì come se un velo di nebbia si fosse dissolto.

Fang guardò tutti i suoi amici, uno per uno. Sazh sarebbe stato impegnato a crescere il piccolo Dajh. Hope non era ancora un adulto. Ma Snow e Lightning... loro sarebbero stati un problema.

"Non osate neanche peanche di salvarci. Di riportarci indietro. Pensate solo a voi stessi da ora in avanti. O altrimenti..."

Vanille ridacchiò.

"Beh, sai come sono fatti...".

Fang sospirò, e rise con amarezza.


Episode i - Capitolo VI

Lightning intravide Fang, nella sua mente, che le gridava di lasciarle di stare, e di non provare a salvarle. Alzò lievemente le spalle.

"Sai bene che non sarebbe da noi lasciarvi"

Avevano combattuto insieme abbastanza a lungo da sapere quel che l'altro stesse pensando, e che cosa volesse dire. Era certa che gli altri volessero riportarle indietro. Ma riportare in vita un l'Cie cristallizzato sarebbe stato un compito insostenibile per dei semplici umani, e se avessero spezzato la colonna che sorreggeva Cocoon...
Potevano forse liberarle senza infrangere la colonna di cristallo? Oppure distruggere la colonna senza arrecare altri danni a Cocoon? Ad ogni modo, sarebbe stato un compito troppo grande da portare a termine per le attuali tecnologie umane.
Sarebbe dovuta mettersi alla ricerca di un'altra soluzione, invece.
Potrebbe esserci qualcosa di utile, una qualche tecnologia, dimenticata da qualche parte su Grand Pulse. O forse un qualche indizio scritto da qualche parte.
La prima volta che erano arrivati qui, si erano messi alla ricerca di un modo per sbarazzarsi del marchio degli l'Cie. Ma avevano fatto ritorno su Cocoon a mani vuote.
C'erano così tanti posti che non avevano ancora visitato, in cui non erano ancora stati. Se avesse esplorato quei luoghi, avrebbe potuto trovare proprio quello che stava cercando. L'unico problema era che si trattava di una missione davvero pericolosa, adesso che non era più un l'Cie. Grand Pulse era piena di mostri di ogni genere, e affrontarli non sarebbe stata una cosa da poco. Sarebbe stato un lungo viaggio.

In ogni caso, non poteva permettere che Snow adesse con lei. Il suo lavoro adesso era garantire la felicità di Serah, renderla il più felice possibile. Lightning volse lo guardo alla coppia, che camminava dinnanzi a lei.
Non era passato molto tempo da quando aveva creduto che proteggere Serah fosse esclusivamente un suo dovere. Ricordava bene i giorni in cui stringeva la mano della sua sorellina mentre passeggiavano. Adesso era giunto il momento di cedere il testimone e affidare a qualcun altro quella resposanbilità. No, quel momento era già arrivato da un po'. Snow aveva già preso in carica quel compito. Solo che lei non se n'era resa conto.
All'iniziò aveva pensato che le sue fossero solo parole. Ma prima che potesse rendersene conto, aveva scoperto che quelle sue parole l'avevano incoraggiata, l'avevano fatta andare avanti quando stava per arrendersi. Le sue parole erano sincere, riuscivano a toccare i cuori delle persone, a renderle più forti.
Snow era l'unico a cui avrebbe potuto affidare Serah. L'unico di cui potesse fidarsi. Sarebbero sopravvissuti in questa terra immensa e crudele.

"Per favore, sii felice, Serah", Lightning sussurrò, e sorrise. Un altro compito era stato portato a termine. Era una bella sensazione. Ed eppure... in qualche modo si sentì triste. Ma anche la tristezza aveva una sfumatura di felicità.

Sazh stava camminando insieme ai soldati verso il punto di atterraggio dell'aeronave, tenendo Dajh stretto al petto. Dajh si voltò verso Lightning, agitando la mano per salutarla con entusiasmo. "Che bravo bambino". Rispose al saluto e sorrise.

