Il Giardino

Un Gioco di Ruolo Narrativo a più mani, tra SeeD e Cadetti, Garden ed Accademia, Tornei, Missioni, Sagre, e molto altro: questo è il Garden Club! Leggi i topic "Bacheca" e "Spiegazione Topic" prima di postare

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Recks
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Notturno

Messaggio da Recks »

Spoiler
Questo post non è assolutamente necessario.
Lo scrivo solo per approfondire lo stato di Recks dopo la conclusione della trama precedente.

A fine post c'è un altro spoiler, per indicazioni varie.

E' notte. Guardo le stelle, alla ricerca di una risposta.
Cosa dovrei fare adesso?
Come posso andare avanti?



Era tutto tornato alla normalità.
La dannata normalità.
Tutto piatto, tutto uguale.


Io ero sempre lo stesso. Timido, insicuro, codardo. Ero entrato al Garden, convinto che sarebbe stata la soluzione per i miei problemi, per sfuggire ai miei genitori, che in quel tempo mi stavano dando la caccia. Entrando al Garden, mi dicevo, sarei diventato più coraggioso e avrei avuto tutti gli strumenti per maturare e riuscire a fronteggiare i miei genitori. Bella balla, quella che mi ero inventato. Avevo trascorso la mia vita al Garden in balia degli eventi, sballottato da un pianeta all'altro. Prima nelle retrovie di Reimsé Nor e poi... sempre nelle retrovie. Nulla era cambiato da quando ero entrato al Garden, se non il tempo. Era già passato un anno.
Un anno e ancora non è cambiato nulla.
I miei ancora mi cercano. Qualcuno sa che sono qui al Garden.
E io come avevo risposto a questa minaccia? Avevo stracciato una lettera, buttandola nel cestino e facendo finta di nulla.

Poi un bel giorno sono stato catapultato in una realtà alternativa, ben diversa da quella che avevo sempre vissuto. Me la spassavo, ignorando le conseguenze. Le serate passate a festeggiare. La notte sempre con una donna accanto. Il mattino, certo, con i postumi della sbornia, ma almeno felice. Ero padrone della mia vita. Ero sfrontato, sicuro di me. Ridevo alle avversità, convinto del fatto che i miei genitori, che in quell'universo parallelo mi amavano davvero, mi avrebbero difeso. Anche se fossi stato nel torto, sicuramente l'avrei passata liscia. Se fossi cresciuto, avrei lavorato presso le sfere alte di Alexandria grazie all'aiuto dei miei genitori, che con qualche inciucio avrebbe convinto la Corte ad accogliermi.
Non c'era niente da cui fuggire in quella realtà. Nessun pericolo, nessuna minaccia. Speravo che quello che stavo vivendo intensamente in quei giorni sarebbe durato per sempre.


Invece no.


Mi ritrovo di nuovo catapultato in questa realtà. Tutto mi sta stretto. Vivere in un'accademia militare, regolata da un sacco di doveri da adempiere, cozza troppo con i precedenti sabati sera passati a sbronzarmi. Essere inseguiti dai miei genitori, che mi volevano morto, contrasta il buon ricordo che avevo dei miei genitori nella realtà alternativa. Vedere Calien, ancora così troppo lontana da me, è insostenibile, considerando le notti precedenti passate in un letto mai vuoto.


Ho nostalgia dell'universo alternativo. Lì era tutto più facile, più bello. Qui... qui fa tutto schifo. Credo che se rimarrò qui non cambierà nulla. Continuerei a essere vittima degli eventi, preso in giro da Leon, inseguito da miei genitori, lontano da Calien. Rimarrei una macchietta. Il povero ragazzo indifeso, che non piace alla ragazza che tanto desidera. Se passassi qui il resto dei miei giorni morirei lentamente.

D'altronde, anche se uscissi dal Garden non cambierebbe nulla. I miei genitori hanno assoldato gente temibile, me lo sento. Se uscissi da qui, non sarei protetto e verrei catturato in un istante, per poi essere ucciso.

In ogni caso muoio.
Nel primo sarebbe una morte lenta e dolorosa.
Nel secondo sarebbe una morte istantanea.
In ogni caso, andrei incontro alla morte.

"Cosa dovrei fare adesso?
Come posso andare avanti?
Stelle... sapreste darmi una risposta?"


Potrei parlare con qualcuno? Mi rifilerebbero tutti la balla de " la vita è bella, Recks! Solo che tu non te ne accorgi". No, la vita qui non è bella. Lo era . Qui fa schifo. E' una merda. Io voglio tornare indietro. Non voglio stare qui, a spendere i miei giorni ripetendo sempre le stesse azioni, solo in mondi diversi. E' da un anno che ripeto sempre me stesso. Non voglio ricascarci di nuovo.
Voglio tornare indietro.

NON VOGLIO PIU' STARE QUI.


Vorrei tanto chiudere gli occhi e sperare che, una volta riaperti, mi ritrovi di nuovo nella realtà alternativa. Eppure, ogni volta che lo faccio, i miei occhi mi riportano alla solita realtà.


E' da una settimana che penso a come tirarmi fuori da questo impiccio. Eppure, non riesco a trovare una risposta sensata. Sette giorni fa mi ero detto che se non fossi riuscito a risolvere questo problema, sarei ricorso ad una soluzione drastica.

Le lacrime solcano il mio volto.
Deglutisco, cercando di allontanare qualsiasi insicurezza.
Mi avvicino ad un albero del Giardino.

Ho una corda in mano.

Ho già posizionato una sedia sotto uno dei rami robusti dell'albero. Ci salgo e poi cerco di fare un nodo alla corda. Le mie mani tremano vistosamente. Nemmeno adesso sono sicuro di me. Stavolta non me ne faccio una colpa. Quello che sto per fare può essere insensato e il costo del mio gesto è alto. Eppure, sento che è la cosa giusta da fare.

"Finiamola con questa storia"
, mi dico. Mi fermo, faccio un bel respiro e poi con le mie mani, ora ben ferme, creo finalmente il nodo. Con un altro enorme sforzo di coraggio, lego la corda al ramo.
Il mio corpo è in preda alle convulsioni, tremo come una foglia.
Infilo la testa nel nodo.

Rimane solo un'ultima cosa da fare. Spostare la sedia.

Improvvisamente, sono fermo. Niente più convulsioni. Il mio corpo sembra fatto di granito. Qualsiasi movimento mi è impossibile. Cerco di fare lunghi respiri, di calmarmi, eppure non riesco.


"Non ce la faccio.
Ancora una volta, non ho le palle di concludere ciò che comincio.

Mi odio. Mi odio.
MI ODIO."


Guardo di nuovo le stelle, cercando una risposta. Nessuno mi aiuterà, in questa dimensione: sono intrappolato qui, come se fossi un intruso. Nonostante i miei sforzi, non riesco ad allontanarmi da questa realtà.

Con la rabbia che ribolle dentro, tolgo il cappio dalla mia testa e scendo dalla sedia.
Mi appoggio con la schiena contro il tronco dell'albero.

"Come posso andare avanti così?"

Spoiler
Solo qualche nota:

0) Scusate il post davvero cupo. Giuro che sto bene in real life! :smt102

1) So che esiste la sicurezza al Garden, non me ne dimentico. Non so se va bene ( i master mi correggano altrimenti) ma potrebbe essere successo qualcosa del genere:
- Recks è sotto lo stato Vanish (ha reso invisibili anche la corda e la sedia) e quindi non è stato notato dalla sicurezza.
- Recks è visto dalla sicurezza (mediante le telecamere presente dal Garden) e manda un responsabile che aspetta di agire all'ultimo. Poi però visto che Recks non fa niente, rimane in disparte e poi andrà a riferire tutto al Preside e ai responsabili.
Spero non me ne vogliate, Pip/Drizzt/Ruben/Alex etc :smt005

2) Per quanto riguarda il carattere di Recks d'ora in poi, suppongo sia ragionevole pensare che sarà molto più freddo del solito. (you don't say!?)

3) Se devo dirvi le cose come stanno, ho fatto questo post perchè sono sinceramente arrivato ad un punto che non so cosa fare con Recks. Nel senso che questo pg comincia a starmi un po' stretto. L'avevo creato all'inizio del Garden (il vecchio Recks del Garden precedente ne è praticamente una copia) perchè lo sentivo un po' simile a me - capitemi, avrò avuto quindici anni quando mi sono iscritto a questo gioco di ruolo a più mani. Ora però non sento più questa vicinanza (che forse è anche meglio, magari sono maturato :smt005 ) e quindi mi viene un po' difficile utilizzare questo pg come vorrei. Ho pensato quindi fosse necessario far fare qualche scelta particolare a Recks, così almeno da cambiarlo un po' e non farlo rimanere sempre uguale.

Spero che ai Master il post vada bene, per quanto cupo.
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Aenima
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Notturno pt. 2

Messaggio da Aenima »

Spoiler
Come il post di Recks, anche questo è ambientato dopo la conclusione della trama precedente e vuole approfondire un po' il personaggio di Raiden e i suoi rapporti con Recks.
Notte fonda.
Quella notte Morfeo sembrava essersi dimenticato di lui. Nè la musica nè una rilassante lettura erano riuscite a fargli prendere sonno, così si trovava lì, immobile, a letto, gli occhi sbarrati illuminati soltanto dalla fioca luce lunare che penetrava attraverso le fessure della sua finestra.
Più cercava di spegnerlo, più il suo cervello pareva voler prendersi gioco di lui costringendolo a rimuginare su ricordi e pensieri in ordine sparso.
Quanto tempo era passato dall'ultima volta che aveva condiviso la sua stanza con un'altra persona? Mesi e mesi. Non riusciva a ricordare il giorno preciso in cui Alex aveva varcato la porta della sua stanza per l'ultima volta prima di troncare la loro relazione. Quest'ultima no, non avrebbe potuto mai dimenticarla ma era andato oltre facendosene una ragione e al momento il suo rapporto con la giovane donna non era dissimile da quelli intrattenuti con altri suoi commilitoni: un rapporto fatto di cameratismo e collaborazione reciproca, come imponevano gli standard di un'accademia militare. Un rapporto basato su affetto e stima reciproci.
E poi c'era Lenore.
L'attrazione fra i due era reciproca ed innegabile, sotto gli occhi di tutti, ma, al momento, nessuno dei due se la sentiva di fare il grande passo, nonostante un continuo e sottile flirting. La parte più impulsiva e recondita dello spadaccino avrebbe voluto Lenore presente in quel letto senza troppi indugi ma l'altra parte, quella razionale, si disse che non era il caso di forzare i tempi e bruciare le tappe: l'attrazione che li legava sarebbe sbocciata al momento più opportuno senza bruciare le tappe.

