FanFic Garden

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Recks
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Re: FanFic Garden

Messaggio da Recks »

Spoiler
Per questa fan fic ringrazio la mia maestra di trash Lory del Santo. Ogni cosa in questa fan fic è infatti ispirata alla sua prima creazione (la prima di molte, mi auguro), the Lady. Per chi non l'avesse ancora fatto, guardate questa perla!

Avvertenze. Questa fan fiction, così come la Webseries a cui è ispirata, non ha assolutamente una trama. Deal with it.

The Commander
Una storia di amore ed odio
Capitolo 1
Milano. Scocca la mezzanotte. Ci troviamo vicino alla fermata M2 Gioia. Diverse macchine sfrecciano in una strada, nonostante il semaforo rosso indicasse loro di fermarsi. Una BMW è in testa in quella folle corsa. Le altre macchine indietro sembra la stiano inseguendo. In quelle macchine si trovano i personaggi della nostra storia. Sono davvero tanti, perciò è bene procedere con calma nella descrizione. Cominciamo con la BMW. Lì si trova infatti il protagonista.


Il suo nome è Pip. Tutti lo vogliono. Vuoi per vendetta, vuoi per amore, vuoi per le sue riserve di asfodelo così vaste da far invidia ad ogni azienda farmaceutica, vuoi per il suo fascino... quale? Ad ogni modo, noi d'ora in poi lo chiameremo "The Commander". D'altronde, quasi tutti in questa storia lo chiamano così. Solo pochi personaggi conoscono il suo nome, così come il suo passato e il suo futuro.


Tornando alla storia, Pip - volevo dire, The Commander- è visibilmente agitato. Seduto sul sedile posteriore, continua a guardare fuori dalla macchina attraverso i finestrini- appositamente oscurati per celare la sua fabulousness agli sporchi plebei, come diceva lui. Alla sua destra una macchina ROSAH. Alla sua sinistra invece un ragazzino in triciclo. Continuava a chiedergli soldi. Il Commander ha già la fronte madida di sudore. E' nervoso. Chiede a Stray, il conducente dell'auto, se i suoi sospetti sono fondati.

The Commander:Mi sento a disagio. Ho la sensazione di essere seguito. Lei non trova?
Stray: lei dice? Davvero? Cosa glielo fa pensare?!
The Commander: la prego, Stray, faccia più veloce. Altrimenti mi prenderanno.
Stray: signore, per lei farei qualsiasi cosa!
The Commander: oh Stray, adoro il suo Happy Meal!
Stray:...ma cosa c'entra?
The Commander: che fa, mi fissa? Non mi seduca! Sono fuori dal mercato, ha capito? F-U-O-R-I. Guardi la strada che altrimenti andiamo a sbattere.
Stray:... certo Signore. C'è per lei un posto sicuro dove andare?
The Commander: in piazza Gae Aulenti ho un'amica che mi aspetta. Dobbiamo andare ad una festa. Se va veloce, riusciamo a seminarli. Nessuno può avermi, a parte... lui.


Stray, diligente come sempre, obbedisce all'ordine e preme con maggior decisione sull'acceleratore. Riesce a guadagnare una certa distanza tra la BMW e il resto delle macchine. Il triciclo rimane inesorabilmente indietro. La macchina ROSAH invece cerca di mantenere le distanze. Gli altri inseguitori fanno fatica ad avvicinarsi. The Commander trae un sospiro di sollievo. Improvvisamente il cellulare squilla. Il nostro protagonista prende il cellulare dalla tasca. Stray, osservando lo specchietto, nota la cover dell'Ikupò da persona acculturata. L'autista vorrebbe fare un facepalm ma non può farlo. Era meglio non distrarsi in quel momento.

The Commander: pronto?
Leon: ciao Pip! Sono Leon! Ti aspetto qui in piazza così poi andiamo in corso Como per la festa all'Hollywood. Oggi sono energica. Pieno di adrenalina! T - O - P! Tu dove sei?
The Commander: sono inseguito da un sacco di gente! Tutti mi vogliono!
Leon: oh come ti invidio. Non ho un rapporto dall'ultima volta che Egil è stato sobrio.
The Commander: ecco, a proposito! Ho organizzato un appuntamento per te. Un ragazzo ti incontrerà davanti alla fontana della piazza tra qualche minuto. E' assolutamente disponibile. Approfittane!
Leon: un ragazzo?
The Commander: sì, un ragazzo!
Leon: UN RAGAZZO?
The Commander: hai bisogno dell'amplifon?
Leon: oh Pip! Tu sì che mi capisci! Grazie!


Stray: dialoghi intensi, a quanto pare.
The Commander: come ha detto, scusi? Non ho sentito.
Stray: no, niente...davo sfoggio del mio Happy Meal.
The Commander: sì, continui così. Lei na ha da vendere, sa?


La conversazione viene interrotta da una frenata improvvisa. La macchina si spegne di colpo Un tram passa di fronte a loro. Se non fosse stato per i pronti riflessi del conducente, la BMW si sarebbe scontrata con il mezzo e questa storia sarebbe finita piuttosto male (non che sia cominciata con le migliori delle premesse, ma va beh).

Stray: Signore, tutto a posto? Si è fatto male?
The Commander: ma cosa fa, deficiente? Poteva andare più veloce. Ora ci hanno raggiunto tutti!
Stray: io Signore per lei farei qualsiasi cosa, ma perdere la vita come un ciula proprio no.
The Commander: ne riparleremo dopo. Adesso parti, presto!
Stray:è impossibile, non riesco a riaccenderla.
The Commander: e ora come faccio?

Neanche a dirlo, la portiera posteriore si apre. C'è Filippo. E' a cavallo di uno scooter molto fashion, che lasciava intendere che era lui il VERO maschio alfa. Circa.

Filippo: vieni con me, Socia!
The Commander: Filippo, per l'ultima volta, sono un maschio!
Filippo: Signora, al cuor non si comanda! Quello che prova dentro non può essere rinnegato.
The Commander: ... profondo! Hai ragione...socia?
Filippo: ovvio! Forza, salta su!


The Commander: grazie Filippo! Lei (rivolgendosi a Stray), pensi a tornare a far funzionare questa macchina e poi ci raggiunga. Non si sa mai. Troverà la mie coordinate GPS sul monitor. Svelto!


Pip indossa velocemente il suo casco (because he is DA QUEEN, ndr Pip). Anche Filippo, fa lo stesso, indossando il casco di Hello Kitty. E così la corsa, dopo una breve interruzione, riprende il suo naturale corso. Lo scooter si allontana dalla BMW. The Commander saluta Stray in un modo che definisce molto "classy". Filippo è stranamente calmo. D'altronde, conosce quelle strade meglio delle sue tasche. Anzi, persino meglio dei siti di incontri di dubbio gusto.

Filippo: manca poco alla piazza.
The Commander: già, ma non riusciamo ancora a seminare i miei stalker!
Filippo: hai qualche idea?
The Commander: dobbiamo fare una deviazione di percorso. Alla rotonda, prendi la strada per andare verso la fermata Piola M2. Lì c'è il PoliMi. Nessuno vorrà andare nella zona del disagio.
Filippo: d'accordo.

* * *
Nel frattempo, nella macchina ROSAH c'era un altro autista sicuramente noto a tutti voi lettori. Era Raiden. Lui aveva un obiettivo ben preciso. Voleva farla pagare a qualcuno.

Raiden: certo,certo. Esci pure la sera senza nemmeno chiamarmi. Io ti aspettavo e tu invece mi hai lasciato da solo. Sempre a pensare alla tua vita, al lavoro, al Commander.

Mancano pochi metri al suo target.

Raiden:ti devo mettere in RIGAH! Stray, nessuno, NESSUNO, mette in pericolo la Strayden.


La storia finisce qui.
Ma per chi ama.... continua.
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RinaYeah
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Re: FanFic Garden

Messaggio da RinaYeah »

L'infinita tristezza del sentirsi soli
Capitolo 3
Un nome, una vita

Esco dalla tenda. I raggi solari mi investono. Mi accecano. Sbatto le ciglia un paio di volte prima di abituarmi al cambiamento.
-Che stai facendo? Non dovresti uscire.
-Ylenia...
-Sì, sono io. Come ti senti?
-Io... bene.
Annuisco e sorrido. Agli esseri umani piace sorridere.
-Vieni con me.
Ylenia mi prende la mano e mi tira verso un gruppo di persone.
-Questa è la nostra ospite... ehm, non ricorda il suo nome, ma sono sicura che presto si riprenderà.
Guardo la ragazza in modo confuso. "Ricorda? Riprenderà"
-No!
-Che succede?
-Io... bene. Io ricordo, io so.
-Calmati.
Ylenia mi prende tra le sue braccia. Provo qualcosa di nuovo, strano, buono. Sarà quello che gli umani chiamano "affetto"?

Il tempo passa, io miglioro. Inizio ad uscire tutti i giorni, a imparare a parlare, a conoscere. Divento una di loro.

-Ehi, Ylenia!
-Flik! Siete tornati!
Ylenia si getta tra le braccia di un uomo, sprizzando felicità da tutti i pori.
-Si, e con un bel bottino.
Flik indica degli uomini che portavano qualcosa.
-Vieni, ti presento una persona.
I due vengono verso di me.
-Abbiamo trovato questa ragazza in mezzo al deserto, mezza morta.
L'uomo mi tende una mano.
-Piacere, mi chiamo Flik. Tu sei?
Guardo timidamente l'uomo, incapace di dire una parola.
-Non ha un nome.
-Strano... però è carina.
-...rina?
-Come?
-Cosa significa rina?
-Rina?
Annuisco, i due si guardano e scoppiano a ridere.
-Perchè?
-Da dove ti è venuto "rina"?
-Lui l'ha detto.
Flik ride.
-E anche simpatica. Rina...
Ride, ancora e ancora.
"Rina...? Sono confusa"

Da quel giorno Flik iniziò a dire "Rina" e a ridere ogni volta che mi incontrava. Cominciai ad odiarlo.

-Basta. Perchè ridi?
Flik smette di ridere e nota la mia espressione seria.
-La parola rina non esiste.
-Allora perchè continui a ripeterla?
-Perchè... è strano.
-Strano?
Il ragazzo batte un pugno sulla mano e mi guarda.
-Rina non è una cosa, è un nome. E sarà il tuo!
-Mio nome?
-Non ti piace?
"Un nome? Per me? Rina?"
-Rina... sì, mi piace! Rina, Rina, Rina!
Mi metto a ridere e, dopo un'attimo di riluttanza, inizia anche Flik.
L'avrei ringraziato in eterno per ciò.

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Recks
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Re: FanFic Garden

Messaggio da Recks »

The Commander
Una storia di amore ed odio.
Capitolo 2
Nelle puntate precedenti: non succede nulla. Mettetevelo in testa. Questi capitoli non seguono alcun filo logico.

E adesso vi aspettate tutti un episodio in cui vi racconto come procede l'inseguimento del nostro Commander. Invece no. Non è ancora arrivato il momento. Piuttosto, questo è il momento propizio per introdurre nuovi personaggi che saranno ricorrenti. Vi avevo avvisato, ci sarebbero stati tanti personaggi, quindi adesso non lamentatevi. D'altronde, come sarebbe il Garden senza i suoi tanti protagonisti? Anche in questo caso la forza di questo racconto, "the commander", sta nel fatto che tutti i personaggi contribuiscono, con il loro QI negativo, alla storia. Se ci fosse solo the Commander, questo racconti risulterebbero appaganti solo per Drizzt - e noi tutti sappiamo il perché.

Dicevo, è il momento di introdurre nuovi personaggi. Questi però non fanno parte degli inseguitori. In particolare, uno di questi si trova negli uffici del Commander, in piazza Gae Aulenti. È notte fonda e sta ancora lavorando.

Oushi: ma perché mai dovrebbe assumere dei bodyguard? È un -censura- Commander! Combatti, c***o. Lo so io cosa vuole fare! Vuole un harem privato. E lo so benissimo a cosa servono le segretarie/ballerine. La sua grande copertura gay! Lui va in giro a spassarsela e io invece qui a sgobbare. Devo assolutamente fumare.