Sazh sarebbe stato impegnato a crescere Dajh, da ora in poi. Era quello il suo compito. Non c'era nulla che potesse rimpiazzare i genitori di un bambino. Lightning lo sapeva bene, avendo perso entrambi i suoi genitori. Voleva che quei due fossero felici insieme, il più a lungo possibile.
E poi Sazh avrebbe anche lavorato come pilota. Grand Pulse era ben più vasta di quanto chiunque di Cocoon potesse immaginare, e le aeronavi sarebbero state essenziali per la loro nuova vita qui. Le abilità di Sazh sarebbero state molto richieste. Non avrebbe mai potuto seguirla nella sua ricerca di un modo per liberare Vanille e Fang.
E nemmeno Hope avrebbe potuto. Sebbene fosse stato un l'Cie molto forte, tanto da riuscire ad invocare Alexander, adesso era solo un ragazzo come tutti gli altri.
Nonostante il subbuglio attuale, le cose si sarebbero ben presto stabilizzate. Prima o poi avrebbero costruito una scuola e lui vi avrebbe fatto ritorno, avrebbe giocato con i suoi amici... era questa la vita che lo aspettava.
In passato lei aveva desiderato crescere in fretta, per proteggere Serah. Ma voleva che Hope si godesse il poco tempo che gli rimaneva da ragazzino.
Per alleviare il dolore di aver perso sua madre.

"E' così, dunque", pensò. "L'unica persona che può trovare un modo per salvarle sono io".

Non aveva mai davvero pensato che, una volta salvata Serah, sarebbe finita lì. Certo, all'inizio era tutto ciò a cui riusciva a pensare. Voleva solo salvare Serah.

Quando erano cambiate le cose?

Forse quando era arrivata su Grand Pulse, e aveva alzato lo sguardo verso Cocoon. Quando per la prima volta aveva osservato il suo mondo dall'esterno. Quando per la prima volta si era resa conto che il mondo che lei aveva immaginato così gigantesco, poteva apparire così piccolo da poterlo tenere sul palmo delela propria mano.
Paragonato alle vastità del cielo, Cocoon era così piccolo. Ma al suo interno vivevano tante, tantissime persone, ed era ricolmo di felicità.
Non avrebbe mai dimenticato la sorpresa e la meraviglia provate quel giorno. Probabilmente fu allora che qualcosa cambiò dentro di lei.

Salvare Serah, sopravvivere insieme a tutti gli altri. Non solo gli l'Cie che erano diventati suoi amici, ma tutti gli abitanti di Cocoon. Iniziò a sognare di un giorno in cui avrebbero potuto vivere insieme a tutti gli altri.
Questo non era cambiato.
No, non solo gli abitanti di Cocoon. Ma tutte le persone che, come Vanille e Fang, potevano essere sopravvissute su Grand Pulse. Desiderò proteggere il futuro di tutte le persone che vivevano su questo mondo.

"E' questa la ragione per cui la mia battaglia non è ancora finita...".

Sapeva di dover partire in fretta. Non sapeva perché. Era una sensazione. E, d'improvviso, stava correndo.

"Perché? Che cos'è che mi spinge in questo modo? Che cosa... che cos'è questo?"


Episode i - Capitolo VII

"Certo, lo sapevo. Sapevo che cos'era successo. Ma nel vederlo accadere con i miei occhi, mi sentii... confusa. Persa. Nel rendermi davvero conto che era reale. Ma proprio perché è reale adesso so che posso fare qualcosa. Posso cambiare le cose, e non limitarmi a guardarle accadere. Sentii forza allora, e coraggio".

Serah inclinò la testa e guardò verso Cocoon, incrinato e cadente. E il cristallo che lo sorreggeva.

"Che tipo di sogni starà facendo Vanille adesso, mi domando? Quando ero diventata un Crstallo, vegliavo su tutti... ci starà guardando adesso?"

I suoi ricordi dopo la trasformazione in cristallo erano confusi, ma si ricordava tutto quello che era accaduto dopo gli eventi del Lago Bersah. Snow era rimasto al suo fianco. Si era sentita così impotente, ma Snow era rimasto lì con lei. Forse perché lui portava con sé quella lacrima di cristallo lei era riuscita a sentire la sua voce, e a vedere quel che lui vedeva.