Doveva smetterla di pensare troppo.
E, dal momento che il sonno non sembrava avere la benché minima intenzione di arrivare, decise che per ingannare il tempo avrebbe fatto quattro passi nel Giardino del Garden e così, rivestitosi rapidamente, lasciò la sua stanza.
Strizzò un occhio all'addetto alla sicurezza che in quel momento stava svolgendo il suo turno di guardia. Il vigilante non ebbe nulla da obiettare: le escursioni notturne del SeeD si erano fatte sempre più frequenti negli ultimi giorni, dunque ormai sapevano benissimo cosa facesse e dove stesse andando.
Maledetta insonnia. Raiden soleva affermare che esiste nel mondo una specie di setta della quale fanno parte uomini e donne di tutte le estrazioni sociali, di tutte le età, razze e religioni: è la setta degli insonni. Gli uomini non aderenti alla setta a volte dicono a quelli che ne fanno parte: 'se non riesci a dormire puoi sempre leggere, guardare la tv, studiare o fare qualsiasi altra cosa'. Questo genere di frasi irrita profondamente i componenti della setta degli insonni. Il motivo è molto semplice; chi soffre d'insonnia ha un'unica ossessione: addormentarsi.
Ma quella sera non era il solo.

Gettò uno sguardo alla sedia e al cappio penzolante da un ramo, dopodiché i suoi occhi si posarono sul ragazzo ai piedi dell'albero.
Era Recks.
Il suo volto rigato dalle lacrime era più espressivo di mille parole e lo spadaccino aveva rapidamente realizzato cosa fosse accaduto.
O cosa, per fortuna, non era successo.
« R-raiden ... io ... » esordì il giovane mettendosi in piedi, la voce strozzata dal pianto. Era immobile ed inespressivo, Recks, e restò tale anche quando il pugno dello spadaccino impattò sul suo volto.
Non una smorfia di dolore, non un grido.
Nulla.
« Che ca**o ti passa per la testa, Recks? » sbottò Raiden, furente. Era molto più dispiaciuto che non arrabbiato per il gesto estremo che Recks era stato ad un passo dal compiere. « Nulla, tranquillo » rispose Recks in tono monocorde « Sono troppo vile anche per questo. »
Lo spadaccino occultò la sedia e prese la corda che ancora penzolava dall'albero. Non voleva che la terribile situazione di Recks fosse sulla bocca di tutti il giorno successivo; era meglio che nessuno avesse saputo cosa fosse successo.
« Adesso tu mi spieghi tutto per filo e per segno, Recks. » lo redarguì Raiden. Recks non proferì parola, teneva la testa bassa fissando un punto indistinto tra i suoi piedi e quelli dello spadaccino. « E guardami negli occhi quando ti parlo. »
Non voleva essere duro o crudele con lui. Quel ragazzo soffriva profondamente ed andava scosso, spronato, non imbonito con belle e dolci parole.
Riavutosi dallo shock, Recks iniziò a raccontare. Il contrasto tra la soddisfacente vita condotta dal suo alter ego e quella costellata di insuccessi, fallimenti ed insoddisfazioni del Recks reale aveva rappresentato la goccia che aveva fatto traboccare il vaso, conducendolo a quel drammatico tentativo. Raiden non lo interruppe neppure una volta. Resto lì ad ascoltare tutto ciò che Recks aveva da dirgli e soltanto quando il ragazzo ebbe terminato il suo racconto disse la sua.
« Siamo noi e noi soltanto gli artefici del nostro destino, Recks. Non un'indefinita realtà alternativa. » disse Raiden, stavolta in tono ben più cordiale. « Il modo in cui si viene al mondo è irrilevante. E' ciò che fai del dono della vita che stabilisce chi tu sia realmente. »
Stavolta fu Recks a restare in ascolto senza proferire parola. « La vita fa paura, Recks. Abituatici. » continuò lo spadaccino « Non esiste nessun rimedio miracoloso, nessuna realtà alternativa pronta a tirarci fuori dalla mer*a. Dipende tutto da noi e da nessun altro. Quindi rimettiti in piedi, esci da questo maledetto tunnel ed inizia ad impegnarti sul serio: nella vita le cose che contano non si ottengono mai con facilità. Sarebbe fin troppo semplice e conveniente. »
Recks non obiettò. In cuor suo sapeva che le parole dello spadaccino erano vere e sincere. E sapeva anche che doveva aggrapparsi a qualcosa per reagire e dare una svolta alla sua vita mediocre. Aveva apprezzato molto la schiettezza dello spadaccino e credeva davvero che lui fosse uno dei pochi su cui poter contare, uno dei pochi che mai lo aveva preso in giro o deriso per le sue insicurezze e debolezze e che, anzi, aveva cercato di spronarlo, in un modo o nell'altro.
« Grazie, Raiden. Adesso lasciami un po' da solo. » disse infine, lasciando il Giardino per far ritorno al dormitorio.
Ma Raiden aveva un'ultima cosa da fare prima di poter riposare.

« Probabilmente avrai già visionato i filmati del Giardino o sarai stata avvisata di quanto successo. » disse ad Alex. La ragazza era nottetempo nel suo ufficio, in quanto le era giunta segnalazione da parte di uno degli addetti al monitoraggio video. Non proferì parola, Alex. Era probabilmente scossa, turbata ed arrabbiata quanto Raiden stesso.
Lo spadaccino le raccontò poi della breve conversazione avuta con Recks in Giardino. Si fidava molto di Alexandra e sapeva benissimo che non avrebbe fatto parola con nessuno di quelle confidenze. Ma c'era un problema: erano presenti delle prove.
« Non posso ordinarti cosa fare nè costringerti a trasgredire le regole. » continuò Raiden, indicando con un cenno del capo le registrazioni dei filmati delle telecamere a circuito chiuso che Alex aveva appena visionato sul suo PC.
« Fa' ciò che secondo la tua coscienza ritieni giusto. »
« The world needs bad men. We keep the other bad men from the door. »

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Silphiel
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Silph mail express #1

Messaggio da Silphiel »

Spoiler
Riposto il messaggio visto che prima era nel topic sbagliato, ho già provveduto a cancellarlo! :)
Silph Mail Express # 1

"Nostalgia di casa"

Cara Miriam,

E’ passato quasi un mese da quando mi sono trasferita nel Rinoa’s Garden. Qui la vita scorre molto più velocemente e c’è sempre qualcosa da fare. Mi manca tanto l’atmosfera più pacata e la nostra stanzetta nel garden di Trabia, mi sembra ancora di potermi affacciare dalla piccola finestra circolare sopra il letto per poter ammirare l’ immensa distesa di bicket e le catene di monti innevati. Come stà la bambola di Carby col fiocchetto rosa che ti ho affidato? Mi raccomando trattala bene, lo sai quanto ci tengo!. Ricordi dove l’abbiamo presa? Era la nostra prima missione a Winhil! Oh com’era adorabile quel paesino. Eravamo così emozionate quel giorno!! Ispezionavamo quelle stradine di campagna finche poi ci siamo trovate circondate da uno sciame di lesmathor inferociti e ce la siamo date a gambe hahahaha. Per fortuna che c’era Alan che è venuto in nostro soccorso! A proposito come sta? E’ il solito ragazzo irresponsabile vero? Ufff…. Mi mancate tutti così tanto!! Ricordi quando la sera ci vedevamo spesso tutti e 3 di nascosto dopo il coprifuoco in mensa per giocare a carte!!! Hihihihi quanto invidiavi la mia bella carta di Carby eh? Non sei mai riuscita a sfilarmela!!

Per il resto qui va tutto bene. Ora siamo in un mondo chiamato Paneòn e io sto facendo conoscenza con gli altri membri. Gente simpatica ma non sono mancati già i guai. Il preside Phoenix è sparito durante l’ultima missione, pensa che ho avuto modo di vederlo solo una volta ma era stato così gentile con me che ci sono rimasta malissimo quando ho avuto la brutta notizia!! Non ho ancora avuto modo di conoscere la mitica dottoressa Aura Lundor, sembrava molto scossa e non mi sembrava il caso di presentarmi mentre aveva la testa altrove ma appena tornerà dalla missione su Hesperia le esprimerò tutta la mia ammirazione!! E’ anche un po’ per lei se ho deciso di trasferirmi qui sai? spero che mi prenda come assistente e in futuro mi insegni tutto quello che sa sulla medicina e sull’utilizzo del Nen. Ma questo è ancora solo un sogno! Ah ho conosciuto una ragazza simpaticissima e bellissima di nome Rina. Ha un carattere allegro ed esuberante e ci siamo prese subito nonostante i nostri modi di fare siamo molto diversi. Egil mi ha anche detto che è stata una potente dea!! Questa notizia mi ha spaesata un po’, non so se quando la vedo devo inchinarmi o che ne so dire qualcosa di appropriato, inizialmente infatti ero un po’ a disagio ma poi lei mi ha sorriso e mi ha offerto uno dei delizioni muffin che fanno qui e l’imbarazzo è sparito subito.

Beh concludo qui altrimenti farò tardi per colazione, a parlare di muffin mi è venuta un gran fame. Ti mando un abbraccio e spero di avere presto tue notizie. Kyupy Kyupy…

Con affetto,

Tua Silph.
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Silphiel
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Re: Il Giardino

Messaggio da Silphiel »

Silph Mail Express # 2

"Tanti Aggiornamenti"

Cara Miriam,

Tante cose sono successe dall’ultima volta che ti ho scritto. Da quando mi sono trasferita qui gli eventi sembrano scorrere velocissimi e non ho nemmeno il tempo di rendermi conto di cosa succede o di abituarmi ai cambiamenti che tutto si modifica di nuovo… e non sempre in meglio.
Sono entrata a far parte del team medico sotto la direzione della Dott.ssa Aura mentre nelle missioni mi occupo dell’unità di supporto. Il Rinoa è un po’ in tumulto ultimamente, con l’arrivo del nuovo preside le cose sono cambiate non poco e ci sono alcuni problemi sia interni che esterni di cui non posso parlarti al momento. Ora che sono qui da un po’ però ho potuto approfondire la conoscenza con gli altri membri del garden (seed e non). Sono tutti particolari ognuno con le sue peculiarità. Volevo parlarti di alcuni di loro per darti un'idea dell' ambiente in cui mi trovo:

Aura: Non potevo non iniziare da lei. La mia eroina, la persona che ammiro di più al mondo. E’ una combattente eccezionale (nb: non vedo l’ora di vedere lo spidertrick in azione!!) e un medico capace ma ciò che la rende davvero speciale è la sua umanità. Ha un cuore d’oro tanto che anche le ferite dei nemici vengono curate sotto la sua responsabilità. A volte questo la porta a scontrarsi con chi ha un parere diverso ma lei è pronta sempre ad assumersi tutti i rischi a testa alta. Io sarò sempre dalla sua parte!