In preda all'esasperazione, Oushi fuma una sigaretta, la prima di una lunga serie. Aveva accettato quel lavoro per lo stipendio ragguardevole - con tutti quei guil avrebbe anche potuto concedersi una lunga vacanza lontana da tutti. Eppure, dopo una settimana, aveva cambiato idea. Essere circondata unicamente da cretini non le andava assolutamente a genio. Ogni giorno il suo effort diminuiva sempre più- non che entrasse al lavoro col sorriso. Era passata dal pensare " ma sí dai, almeno la paga è buona" a "vi odio tutti". È quest'ultima cosa non solo la pensava, ma la diceva pure. Oushi era sempre stata una a modo.


Suona il citofono. Il maggiordomo stranamente non risponde. Forse persino lui era tornato a casa sua.

Oushi: che vita di m***a.

Nemmeno il tempo di raggiungere la porta che questa già si apre. Se in quel momento Oushi avesse i maroni(no Leon, non li ha), la velocità di rotazione dei suddetti genererebbe energia sufficiente per alimentare Deling City. Oushi è su tutte le furie. Un "F*****o" riecheggia nell'ufficio non appena vede chi è appena entrato: si tratta di uno stalker con cui ha avuto a che fare molte volte dal giorno della sua assunzione. Lui sosteneva che erano fidanzati. Oushi ogni volta lo allontanava a suon di pedate nel deretano.

Oushi: Homura, che c***o vuoi!?
Homura: dai, non ti arrabbiare.
Oushi: (impugnando la pinzatrice) siamo pronti per la colonscopia?
Homura: non così presto!

Una gemma magica bloccò la segretaria. Doris era immobile, impotente di fronte al suo stalker.

Homura:Molboro mio, come ti desidero.
Oushi: asoreta. Levami le mani di dosso!
Homura: lo so che ti piace, su!
Oushi: neanche se mi paghi. (Vi prego shippateli anche sul Garden)
Homura: e il Commander dov'è?
Oushi: sarà andato a fare l'oca giuliva all'Hollywood, come sempre.
Homura:ah, ok. Ciao!

Lo stalker esce dall'appartamento di tutta fretta. Oushi vorrebbe inseguirlo, ma l'incantesimo che la blocca è ancora attivo. Sarebbe svanito solo dopo qualche secondo. Forse, se si fosse impegnata, sarebbe riuscita a raggiungerlo. Considerato il fatto che nella sua tasca c'era una gemma Haste, le probabilità aumentavano considerevolmente.

* * *
Homura era uscito di tutta fretta dall'ufficio. Aveva raggiunto i giardinetti vicino a corso Como. Ad aspettarlo, un suo amico.

Aaron: oh, Homura, come stai? Ho visto che sei andato nell'ufficio del Commander. Mica ci stai provando?
Homura: mica sono Leon, per chi mi hai preso? Voglio il Commander solo per l'asfodelo. Sai quanto ci guadagni a venderlo? Si dice che lui ne abbia a bizzeffe, per questo è così ricco!
Aaron: però tutti lo vogliono!
Homura: lo so, lo so, c***o. Però ho un piano. So che nella vita il segreto per il successo è... spingere.
Aaron: e dove vorresti... spingere?
Homura: su Oushi, il segretario, ovvio! Il Commander vedrà che faccio la corte ad un suo impiegato e vorrà sicuramente il sottoscritto tutto per sé. Oushi è cotto di me, almeno quando uso le gemme Stop su di lui.
Aaron: ma Oushi non è un maschio.
Homura: come no? Delicatezza di uno scaricatore di porto, fisico asciutto e... diciamocelo, backstage e palco non sono messi bene. E' un maschio.
Aaron: è una donna.


Homura è sconvolto. Tutto questo tempo ci aveva provato con una donna? Per questo il Commander non l'aveva mai notato!
Porco Yevon, esclama lui. In tutta risposta, pareva, un fulmine lo aveva investito in pieno. Oushi si sposta dal cespuglio dietro al quale si era nascosta tutto il tempo. Era pronta a fargliela pagare.

Oushi: oh come ti farò male. Io, un maschio?
Homura: Oushi, giuro che non lo sapevo. Non volevo!
Oushi: Robert, ti stacco le dita ad una ad una e te le metto tutte dove non batte il sole. Che ne dici? Magari questo catturerà l'attenzione del Commander! Yevon, perchè Milano è piena di idioti, perchè?!
Homura: ...il mio nome è Homura, viados.
Oushi: non hai capito. Io ti chiamo come mi pare, stron***to. E ora... cosa me ne faccio di te?

In tutto quel bailamme, molte persone si erano avvicinate per vedere cosa fosse l'origine di tutti quegli schiamazzi. Tra questi c'era Leon, che aspettava un ragazzo per un appuntamento misterioso. (non aspettatevi collegamenti migliori tra un capitolo e l'altro, però! Much plot).

Leon: Oushi, sei proprio tu?
Homura: e chi è questo?
Leon: sono Leon. L'ex di Oushi. E' lei... è lei che mi ha fatto capire che sono gay. E' tutto cominciato con un cunicolo.

Dopo gli schiamazzi, era il turno delle risa di Homura per disturbare la quiete pubblica.

Homura: AHAHAHAHAHAHAH
Oushi: Homura, sei morto.
Homura: ti prego, raccontami!
Oushi: un giorno di questi dovrò darmi alla droga.
Oushi
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Re: FanFic Garden

Messaggio da Oushi »

Mother
"You are the CLEVER one aren't you?"
La sagra si era conclusa, gloria ai vincitori.
Estrasse l'ultima sigaretta dal pacchetto – l'aveva comprato appena il giorno prima ed era già vuoto, ma il senso di colpa si dissolse nell'aria assieme al fumo.

"Here here here now don't cry 
You raised your hand for the assignment 
Tuck those ribbons under your helmet 
Be a good soldier"


«Hai deciso?»
Riccioli bruni entrarono nel suo campo visivo, li colse di fianco a sé con la coda dell'occhio. Si sforzò di non guardarla, ma era difficile. C'era qualcosa in lei che attirava inevitabilmente l'attenzione, anche se osservarla troppo a lungo faceva male agli occhi, come fissare direttamente il sole.
No, non il sole: la luna.
«Ah, perché, adesso ho una scelta?»
Inspirò dalla sigaretta fingendo disinteresse, come se guardare gli spazzini di Lindblum ripulire le strade dai resti spappolati dei mostri la divertisse. Un po' sì, doveva ammetterlo, ma quella era un'altra storia.

Oushi osservò incuriosita la lettera – timbro in ceralacca, addirittura, quello del reparto scientifico – ma affatto impreparata. Doveva immaginare che, prima o poi, qualcuno al Garden Supremo si sarebbe accorto che una cadetta creduta scomparsa per anni era misteriosamente riapparsa dal nulla, una che tra l'altro aveva un debito non indifferente verso l'Ordine. La sorprendeva di più che ci avessero messo quasi un anno prima di muoversi.
«Niente di che. Vogliono che torni ad essere una delle loro cavie da laboratorio. Anzi, è positivo per voi: significa che non dovrò più svuotare le casse del Rinoa per pagarmi le medicine per il Crohn.» Accartocciò la missiva e la ripose in una tasca.
Pip sembrò poco convinto. Era abituato a stare molto attento ai rapporti che avevano con l'Ordine, e faceva bene. Ma sta volta non c'era motivo di preoccupazione.
«Non c'è niente di losco sotto, sta tranquillo. Non che io sappia.» Appoggiò una mano sull'addome, caldo sotto la giacca della divisa.
Non sarà difficile, è una pista già battuta; mi apriranno a metà e mi attorciglieranno le budella un'altra volta, e forse questa sarà l'ultima.
«Starai via per un po'?»
Rispose facendo spallucce. «Un paio di settimane, un mese al massimo. Dipende da quanto tempo vorranno tenermi sotto osservazione dopo l'intervento.»
«Allora... spero che vada tutto bene.»
«Lo spero anch'io.»


Vivien si mosse a disagio, voltandosi nella sua stessa direzione, i gomiti appena appoggiati alla balaustra. Voleva guardarla, lo voleva con ogni fibra del proprio corpo, ma non poteva. Aveva paura che sarebbe crollata, che si sarebbe sgretolata come gesso e ridotta a un mucchio di polvere, che avrebbe pianto come una bambina, che l'avrebbe implorata di restare. E forse – forse – era proprio ciò che Vivien desiderava. Ma Oushi non era disposta a darle anche quello. Aveva già sacrificato tutto in nome dell'amore, carne e sangue; si sarebbe tenuta aggrappata all'ultimo brandello di se stessa come un naufrago alla deriva. Avrebbe dondolato sul ciglio del burrone, ma non sarebbe caduta giù. Avrebbe resistito, come sempre.
«Lo sai anche tu che non abbiamo altre possibilità.»
«Restare insieme è un'altra possibilità.»
«Ma non è la cosa migliore per te.»
Strinse la balaustra tra le dita come se volesse spaccarla, o spaccarsi le mani. Stronzate, stronzate, nient'altro che stronzate.
«E quindi, cosa mi è concesso di decidere?»
«Vuoi tornare al Rinoa?»

Il Garden Supremo era grande, di quella grandezza maestosa che incute timore. Era ben diverso dal Rinoa, e altrettanto diversa era la zona medica, organizzata come un piccolo ospedale più che come un'infermeria. Attendeva in sala l'aspetto da almeno due ore: dopo aver fatto il giro di tutti gli sportelli a sua disposizione alla ricerca di un mitologico – perché a dar retta alla reception o era dotato del dono dell'ubiquità o non esisteva o la stavano prendendo in giro – dottor Bergmann, che doveva visitarla, si era impossessata di una sedia e ci aveva fatto il nido.
Quando finalmente avevano chiamato il suo nome e l'avevano indirizzata verso il suo ufficio, Oushi era già talmente incazzata e stanca che si preparava ad aggredire, almeno verbalmente, quel dottore del cxxxo.
Bussò, senza ricevere risposta. La porta era aperta: entrò comunque, al diavolo l'educazione. Bergmann non era ancora arrivato. Si guardò in giro, ma l'ufficio non aveva niente di particolare. Gli piacevano i mobili antichi di legno scuro, osservò passando un dito sulla superficie laccata della scrivania. In una cornice la foto di un uomo, un mezzo sorriso sul volto. Indossava un camice e sulla targhetta appuntata al taschino si leggeva proprio il cognome Bergmann. Che razza di uomo egocentrico tiene una foto di se stesso sulla propria scrivania?
Rise e si sedette su una poltrona, preparata all'ennesima attesa. Ne inspirò l'odore, cogliendo una nota particolare, decisamente famigliare, ma che non riuscì a riconoscere subito. Poi capì.
Scattò in piedi, colta da un terrore folle. Come aveva fatto a non pensarci? Era ovvio! Non era pronta, dio no non sarebbe mai stata pronta.
«Mi scusi per il ritardo! Oggi è un disastro, mi hanno scambiato tutti gli appuntamenti. In più non avevo idea che sarebbe venuto anche lei signor, signora...»
Vivien entrò nel proprio ufficio, strozzando in gola il fiume di finte scuse. La guardò a lungo. L'aveva riconosciuta subito, ancora prima di leggere il suo nome sulla cartella clinica che stringeva in mano. Nemmeno lei se lo aspettava, nemmeno lei era preparata, era palese. Era uno scherzo. Doveva essere un brutto scherzo.
Occhi spalancati, labbra tremolanti. Silenzio. Poi buttò tutto a terra. Fogli, borsa, chiavi, una coppetta vuota di plastica sporca di caffè. Le venne incontro, spaventata ma forse proprio per questo così temeraria. La schiaffeggiò e Oushi non si oppose, stordita com'era a sua volta.
«Ti ho aspettata per così tanto tempo. Così. Tanto. Tempo.» Lottò disperatamente per non scoppiare a piangere, ma alla fine cedette. Cercò di voltarsi dall'altra parte per non mostrarle la propria debolezza – Oushi capì in un istante che non stava parlando del passato, che lei sapeva che era tornata, l'aveva saputo da quando aveva lasciato Lucemisia e si era unita al Rinoa, e Vivien gliel'avrebbe confermato in seguito – ma venne bloccata da braccia forti e decise. Oushi le circondò le spalle e l'abbracciò disperatamente, perché ne avevano bisogno entrambe. E tutto un torrente di sensazioni sopite riemerse dal sottosuolo, investendola in pieno.
Vivien era lì, viva, davanti a lei. I dettagli non erano importanti.