Tutti quelli che venivano trasformati in cristallo facevano sogni diversi. Sembrava che il bambino, Dajh, abbia sognato di giocare con tanti, tantissimi Chocobo. Forse fu a causa di quel pulcino di Chocobo che ebbe questo sogno. O forse fu suo padre (com'è che si chiamava? Sazh?) che volle mostrare al figlio questi sogni fantastici.
Forse era così. Forse lei aveva avuto quei sogni perché Snow aveva desiderato così disperatamente che lei tornasse con loro. E, forse, un po' anche perché lei stessa aveva desiderato che si avverasero... anche se, in realtà, non poteva dirlo con certezza.
Restare al fianco di Snow nei suoi sogni l'aveva aiutata, resa più forte. Se fosse rimasta da sola in quel lungo, freddo, solitario sonno per tutto quel tempo, il suo cuore si sarebbe spezzato ancor prima che fossero riusciti a trovare il modo di risvegliarla.

Sperò che Vanille stesse facendo sogni meravigliosi. Anche se si trattava soltanto di un desiderio, Serah sperò che un giorno potessero tornare tutti insieme.

"Stiamo, uh, partendo per un lungo viaggio. Stiamo andando adesso", la voce di Sazh riportò Serah al presente. Dajh stava ridendo, e teneva la mano di Serah.
"Ciao ciao! Ci vediamo".
"Arrivederci Dajh. Spero di rivederti presto".

Ricordò che, quando si era svegliata, la prima cosa su cui aveva posato gli occhi era stata il sorriso di questo ragazzino, e il suo chiacchiericcio innocente la prima cosa aveva udito. Gli aveva preso la mano, e avevano messo piede su Grand Pulse per la prima volta. Si erano incamminati verso la realtà. "Grazie", sussurrò Serah, e sorrise.
Il soldato chiamò Sazh incitandolo a fare in fretta. "Andiamo, papà deve andare", disse Sazh, affrettandosi.

"Ed ecco che vanno...", sussurrò Hope, che stava al suo fianco. Poi un altro soldato arrivò di corsa nella loro direzione.
"Hey, abbiamo trovato tuo padre. Arriverà con il prossimo volo, insieme alle provviste".
"Mio padre!?"
"Sì, sarà qui in pochi minuti".

Non erano in molti a sapere che Bartholomew Estheim - il padre di Hope - era il padre di un l'Cie. Ma tutte le persone che lo sapevano erano qui. Probabilmente era stato imbarcato su un volo destinato ai rifornimenti in modo da evitare che qualcuno potesse riconoscerlo.

"Non appena sarà arrivato, faremo in modo che possiate incontrarvi da qualche parte lontani da sguardi indiscreti".
"Grazie... grazie davvero".
"Non devi ringraziarmi, ma dobbiamo fare in fretta. Dobbiamo approfittare della confusione al punto di atterraggio, così entrambi potrete sgattaiolare via".

Il soldato lo aveva incitato ad affrettarsi, e Hope si era infine allontanato. Non aveva avuto tempo per parole e saluti, aveva soltanto incrociato i loro sguardi e rivolto loro un breve cenno di assenso.

"Stanno tutti andando via così in fretta...", disse Snow, con un po' di tristezza. Aveva sempre detestato restare da solo.
"Sì, è triste, ma... staranno con le loro famiglie adesso".
"Già... lo so. Urrà, urrà".

Anche se adesso tutti stavano andando per la loro strada, nulla avrebbe potuto cancellare il loro viaggio insieme. Non importava quanto lontani sarebbero stati, sarebbero sempre stati legati l'uno all'altro, in qualche modo. Come con Vanille e Fang, addormentate nel cristallo.

"Ma, sai, non è la fine".

No, era un inizio. Tutti avrebbero seguito il proprio sentiero, mano nella mano con le persone più care, incamminandosi verso il proprio futuro.

"Sì, persino io ho qualcosa che posso fare".