Shareen: Una mia collega del team medico. Non è sempre stata umana e prima era un’entità non fisica. Ha delle straordinaria capacità psichiche e riesce a comunicare attraverso la mente. Ha un carattere un po’ chiuso e non si lascia andare facilmente nell’esprimere il suo stato d’animo, tuttavia si capisce che è buona e generosa e anche se non posso ancora definirmi sua amica, spero che lo diventeremo presto.

Paine: Una guerriera che fa parte anch’essa dello staff medico. E’ una vecchia amica di Aura tuttavia le due sono molto diverse. Paine ha un atteggiamento molto più distaccato nei confronti della vita, almeno da quello che si vede all’interno del garden. E’ molto professionale e attenta a seguire gli ordini. Al di fuori dell'infermeria abbiamo parlato poco e per questo non ho ancora inquadrato bene il suo modo di essere anche se spesso non condivido i suoi metodi che a volte mi sembrano un pò troppo freddi.

Leon: Da poco promosso a Vice-preside. Un valido combattente che a mio avviso ha due distinte personalità. Durante le missioni si comporta da vero leader, attento e severo ma nello stesso tempo motivante. Al di fuori delle missioni invece si trasforma in un burlone a cui piace fare battute imbarazzanti e importunare le ragazze. Io stessa non credevo che fossero la stessa persona quando l’ho visto per la prima volta! Tuttavia devo dire che, indipendentemente da questo, è un caposquadra affidabile e il nuovo incarico credo che lo farà maturare molto.

Raiden: Lo spadaccino del garden. All’apparenza freddo e distaccato in realtà è un eccezionale compagno sempre pronto a difendere la squadra. Io stessa se non fosse per il suo intervento sarei stata trafitta da una freccia durante una missione. Da allora lo guardo con molto rispetto e gratitudine e mi fido molto del suo giudizio. A parte questo non lo conosco ancora bene ma certamente non mancherà l’occasione.

Brian: Un ragazzino che secondo me non ha nemmeno 14 anni. Tuttavia è già un commander!! Si hai capito bene, proprio un commander!! Ha un aspetto candido e giocoso all’apparenza ma anche una lingua tagliente come pochi altri. Penso che sia uno dei più furbi qui dentro! Non si capisce mai quello che pensa realmente e anche io devo ancora inquadrarlo bene tuttavia mi è stato di grande aiuto nel farmi superare la mia iniziale timidezza e a farmi conoscere un po’ di più da tutti e per questo gli sono molto grata.

Beh per ora basta così, in futuro ti parlerò ancora dei miei compagni man mano che li conoscerò meglio. Per ora ti mando un abbraccio e un bacio anche da parte di Carby!! Salutami Alan e tutti i ragazzi di Trabia. Ti manderò nuovamente notizie presto! Kyupy Kyupy!

Tua Silph.
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grevier
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Re: Il Giardino

Messaggio da grevier »

Xander tornò da Sakura con il consenso di Paine, cosa che scatenò nella ragazza quella sua felicità che era in grado di tirare su di morale chiunque e si apprestò a prepararsi per andare.
Nonostante la differenza di età tra i due, la compagnia di Sakura era molto lieta a Xander il quale si stava affezionando molto alla ragazza che era molto più matura rispetto l'età aveva, non ci misero molto ad arrivare al giardino, che a causa della partenza vicina era quasi del tutto vuoto, ma che manteneva comunque la sua spettacolare bellezza alla quale il ragazzo rimase meravigliato
S: E' la prima volta che vieni qua vero?
X: Si ed è bellissimo, come fa a mantenersi così vivo e puro?
S: E' tutto merito del sistema di irrigazione e climatizzazione installati in questo settore il quale dona anche questo clima piacevole.
X: Ora capisco perchè ci tenevi tanto a venire qua.
S: eh si...

concluse la ragazza arrossendo un pò, mentre seguiva Xander che si stava sedendo su una roccia sotto un salice
S: Dove vai?
X: da qui si ha una visuale migliore e si può assaporare meglio gli odori della natura

disse il ragazzo sdraiandosi di schiena sulla roccia e inspirando una boccata d'aria, Sakura lo osservò divertita da quel suo aspetto sereno, non lo avrebbe mai fatto un amante della natura
X: Sai questo posto mi ricorda un pò le praterie di Centra.
S: E' molto che hai lasciato la tua terra?
X: Ormai sono 3 anni che me ne sono andato.
S: Come mia lo hai fatto se ami cosi la tua terra?
X: Si la amo è vero, ma era diventata quasi una prigione per me e un luogo di tristi ricordi, ho solo un ricordo bello della mia infanzia e che continuerò a ricordare a vita

e dicendo cosi tirò fuori un'ocarina da una taschina agganciata alla cintura, cosa che meravigliò Sakura nonostante lo avesse gia visto con il basso in spalla
S: Sai suonare anche l'ocarina?
X: Si...quest'ocarina è l'unica cosa che ho dei miei e ho imparato a suonarla da molto piccolo per potermi ricordare sempre la melodia che mi veniva suonata quando ero in fasce.
S: se non ti da fastidio me la faresti sentire?...
X: Molto volentieri, abbiamo anche l'ambiente giusto

e dicendo cosi si apprestò a suonare quella melodia di cui ormai eseguiva le note senza il minimo accenno di tensione ma solo con serenità e malinconia
The Lost Lullaby
Ultima modifica di grevier il 31 lug 2015, 21:28, modificato 1 volta in totale.
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SaKuRaNiMe
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Re: Il Giardino

Messaggio da SaKuRaNiMe »

Mi siedo a terra, accanto alle sue gambe, in mezzo all'erba fresca di rugiada. Alle prime note tutto tace, curioso, attento. Non un grillo, non un'usignolo. Chiudo gli occhi, facendomi trasportare dalla melodia. Sento... malinconia, felicità, amore. Avverto il mondo intorno a me svanire.
Siamo solo io e lui, in mezzo del nulla, con questa melodia che ci tiene vicini. Improvvisamente vedo una spiaggia, con dei bambini che corrono in lontananza. Io, sola, su un promontorio, ascolto il rumore del mare. Da piccola amavo farlo, soprattutto dopo aver scoperto i miei poteri. Amavo la tranquillità di quel posto. E adesso sembra proprio come all'ora. Sono solo un pò più grande e un pò meno sola.
Sono le ultime note, ora, lo percepisco distintamente. Qualcosa scatta in me.
Un prato, due cuori, un bacio.
Sento Xander scendere e sedersi al mio fianco. Il suo calore, il suo profumo.
Appoggio la mia testa alla sua spalla e restiamo così, fermi, sereni.

L: Dovresti baciarlo.

Sorrido. Quello spirito era un personaggio alquanto curioso, nonostante l'epoca in cui dev'essere vissuta.

L: Non devi provare vergogna, deve andare così. A lui piaci, è palese, e di te è inutile parlare.

Ignoro le sue parole. Non posso rompere questo equilibrio, questo clima che abbiamo creato.

L: Devo forse intervenire?

Intervenire? E come? Cosa vorrebbe fare?

L: D'accordo!

Uno... Due...

In un attimo mi ritrovai addosso a Xander, i nostri volti distanti solo pochi centimetri. Non so come sia potuto succedere, ma era così.
Lui è disteso sull'erba ed io sopra di lui. Il mio corpo non è mai stato così vicino ad un'altro. Sento il cuore battere all'impazzata, il calore raggiungermi le guancie. Vedo lo scarlatto dei miei occhi riflesso nei suoi. Ed inspiegabilmente mi avvicino, un gesto istintintivo come respirare. Le mie labbra si schiudono sulle sue. Fu un secondo, ma ne valse la pena. Il mondo intorno a noi vortica, qualcosa dentro invece vibra. Nessun pensiero, nessun dubbio. Solo le nostre la labbra unite. Poi mi staccai, la testa stranamente leggera. Cerco di alzarmi, scoprendo il mio corpo più debole di quello che ricordavo. Mi appoggio alla roccia, confusa ed eccitata al tempo stesso. È stato... non so. Non conosco le parole per descriverlo, forse non sono state nemmeno inventate. Dopotutto come può una parola sostituire un bacio? Il bacio non va riportato, va dato, sentito, assaporato. È un contatto quasi etereo, la magia di un legame speciale, di un’intesa improvvisa, di un vincolo appena nato. Un bacio è… un bacio, basta! È il gesto più dolce e romantico che esista, forse.

Xander, sorpeso, si alza dopo di me. Non ho il coraggio di guardarlo in faccia. Chissà cosa pensa adesso? Se solo avessi il coraggio di alzare la testa...

S: Scusami, non avrei dovuto, non so cosa mi sia preso.

Due braccia mi accolgono. Sento del calore, la mia testa contro qualcosa di duro e rassicurante. Sorprendentemente mi stringe a se.

X: Non scusarti, la fai sembrare una cosa sbagliata.

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Silphiel
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Il Festival del Graden!

Messaggio da Silphiel »

Silph Mail Express # 3

"Il festival del Garden"
Cara Miriam,

Torno a scriverti per aggiornarti sulla mia movimentata vita nel Garden di Rinoa. Visto che ultimamente l’atmosfera era un po’ tesa tra il preside e alcuni dei commander ho deciso che dovevo fare qualcosa per riportare un po’ di serenità. Ci ho pensato e ripensato e alla fine mi è venuta un’idea: organizzare il festival del Garden!!!