"First my left foot then my right behind the other
Breadcrumbs lost under the snow"
Oushi valutò a lungo la domanda. Alzò la testa e lo vide: un gigante grigio che si scorgeva appena oltre alle mura della città, i pannelli lucidi riflettevano la luce infuocata del tramonto.
«Quel posto fa schifo, ed è pieno di gente di merda.»
«Però ti piace.»
Perché doveva fare sempre così? Metterle le parole in bocca, trattarla come una bambina. Inventare scuse. Poco lontano, i giudici consegnavano i premi ai vincitori. Si zittirono entrambe e per un po' osservarono lo spettacolo in silenzio, circondate dal frastuono della folla esultante ma non partecipi, isolate in una bolla di sapone. Ancora, i capelli di Vivien invasero il suo sguardo, svolazzarono sollevati dal vento fresco di una sera di fine autunno. Era così vicina, eppure lontana da lei mille miglia. Il dolore le toglieva il fiato.

«E quindi ti sei sposata. Te lo sei scelto apposta con quel cognome?»
Vivien rise, e il suo sorriso divenne il centro della stanza.
«Non essere stupida!» La spinse da una parte del letto, ma le lenzuola attorcigliate giocarono in favore di Oushi: le usò per catturarla e tirarsela di nuovo addosso.
«La tua ossessione per Casablanca supera i confini dello spazio, del tempo e delle probabilità.»
Ogni tipo di protesta si spense sul nascere: Oushi iniziò a farle il solletico su un fianco e Vivien, che era ridicolmente sensibile, urlò e scalciò neanche la stesse attaccando un pazzo omicida. La frenesia si ritorse contro l'aggressore: si beccò una gomitata in pieno addome, dritta dritta sui punti della ferita post operatoria. Trattenne il fiato e cadde tramortita sulla schiena, ingoiando tutte le bestemmie del mondo.
«Scusa! Scusami!» Rideva ancora, la stronza, controllando che non si fosse fatta male sul serio, e il peggio per Oushi era impedirsi di ridere a sua volta, perché il dolore sarebbe stato incalcolabile. Vivien le baciò la fasciatura, poi baciò lei e si lasciò accarezzare i capelli.
«Si chiamava Lukas. Era un collega di laboratorio. L'ho amato molto.»
«E poi?»
«Poi c'è stato un incidente, e non è sopravvissuto. Il cognome è tutto ciò che mi è rimasto di lui.»
Una punta di gelosia, che per fortuna sparì subito.
«E il mio cognome? Lo prenderesti?» Vivien sorrise, avvicinandosi un po' di più a lei, accostando le labbra alla sua spalla, osservando una cicatrice con sguardo indecifrabile.
«Prenderei tutto il resto.»
Rimasero in silenzio per un po', a soppesare ogni respiro.

"He's gonna change my name
Maybe you'll leave the light on"
Vivien si voltò, lentamente, e le sorrise triste. Le prese il volto tra le mani e la baciò sulle labbra, sulla fronte, e quando le lacrime presero a sgorgare incontrollabili dai suoi occhi gliele asciugò con le dita. Oushi tirò su rumorosamente con il naso e la allontanò.
«Va' via, cxxxo. Va' via se è quello che vuoi.»
Annuì e fece un passo in avanti. Si fermò – incerta, per la prima volta, di star prendendo la strada giusta e non la più facile. Perché lo stava facendo? Perché voleva che Oushi fosse libera, che non ripetesse gli stessi errori ancora e ancora e che costruisse la propria felicità con qualcun altro, perché lei non faceva che risucchiarla e nutrirsene senza darle niente in cambio; oppure c'era dell'altro? No, non poteva avere ripensamenti ormai.
«Sai qual è la cosa peggiore?»
Si davano le spalle a quel punto, puntando lo sguardo in due direzione opposte.
«Che, nonostante tutto, continuerò ad amarti. Ad aspettarti, finché non sarai pronta. Forse aspetterò in eterno, ma non voglio nessun altro. Non l'ho mai voluto.»
Non giunse alcuna risposta, solo un nervoso incedere di tacchi alle sue spalle. Non si girò. Tornò a guardare il palco con la mente svuotata da ogni pensiero, ascoltando senza sentire.

Aveva ancora gli occhi gonfi come due palloni quando si presentò davanti al preside. Gli gettò una lettera dell'Ordine sulla scrivania, grugnendo. Dentro c'erano un referto medico e una lista di ragioni più o meno convincenti che giustificavano gli ultimi quattro mesi di assenza di Oushi dal Garden – la lettera era firmata da Vivien Bergmann, il suo medico curante.
Philip ripiegò la lettera senza nemmeno finire di leggerla e rivolse un sorriso cordiale a Oushi.
«Bentornata a casa.»
Oushi corrucciò, se possibile, ancora di più la fronte.
«Risparmiami, pls. Ridammi la dannata chiave della mia stanza e non parliamone più.»
"Maybe you'll leave the light
Just in case I like the dancing I can remember where I come come from"
Spoiler
La fic è ambientata appena dopo la conclusione della scorsa Sagra. Sì, è da un po' che ho in mente di scriverla.
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Pip :>
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Re: FanFic Garden

Messaggio da Pip :> »

Risveglio
La mia indipendenza, che è la mia forza
implica la mia solitudine, che è la mia debolezza.


Il corpo di Pip, completamente avvolto dall'oscurità, fluttuava, dormiente, nella dimensione creata appositamente da Yggdrasill.
Gli occhi erano chiusi; la mente avvolta nel torpore dell'impotenza, finalmente libera da ogni angheria.
Yggdrasill sarebbe stato per sempre il suo mondo.
E Pip niente di più che un'altra delle sue radici, uno strumento per attuare la sua dittatura su Panèon.




No.
Qualcosa non andava.
La mano dello Sciamano ancora, inconsciamente, stringeva il Frutto addentato pochi minuti, o tanti anni prima.
Le dita erano salde intorno all'oggetto, qualcosa non voleva lasciarle andare.
Forse un briciolo di umanità, di speranza, era rimasto nel corpo abbandonato di Pip, come una traccia genetica, incancellabile.
O, forse, qualcuno lo stava aiutando.

Reagisci.

Il ritrovarsi, debole, della coscienza, senza padronanza.
Una reazione, seppur minima, ad uno stimolo, una scintilla, indipendente dalla propria volontà.

Ritrovati.

L'accorgersi dell'aria che riempie i polmoni, gonfiando leggermente il petto.
La sensazione del tatto, della sua mano stretta intorno all'oggetto che non aveva mai lasciato.
Un cenno, impercettibile, della palpebra.
Il sapore della saliva, i denti chiusi e premuti gli uni sugli altri.

Ridestati.

Un movimento della spalla, i muscoli del collo che si contraggono.
La fatica, immane, di aprire gli occhi.
Il tempo che ritorna ad avere un senso ed una prospettiva, quello passato prima di accorgersi di una fiamma, lontana, in avvicinamento.
Lo scorgere due ali, infuocate, sulla fiamma della vita, sempre più prossima a raggiungerlo.

R i s v e g l i a t i.

Un bagliore di fuoco, straordinario nella sua eleganza ed eterno divampare.
...Fenice...?
Lo sforzo troppo duro da sopportare, le energie che nuovamente abbandonano il corpo.
Prima di sprofondare nell'oscurità, sentire la veste che viene tirata.
Il busto si inarca, le braccia vengono spostate indietro dal movimento.

L'ultimo pensiero di Pip fu che, dopotutto, qualsiasi destino sarebbe stato meglio di quello a cui era stato obbligato.

Inerme, si abbandonò a quella forza che, senza che lui se ne accorgesse, l'avrebbe riportato alla luce.
******
L'urlo si confuse con un'inspirazione sforzata e disperata, come a riprendendersi da un'apnea durata troppo a lungo.
Gli occhi saettarono confusi da una zona all'altra, senza il tempo di recepire quello che osservavano: troppe erano le informazioni che stavano arrivando ad un cervello appena tornato in attività.
Il respiro si fece accelerato ed affannoso ed il corpo prese a tremare, vittima di un attacco di panico.
Davanti allo Sciamano, due enormi volatili, maestosi nella loro regalità, lo fissavano, senza muoversi.
Pip si alzò di scatto, incespicando, per poi ricadere a terra ed allontanarsi trascinandosi sgraziatamente con gambe e braccia.

Falco: Giovane Sciamano, riacquista il controllo. Non hai nulla da temere.

Pip voltò di scatto la testa verso la creatura, che era dotata di parola ed intelletto.
Cercò di calmare il suo corpo, riuscendovi dopo alcuni attimi; anche il respiro si fece più calmo, sebbene una sensazione di continua agitazione continuasse a pervaderlo.
Il cuore procedeva a battere all'impazzata, senza mai rallentare.

Pip: Chi siete, e dove mi trovo?

Sentendo il suono della sua voce, Pip trasalì.
Solo in quel momento realizzò davvero di essere ancora vivo, ma soprattutto di essere tornato in possesso delle sue facoltà.

Falco: Io sono il Falco Pellegrino, mentre lei è l'Aquila Reale. Siamo i Guardiani della sommità di Yggdrasill, così come la Serpe Nera veglia, in profondità, sull'entrata per il Mondo Eccelso. O forse, dovrei dire vegliava, giovane uomo.

Pip si ricompose, stringendo ancora più forte il Frutto.
Provò a sentire la magia nell'aria, ma quel luogo, così come il pozzo buio in cui era stato imprigionato, sembrava isolato, non sottoposto alle forze che governavano il resto del mondo.
Non poteva fare altro che rimettersi alla volontà del Falco e dell'Aquila.

Pip: La Profezia contenuta in quel libro era vera, dunque. Falco e Aquila esistono davvero.
Falco: Noi esistiamo per preservare l'equilibrio di questo luogo. Chi supera la Viverna ed addenta il Frutto di Yggdrasill, dimostrando di avere un cuore puro, può liberarsi dalla maledizione dell'Albero. Il mio compito è recuperarlo prima che sia troppo tardi, per consegnarlo all'Aquila Reale, affinché lo riporti fra i suoi cari.
Pip: ...perché?
Falco: Non capisco, giovane uomo.
Pip: Perché fate questo? Chi ha deciso che da Yggdrasill si possa scappare, se si ha un cuore puro?
Aquila: Così è da sempre, così per sempre sarà. A questa domanda, non ci è dato rispondere; si può descrivere il processo per cui l'acqua disseti l'uomo, permettendogli di continuare a vivere, ma ci è forse dato sapere se qualcuno, o qualcosa, abbia deciso che cosi deve essere?

Pip abbassò la testa, annuendo.

Falco: Nel sacrificio finale il tuo cuore mi ha lanciato un messaggio, permettendoti di rimanere te stesso. Ti basti questo, piccolo. Puoi tornare a casa.
Aquila: Come una Fenice puoi risorgere dalle tue ceneri, padrone della tua libertà. Questo è il potere, la conoscenza offerta dal Frutto a chi consacra la sua vita per gli altri, per il bene: il potere offerto dalla possibilità di essere nuovamente libero e la saggezza per sfruttare questa libertà, seguendo il proprio cuore.

Un sorriso si fece largo sul voltò di Pip, che scoppiò in un pianto liberatorio.

Aquila: E ora dimmi, Philip. Le mie ali possono viaggiare ovunque, trascendere le dimensioni, percorrere spazi incommensurabili. Dimmi dove vuoi andare ed io ti ci porterò.

Il giovane si erse, tremante.
Ma nei suoi occhi non vi era traccia di esitazione.