"Um, Snow... stavo pensando. Credo... di voler diventare un'insegnante".
"Vuoi diventare un'insegnante di scuola?"
"Sì. Certo, non ci sono scuole per il momento, non ci sono neanche case... ma ci sono così tanti bambini. Avremo bisogno di scuole e insegnanti".
Serah aveva pensato a lungo a cosa potesse fare. Se potesse fare qualcosa per ricostruire il loro paradiso perduto. E questa era la sua risposta.
"Quando diverrò un'insegnante potrò raccontare loro... perché Cocoon è caduta, che cosa è successo davvero...".

Fino a quel momento erano vissuti limitandosi ad accettare quel che i fal'Cie davano loro. Avevano trascorso le loro vite senza pensare davvero con la loro testa, senza mai mettere in dubbio il loro falso paradiso. Questo era un errore. Serah voleva che questi ragazzini, vivendo su Grand Pulse, imparassero a pensare con la loro testa, a camminare con le proprie gambe.

"Fra dieci o vent'anni, tutti questi ragazzino saranno degli adulti. Potranno aiutare a costruire le nostre nuove città. Riusciremo a costruirne soltanto una piccola all'inizio, ma con il loro aiuto crescerà sempre più".
"Hm... ti ci vedo", annuì Snow, sorridendo. "Vuoi costruire il futuro".

Almeno alcuni dei bambini a cui avrebbe fatto da maestra sarebbero diventati a loro volta insegnanti. E poi avrebbero fatto da maestri ad altri bambini, che a loro volta sarebbero divenuti insegnanti, e così via, verso il futuro.

"D'accordo! Costruirò una grande scuola per te. Una grande così!", disse Snow, allargando le braccia.
"Una città con una grande scuola, e tante case... ci servirà presto, non credi?".

Se continui ad avere fede, i suoi sogni si realizzeranno. Serah sognava una gigantesca città, che si stendeva lungo questa terra adesso deserta. In un futuro lontano, anni e anni dopo la sua morte, forse sarebbe arrivato il giorno in cui Grand Pulse sarebbe diventato un paradiso. Non un falso paradiso, ma uno reale, che loro avevano costruito con le loro stesse mani.

"Hey, Lightning...", iniziò a dire Serah, per vedere se lei era d'accordo. Ma ebbe una strana sensazione. Come se qualcosa la stesse circondando in un modo che non aveva mai provato prima. Non appena lo percepì, era già svanito.

"Lightning?"

Lightning non era lì, non era più dove si trovava un istante fa. Serah ebbe una premonizione... no, non una premonizione, ma una brutta sensazione.

"Cosa?", Serah si guardò indietro, e aprì gli occhi.

"Io... cosa?"

La torre di cristallo le sembrò più distante di prima. Era certa che si fossero incamminati nella sua direzione. Forse si sentiva così strana perché si era risvegliata da poco...

"Dove... dove sei?", disse, con voce tremante. Serah portò le dita alle guance, confusa.

Lacrime...


Episode i - Capitolo VIII

Un mare oscuro si stendeva alle sue spalle.

O meglio, somigliava ad un mare. Le onde nere si muovevano senza emettere alcun suono, e non c'era alcun odore di sale. Era come se una profonda oscurità oscillasse lentamente nella lotte. Non somigliava per niente al mare che conosceva.

E non solo al mare. Questo posto non somigliava a nulla che lei avesse mai visto prima. Si vedevano cose, forse mostri, in lontananza. Ma nessuna pianta, nessun animale. Sentì che non c'era alcuna vita lì.

Non c'erano suoni, nè colori. Che si trattasse di semplice silenzio e oscurità, oppure che fossero i suoi sensi a tradirla, non poteva dirlo.

Lo stesso scorrere del tempo sembrava diventato nebuloso. Le sembrò come se mesi e anni stessero passando, eppure tutti in un solo istante. Come se stesse vivendo contemporaneamente l'eternità ed un singolo istante, tutto insieme.

"Oh, forse è questo il motivo".

Lentamente, lentamente aveva accettato quel posto per quello che era. Non era un luogo in cui potesse combattere. Un mondo con niente, con... tutto. Per dirla con parole umane... il nulla ed il caos.

Ma continuava ancora ad andare avanti. Forse perché aveva ancora qualcosa da cercare.

"Dove? Dove sto andando?"

Non c'era risposta. Solo la quiete, insieme in un istante e per sempre, ad inghiottire la sua voce.



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