Pensavo che ottenere il consenso del preside sarebbe stata un’impresa titanica e invece stranamente ha detto subito di si. Paine mi è stata affiancata per aiutarmi nella preparazione, a dire il vero non mi è sembrata molto entusiasta di essere stata trascinata nella cosa però alla fine mi è stata di grande aiuto. Non ce l’avrei mai fatta da sola!
Per prima cosa ho pensato al cibo, Filippo ha organizzato tutto il rinfresco e mi ha fatto revisionare il menù, ovviamente ho abolito tutti i cibi piccanti perché come sai li odio! Non potevano mancare tonnellate dei suoi deliziosi muffin che a metà serata erano già stati tutti divorati con mia incredibile sorpresa. Non so se l’ aver visto Elza aggirarsi furtiva li intorno abbia qualcosa a che fare con il fattaccio! Il sospetto c’è!

Gli addobbi sono stata la parte più difficile. Il comitato della biblioteca mi ha aiutata a scrivere gli striscioni, l’unica indicazione era che fossero il più colorati e allegri possibile! Gli atleti della squadra di bitzball poi mi hanno aiutata a posizionarli per tutto il giardino insieme ai palloncini. E’ stato bello collaborare con tutti anche perché ho avuto modo di conoscere meglio praticamente tutto il Garden. Paine si è occupata del posizionamento degli Stand e di assegnare le varie postazioni, ovviamente nessuno ha avuto il coraggio di contraddirla quindi tutto è filato molto liscio.

Il palco doveva essere il centro della festa e così è stato, le esibizioni anche se tutte un po’ improvvisate sono state apprezzatissime dalla folla. Io stessa dopo il discorso di apertura ho dedicato una canzone a tutto il Garden. Spero che il mio messaggio di unità sia arrivato forte e chiaro. Ero molto emozionata ma è stato bello esibirmi per i miei compagni.

Successivamente Il gruppo Rock del Garden messo insieme da Xander, Leon e Raiden ha dato letteralmente una scossa alla serata!! (nel senso che tutti sono rimasti shokkati dalla loro stramberia!!). Poi c’è stata Rina che sexy come non mai ha dato spettacolo con la sua voce sensuale ( e con le sue curve aggiungerei ^^ ) molto apprezzate soprattutto dai maschietti. Egil e Paine hanno fatto una gara di bevute e il primo come al solito ne è uscito più ubriaco che mai! Non so che guai possa aver combinato dopo perché ad un certo punto l’ho perso di vista!

Ho osservato molto il preside Montgomery quella sera, per lo più è stato composto e serio come siamo abituati a vederlo ma in più di un’ occasione l’ho visto accennare a un sorriso... ok, era più una leggera incurvatura del labbro superiore però è già qualcosa dai!!! :D
Brian e Aura invece sono stati abbastanza distanti per tutta la sera però ad un certo punto mi hanno guardata e mi hanno fatto un saluto accompagnato da un bel sorriso quindi credo che abbiano apprezzato anche loro la mia iniziativa e questo mi rende molto felice.

Nel complesso è andato tutto benissimo, almeno per una sera tutti hanno dimenticato i loro problemi e dissapori e si sono sentiti parte di una famiglia. Questo era il mio scopo e non vedo l’ora che arrivi il prossimo anno per organizzare una nuova edizione del festival del Rinoa’s Garden!!!

PS: E’ arrivato un nuovo membro, il suo nome è Vincent Nightray, non so bene perché ma mi incuriosisce molto e allo stesso tempo mi inquieta un po’ quando mi guarda. Sembra un ragazzo gentile ed educato eppure dietro a quel suo sorriso enigmatico secondo me nasconde qualcosa di molto strano! Lo sai, io sono sempre stata attratta dai misteri e spero di avere occasione di conoscerlo meglio!

Un mega abbraccio, aspetto tue notizie da Trabia.
Kyupy Kyupy!

Tua Silph.
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Pup :>
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E sarai...

Messaggio da Pup :> »

"Non starò via a lungo, lo giuro."
Pip mi guardò interdetto. Conoscendo le mie motivazioni non aveva esitato un secondo ad accettare la mia richiesta per un permesso... Sarei tornato a casa qualche giorno.
"Mi dispiace di non averti potuto aiutare di più qui al Garden. Sai che il programma di riabilitazione è sempre disponibile e per te posso far arrivare i maghi migliori, quando vuoi..."
Gli sorrisi. "Il problema è che il mago migliore ero io. Chi potresti mai chiamare?" Gli risposi impettito, con tono scherzoso. Il preside rise di rimando alla mia affermazione... Una folata di vento fece sventolare le tende del suo studio, delle sobrie veneziane da ufficio. Un raggio di sole illuminò la sua disordinata scrivania per un momento, facendo risaltare la marea di scartoffie che lo affollavano. Tra tutte quelle carte, sapevo che Pip aveva contattato molta gente per aiutarmi. Ma si sa che i problemi del Garden di Rinoa si risolvono al Garden di Rinoa.
"Scherzi a parte, mi avete aiutato molto, tutti. Ora però è il mio turno di riprendere la situazione in mano e, con l'aiuto delle ricerche di Brian, so di potercela fare." dissi tendendo la mano al commander. La sua stretta incoraggiava ad andare ed il suo sorriso a tornare.

E sarai
veloce come è veloce un aero.


"Ehi, famiglia... sono a casa!" Urlai aprendo la porta della casa di famiglia ad Esto Gaza.
Mi ero da tempo disabituato al rigido clima di quelle regioni ma, ogni volta che tornavo a casa, l'aria fredda e limpida del continente isolato mi dava quel brivido di gioia, quel brivido di casa. I nipotini, Nathan e Aisha, corsero ad abbracciarmi, seguiti a ruota dalla madre, mia sorella Alys, e dai miei genitori. Il profumo di cannella e chiodi di garofano inondava la casa e sapevo bene cosa voleva dire... Il dolce della mamma era in forno ed aspettava solo me.

"Stai attento, ok?" Scandì le parola con lentezza, che si prolungarono nel vento che soffiava costante. Il cielo terso ed i riflessi della neve facevano sembrare viva la montagna.
"Cosa vuoi che succeda?"
Il suo sguardo si fece severo.
"Devo ricordarti cosa è successo l'ultima volta? Che ti abbiamo creduto morto per 7 anni mentre sei stato teletrasportato su un altro mondo?"
BAM! Colpito e affondato.
"Ehehehehe... hai ragione.... Ma adesso sono un SeeD, se proprio dovesse accadere di nuovo contatterei il distaccamento più vicino e""Stai semplicemente attento!" mi interruppe Alys.
Con una mano mi carezzò la guancia dal lato dell'occhio cristallizzato, poi si bloccò, mi disse di aspettare un momento e si allontanò. Tornò pochi secondi dopo e, con scatto felino ed agile mossa, mi fece una leggera pressione sull'occhio di cristallo.
Alla mia pretesa di spiegazioni mi passò uno specchio... Nel quale vidi che aveva disegnato una pupilla con un pennarello indelebile al centro dell'occhio bianco.
"Ma ti prego.........."

E sarai
un mago vero senza timori.


La cima del monte Gulug era esattamente come la ricordavo e l'ingresso all'intricata serie di gallerie era buia come sempre. I riflessi del sole sulla neve riuscivano a illuminare solo l'ingresso dei cuniculi, dove la luce veniva poi inghiottita dalle profondità del vulcano. Presi una torcia e mi avventurai nel passato. Trovare la strada fu meno difficile di quanto pensassi e quando la galleria prese ad allargarsi sviluppandosi in un'ampia camera in cui filtrava luce naturale, seppi di essere arrivato. Le grotte dove io e Alys ci allenavamo da ragazzini erano così come 11 anni fa le avevamo lasciate... solo con qualche ragnatela in più. Delle frecce giacevano ancora conficcate nei resti di un bersaglio in paglia con cui il tempo era stato poco clemente mentre un falò in pietra ancora resisteva. Polvere e terra avevano coperto quello che un tempo era stato il nostro "divano", un semplice costone di roccia stranamente comodo alla seduta, dove qualche erba Gyshal selvatica aveva coraggiosamente messo radici.
Un'asse di legno marcio era quello che rimaneva della nostra rastrelliera, dove tante volte avevamo poggiato le nostre armi per fermarci a riprendere fiato, per curare qualche "grave ferita" -il più delle volte ginocchia sbucciate e botte in testa- o semplicemente fermarci a parlare.
Quello era il posto dove tanto tempo fa avevo imparato ad utilizzare i miei poteri magici... quello era il posto dove ne avrei riacquisito il controllo.
Le ricerche mie e di Brian parlavano chiaro. Il cristallo in cui il mio occhio sinistro si era trasformato era magilite, una magilite dal forte potere magico... era attiva, era viva! E per resistere in quella forma, assorbiva il mio potere, motivo per cui non riuscivo ad utilizzare le magie. Le "piastrelle" che evocavo non erano altro che cristallizzazione dell'etere in cui veniva evocata la magia ma non veniva immesso potere magico. Che poi queste cristallizzazioni dalla struttura pentagonododecaedrica a striature isomorfe longitudinali con una profonda asimmetria del piano trasverso avessero l'esatta forma di una piastrella... Che dire, a volte la vita sa essere molto ironica.
In ogni caso, riuscendo a dominare quel potere, forse avrei potuto riutilizzare la mia magia.

E sarai
potente come un quake attivo.


"Tornerò a trovarvi presto,lo prometto." Mia madre mi abbracciò come solo lei sapeva fare. Mi riempì di cibo (qualche muffin alla Esto Gazese che sarebbe finito dritto dritto nello stomaco di Elza) e di vestiti pesanti. A nulla valsero le proteste che Esto Gaza era uno dei posti più freddi del multiverso e dovunque sarei potuto andare avrebbe fatto più caldo che lì. Alys mi salutò anche lei con un abbraccio, per poi scoppiare a ridere per la pupilla che mi aveva disegnato sull'occhio... Salutai tutti quanti e mi chiusi la porta di casa alle spalle. Il Jumper davanti a me mi avrebbe riaccompagnato al Garden, la mia seconda casa. Evocai la magia Blizzard, modellando il ghiaccio a forma di piastrella. O forse era solo una piastrella azzurrina? La posai a terra e mi girai senza guardare se si fosse disintegrata come ogni piastrella disagiata o se il ghiaccio si fosse trovato a suo agio sulla neve. Salii sul veicolo e feci cenno al pilota di partire.