Il fuoco che aveva dentro avrebbe continuato a bruciare.
Spoiler
Pip non tornerà al Garden, marameo. :smt110
grevier
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Lost Memories (pt 1)

Messaggio da grevier »

Si trovava lungo il corridoio che portava alla Presidenza, Xander ci si stava recando subito come scritto nel messaggio sul Codec, svoltò l'angolo e notò due figure ai lati della porta, figure familiari a Xander
X: Sam...Rock siete voi?
s: Cavolo qualche anno che non ci si vede e già ci stavi scordando?
X: Non potrei mai dimenticarvi ma che ci fate qui?
R: muoviti ad entrare e lo scoprirai

Concluse Rock bussando alla porta dalla quale arrivò subito l'invito ad entrare
R: Entra ti attendono
Xander varcò la soglia dell'ufficio e notò un uomo seduto di fronte a Montgomery, dallo spolverino e dalla pettinatura bionda dell'uomo non poteva sbagliarsi
X: Preside Montgomery, Capitano Almasy, eccomi come richiesto
S: Vedo che anche di spalle non passo inosservato
X: Come potrei mai non riconoscere il mio maestro
M: Bando ai convenevoli, Cadetto Rainer lei è qui per un motivo, è stato richiesto il suo reintegro momentaneo nel corpo dei SeeD Bianchi
X: Reintegro? Capitano cosa vuol dire questo, ora faccio parte del Rinoa's Garden
S: Lo so bene ecco perchè sono qui a chiedere il consenso e sono venuto a di persona, ci sono cose che richiedono la tua presenza e sono di massima importanza
M: Cadetto Rainer per me non ci sono problemi con questo, anzi non mi tiro indietro ad un modo di consolidare dei legami con voi del corpo dei SeeD Bianchi per cui é libero di andare, sarà in congedo fino a quando non sarà tornato
S: Inoltre sarai reintegrato con il grado che ti apparteneva
X: Vedo che sono ordini per cui ricevuto, se non serve altro allora io vado a prepararmi
M: Può andare

Quando il nuovamente SeeD Bianco lasciò l'ufficio i due Capitani si fissarono un attimo prima di proseguire
M: Come aveva detto non è stato molto entusiasta della cosa
S: Ehhh diciamo che la sua uscita dal nostro corpo non è stata delle migliori
M: Capisco, non serve indagare oltre, da quando è qui non ha dato problemi e sembra un buon elemento
S: E' un ottimo elemento, glielo garantisco


Aveva appena finito di preparare tutto per il viaggio quando sentì bussare alla sua porta semi aperta per poi vedere un occhio rosso sbucare dallo spiraglio
X: Entra pure Sakura
S: Come mai...aspetta perchè stai preparando le tue cose?
X: Sono stato richiamato nei SeeD Bianchi, al momento non faccio più parte del Garden a tempo da definirsi
S: Come mai! che è successo?
X: Non lo so ma Montgomery ha dato il suo consenso quindi non mi resta che partire
S: Ma...

Disse agganciando il cinturone delle due Gunblade avviandosi alla porta
X: Tornerò

Il Quinjet era in volo già da un po' quando uno dei due SeeD decise di rompere il silenzio
R: Xander non prenderla così, siamo di nuovo insieme come i vecchi tempi
X: Non siete voi il problema lo sapete
s: Le cose possono cambiare
X: Il corpo dei SeeD Bianchi non cambierà mai
R: Noi abbiamo il comp...
X: Il compito di proteggere il regolare corso del tempo e della natura impedendo ad ogni forma di male di prevalere su di essi, lo conosco a memoria
S: Ancora non ti sei chiesto come mai ti abbiamo rivoluto?
X: Perchè nessuno può veramente lasciare il corpo dei SeeD Bianchi?
S: No, perchè te sei un Paladino di Eden e spetta a noi addestrarti come tale
X: Di che stai parlando?
S: Saprai tutto quando arriveremo, ora riposati un pò che sarà tosta una volta atterrati

Concluse Seifer congedando la discussione e facendo uscire tutti dalla stanza
S: Sai che non ti avrei mai richiamato se non ero obbligato
X: Mi devi un sacco di spiegazioni...Maestro
Ultima modifica di grevier il 21 ott 2015, 22:42, modificato 1 volta in totale.
Leonheart88
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Re: FanFic Garden

Messaggio da Leonheart88 »

Pace

Entrò con fare circospetto all'interno degli uffici dell'ordine, percorrette il corridoio a testa bassa cercando di non incontrare nessuno, alla fine girò velocemente a destra superando una portocina riservata unicamente al personale. La sicurezza era stata avvertita per cui non c'erano problemi, ma meno persone parlavano del suo arrivo e meglio era.
Girò un un secondo corridoio più buio, pavimento in marmo ormai usurato dai decenni di utilizzo, sulle colonne che lo accompagnavano in tutta la lunghezza residui evidenti di polvere.
Non c'era dubbio.
Helena voleva colpire nuovamente. Si portò istintivamente la mano destra verso il fodero dove risiedeva la Claymore, immaginando la sensazione di sangue caldo che attraversava la lama. Era un brivido, un'eccitazione momentanea ma indelebile. Non era giustizia. Non era vendetta. Faceva solo quello che doveva fare.

La donna lo aspettava oltre l'ultima porta, un piccolo ufficio una volta utilizzato per dirimere piccole controversie riguardo alla giurisdizione dei territori, ma ormai raramente adoperato.
"Usciamo Leon" Indicò l'indice il piccolo balcone oltre la finestra.
Diligentemente Leon si posizionò dietro la sedia a rotelle e facendo forza la accompagnò fuori.
L'aria fresca della sera lo colpì appena spalancata l'anta, con lo sguardò ammirò l'avvenente panorama dei monti galbadiani al tramonto. Ora capiva perchè Helena gli aveva detto di venire li.
Per un attimo lo sfiorò l'idea che la donna volesse solo un momento con lui, come ai vecchi tempi, nessuna parola. Solo loro due.
"Dobbiamo parlare Leon" Le speranze si spezzarono all'istante.
"Dimmi"
"Te lo ricordi il viaggio in camion tra Winhill e Deling City?"
Leon scoppia in una grassa risata, ma non c'è allegria in lui. Solo dolore e rabbia, in quel giorno ha, hanno, perso tutto. E da li non è stato altro che un cercare di andare avanti, giornata dopo giornata, attimo dopo attimo.
"Ma guarda, giusto qualche ricordo isolato. Tipo che so.. una bomba? Te a terra? L'ospedale?"
"So chi è stato"
La mano ritorna velocemente alla spada. Ma no, non sarà così facile e veloce, il desiderio di far scorrere sangue diventa ancora più violento, impellente.
Gocce rossastre scivolano lungo le dita, le unghie a perforare la carne.
Ogni giorno a sognare un qualcosa che si sta realizzando.
"Chi è" Non gli serve altro.
"Le missioni che stava eseguendo Kalos, che stavamo eseguendo noi due, interferiva con i suoi piani di crescita. Operava contemporaneamente in diversi settori: ricettazione, rapina, sequestro, spaccio. E noi stavamo rovinando la sua immagine."
"Chi è"
"Ho faticato molto a trovarlo, ora ha avuto sucesso ed è riuscito a ripulire completamente il suo passato, nessuno sospetterebbe che la persona di oggi è la stessa di dieci anni fa"
"Helena chi cazzzo è"
Fece un profondo sospiro.
"L'Anziano Superiore Coldwell"

Henry Coldwell, 58 anni, il più giovane Superiore della storia. Proclamato così all'unanimità dai suoi colleghi. Famoso per la sua incoruttibilità e per il dare ascolto sempre e comunque alle minoranze.
Nato e cresciuto a Winhill e amico intimo di Laguna, diventato subito dopo la sconfitta di Artemisia, è stato uno dei promotori dell'espansione dell'Ordine sugli altri pianeti per favorire la pace tra i mondi. Una di quelle poche persone in grado di cambiare in meglio il corso della storia.
Tutte puttanate spazzate via in pochi secondi.

"Helena... ne sei sicura?"
La donna annuì "Prima di dirtelo ho voluto fare tantissimi accertamenti" aprì la borsa e consegnò al Seed un plico. "qua c'è tutto quello che ho scoperto. Inutile dire che probabilmente è l'incarico più importante che ti abbia mai assegnato, e quello con il maggiore peso politico."
Ma a Leon non importava. Nonera importante chi fosse. Quante persone aveva ammazzato Coldwell, quante vite avrebbe salvato uccidendolo.
"Ti consiglio di effettuare l'incarico immediatamente, prima che l'Ordine invii un sostituto per Phoenix"
A lui importava solo della sua squadra.
Di Helena ridotta alla sedia a rotelle.
Di quel bambino mai nato a cui non aveva dato neppure un nome.
Per la prima volta avrebbe davvero goduto nell'assaporare il sangue.
"Leon... fai in modo che soffra"
Non si girò neanche a guardarla, lei non avrebbe voluto che vedesse le sue lacrime, si limitò a scrollare le spalle e a scrocchiare con violenza le dita.

...................

Coldwell abitava in campagna. Assieme alla moglie e ai suoi due figli, in una casetta ricavata da un vecchio mulino vicino a Timber. Una famiglia fantastica e troppo bella per essere vera.
Leon aveva atteso impaziente quella sera specifica. I due ragazzi erano entrambi fuori casa per motivi diversi, per cui la guardia che sorvegliava la casa era dimezzata.
Solo quattro persone tra lui e la fine di dieci anni da incubo.
Attraverso la boscaglia osservava la casa, struttura in pietra e resistente anche alle cannonate, con un fiumicciattolo che scorreva placido lungo la parete nord, dove una volta c'erano le pale. I Commander di guardia disposti ognuno su ogni vertice della struttura. Anche loro erano nella lista che Helena gli aveva fornito: pesci piccoli ma disposti a tutto per un pò di potere e riconoscenza. Il suo incubo più grande era un giorno di trovare anche Nataa li in mezzo.

Pensare troppo non era da lui, piani troppo complicati avevano troppe possibilità di fallire, specie se attuati da una sola persona. Doveva agire d'istinto, come aveva sempre fatto. Alla fine lui era solo un macellaio e come tale doveva agire.
Scattò fuori da dietro l'albero e corse velocemente contro il primo degli avversari. Non fece neanche in tempo a identificarlo che un Morfeo lo fece cadere addormentato.
Si diresse verso il secondo. La Claymore volò nell'aria e si conficcò nel petto di Lucas Gelus, il sangue invase immediatamente la sua bocca, colando lentamente mentre emetteva l'ultimo respiro. Meno due.
Il terzo provò a sorprendelo alla spalle, parò il colpo con il piatto della Claymore sinistra e con l'avanbraccio destro assestò un poderoso colpo al mento, facendolo arretrare. Prima che potesse reagire lo sgozzò con la seconda lama.
Ora il quarto.
Non fece neanche in tempo a pensarlo, a capire dove fosse finito, che una lama gli penetrò da dietro il torace. Schizzi di sangue partitono da quel punto, per poi trasformarsi improvvisamente in una nuvola di fumore.
Leon, quello vero, scavalcò il compagno ormai esausto e con una rapida torsione delle mani spezzò il collo dell'ultimo soldato.
Ormai era solo.
Inizialmente si limitò a percorrere tranquillamente il muro della casa, per verificare se per caso ci fosse qualche punto debole ed accessibile.
Niente. Coldwell si era barricato dentro con la speranza di riuscire a resistere abbastanza a lungo fino all'arrivo dei soccorsi da lui sicuramente chiamati.
Ma aveva fatto i conti senza l'oste. "Vediamo se funziona... Varco"
Si diresse verso il muro e scomparì all'istante, si ritrovò oltre la parete, di fronte ad un estrefatto Coldwell. La moglie osservava basita la scena. Fulmineo l'anziano la afferrò portandola davanti a sè.
"Chi sei? Cosa vuoi?"
"Potrei dirti vendetta, o giustizia, quello che vuoi. Voglio solo ammazzarti"
"Pensi che sia così facile?" Estrasse un pugnale e lo lanciò. Leon lo deviò con un protect, senza muovere un muscolo.
"Si"
Aumentò la pressione di un secondo coltello sul collo della donna. Voleva usare la moglie come scuso umano.
"Vattene o la ammazzo"
Invece che ucciderla avrebbe magari potuto chiedere il divorzio, ma forse la minaccia non sarebbe stata la stessa.
Leon la guardò, occhi terrorizzati, avrebbe potuto addormentarla ma Coldwell non avrebbe comunque mollato la presa. Pensò per un istante di teletrasportarsi alle sue spalle ma l'Anziano non era uno stupido, ne avrebbe approfittato per attaccare. In ogni caso avrebbe poi eliminato una scomoda testimone.
La donna sembrò capire cosa passasse per la testa al Seed, soppresse un singhiozzo e iniziò a parlare. "Prometti che farai in modo che i miei figli non sappiano nulla e che possano avere un futuro"
"Te lo prometto" Abbozzò un sorrise mentre la lama del marito continuava a premere, pochi istanti e un colpo di pistola le perforò il cuore. Morì con il sorriso sulle labbra. Leon rinfoderò la pistola e lentamente si avviò verso Coldwell. Con l'ennesima magia del sonno ne bloccò la fuga.
Lo spettacolo poteva incominciare.

..............................

Lentamente riprese conoscenza, lo poteva vedere mentre stordito cercava di capire come mai fosse li, come ci fosse arrivato e chi era stato. Lasciò che si prendesse tutto il tempo necessario per rendersi conto della situazione. Era nudo.
"Chi sei?"
"Dirtelo non servirebbe a niente, non ti direbbe nulla. Diciamo che sono un fantasma del tuo passato" Nel dirlò continuava ad arroventare sul fuoco un coltellino.
"Se vuoi dei soldi..."
Il coltello entrò prepotentemente dentro la coscia, redicendo il muscolo e facendo usscire fiotti di sangue. "No. Voglio solo la tua vita grazie" Girò di 360° la lama, allargando ancora di più il colpo. Era solo l'inizio.
"Sai..." continuò "ci avete sempre insegnato che ci sono principalmente due tipologie di tortura, quella mentale e quella fisica. E' opinione comune di voi cervelloni che la prima risulti più efficace della seconda. Bene, oggi smentiremo assieme quella teoria"
"Sei solo uno sporco macellaio psicopatico" Provò a sputargli addosso.
Leon prese una pinza, a forza aprì la bocca di Coldwell e artigliò un molare. Tirò. Sentì il dente stsccarsi lentamente dalla sua base, scoprendo le innervazioni e annegando in un lago di sangue, cadde sul pavimento mentre l'anziano sputava sangue e succhi gastrici singhiozzando dal dolore.
"Prima e unica domanda. Perchè l'attacco a Kalos dieci anni fa?"
Lo guardò estrefatto, di tutte le cose che aveva fatto gli stava chiedendo di un'inezia compiuta più di dieci anni prima. Era un pazzo?"
"Tempo scaduto" Di nuovo la pinza si mise in moto, estraendo stavolta in successione un incisivo e altri due molari. L'anziano svenne dal dolore prima ancora che potessero rimbalzare sul pavimento.
Venne svegliato pochi istanti dopo, quando la lama lo rese un eunuco per gli ultimi istanti della sua vita.
Singhiozzando, ormai ricoperto di sangue, si rivolse nuovamente al suo carnefice.
"Perchè?"
"Perchè il convoglio. Perchè hai dato l'ordine di attacco" Ripetè Leon freddamente. La vendetta stava per compiersi.
"Quella putttana stava intralciando i miei affari. Non doveva intromettersi" Sibilò, gli occhi colmi d'odio rivolti al Seed, sapeva di stare per morire e non voleva sottomettersi. Non di più.
Non rispose, sapeva già il motivo ma per riuscire a lasciarsi tutto alle spalle aveva bisogno lui di una confessione. Ora era davvero finta.
Lentamente girò intorno alla sedia, fino ad arrivare alle spalle dell'uomo. Estrasse la Claymore e puntò la lama tra le vertebre.
Schiacciò.
Un rumore sinistri, uno scricchiolio precedette il crack "No ti prego non lo fare" Piangeva, ma anche Helena aveva pianto, continuò fino a sentire le vertebre che si spezzavano, la colonna vertebrale ormai distrutta. Come con Helena. Aveva pareggiato i conti.
Si sedette di fronte a lui aspettando che spirasse, il respiro ormai affannoso di chi non ha più speranza nè tempo, senza dargli la grazia di un colpo finale.

E finalmente successe.
Ora era libero.
Aprì un varco e si allontanò, pochi minuti prima dell'arrivo dei soccorsi.
Helena lo stava aspettando.
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Re: FanFic Garden

Messaggio da Akainatsuki »

Cat Empitsu [BACKstory - #1]
Hearing the SOUND of WAVES
Theme song: Shinyuu yo - Shounan No Kaze (DROP)
***
Costa del Sol era noiosa.

Cat sedeva su uno di quei muretti rocciosi a secco che davano sulla corta spiaggia, scavando con le dita dei piedi nella sabbia calda.
E pensava a come Costa del Sol fosse, appunto, noiosa.

Niente a che vedere con quell'immagine solare ed esotica che aveva gelosamente custodito nei momenti in cui avrebbe voluto licenziarsi dalla sua posizione di Apina Receptionist dell'Honey-Bee Manor o di Segretaria Tuttofare di El Capodipartimento per lo Scatafascio Urbano.

Sbuffò, portandosi alle labbra la lattina di birra ghiacciata che aveva comprato poco prima al Bar, osservando affranta uno dei tanti bikini a fantasia animalier che costituiva ora la sua divisa quotidiana, amorevolmente elargito dal baffuto signor Mukki, anche lui in vacanza forzata dopo il crollo del Settore 6 e la venuta a noia delle temperature polari di Icicle Inn.

"Mare, sole e sabbia dorata! Non c'è nulla di meglio per poter ammirare la giovinezza in tutto il suo luminoso splendore!"

Cat soffocò il sorso di birra, mentre un brivido di puro terrore le gelava la schiena. Sopra di lei si stagliava la figura tornita e muscolosa proprio di quel signor Mukki, stretta in un costumino glitterato color prugna che poco lasciava all'immaginazione di qualunque essere di qualsiasi inclinazione carnale.

"Gioventù piena di ardore e stupore che si muove tra le onde di questa esistenza meravigliosa, signorina Empitsu!" si abbassò su di lei, incontrando i suoi occhi terrorizzati. "Perché non c'è nulla di meglio di questa radiosa località marina per ammirare così numerosi corpi giovani nella loro pienezza!"

Stupidamente, una mano le sfuggì a coprire le sue grazie fasciate da quell'assurdo bikini. Mukki scoppiò in una risata profonda, che mosse ogni singolo e ballonzolante muscolo del suo corpo, baffoni impomatati compresi.

"Anche lei dovrebbe approfittarne, signorina Empitsu! Gioventù è passione e lei è ancora troppo giovane per stare solo qui a prendere il sole!"

Le sue parole vennero accompagnate da un eloquente movimento di fianchi, da cui Cat cercò di distogliere lo sguardo, accoccolandosi sulle ginocchia e tornando a fissare la distesa d'acqua davanti a loro.

"...Passo" mormorò, ignorando le lamentele che seguirono la sua scarsa dimostrazione di entusiasmo e un successivo lungo elenco di attività alternative al rimanere semplicemente a rimuginare appollaiata su un muretto a secco sulla spiaggia.

Finalmente sembrò che Mukki avesse deciso di desistere dal suo intento di farla partecipare alla prossima Seduta Settimanale di Fratellanza alle Terme e si sedette accanto a lei, facendo fremere i baffoni.

"Lei non è sempre stata sola, signorina Empitsu. Io mi ricordo bene i suoi amici al Settore..." sospirò raccattando la lattina ormai tiepida, "...e anche alla Shin-Ra. Aveva degli amici e pure parecchie cotte se la mia memoria non mi trae in inganno".

Rimase in silenzio, limitandosi a muovere le dita dei piedi per liberarle dalla sabbia.

"Moltissime cotte! Penso che abbia detenuto il record del Settore 6 e del Piano 62 per il numero di Cotte-Non-Corrisposte-Oppure-Finite-Piuttosto-Male..." ridacchiò, lisciandosi pensieroso il mento. "...Ma forse questo non avrei dovuto dirlo. Come anche il fatto che ho perso un sacco di Gil sonanti quando ho scommesso che tra lei e quel bel manzo di Third Class SOLDIER sarebbe andata bene, o ancora quel carinuccio del Dipartimento di Scienza e Ricerca... Erano i suoi amici al villaggio, giusto? Oh, io adoro queste store romantiche che dai villaggi del Pianeta sbocciano a Midgar!"

"Midgar non esiste più, signor Mukki" mugugnò dietro alle sue ginocchia. "E nemmeno molta altra gente... nemmeno i miei amici".

La lattina di birra tiepida le venne versata addosso senza troppi complimenti, lasciandola senza parole. In un battito di ciglia venne afferrata per la collottola e lanciata prepotentemente di peso oltre il muretto, la sabbia, per poi crollare con un tonfo sonoro in acqua, sollevando una miriade di spruzzi.

Il suo cervello connesse solo dopo qualche secondo tutta la sequenza di eventi che si era appena succeduta, mentre cercava di tornare alla superficie annaspando e inghiottendo buona parte delle riserve idriche del Pianeta.

Quando finalmente stava per riuscire a prendere una nuova boccata di ossigeno, sentì le manone del signor Mukki afferrarla di nuovo per le spalle. Incontrò i suoi occhi furibondi, nascosti tra le enormi sopracciglia e i suoi baffoni.

"...E allora se ne trovi degli altri di amici, signorina Empitsu!" la scrollò, mentre qualcosa di molto simile a lacrime iniziavano a rigargli le guance muscolose. "Perché siamo fatti così, noi del Settore 6! Noi non ci fermiamo solo perché ci crolla il mondo addosso!"

Solo in quel momento Cat se ne rese conto. Aveva perso il pezzo superiore del suo bikini.
Spoiler
Ogni tanto mi divertirò a mettere qualche storiella sul passato di Cat, giusto per fare qualche approfondimento assolutamente random. O anche perché la fanfiction di cui era -involontariamente- protagonista è on hiatus dal 2011 ed è un bene che resti tale.
Ultima modifica di Akainatsuki il 23 mar 2016, 00:46, modificato 4 volte in totale.
Scheda personaggio Garden Club - Abi "Hade" De Vultures
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Messaggio da Akainatsuki »

Cat Empitsu [BACKstory #2]
The MEATGRINDER in the HEART of the Planet


Theme song: Yoru wa Nemurareru kai? - Flumpool (Aijin)
***
Cat trotterellava lungo la stretta stradina che portava al suo nuovo appartamento del Settore 8, del tutto identico e della stessa striminzita metratura di quello che aveva perso solo qualche settimana prima nell'esplosione del Settore 7: era addirittura arrugginito, scrostato e di terza mano, a dimostrazione della scarsa considerazione che la Shin-Ra provava nei confronti dei suoi dipendenti da macello.

In una mano reggeva il sacchetto di plastica di una piccola spesa di sopravvivenza, nell’altra la valigetta del lavoro, ogni giorno sempre più malridotta dalle unghie di quel gatto meccanico. Pensò a come avrebbe dovuto ammonire El Capodipartimento Tuesti di togliere alle sue creaturine la loro fin troppo spiccata vena felina.

Mentre saliva le scalette e ragionava sul modo migliore poter esternare in maniera cortese e rispettosa le sue rimostranze per le unghiate sulla finta pelle, si accorse di una figura appoggiata alla porta d’ingresso. La posa dimessa, la testa infilata nelle spalle e l’ingombrante berretto di triste cotone grigio tirato fino agli occhi, non potevano lasciarle alcun dubbio sulla persona che la sembrava stare aspettando.

“Theo, cosa ci fai qui?”

Theo Hazard non era solito avventurarsi al di fuori del Settore 0, o meglio non aveva il permesso di oltrepassare l’ingresso degli HQ Shin-Ra fino a nuovo ordine da parte del Dottor Hojo, a meno che non volesse diventare il prossimo soggetto di qualche esperimento sulla speranza di vita umana senza stipendio e qualche organo interno in meno. Cat aveva sentito di come tutti gli schiavi alle dipendenze del Dipartimento di Ricerca e Sviluppo si fossero visti recapitare un comunicato in cui gli veniva vietato di lasciare i laboratori del Piano 67 fino a quando l’Avalanche non fosse morta, sepolta e cancellata dalla Storia dell’umanità.