Quel SeeD sarai che un tempo eri tu.
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Akainatsuki
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Re: Il Giardino

Messaggio da Akainatsuki »

One Thousand

Theme song: Vagrant - Feint ft. Veela
Cat non era il tipo da inseguire per tutti i Multiversi conosciuti dei pazzi psicotici con manie di protagonismo e dediti alla carneficina insensata di altri esseri umani. O perlomeno, aveva sempre cercato di tenersene a distanza di sicurezza da certi esemplari (dis-)umani, magari con qualche decina di SOLDIER nel mezzo, ben armati di Buster Sword d'ordinanza.

Sbuffò da dietro il piccolo AI-BUUK in cui Aura l'aveva aiutata a caricare buona parte dei suoi gialli pieni dei suddetti tizi e delle suddette nefandezze, nella speranza di potercisi immedesimare e avere qualche genere di previsione più o meno azzeccata sulle prossima mosse di tal Macellaio.

"...Sembri annoiata. Come sempre, da quando sono qui".

Ebbe un sobbalzo, cadendo malamente dalla panchina su cui si era sdraiata nel tentativo di trovare una posizione comoda.

Aveva parlato una sola volta con Lenne Silveross e non era esattamente nel pieno delle sue capacità celebrali, specie perché il seguire del discorso era stato una catastrofica e parodistica virata verso il Pozzo della Perversione Femminile (©Paine) nei confronti di quel particolare esempio di disagio umano meglio noto come Recks.

"Leggo. Per combattere la noia" replicò, rialzandosi con una smorfia.

Quella strana ragazza la metteva un po' in soggezione: pensò come probabilmente fossero quegli occhi di un verde che ben conosceva, capaci di risvegliare qualcosa tra i suoi ricordi meno gradevoli.

Si fece da parte quando si sedette sulla panchina, dondolando pigramente tra le dita una lattina. Di tè al limone.

Cat cercò di far tornare la sua concentrazione sulla lunga scia di delitti assolutamente non correlati che l'assassino aveva lasciato dietro di sè, ma con scarso successo: le pareva quasi che tutto quel concentrato di Mako facesse nuovamente dolere quello che il Geogstima le aveva lasciato addosso qualche tempo prima.

"Non ti nascondi in un armadio, ma in Giardino?"

Sussultò a quella domanda improvvisa, alzando il capo di scatto: "...Non sono il tipo da infilarsi negli armadi altrui" mugugnò, guardandosi attorno con circospezione. Le possibilità che l'oggetto non espresso di quella conversazione potesse essere presente nei dintorni erano prevedibilmente alte.

Lenne sollevò appena un sopracciglio, prendendo un sorso dalla lattina e digitando qualcosa sul Codec: "Grazie per i 1000 Gil".

Ignorò il fatto di essere stata motivo di una scommessa di cui non aveva guadagnato nulla, maledicendo il momento in cui, presa dallo sconforto, aveva espresso il suo dubbio nel bel mezzo di una lotta senza quartiere per un uovo di cioccolato.

"Da quello che ho sentito... mancavi molto dal Garden" tentò di abbozzare una conversazione, mettendo il piccolo lettore nella borsa nera e confermando la presenza - per puro istinto di sopravvivenza - del suo Mag-Rod. "Dove sei stata di bello...? Sempre che l'aggettivo sia adatto".

Il silenzio che seguì la sua domanda fu il palesamento di come la sua capacità di azzeccare qualsiasi piano temporale fosse seriamente disastrata. Sospirò, rigirando tra le mani un foglietto di carta.

"Cosa ne pensi di questo... Macellaio?" azzardò, pieghettandolo distrattamente. "A me sembra quel genere di personaggi che non si acchiappano mai, senza logica e senza prevedibilità, per puro diletto o qualcosa di simile. Ho letto su uno dei libri di Aura che in una certa Londra esisteva un tal Jack Lo Squartatore che uccideva le prostitute..."

"...Pensi di poter essere la prossima?" commentò piatta, interrompendola e rivolgendole un'occhiata vuota.

Rimase per un attimo a bocca aperta, annaspando, per poi ritrovare la voce: "Facevo la Receptionist".

Annuì appena, per nulla convinta, ma probabilmente non era nella sua natura dare seguito a lunghe e approfondite discussioni sui (discutibili) trascorsi altrui. Cat tornò al suo foglietto di carta, continuando metodica nella sua silenziosa opera di pieghettatura.

"Sanguini".

La voce di Lenne arrivò improvvisamente alle sue orecchie, facendola sobbalzare di nuovo. Solo in quel momento il suo cervello registrò il piccolo e noioso dolore lancinante a un dito, che aveva di conseguenza contribuito a imbrattare di curiose macchiette rosse la sua creaturina.

"...Avevo fatto una gru" borbottò, prendendo senza indugiare un grosso cerotto dalla borsa e avvolgendolo velocemente sul dito. Per poi ripetere il medesimo gesto per ciascuna delle minuscole ferite che si era procurata - da sola e con un foglietto di carta.

Le parve di intravedere le sue labbra incresparsi in un sorrisetto di scherno, ma tornarono troppo veloci nella loro consueta linea inespressiva per poterne essere sicura: probabilmente Lenne era proprio il genere di personaggio pieno di cicatrici da battaglia e magari un interessante fattore rigenerante a cui la vista di quei taglietti da scribacchina maldestra non potevano che causare quel genere di sentimenti tra lo sprezzo e la pietà.

Guardò sconsolata la piccola gru: "...Direi che la fortuna non è dalla mia - come sempre, del resto".

Chinò il capo di lato, squadrandola a sua volta: "Non ne vedo il nesso. È solo un pezzo di carta, puoi buttarlo e piegarne un altro".

"Sembra di sentir parlare quell'Hojo. In riferimento a qualcosa di all'incirca più umano, ovviamente" la prese in giro, scuotendo la testa e cambiando discorso. "...E pensare che volevo farne mille".

"Una ti è bastata per cinque cerotti, mille fanno cinquemila e forse di più: dovresti piegarle direttamente in Infermeria. Magari continuando il tuo discorso filosofico con Paine" osservò pragmaticamente l'altra senza alcuna emozione nella voce. "Perché mille, poi?"

Cat sventolò l'origami sotto il suo naso, seria: "Portafortuna. Se se ne piegano mille si esprime un desiderio e quello si avvera. Altro che le uova di cioccolato ripiene di incantesimi".

"Superstizioni".

Sbuffò, alzando gli occhi al cielo: "Probabilmente, ma prova a lavorare di fantasia mia Poco Loquace Compagna di Panchina. A volte per ottenere qualcosa non basta soltanto..."

"...Combattere a mani nude?" completò la frase, cercando di stare al gioco e trovando nell'annuire convinto di Cat la conferma di come il Garden contasse tra le sue fila personaggi meno raccomandabili di un Angelo Nero e un Pony Mutaforma.

"Esatto. Fortuna e qualcosa che l'aiuti. Come mille di questa - senza le macchie di sangue e le ditate, ovviamente".

"Ovviamente..." sospirò sarcastica, mentre l'altra si alzò con un balzo, recuperando la borsa nera che portava con sé e per assicurarsela a tracolla.

Fino al ritorno della squadra inviata in quel di Winhill o a prossima visione del nebuloso futuro che sembrava prospettarsi da lì in avanti, Cat decise che fosse venuto il momento di sospendere i suoi allenamenti con le freccette e dedicarsi a un hobby meno pericoloso per tutti quelli che si fossero trovati nel raggio di cento metri da lei.

Mille gru di carta.

Si allontanò dal Giardino a larghe falcate, salutando con un cenno Lenne che era rimasta sulla panchina a finire la sua lattina.

Quando la vide scomparire in lontananza, si accorse come - nonostante tutti i suoi bei discorsi sulla fondamentale necessità di non perdere la sua preziosa Gru Numero Uno - l'avesse effettivamente dimenticata accanto a lei.

La prese tra le dita, ripensando a quella assurda teoria che non prevedeva né spada né battaglia, ma che era solo una grossa e infantile superstizione.

Tuttavia, un desiderio da realizzare, non si poteva negare a nessuno.
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Re: Il Giardino

Messaggio da pad93 »

Mocetòn si svegliò.

Guardò i suoi compagni ancora addormentati e senza emettere rumore uscì all'aperto. L'accoglienza di Madia lì aveva sopresi ma nessuno aveva protestato per tornare al Garden.
L'aria era fresca e frizzante, il sole doveva ancora sorgere.

Si mise al centro di uno spiazzo, fece un cenno di saluto a coloro che erano di guardia, ed iniziò i suoi esercizi.

Inspirò.
Allargò le gambe, spostò il peso sul piede sinistro, portò la mano destra a proteggere il collo e tese il braccio sinistro ad affrontare un immaginario avversario.
Espirò.

Era la prima volta che si allenava dopo essersi svegliato dal coma.

Inspirò.
Ripeté la stessa sposa dalla parte opposta, specularmente.
Espirò.

Sentiva ancora sulle sue scaglie il calore e l'impatto dell'onda d'urto causata dallo schianto.

Inspirò.
Tornò ad una posizione rilassata.
Espirò.

Ricordava quel momento come se si fosse svolto al rallentatore. La pace. Lo schianto. L'onda d'urto e lo sguardo di panico in alcuni manifestanti, lo sguardo di triste rassegnazione di alcuni agenti.

Inspirò.
Si mise in equilibrio su di un piede solo, il destro, mentre il sinistro era appoggiato su polpaccio destro poco sotto l'incavo del ginocchio. La mano sinistra stretta a pugno sul fianco sinistro, la mano destra orizzontale sopra la fronte a nascondere gli occhi.
Espirò.

Chissà quali erano i loro nomi. Quali le loro storie, i loro sogni.

Inspirò.
Ripeté la stessa posa specularmente.
Espirò.

Pensò ai suoi compagni del Garden. Alla fortuna che la maggior parte di loro era sopravvissuta. Pensò a Xander, alla sua nuova condizione senza un braccio.

Inspirò.
Tornò ad una posizione rilassata.
Espirò.

I suoi compagni del Garden. Nonostante fossero diversi anni che era lì con loro gli sembrava di conoscerli appena.