“Il Dottor Hojo ci ha concesso una serata di libera uscita: si sono suicidati cinque colleghi in una settimana. Sai, è un po’ un record, persino rispetto alla SOLDIER”. Rivolse a Cat un sorriso innocente, come se stesse segnando mentalmente le parole:
Dipartimento di Scienza e Ricerca batte SOLDIER nel numero di morti settimanali dei suoi dipendenti!
Nuovo obiettivo raggiunto, livello “Scheletri nell’armadio” sbloccato!
+500 EXP!
“Tu stai bene?” sospirò, avvicinandosi alla porta e fissando preoccupata l’amico, i cui occhi lucidi e cerchiati spiccavano sul colorito pallidissimo. “Dovresti riposare ora che ne hai l’occasione, non vorrei contarti tra i prossimi suicidi della Compagnia…”

Ridacchiò, chinandosi per prendere e mostrarle orgoglioso una scatola di cartone che aveva appoggiato a terra: “I miei genitori mi hanno mandato un pacco dal villaggio. È tantissimo cibo, non riuscirei a mangiarlo tutto e ci sono anche delle cose che non mi piacciono, così ho pensato di dividerlo con te, Cat. A te piace mangiare, o sbaglio?”.

“Ti stai invitando a cena?” commentò divertita, facendo scattare la serratura e accendendo la luce del minuscolo ingresso. “Vediamo cosa c’è che non ti piace e ci organizziamo”.

Theo la seguì in silenzio, togliendo le scarpe dalla punta consunta e accompagnandola nel piccolo cucinino dove Cat iniziò a passare in rassegna le sue scarse provviste e l’insperato regalo che proveniva da un anfratto gentile di quel Pianeta allo scatafascio.

Carne in scatola. Fagioli in scatola. Verdure in scatola. Zuppa in scatola.

“Io non mangio cose che erano vive”. Theo impilò con cura certosina le scatolette di carne processata in un angolo, fissandole con un’espressione risentita: “Le lascio volentieri a te, a me fanno impressione… Mi ricordano un po’ il lavoro, ecco”.

Cat non commentò, soppesando mentalmente la sua magra dispensa e il tesoretto di barattoli che aveva improvvisamente popolato il suo minuscolo spazio vitale: “Potremmo fare dei fagioli con verdure… Ho anche del riso da mangiarci assieme. E magari della zuppa…?”

Theo annuì, controllando gli ingredienti delle zuppe in scatola e scegliendone una dal poco vitale colore di broccolo bollito: “Questa mi piace” sorrise, giocando con la linguetta. “Di solito tutti odiano i broccoli, ma secondo me sono proprio buoni”.

Non riusciva proprio a immaginare che un esponente dell’altro sesso potesse avere quel genere di gusti da segretaria a dieta: di solito il genere maschile sembrava impazzire per carne al sangue, grigliate e cibi piccanti; o perlomeno quello era l’identikit che aveva accompagnato ogni uomo con cui avesse avuto l’occasione di mangiare assieme.

“Sei mio ospite, vai pure nell’altra stanza se ti va: la televisione è tornata a funzionare se vuoi usarla”.

“Mi piacerebbe aiutarti, non vorrei approfittare troppo” insistette Theo, guardandosi attorno. “Lasciami almeno apparecchiare, ne sarei felice”.

Cat non poteva credere alle sue orecchie, abituata com’era a SOLDIER megalomani e uomini della peggior specie: cercò di non dare troppo a vedere come la proposta fosse per lei pura fantascienza e gli indicò dove trovare tovagliette, ciotole, piattini e posate. In quel momento si vergognò nel profondo di non avere nulla di appaiato o perlomeno che non sembrasse rubato dai ristoranti da quattro Gil dei dintorni, ma Theo sembrò non farci caso.

“La vista fuori dalla tua finestra è proprio bella, lo sai?”

La sua voce alle spalle colse Cat alla sprovvista, mentre aspettava che la cuociriso fischiasse il termine cottura. A quell’osservazione quasi ingenua le sfuggì un risolino, pensando a cosa si vedesse effettivamente dal buco di ragno in cui viveva: i tetti del Settore 8 a perdita d’occhio e sullo sfondo i giganteschi HQ illuminati della luce malata dei reattori Mako.

“Io vivo al Settore 5... di sotto” commentò Theo, gettandosi un’occhiata alle spalle, come se il paesaggio oltre la finestra fosse il panorama più bello che avesse mai visto in vita sua. “Lì che sia giorno o notte non fa troppa differenza, a volte preferisco restare a dormire al Piano 67: almeno non è sempre così buio”.

“Scusami, non volevo offenderti…”. Cat si morse la lingua. Il fischio della cuociriso fu provvidenziale a risolvere quella situazione, sollevando un curioso gorgoglio dallo stomaco di Theo, non appena lo sbuffo del vapore e il profumo del riso caldo si diffusero nel cucinino.

Quando si sedettero sui bassi cuscini quadrati, l’uno di fronte all’altra ai due lati del tavolino pieghevole, Cat si rese conto come fosse molto tempo che non mangiava in compagnia di qualcuno in quella stanza.

Alle sue spalle, nonostante la finestra chiusa, entravano i rumori della notte di Midgar, lo stridere dei treni sulle rotaie e il soffio continuo dei reattori. I suoni delle persone erano rari, perlopiù risse e grida, clangore di tubi e lame per una rapina andata male o una zuffa sfociata nel sangue davanti a qualche locale di bassa categoria. Eppure tutto il mondo dominato dalla Shin-Ra correva a Midgar, attratta come una mosca verso la luce.

Theo mangiava in silenzio, lentamente; sembrava apprezzare in particolar modo il riso bianco che centellinava come fosse la cosa più preziosa su quel piccolo tavolo.

“Ne ho ancora se vuoi”. Cat indicò la cuociriso che aveva portato con sé e appoggiato al pavimento: “Io sto cercando di tenere una dieta a basso apporto di carboidrati, quindi finisci pure senza fare complimenti”.

“Sei sicura?” gli occhi di Theo avevano luccicato, famelici. Notò come il suo colorito era migliorato dal pallore smunto con cui lo aveva incontrato davanti alla porta. Sentì dentro di lei una strana contentezza, come quella che si provava alla vista di un pulcino di Chocobo spelacchiato.

“Non preoccuparti, mi hai lasciato un sacco di cose buone” lo rassicurò, prendendo la sua ciotola e raschiando il fondo del riso: “Buon appetito”.

Finirono la cena senza ulteriori chiacchiere: Theo non era esattamente un personaggio loquace e Cat poteva ben comprendere la sua stanchezza dopo lunghe settimane di clausura all’interno dei laboratori del Piano 67. Cercò di dissuaderlo dall’aiutarla anche a lavare le stoviglie, ma senza successo, per cui si trovarono fianco a fianco a insaponare e asciugare, in sottofondo la consueta e strozzata melodia dei reattori in lontananza.

“Non togli mai il berretto?”

Cat cercò di spezzare il silenzio, notando solo in quel momento come il suo ospite avesse trascorso tutta la serata con il suo berretto ben calcato.

Theo le rivolse un sorriso imbarazzato, sfilandoselo velocemente: “Scusa, non ricordavo di averlo ancora addosso…” mormorò, stringendolo tra le mani. I suoi capelli biondo scuro erano tutti aggrovigliati, stretti alla meno peggio da una malconcia e corta coda di cavallo. Ciocche riottose gli cadevano ai lati del viso, dandogli un aspetto davvero misero.

Il cuore di Cat si strinse un po’ a quella vista: le ricordava molto se stessa durante i suoi lunghi mesi alle dipendenze di Domino. Pochi soldi, stanchezza e tantissimi straordinari.

A quel pensiero, gli occhi le sfuggirono sulla piccola sveglia che teneva in bilico sul microonde, sincronizzata agli orari dei treni della stazione del Settore 8: “Theo, a te non piace molto il sotto, giusto?”

Le lanciò uno sguardo interrogativo, volgendo anche lui l’attenzione alle lancette. Cat lo vide impallidire, mentre un rantolo disperato gli usciva dalla gola: “…H-ho perso l’ultimo treno…”. Le sue mani si torsero attorno al berretto: “I-io mi dispiace, non l’ho fatto apposta…” deglutì rumorosamente, “…tornerò al Settore 5 a piedi, non ci sono problemi…”

“Non dire sciocchezze” rise, trattenendolo per l’enorme felpa che avrebbe potuto comodamente contenere due persone. “Puoi stare qui a dormire stanotte. Ho un materasso e delle coperte in più: di solito sono quelle che usa mio fratello”.

Il pallore mortale che aveva scavato le guance di Theo sembrò peggiorare: “Ho già disturbato abbastanza…” mormorò, fissando la presa di Cat sulla maglia. “Sei sicura che non sia sconveniente per te? Insomma, se Will lo venisse a sapere, tutta la Shin-Ra lo saprebbe… e per te sarebbe imbarazzante, non trovi?”

“Esistono cose molto più imbarazzanti che dormire con qualcuno” scosse il capo, cercando di rassicurarlo. “Inoltre Will non lo verrà mai a sapere e se anche dovesse succedere ho una lunga lista di cose molto più imbarazzanti sul suo conto che lo farebbero restare zitto. Stai tranquillo, è un po’ come i vecchi tempi al villaggio, quando andavamo tutti a dormire nei garage durante l’estate”.

Theo arrossì, chinando la testa: “…Di solito non ero invitato, tutti credevano fossi radioattivo” mormorò mesto.

“Allora sarà la tua prima volta!” Cat cercò di stravolgere la situazione, sentendo nella sua mente il poco rassicurante suono prodotto da una palese arrampicata sugli specchi. “Puoi anche farti una doccia, se ti va. Non fare complimenti.”

Senza aspettare la sua replica, si precipitò nella stanzetta da bagno, facendo sparire tutto quello che gli avrebbe potuto causare qualche reale imbarazzo, ficcando la biancheria stesa ad asciugare nella lavatrice e chiudendola con un tonfo sonoro. Recuperò un paio di asciugamani puliti e una vecchia tuta di suo fratello e li tese a Theo, costringendolo a lasciare finalmente la presa dal berretto.

Lasciò che scomparisse oltre la porta scorrevole e solo quando sentì lo sciacquio dell’acqua si rilassò, aprendo il frigorifero alla ricerca di una lattina di birra. Si sedette alla finestra, osservando la gigantesca costruzione degli HQ in lontananza e cercò di mettersi nei panni del suo ospite, che aveva avuto il coraggio di pensare come quella vista potesse addirittura essere considerata bella.

“Ti ringrazio”. La voce di Theo le giunse alle orecchie, mentre si accoccolava accanto a lei, infilato alla meno peggio nella tuta. “Era da qualche tempo che non stavo così bene” sospirò, chiudendo gli occhi.

Cat rimase in silenzio, fissando la sua figura, improvvisamente diversa da quella del solito schiavo del Dipartimento di Scienza e Ricerca, perennemente ingobbito e nascosto tra il berretto e il camice sporco di sostanze raccapriccianti. Il calore dell’acqua sembrava avergli ridato un po’ di colore alle guance, mentre i capelli umidi erano raccolti ordinatamente dietro alla nuca.

“Non sei radioattivo” commentò, sfiorandolo per scherzo sullo zigomo ossuto. “Non emetti luce verde, quindi sei sano”.

Una risata timida gli uscì dalle labbra: “Questo mi piacerebbe che venisse detto a tutta la Shin-Ra”.

“Mi dispiace per quello che è successo al villaggio… Non lo sapevo. Credevo non venissi perché i tuoi genitori ti rinchiudevano con loro alla centrale di energia”.

“Non vedevo l’ora di poter scappare a Midgar” sospirò, guardando oltre la finestra. “Non mi piace stare qui, ma almeno ci sono altre persone come me”.

“…Radioattive?” lo prese in giro, giocherellando con la lattina.

“E tu appartieni alla categoria delle persone alcolizzate, Cat” scosse la testa, prendendole dalle mani la birra e fissandola serio. “Tutti quelli dei piani sotto il 67 sono drogati di qualcosa: Mako, birra, farmaci, fumo…”

“Dimentichi il lavoro. Il lavoro e il sesso”, aggiunse contando le ultime due opzioni sulle dita. “Ne so per esperienza”.

Theo annusò la lattina e le rivolse un’occhiata: “Posso provare? Non ho mai bevuto alcolici e mi sono sempre chiesto che sapore possano avere. Il Dottor Hojo ce lo vieta da contratto, dice che sono roba da Turk e dato il nostro lavoro non possiamo girovagare nei laboratori attaccati alla bottiglia”.

Cat spalancò gli occhi per la sorpresa: “Prego. È la birra della peggior specie, ma è meglio che tu ci faccia l’abitudine trattandosi dell’unica marca che puoi si comprare con questo stipendio. Inoltre è pure tiepida, avrai una delle esperienze peggiori sotto tutti i punti di vista”.

Lo guardò ingollare un sorso poco convinto, per poi deglutire a fatica. Rimase immobile per qualche secondo, strizzando gli occhi, poi le passò la lattina con un filo di voce: “L’acqua è buonissima. Dovresti provarla, ogni tanto”.

Ridacchiò, prendendo un sorso a sua volta.

“Cat, vorrei chiederti una cosa”. Theo si era voltato verso di lei, stringendo i bordi delle maniche della tuta. “Io… speravo di avere una buona scusa, ma non ho bevuto abbastanza per giustificarmi…”

“È la tua prima volta, no?” lo interruppe, avvicinandosi a lui. Non le serviva sapere altro, poteva ben immaginarsi cosa volesse dire. Certo, non si era aspettata che quella serata avrebbe preso quel genere di risvolto, ma non c’era nulla di male. Poteva addirittura rivelarsi divertente, indipendentemente da quanto sarebbe potuto succedere.

Theo rimase in silenzio, senza smettere di tormentare la felpa: “Alla Shin-Ra, non lo verranno a sapere?” mormorò con un filo di voce.

Gli scompigliò i capelli, sciogliendo il nodo con cui erano legati alla nuca: “Solitamente siete vuoi uomini ad avere la bocca larga a questo riguardo”. Lo vide scuotere la testa, facendosi serio.

Erano di fronte l’uno all’altra, immersi in un improvviso silenzio nella notte di Midgar.

Cat allungò una mano verso di lui, accarezzandogli il viso affilato, mentre chiudeva gli occhi al suo tocco. Lasciò che si rilassasse, imitandola a sua volta, facendo scorrere un dito magro lungo la sua guancia, giocando con i suoi capelli.

La distanza tra loro iniziò a diminuire con lentezza, mentre Theo sembrava voler memorizzare ogni tratto del suo viso con le sue dita. Finalmente, sentì il suo respiro caldo vicino alle labbra, insieme a un leggero sentore di malto di pessima qualità.

“…Posso baciarti?” sussurrò, mentre le sue braccia magre la stringevano appena a sé. Cat sorrise, spingendo il capo verso di lui, incontrando la sua bocca schiusa. Lo sentì irrigidirsi, per poi rispondere timidamente al suo bacio e lasciarsi guidare da lei in quei lunghi istanti prima di separarsi di nuovo.

Theo appoggiò la fronte alla sua, lasciandosi andare in un lungo sospiro: “…Grazie”. La sciolse dall’abbraccio e prese un altro sorso di birra. Cat lo vide fare una smorfia di disgusto, asciugandosi dagli occhi quelle che sembravano lacrime.

“Stai bene?” si avvicinò, sfiorandogli preoccupata il viso. Aveva dato numerosi baci nella sua vita, ma quella era la prima volta che assisteva a una reazione del genere.

La stretta inaspettata di Theo la lasciò senza fiato, immobilizzandola contro il suo petto, mentre scoppiava in un pianto soffocato. Sentiva il suo cuore battere all’impazzata, mentre la schiena era sconquassata dai singhiozzi. Rimase aggrappata a lui, lasciando che si sfogasse, buttasse fuori in quella forma tutto quello che aveva visto in quegli anni nei laboratori del Piano 67.

Pian piano il suo respiro iniziò a tornare regolare, annaspando per trovare aria, la voce rotta e arrochita dalle lacrime.

“E-ero venuto qui solo per… per parlare con qualcuno…” balbettò, affondando la testa contro la spalla di Cat, accarezzandole il collo con i capelli umidi. Le labbra bollenti si appoggiarono all’angolo della sua bocca, tremando: “Ho paura di impazzire, di non farcela più, come tutti gli altri. È stato orribile, ogni giorno entravo al laboratorio e ce n’era uno…” le sue mani si aggrapparono convulsamente alla sua schiena, senza riuscire ad afferrarla. “Credevo di aver visto il peggio la notte di quel mostro, tutto quel sangue sparso nei corridoi… O quando uno dei test SOLDIER annega nella Mako, quando inizia a battere sul vetro e lo lasciamo morire lì dentro perché tanto non serve più…” continuò, il respiro affannoso contro la sua pelle.

Cat allungò una mano sulla sua nuca, muovendo lentamente le dita lungo le vertebre sporgenti. Theo sembrò improvvisamente perdere ogni forza, lasciandosi andare contro di lei a peso morto, le braccia abbandonate lungo il corpo.

“Sono stanco” sospirò, restando in quella posizione, il capo nascosto contro la sua spalla. Cat annuì in silenzio, prendendo delicatamente le sue spalle e incontrando i suoi occhi: “Hai bisogno di riposare. Qui. Non tornerai agli Slums stanotte”.

Si alzò ondeggiando e iniziò a chiudere il tavolino basso, riponendolo in un angolo con i suoi cuscini quadrati. Aprì l’armadio a parete, tirò fuori i due bassi materassi e le coperte che conservava al suo interno. Li appoggiò sul pavimento e invitò Theo ad avvicinarsi. Lasciò che ci si infilasse silenzioso, accoccolandosi come un bambino.

“Dove vai…?” mormorò ansioso girandosi su un fianco, vedendola uscire dalla piccola stanza.

“Non posso dormire in divisa” rise, indicando lo stropicciato completo blu scuro con la spilla quadrata della Shin-Ra bene in vista. Theo abbozzò un sorriso, tornando ad avvolgersi nelle coperte: “Ti aspetto”.

Cat entrò nel piccolo bagno ancora caldo e umido. Notò come gli asciugamani e i vestiti fossero stati ripiegati con cura, appoggiati sopra alla lavatrice e al cesto dei panni sporchi: anche questo per lei era una novità, abituata com’era a lasciar cadere e sparpagliare le cose in giro, per poi lamentarsi di non trovare mai un completo abbinato.

L’acqua calda l’aiutò a sciogliere un po’ il macigno di pensieri che Theo aveva condiviso con lei. Sentiva nella testa la sua voce spezzata, mentre quello strano odore di bagnoschiuma e sangue le restava ancora alle narici: forse nemmeno mille bagni bollenti avrebbero potuto lavare via tutta la sporcizia che si era accumulata dentro di lui in quegli anni.

Si asciugò i capelli, lasciandoli cadere oltre la schiena, e indossò una delle tante tute da ginnastica della Compagnia che aveva trafugato dalla Palestra. Pensò a come, nella sua sfortunata esperienza con gli appartenenti al genere maschile, avesse travisato le parole di Theo, dimostrando quanto la sua capacità di preveggenza fosse davvero inutile: in fondo, non era venuto da lei per andare oltre a una cena e magari una chiacchierata che non includesse esperimenti mal riusciti e morti da Mako. Tuttavia non rimpiangeva di averlo baciato; in fondo era giusto poter dispensare ogni tanto un po’ di quel genere di umanità, che al Piano 67 sembravano aver strappato a forza a ciascuno di loro.

Chiuse le tende alla finestra, facendo cadere la stanzetta nella penombra. Theo si girò verso di lei, gli occhi socchiusi che brillavano sul viso ancora tirato: “Era tanto tempo che non ti vedevo con i capelli sciolti. Dal viaggio in treno, se non ricordo male”.

“Regolamento aziendale” si mise sul fianco incontrando il suo sguardo, per poi allungare le dita e giocare con le ciocche che gli cadevano sul cuscino. “Come stai?” mormorò, sfiorandogli le guance scavate.

Theo sospirò, appoggiando la guancia al palmo della sua mano: “…Meglio. Ti ringrazio”. Le si avvicinò, prendendole a sua volta i capelli e portandoseli alle labbra: “Posso abbracciarti? Ancora un po’?”

Cat sentì il calore tiepido del suo corpo, mentre intrecciava le dite alle sue. In quel momento pensò stupidamente come fosse raro trovare una persona con una temperatura corporea così bassa, addirittura minore di quella di una qualsiasi segretaria perennemente a dieta e broccoli.

Forse fu per curiosità che la sua mano si mosse su di lui, tracciando una linea incerta lungo le clavicole sporgenti, lo sterno e i pettorali appena percettibili, per poi scendere silenziosa verso il suo stomaco teso e appiattito dal poco cibo.

Stava trattenendo il respiro.

Se ne rese conto all’improvviso, allontanando la mano di scatto: “S-scusami” mormorò, fissandolo negli occhi spalancati. Theo deglutì a fatica, allargando le labbra in un sorriso imbarazzato: “Non sono esattamente il tipo di persona da toccare” commentò con un risolino sommesso. “I SOLDIER forse sono più interessanti. Muscoli e cicatrici da battaglia, quelli fanno impazzire le ragazze”.

Si alzò lentamente a sedere, stiracchiandosi e appoggiando il mento sulle ginocchia: “Anche io ho delle cicatrici, sai?”

Lo vide sfilarsi lentamente la parte superiore della tuta, il busto pallido, magro e ossuto infilato in una t-shirt scolorita, che riluceva come una lampadina scarica nella penombra della stanza.

In quel momento le vide: cicatrici sottili e lunghissime che attraversavano la carne delle braccia magre, di quel bianco malato che accomunava gli abitanti degli Slums.

“Si aggrappano a te, ti minacciano e cercano anche ti ammazzarti con loro” sospirò, facendo passare un dito lungo una di quelle ferite scolorite. “Il Dottor Hojo si arrabbia se esageriamo, se sono ancora utili e li uccidiamo prima che uccidano noi…” nascose il capo tra le ginocchia, “…ma noi… noi non vogliamo morire”.

Cat si chinò su di lui, abbracciandolo delicatamente, improvvisamente spaventata all’idea di poterlo ridurre in mille pezzi. Sentiva i suoi tremiti, i denti che avevano iniziato a battere con un rumore di grandine.

Theo si appoggiò a lei, di nuovo senza forze, come se ogni parola gli costasse un incredibile dispendio di energia. Lo sentì muoversi lentamente nel suo abbraccio, strofinando il capo contro il suo collo, il respiro tiepido che si condensava sulla pelle. Incontrò i suoi occhi scuri, privi di quella scintilla verde che aveva spesso popolato i suoi risvegli in passato: la fissavano lucidi, colpevoli di quello che aveva fatto tante volte nei laboratori del Piano 67.

Le labbra di Theo sfregarono contro le sue, gemendo debolmente, mentre lo baciava di nuovo, intrecciando le mani ai capelli. Lo immobilizzò in uno scomodo abbraccio, le coperte mescolate a loro, ignorando le dita che grattavano sulla stoffa della tuta.

“…Cat, basta così” si allontanò da lei improvvisamente, cercando di riprendere fiato. Le guance arrossate sul viso pallido parevano il sintomo di una febbre pericolosamente alta.

Restò ferma davanti a lui, cercando di leggere la sua prossima, strana mossa, ma senza successo.

“Grazie” ripeté nuovamente Theo, stringendosi nella coperta per poi abbracciarla a sua volta. “Grazie, ma basta così”.

Le prese la mano con cui aveva esplorato il suo corpo, portandosela alle labbra e baciandola con dolcezza, per poi appoggiarla al petto: “Voglio solo dormire accanto a te, stanotte…”. Lasciò la presa, infilandosi nuovamente la tuta e sistemando le coperte. Lo vide coricarsi sul fianco, un palmo teso verso di lei: “…Stringendoti la mano”.

Lo imitò, voltandosi poi verso di lui e intrecciando le dita alle sue: “Buonanotte, Theo” sorrise, incontrando il suo viso illuminato dal riverbero verde.

“Buonanotte, Cat” rispose di rimando, chiudendo gli occhi con un sospiro.
Spoiler
Cat e le sue storie d'amore complicate per vari e diversi motivi.

La prima di una (fortunatamente corta) serie di estratti pseudo-romantici dalla sua vita in quel di Midgar. Nel cervello di Cat, queste sono le 'store d'amore che le hanno rovinato l'esistenza e la sua fiducia nell'umanità', ma a lei basta poco per lamentarsi di tutto e farne una tragedia greca.