Inspirò.
Appoggiò il ginocchio sinistro per terra. Si sedette sul tallone sinistro e appoggiò il piede destro al ginocchio sinistro. Iniziò a mormorare dei sutra.
Espirò.

Pensò al suo vecchio monastero. Compivano gli stessi movimenti ogni giorno a diverse ore. Col tempo aveva imparato a recitare i sutra senza nemmeno prestarci attenzione. Ripensò al suo maestro. Ripensò a suo padre.

Inspirò.
Concentrò il peso in avanti. Fece scivolare il piede destro sotto il suo corpo e si sedette sui talloni. Le mani sulle gambe.
Espirò.

Aprì gli occhi. Il sole si stava dipingendo con i colori dell'alba. Aveva sempre amato quei colori. Il lento dipingersi del cielo che annunciava un altro giorno. L'eterna gratutidine di essere ancora lì a poter ammirare quello spettacolo.

Inspirò.
Si alzò.
Espirò.

Era tempo di iniziare a darsi da fare. I suoi compagni e i bambini si sarebbero svegliati a breve, era meglio dare una mano a preparare la colazione.
Ripensò ai soldi che doveva ad Elza. Magari avrebbe potuto chiedere al preside Phoenix se poteva occuparsi della manutenzione del giardino in cambio di qualche guil. Chissà tra quando avrebbe estinto il debito. Probabilmente non prima di diventare Seed.

Si avviò verso le cucine.
In fondo il Garden non era poi molto diverso da un monastero. Chissà, magari sarebbe anche riuscito a conoscere meglio la sua nuova famiglia.
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Il miglio rosso: la banalità della follia

Messaggio da Aura »

La luce fioca della lampadina illuminava il bagno. Non c'era bisogno di altre fonti, le tenebre se ne stavano già rifugiate negli angoli come ragni impauriti. Talvolta allungavano le zampe dietro le ombre in movimento, ma poi le ritiravano indispettite. In attesa, spiavano la preda. Una goccia carica di sangue cadde nel lavandino. Lenta seguì lo scorrere dell'acqua, girò, si contorse e poi sparì ingoiata dalle tubature. Un'altra la inseguì con un guizzo. Poi un'altra. E un'altra ancora. Cain fissò la ceramica chiazzata di rosso senza preoccuparsi della quantità di colore. Avevano un certo fascino quelle gocce, gli ricordavano gli insetti che ballano in preda al panico non appena sollevi la pietra sotto cui si nascondono. Stavano solo cercando un altro rifugio oltre lo scarico, niente di più.
Un rivolo d'acqua gli scese lungo la guancia. L'asciugò con un dito. La voce di Paine gli rimbombava ancora nelle orecchie più forte che mai. "Possibile che te dove vai ti ricopri di sangue? Va che questa è un'infermeria, mica un cimitero". Non sapeva esattamente come, ma d'un tratto si era ritrovato in infermeria con il bracciale salvavita che squittiva l'allarme. La dottoressa si era subito adoperata per ricucirlo da capo a piedi ed a nulla valsero le sue repliche di uno scontro da finire, lei rimase irremovibile. In un attimo gli aveva fatto una trasfusione e medicato le ferite più profonde con ago e filo. Quasi si stupì quando Cain rifiutò l'anestesia locale. Deve aver pensato fosse uno sprovveduto o semplicemente un idiota. Ma non gemette nè soffiò di dolore quando l'ago gli bucò la pelle e questo a Paine bastava.

Il riflesso sospirò di rabbia. Non aveva vinto, Leon non aveva vinto. Cain non era svenuto, non si era dichiarato sconfitto, non aveva patteggiato. Poteva resistere ancora, lo sentiva nelle profondità delle viscere che avrebbe resistito ancora. Se non fosse stato per quel bracciale avrebbe raggiunto la soglia per spingersi ancora più in là, oltre il dolore e la stanchezza. Non sapeva ancora cosa c'era, se quello spazio fra la sofferenza e la morte fosse sereno o semplicemente vuoto. Non lo sapeva e forse mai l'avrebbe saputo. Almeno non prima di aver ottenuto una risposta.
Due occhi violacei lo fissarono oltre lo specchio. Sorrisero, ma non erano felici. Parevano invece invocare pietà e conoscenza, ne sentivano il disperato bisogno. Chi era, da dove arrivava, che cosa gli era successo: non aveva nessuna di queste risposte. Sperava di trovarle lì, al confine agoniato, ma era difficile. I ricordi non riaffioravano. Erano come bloccati dietro una bestia che ruggiva e schiumava di cui non conosceva il nome. Ogni volta che si avvicinava, lei soffiava e tirava fuori gli artigli, graffiandolo sempre più. Ma non lo respingeva, anzi lo chiamava con una nota impaurita. Cain... Cain... Cain... il guaito di un cane malato legato con mille catene alla sua cuccia. Cain... Cain... Cain...

Scosse la testa che pulsava di dolore. Il riflesso aveva smesso di sorridere costellato com'era di gocce d'acqua e vapore. Chiuse il rubinetto allontanandosi dallo specchio, lavò via l'alone che aveva lasciato con il fiato sulla superficie. Lo sguardo andò automaticamente al polso. Il numero 07 brillava ancora di sangue fresco. Nonostante le cure di Paine, la ferita faticava a rimarginarsi ed un lieve bruciore si propagava dalla mano alla spalla. Cain socchiuse gli occhi ripensando alla sfida con Rayearth, alle lame che cozzavano, alle magie che solcavano il terreno e si abbattevano sui loro corpi. Doveva ammetterlo, il Commander si era rivelato un osso duro, un degno avversario con cui poteva evitare di trattenersi. Si era sentito come un animale, un mastino con la bava alla bocca e la rabbia tra le fauci. Sorrise a quel pensiero, forse era sempre stato un cane rabbioso fin da prima che ne avesse memoria. Quanti ne aveva azzannati? Quanti ne aveva infettati con il suo rancore? Quanti ne aveva uccisi?
Alzò lo sguardo. Era suo quel ghigno malefico?
D'un tratto il bruciore divenne più intenso. Un ringhio gli morì in gola quando si afferrò il polso sinistro. Sentiva un fuoco invisibile risalirgli lo sterno e chiudergli il cuore in una morsa ferrea. Stringeva. Strigeva. Cain scoprì i denti senza riuscire a trattenere le urla. Quel dolore era il più forte che avesse mai provato, il più profondo ed ottenebrante che avesse mai scosso le sue ossa. Ma non il primo. Perse l'equilibrio e cadde con la schiena contro la parete del bagno. Afferrò il lavello con violenza sentendosi torcere il petto quasi fosse uno straccio bagnato. Le dita sbiancarono per la forza della presa, ma Cain tentò di resistere. Con una spallata si appiattì contro il muro, scheggiando i denti nel tentativo di non tranciarsi la lingua fra le urla. Faceva male, molto male. Più male di quanto possiate immaginare. Una nebbia fitta gli appannò gli occhi mentre scivolava a terra boccheggiando aria. Sentì la carne del braccio respirare di vita propria. Si alzava e si abbassava, come il petto di un neonato. Bruciava, marchiava a fondo nei tendini. Poi all'improvviso si dileguò. Così com'era arrivato, il dolore svanì completamente tranne che per una sola, familiare, quotidiana fitta.
Con qualche difficoltà, Cain si rimise in piedi ed andò a sedersi sul bordo del water. Era sudato fradicio, ma ancora vivo. Il cuore aveva ripreso a battere come se nulla fosse accaduto ed un prurito lieve ma costante si era insinuato appena sotto la pelle alla base della nuca. Anche grattandosi non riuscì a togliersi quel fastidio. Cercò invece di recuperare il respiro aspirando a pieni polmoni, tossendo come se fosse appena uscito dall'utero materno. Spossato, si rialzò a fatica e ciondolando andò di nuovo al lavandino. Il sangue gli imbrattava tutta la mano mancina, perciò dovette lavarla con acqua e sapone prima di poter controllare la ferita. Un velo di paura gli imbrattò lo sguardo. Il suffisso 06 si stava già rimarginando lungo il polso.
- Tsk, proprio una giornata da dimenticare, - ridacchiò, ma non c'era allegria nella voce.
Scrutò per l'ennesima volta il suo riflesso allo specchio stupendosi di quanto non sembrasse più cadaverico di prima. Era un numero più vicino alla morte, ma nel suo aspetto non c'era segno di decadimento. Solo quell'accenno di terrore che faticò a debellare.
Serrò la mascella col respiro ancora corto. Non poteva fare nulla per impedire l'avanzata della maledizione. La magia si stava mangiando la sua vita lentamente, come un parassita situato nell'intestino venuto da chissà dove. Gliene aveva appena succhiata via una bella fetta e lui non poteva negargliela. Era completamente impotente. Vivo, ma per quanto ancora? Quanti giorni gli rimanevano, quante settimane, mesi, anni? Per quanto tempo ancora la sua mente avrebbe resistito? Forse era già morto e non lo sapeva. Percorreva il miglio un passo alla volta verso la sedia elettrica che presto si sarebbe presa quel che restava della sua gioventù.

Un uomo morto. Un uomo morto che cammina. Non era nient'altro.

Schiuse la bocca interdetto. Come aveva fatto ad arrivare fino a lì? Quella situazione se l'era cercata? Conoscendosi forse quella sentenza se l'era meritata, ma per cosa? Omicidi? Violenza? Richiuse la bocca. Se l'era imposta da solo o era stato qualcuno a farlo per lui? E sempre per cosa?

Le dita sfiorarono il bendaggio sul petto. Lentamente lo sollevarono. C'era qualcosa dentro di lui che doveva essere sigillato? Qualcosa per cui era stato costretto a dannarsi fino alla fine dei suoi giorni? Un morbo, un demone, un potere distruttivo, qualsiasi cosa...
La ferita sul petto riluceva di sangue secco e carne viva. Una fila di punti avvicinava le due sponde.
Un male albergava in lui? Esisteva davvero o se lo stava inventando? Di che natura era? Aveva un nome? Cancro, follia, fame di carne, sete, qualsiasi cosa che giustificasse la sua maledizione! Qualsiasi. Qualsiasi...

C'è qualcosa dentro di me?

Con un movimento deciso infilò le unghie nella ferita. Nuovo sangue colorò la pelle, scendendo piano lungo l'addome ed aggirando l'ombelico.

Qualsiasi animale ci sia in me, merito questo destino?

Le dita scavarono più a fondo inferocite. Cain scoprì i denti come una belva ferita, furiosa, irragionevole.

Qualsiasi mostro, merito di morire? Lo merito DAVVERO?!

Con foga le falangi cercarono sotto il tessuto, fra le vene recise fra i muscoli graffiati. Sempre più a fondo, sempre più in profondità. Un ringhio di rabbia gli deformò il viso.

C'è qualcosa in me per la quale io sia così feroce? Chi muta il mio braccio, chi brama il sangue e il dolore? Sono io o c'è qualcun'altro? Qualcuno in me, qualcosa in me! Se ci sei mostrati! Lotta! REAGISCI! Abbattimi come il cane che sono! Mostrati! MOSTRATI!

Le dita arrivarono allo sterno, si fermarono affaticate. Il ragazzo si aggrappò all'asciugamano stremato, sudato. Sentiva perfettamente la forma dell'osso sotto i polpastrelli, sentiva ogni centimetro della sua mano dentro di sè. Esitò stringendo i denti.

Io devo... Ci deve essere qualcosa. Deve esserci! Altrimenti perchè... perchè mi hanno maledetto? Deve per forza esserci qualcosa che non va in me...

Annaspò l'aria raccogliendo l'intenzione, ma le dita non si mossero di un millimetro. Tremava, ma non voleva ammetterlo.

Ho... ho davvero il coraggio per scoprirlo?

Esitò ancora. In fondo, cosa avrebbe trovato oltre le ossa? Polmoni, fegato. Cuore. Ritrasse le dita disgustato da un nuovo pensiero, lasciando che la ferita sanguinasse da sè. La tinta imbrattò le bende stirate nuovamente sopra la ferita, non sarebbero durate a lungo.
Cain si guardò nauseato la mano. Lui non aveva un cuore, non lo aveva mai avuto. Forse era per questo che lo avevano punito. Si meritava di morire perchè non provava compassione per gli altri, o gioia, o gentilezza. Lui era solo un cavaliere nero fatto di sangue, carne e dolore. Tanto dolore. Non lo lasciava in pace fin da quando si era risvegliato nella piana confuso e ferito. Era sempre lì: durante la notte, nell'ora dei pasti, sotto la doccia, mentre fumava quella fitta era sempre presente. Sempre. Aveva imparato a conviverci e credeva fosse semplicemente la sofferenza di essere al mondo vivo e lucido. Credeva che quel dolore lo provassero tutti, li faceva sentire vivi e lucidi anche loro. Ne era convinto anche se nessuno ne parlava. E allora lui aveva deciso di sentirlo più degli altri. Lui che aveva la vita contata sul suo braccio voleva annegare in quella sensazione, l'unica, che distingueva gli umani dai sassi e dalla terra. Lui era vivo ed aveva bisogno di sentirlo più di chiunque altro.
D'un tratto un dubbio gli attanagliò il cervello. Forse non c'era una belva dentro di lui. Forse era lui la belva, che scavava per uscire. Se così fosse, quel corpo di chi era? Era cosciente? Sapeva di lui? Cercava di contenerlo maledicendo la sua stessa carne e degradando insieme a lui? Quel corpo era di un uomo buono che aveva rinchiuso Cain, l'animale, per sigillarlo? Era pronto a morire pur di tenerlo a freno?
Gli occhi si velarono di paura. Una paura quasi fanciullesca.

Chi sono io, l'uomo o l'animale?
Che cosa sono?


Il dolore gli lambì la mano destra, riscuotendolo. Il vetro dello specchio si incrinava e si spaccava sotto il pugno che, senza accorgersi, gli aveva sferrato contro. Piccole scaglie riflettenti gli ferivano le nocche. Con un sospiro stanco, le staccò ad una ad una lasciandole cadere nel lavandino.
- La lucertola non ne sarà felice.
L'occhio cadde sui frammenti sopravvissuti sulla cornice. Stava piangendo. Ferocemente si pulì il viso dalle lacrime. Stava perdendo il senno a furia di tante domande senza capo nè coda. Non poteva permettersi un altro scivolamento del genere o non avrebbe mai compreso il suo passato.

Basta domande almeno per oggi. Domani. Domani forse arriverò più vicino alla risposta. Una ferita alla volta... una ferita alla volta...

Spense la luce del bagno lasciando il lavandino sporco ed in disordine. Ci avrebbe pensato Moceton a ripulire, a lui ormai non importava più. I ragni di tenebra allungarono le loro zampe su Cain iniettando altra tenebra intorno. Il ragazzo si mosse al buio verso il suo giaciglio, dove attese col fiato corto di prendere finalmente sonno.

Uomo morto. Uomo morto che cammina.

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Akainatsuki
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Re: Il Giardino

Messaggio da Akainatsuki »

Abi’s FUNtastic world #2
Just a little SIGN here
Music ON: Seven Deadly Sins - The Seven Deadly Sins (MAN WITH A MISSION)
Cain non era persona da degnarsi di aprire una porta come qualsiasi normale essere umano: ne afferrava il pomello con tutta l’intenzione di strapparlo via e non importava se qualcuno ci si fosse casualmente appoggiato alle prime luci dell’alba.

“Che ci fai qua, stramba?” soffiò, intercettando il ruzzolare di Abi e bloccandolo con un colpo deciso di tallone.

Gli rivolse un’occhiata confusa da sotto la pianta della scarpa piantata tra i capelli, per poi rotolare dalla parte opposta del corridoio.

Good mourning” lo salutò, ricomponendosi. “Non credevo fossi così mattiniero…”

Dall’interno della stanza, il fischiettare di Mocéton le arrivò alle orecchie, facendole allargare un sorriso canzonatorio da un orecchio all’altro.

“Non una parola” sbottò, mentre il viso si distorceva in una smorfia, chiudendo la porta alle spalle con un tonfo. Si sistemò la giacca con una scrollata di spalle per poi incamminarsi lungo il corridoio, senza aggiungere altro.

Dopo pochi passi fu costretto a fermarsi, lasciando andare un sospiro stizzito: Abi si era messa alla sue calcagna, senza troppo badare di non rendere palesi le sue reali intenzioni. Addirittura, teneva tra le dita un angolo della giacca, come una mocciosetta incapace di camminare da sola.

“Cosa vuoi?” ringhiò. “Non ti sei appostata fuori dalla mia stanza senza una delle tue idee strambe, vero?”

Lasciò la presa, affiancandolo ed entrando nel suo campo visivo: “Esattamente, ma le mie non sono idee strambe, sono piani. Per il futuro.”

Si portò una mano al viso, sospirando: “Mi prendi per in giro?”

“No.”

“Piani per il futuro?” ripeté lentamente, soffocando una risata amara.

“Non sei così stupido come ti dipinge Paine” annuì muovendo quella massa confusa che aveva al posto dei capelli. “Piani per il tuo futuro.”

Cain scosse il capo, cercando di elaborare quelle parole sempre più insensate per lui. I ricordi tornarono per un attimo alla notte appena trascorsa, al conto alla rovescia che aveva ricominciato il suo corso.

“Ti basta mettere qualche firmetta dove ti dico io” schioccò le dita davanti al suo naso, mentre l’altra mano sventolava un grosso mazzo di fogli fittamente scritti. “E avrai l’eternità assicurata. Con tutti i confort.”

Le rivolse uno sguardo vuoto, schiaffando malamente a terra le pagine: “Tu mi prendi in giro.”

Si immobilizzò nella sua posizione, spalancando la bocca per la sorpresa per poi tuffarsi a recuperare i fogli che si erano sparpagliati lungo il corridoio. Li girò tra le mani, cercando di riordinarli.

“Non farmi arrabbiare, Blutmiles” sibilò, senza alzare lo sguardo dalle carte.

Serrò la mascella, incrociando le braccia al petto: “Hai iniziato tu…” deglutì rumorosamente, stringendo i denti “...a farmi incazzare.”

“Esiste una cosa che si chiama educazione” incalzò, mentre i suoi capelli ondeggiavano, come attratti da una strana carica magnetica nell’aria. “E linguaggio.”

“Non mi interessa” la allontanò con una spallata, tornando sui suoi passi. “Non mi interessa nulla di cui tu voglia parlarmi.”

Qualcosa lo colpì alla nuca, ripetutamente. Si girò di scatto, e anche la sua faccia subì lo stesso trattamento.

“A me interessa parlarti.”

La voce di Abi arrivò dietro di lui, mentre lo afferrava per una spalla e quella che sembrava un’enorme biglia lo inchiodava a terra, schiena al pavimento, come uno strano insetto.

Capelli guizzanti entrarono nel suo campo visivo, mentre cercava di liberarsi da quel peso che gli mozzava il respiro: “...T-tu hai dei problemi…” mugugnò, facendo arrivare le parole alle labbra. “G-grossi. E diventeranno enormi se non…”

Prima che potesse completare la frase, la biglia tornò alle sue dimensioni originali di inutile e minuscola perlina, mentre la proprietaria la raccoglieva e la assicurava alle altre, senza preoccuparsi troppo della possibilità di venire massacrata in quello stesso corridoio.

“Tu hai dei problemi, e sono già enormi” gli rivolse un sorriso indecifrabile, allungando una mano verso di lui. “Per questo devi preparare i tuoi piani sul futuro e io ti ho già risparmiato il grosso del lavoro.”

Ignorò il gesto, rialzandosi lentamente e riprendendo fiato: “Non mi lascerai in pace finché non ti avrò ascoltato, vero?”

Scosse il capo: “Vorrei lasciarti in pace, ma mi serve una firmetta e non ho una penna con me. Firmare col sangue non è un’opzione” aggiunse, anticipandolo. “Imbratta e basta.”

Camminarono in silenzio lungo il corridoio, l’una davanti all’altro, fino ad arrivare a quello che Abi aveva pomposamente nominato il suo angolino consulenziale: un tavolino e un paio di sedie pieghevoli di uno scolorito colore viola.

“Tutte le volte che mi trovo davanti all’Infermeria, Paine mi aggiorna garbatamente su tutti i modi in cui potrebbe darmi da lavorare su me stessa: così, nel tempo libero dai miei cactus, ho deciso di fingermi l’addetta alla Reception, dato che tutti quelli che avrebbero dovuto lavorarci sembra si siano presi una lunga vacanza” arricciò il naso. “Inoltre posso portarmeli dietro in una comoda valigetta, per essere presente quando servo.”

Cain si lasciò cadere sulla seggiola traballante, lasciando andare un sospiro stizzito: “Poche chiacchiere e facciamola finita.”

Gli rivolse un’occhiata stupita: “Non credevo fosse oggi!” squittì, mollando con un tonfo i suoi fogli sul tavolino e battendo le mani, entusiasta.

“Cosa..?”

Si chinò verso di lui, aggrappandosi ai bordi per non rovesciarsi nella foga: “IL GIORNO IN CUI MUORI, BLUTMILES!”

I dentri scricchiolarono, mentre il sangue sembrava incendiarsi nelle vene; strinse le dita, sbiancando le nocche fino a sentire le unghie entrare nella carne. Tuttavia cercò di mantenere calma nella voce, mentre alzava gli occhi al soffitto: “No.

Abi piegò le labbra in una smorfia, battendo i pugni sul tavolino, in un piagnisteo deluso: “Avevo riposto tante belle speranze in te!” singhiozzò, tirando con il naso.

“Augurarsi che qualcuno muoia non è esattamente una bella speranza” borbottò, accasciandosi sul fragile schienale, esausto. “Inoltre dovevi parlarmi dei tuoi piani sul mio futuro. Se morissi oggi, non vedo di cosa accidenti volessi parlare.”

Si sedette davanti a lui, spingendo con la punta delle dita un foglio: “L’importante sta nel firmare prima” commentò fissandolo negli occhi. “Non mi interessa se dovesse succedere oggi o tra diecimila anni.”

Abbassò per un attimo lo sguardo sulla pagina fitta di scritte incasellate, dove l’unico spazio libero stava proprio in fondo, accanto alla voce Firma.

“Nessuno ti ha mai detto che dici cose che potrebbero…” soppesò le parole, ghignando “...far incazzare la gente normale, che a differenza di un avvoltoio di disgrazie come te e la tua risma, non se ne sta a tendere agguati all’alba?”

Fece le spallucce, facendo rotolare con noncuranza una penna verso di lui: “Certo, ma faccio lo stesso che faresti tu” diede un buffetto a una ciocca che le dondolava davanti al naso. “Me ne frego e li lascio morire tutti.”

Cain sollevò un sopracciglio: “Sei proprio una str-”

Linguaggio, Blutmiles” lo interruppe, battendo la penna sul tavolino.

“...Stramba.”

Sollevò gli angoli della bocca in un sorrisetto compiaciuto, senza smettere di indicare lo spazio vuoto sul foglio e cercava di infilargli a forza la penna tra le dita.

“Solo una piccola firmetta e ti lascerò in pace, almeno finché non finirai il tuo tempo.”

Si irrigidì per un attimo, cercando di capire se quelle parole volessero dire qualcosa di più dei suoi discorsi da uccellaccio del malaugurio. A quella domanda muta, non trovò risposta.

“Non sono qui per salvarti, almeno su questo piano esistenziale” aggiunse. “Non ho alcun interesse a farlo, né alcuna intenzione. Il mio compito è aspettare, prendere quello che resta e lasciarti in pace: per l’eternità, con tutti i confort e guadagnando un bel gruzzoletto.”

Afferrò la penna che gli tormentava la mano, spezzandola con uno schiocco secco: “Prima leggo il tuo malloppo di fregature, poi vedremo se mi conviene firmare.”

Sostenne il suo sguardo, mentre le ciocche agitate si muovevano nella sua direzione: “Ti ricordo come sono frasi di oltre 150 caratteri” lo prese in giro, posando sul tavolino una pila di carte e faldoni traballanti, molto più numerosi di quelli con cui lo aveva salutato poco prima.

Si alzò da quella scomoda seggiola da campeggio, allontanandosi a passo pesante, soppesando le carte sottobraccio. Pensò come a quella lucertola canterina piacesse leggere, lasciandosi sfuggire un ghigno divertito.
Spoiler
Per vostra informazione: Abi non sa nulla. Lei snuffa la gente che potrebbe rivelarsi una miniera d’oro per i suoi affarucci in esclusiva, ma non è in grado di capire se / quando / come / perché, da cui il suo studiolo consulenziale in formato valigetta da campeggio.
In parole semplici, Abi si accolla, nella speranza che qualcuno nelle vicinanze tiri le cuoia.
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xthegame89x
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Re: Il Giardino

Messaggio da xthegame89x »

Pensieri

Era passata un'infinità da quando aveva varcato le porte scorrevoli che davano sul giardino. Spesso le persone facevano rotta verso quella zona del Garden solo per schiarirsi le idee o per stare in solitudine, dato che quest'ultima era un lusso all'interno dell'edificio: studenti nuovi, vecchi, insegnanti, stranieri. Poche volte si poteva usufruire dei corridoi completamente deserti o delle aree comuni completamente vuote. Perciò, chi voleva qualche minuto per dare voce ai propri pensieri si recava al giardino, silenzioso.

Era passata un'eternità. Forse. Ma era ciò che gli mancava più di ogni altra cosa al mondo. L'erba sotto i suoi anfibi in pelle scricchiolava rumorosa mentre i suoi passi percorrevano il soffice terreno. Alla mente gli tornarono molti ricordi, alcuni felici e altri meno felici. Aveva fatto molti errori, molti a cui forse non c'era rimedio. Ma poteva far ben poco. Il tempo era passato, ciò che è fatto ormai non si può cambiare. Non aveva una macchina del tempo o una gemma colorata che potesse utilizzare per poter tornare indietro nel tempo o per cambiare la realtà.

"Il tempo." Forse era passato troppo tempo.
"La realtà." Qualcosa che ormai doveva accettare così come era diventata.
"Il potere." Ciò da cui da tempo aveva cercato di allontanare da sé.
"Lo spazio." Nei cuori delle persone che amava ma che forse aveva allontanato per paura.
"La mente." Quella che aveva cercato di tenere intatta in quei periodi bui.
"L'anima." Forse l'aveva persa? Era qualcosa che non gli apparteneva più? Aspetti della realtà che lo circondava che ormai non gli apparteneva più.

- Ancora pensieri?

Una voce lo raggiunse alle sue spalle.

- Strano. Cerco un po' di solitudine e l'unico che mi trova sei tu. - disse Matt voltandosi
- Presentimento. Che tu fossi qui ad angustiarti come tuo solito. Birra? - disse Egil

Non aveva perso nulla di ciò che ricordava il Seed specialista del gunblade.

- E birra sia.

Sono tornato ragazzi, con un nuovo canale e con nuove serie. Restate tunizzati per scoprirne di belle! Buona visione! :P
Spoiler
PROGRAMMAZIONE
LUNEDI
- Fantasy World, Final Fantasy IX -
MARTEDI
- Let's Technic, Minecraft Monster Pack 1.6.4 -
MERCOLEDI
- Fantasy World, Final Fantasy IX -
GIOVEDI
- Desertcraft, Minecraft Regrowth Pack 1.7.10 -
VENERDI
- Il ruggito del T-Rex, Dino Crisis -
SABATO
- Video Random -
Se dovete utilizzare il mio pg nel Garden, controllatevi la scheda prima, barboni! xD
Immagine
Spoiler
LE PERLE DI SAGGEZZA DEL GRUPPO DEL GC SU FB
Egil ha scritto: Non possiamo fare un referendum per dichiarare Matt Winchester illegale e immorale?

Leon ha scritto: Matt Winchester ogni volta che fai un commento inutile, un gattino nel mondo muore
Paine ha scritto: o.ò sisi confermo la mia teoria... Matt è posseduto dal demonio.
Leon ha scritto: E' più probabile che sia il demonio a essere posseduto da Matt Winchester.

Leon ha scritto: Non è la situazione ad essere disperata, è Matt che si è messo in testa di far crashare i server di Facebook.

Leon ha scritto: Matt Winchester la tua firma occupa una schermata intera e ho un fo***to monitor 1920*1080.
Matt Winchester ha scritto: Quindi anche Ruben è a Reloras??? Posso usare il suo pg????
Vero posso posso posso???
Daiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!
Drittz Do Urden ha scritto: No.
Matt Winchester ha scritto: Sob sigh... (A Drizzt Do Urden piace quest'elemento)
Paine ha scritto: Penso che comunque debba smettere di mortificare il povero matt.... è un cazzone, lo sappiamo tutti e mo lo sai anche tu, non ci fosse lui qua staremmo tutti a grattarci le palle, quindi passa un commento anche fosse acido. Paine docet
Leon ha scritto: Matt Winchester minaccia pure i cani randagi che incrocia per strada ormai (ovviamente trasformandosi in bahamut)
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Pup :>
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Re: Il Giardino

Messaggio da Pup :> »

La birra scendeva fresca in gola, dando al mago un sollievo di cui si meravigliava di aver bisogno.
Ogni singola volta.

"Ora sei tu che ti stai perdendo nei pensieri!"
"Come?"
"Ecco, vedi?" Matt tese un dito verso di me con un gesto sbrigativo. "Pensieri."
"Sai, sono 8 anni che sono qui. Inizio a pensare che siano davvero troppi."
Il tempo era passato senza tregua, senza respiro, senza pietà.
Iniziava a pesare.
"Fuggiamo! Prendiamoci una vacanza! Saltami in groppa e andiamo a mare a Costa del Sol!"
Mi girai verso Matt guardando con un misto di perplessità e stupore, mal nascondendo anche un po' di puro desiderio di andare davvero a Costa del Sol.
"Scherzavo, eh! Prova a salirmi in groppa e ti polverizzo con un Megaflare!"
"La tua soluzione a tutti i problemi della vita..." gli risposi dandogli uno leggero spintone.
Ridemmo.
In fondo erano proprio questi i momenti che ci permettevano di andare avanti, di superare la stanchezza, di non fermarci davanti al male che vedevamo nel mondo.
Dabi sbucò fuori da un'aiuola (cosa stava facendo vicino a quei cactus?) e mi saltò sulla spalla.
"E tu, piccolino? Hai una soluzione a tutti i problemi della vita?"
Il Kyactus mi guardò.
Capì qualcosa.
Non quello che gli avevo chiesto io... o forse sì?
Ricordo solo che l'ultima cosa che ho visto, prima di risvegliarmi in infermeria di fianco a Matt, fu una nube di aghi...
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