Livello di oggi: 'Cat e le relazioni interpersonali con il Dipartimento di Scienza e Ricerca, AKA Theo Hazard, AKA alla fine non se ne fa niente perché sono tutti un po' strambi e al Piano 67 degli Shin-Ra HQ la gente ha probabilmente firmato i contratti col sangue e i sacrifici umani'.
Ultima modifica di Akainatsuki il 18 feb 2016, 23:10, modificato 2 volte in totale.
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Re: FanFic Garden

Messaggio da CrisAntoine »

L'infinita tristezza del sentirsi soli
Capitolo 4
Un assaggio di Quotidianità, Dolcezza, Amore!

Lentamente, cominciai ad divenire parte della tribù. Inizialmente cercai di aiutare Ylenia nel suo ruolo di guaritrice ma, non essendo in grado nemmeno di fare una fasciatura decente, presto la mia nuova amica mi trovò un modo differente per essere utile alla comunità.
-Dovrò aiutare il vecchio a fare che?
-Dovrai fargli da badante, Rina. L’Anziano non è più autosufficiente. Dovrai supportarlo a casa e coi bambini.
-Non credo di essere in grado…
-Fidati! Farai meglio che con me.
Non potei controbattere

Il nuovo ruolo non era poi così male. Dovevo semplicemente accontentare le richieste del vecchietto e giocare coi bambini, e ciò mi divertiva; mi sentivo come quei bambini, senza pensieri, senza troppo a cui pensare. Fu la prima volta che pensai che la mia non fosse una vera e propria condanna, ma una seconda possibilità.
Quando l’Anziano non aveva lavoro per me passavo il mio tempo allenandomi con Flik: quando gli uomini erano a caccia c’era bisogno di qualcuno che difendesse il villaggio, ed io mi ero offerta volontaria.
-Stai facendo progressi.- Spada contro spada, Flik roteò il polso e in un attimo mi ritrovai disarmata –Ma ancora non basta.
Adoravo quelle ore, non solo perché stavo imparando a cavarmela da sola e a difendere chi amavo, ma anche perché stavo scoprendo quel magico sentimento chiamato amore. Fu in una di queste lezioni, in un torrido pomeriggio desertico estivo, che il nostro legame crebbe esponenzialmente.

Flik parò un fendente verticale, ma lo avevo programmato. Gli sferrai un calcio dritto nel fianco destro, mozzandogli il respiro. Allontano la spada di legno e con fendente orizzontale gli tocco il collo.
-Ho vinto- urlo, entusiaste. Il ragazzo, sorpreso, alza le braccia al cielo in segno di resa. –Va bene, mi arrendo.
Allontano l’arma e gli do le spalle, festeggiando. Flik si rialza e tenta di colpirmi alle spalle ma me ne accorgo, mi volto con le braccia protese per fermare il colpo e dalle mie mani fuoriesce una palla di fuoco che consuma la spada del mio avversario.
-Cosa diamine hai fatto?
Ci guardiamo, stupefatti: nessuno dei due aveva mai visto una cosa simile, e il fatto che sia stata io a farla mi incuteva un certo terrore.
-Dobbiamo dirlo all’Anziano.
-No- Flik stava per andare ma lo bloccai per un braccio. –Se andrai, potrebbe decidere di allontanarmi… questa cosa l’ho vista fare da alcuni mostri…
Sapeva che avevo ragione, per cui mi strinse le braccia e mi costrinse a guardarlo negli occhi.
-Rina, non pensarlo! Non devi minimamente crederlo! Tu non sei un mostro.
-Forse…
-No, Rina!
I miei occhi erano colmi di lacrime, il solo pensiero di poter essere “diversa” mi spaventava. Non so cosa ci spinse a fare ciò che avvenne dopo. Io ero sul punto di piangere, allora Flik mi accarezzo e accostò le sue labbra alle mie. Fu la cosa più bella della mia vita! Il mio corpo fremette al contatto delle labbra di lui, la mia mente si svuotò di ogni pensiero; il mio cuore accelerò i suoi battiti. Quando si allontanò mi sentì persa.
"In a world full of eggplants and peaches, I'm a tomato!"

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Messaggio da Akainatsuki »

Cat Empitsu [BACKstory #3]
Insert ___<<KOKORO>>___ here
Theme song: Fighter – Bump of Chicken (3 Gatsu no Raion)

***
Errare è umano, perseverare è diabolico.

Cat conosceva bene quel detto, poteva applicarsi benissimo alla sua capacità di venire truffata, sedotta e abbandonata da qualunque essere umano capace di offrirle una birra un po’ più decente delle sue consuete lattine da pochi Gil.

Quella volta – per la ‘enne’ volta consecutiva – era stato ancora peggio: non si era trattato solo di un essere umano con un portafoglio più fornito del suo, ma persino di uno di quelli che si spalmavano la Mako sui panini a colazione, pranzo, cena e spuntini comandati.

Appoggiò sconsolata la testa al bordo della corta vasca in cui aveva deciso di aggiungere all’acqua calda tutte le sue lacrime di coccodrillo. O di latte versato.

Cercò di affogarsi scivolando lungo la parete di plastica e trattenendo il respiro, ma senza successo. Il suo spirito di autoconservazione l’avrebbe fatta uscire viva persino dal giorno in cui gli Dei si sarebbero finalmente accaniti su Midgar, poteva quasi prevederlo.

Catty, posso entrare?”

Quel nomignolo le fece accapponare la pelle, nonostante la temperatura piacevole dell’acqua in quello spazio ristretto: il suo orgoglio e autostima rischiavano di venire uccisi da certi soprannomi piuttosto che dal numero di volte in cui si era fatta truffare dal primo bellimbusto di passaggio.

“No. Non provare nemmeno a mettere una mano sulla maniglia” ringhiò, fissando torva la figura che si stagliava oltre il vetro smerigliato. “Inoltre ho chiuso a chiave, quindi non potresti comunque entrare”.

Dopo un attimo di silenzio, lo sentì ridacchiare di gusto. Interruppe la sua risata, prevedendo quello che stava per commentare: “…E non ti azzardare a scardinare la porta o te la faccio ingoiare pezzo per pezzo!”

“Ecco Catty e le sue capacità di preveggenza che tornano a funzionare! Era esattamente quello a cui stavo pensando!”

Rabbrividì all’idea che potesse davvero mettere in pratica qualcosa di così stupido, ma fortunatamente sembrò desistere. La sua figura scomparve dall’immagine confusa del vetro, lasciando Cat nel silenzio della meditazione sulla stupidità finché la vista delle sue dita raggrinzite non la costrinsero a concludere la sua seduta di autoflagellazione interiore.

Uscì dal bagno in punta di piedi, infagottata in una vecchia camicia da notte che aveva nel suo armadio dai primi anni delle superiori. Si affacciò alla stanzetta attigua, dove lo vide beatamente sdraiato a terra, un braccio a sollevare il capo, mentre guardava qualche penoso varietà alla televisione.

“Adoro i programmi serali, mi rilassano il cervello” commentò, girandosi verso di lei. “Peccato che ai Dormitori non abbiamo un apparecchio per ogni stanza, così mi tocca quello che va al resto del gruppo. Cose poco adatte a voi giovani donzelle di buona famiglia dei Piani Alti, non so se mi spiego…”

Sospirò, appoggiandosi allo stipite: “Si spiega benissimo il fatto che questo influisca in negativo sul tuo cervello, Will”.

I suoi occhi screziati di Mako brillarono divertiti nella penombra, mentre un sorrisetto gli si allargava sul viso cotto dal sole di una recente missione a Wutai: “Considero un complimento il fatto che tu riconosca che io possieda un cervello, Catty”.

Si strinse nella camicia da notte, incrociando le braccia al petto.

Will Hunt sembrò non notare il totale disappunto che emanava da ogni suo poro, tornando a voltarle le spalle per dedicarsi al programma. Si era rivestito, indossando gli assurdi abiti viola scuro della Third Class, eccezion fatta per spallacci e cinturone, che restavano appoggiati con cura in un angolo della stanza. I suoi capelli ipercubici ondeggiavano al ritmo dello stacchetto in sottofondo, accompagnati dal suo canticchiare sommesso.

“Rischi di perdere l’ultimo treno” sbuffò, battendo a terra nervosa con un piede. Si voltò nuovamente verso di lei, rivolgendole uno sguardo di sufficienza: “Ho tutta intenzione di perderlo, qui c’è posto per due, no?” rispose di rimando. “Inoltre ti ho offerto la cena, le birre e pure una spalla su cui tornare a casa evitando di attraversare in piena sbronza felice tutto il Settore 6. Penso di meritarmi un riposo decente senza dover fare marcia indietro agli HQ…”

Non aveva finito, Cat poteva percepire come stesse per aggiungere qualcosa di ancora più imbarazzante. Cercò di controbattere, ma la sua lingua fu più veloce.

“…Inoltre potrei finire ammazzato. Midgar non è un posto dove la gente si saluta cordialmente e si presta lo zucchero tra vicini!”

Ridacchiò alla sua battuta, alzandosi in piedi e appoggiandosi a sua volta allo stipite della porta: “Non vorrai che un povero SOLDIER innocente faccia una brutta fine in un vicolo qualsiasi del Settore 6? Dov’è il tuo cuore, Cat?”

Incontrò i suoi occhi colorati di Mako intenti a squadrarla fin troppo eloquentemente proprio dove avrebbe teoricamente dovuto trovarsi quello che era suo cuore.

Lo schioccare di un ceffone ben assestato risuonò in quello piccolo spazio. Rimasero per qualche lungo secondo immobili nelle rispettive posizioni, solo il mormorio della televisione in sottofondo a ricordare come il tempo stesse continuando a scorrere.

“…Ho esagerato. Scusami” sussurrò Will, portandosi una mano alla guancia arrossata. “Ho davvero esagerato”.

Conosceva bene il suo punto debole. Era stata lei stessa a mostrarglielo una sera di qualche mese prima, dopo una giornata di lavoro come tante altre. In cui lui l’aveva trovata rintanata in uno sgabuzzino.
***
Ai diversi piani degli HQ Shin-Ra vivevano stuoli di segretarie addette a portare caffè e fotocopie, scrivere e riscrivere decine di volte i medesimi verbali e destinate a convolare a nozze con qualche insulso e scapolo quadro medio. Tassativamente entro i 25 anni, come da tradizione retrograda e non scritta di quel mondo.

Cat era rimasta a fissare sogghignando quei siparietti dalla sua fotocopiatrice, sorseggiando il pessimo caffè annacquato dei distributori automatici del Piano 62: sapeva bene come alla fine, la maggior parte di loro si sarebbe ritrovata ad aspettare fino a notte fonda il ritorno dell’amato da qualche allegra serata all’Honey Bee Manor.

Insomma, sarebbe tutto andato a puttane.

Più volte era stata sorpresa a ridacchiare dietro i suoi fogli impilati e pinzati, attirando le occhiate stizzite e offese delle sue colleghe, che la superavano a labbra strette.

Theo l’aveva ammonita senza successo, mentre cercava nel contempo di avanzare nel dungeon di uno dei suoi videogiochi, e Lala aveva balbettato qualcosa sul rispetto altrui, stringendosi alla boccia di Flo, il pesce rosso del Dipartimento dello Sviluppo Militare. Per Will invece quelle ragazze appena maritate, sole e abbandonate erano una vera e propria manna caduta dal Cielo per il volere di qualche dio misericordioso della sua impietosa vita di SOLDIER.

Quando nel bel mezzo di una pausa pranzo qualsiasi Cat si era trovata allo stesso tavolo di una di quelle segretarine sensibili e appena di ritorno da una breve luna di miele a Costa del Sol, era stata spettatrice di una scena che non avrebbe potuto lasciarla indifferente: la suddetta neo-sposina in lacrime sul suo pranzo tiepido e intenta a sciorinare i troppi spostamenti del suo amato in direzione del Settore 6, a cui seguì il conseguente abbraccio collettivo e comprensivo da parte delle sue tante compagne di vita e sventure.

Tuttavia, lei non ne prese parte, rimanendo al suo posto a rivoltare con sguardo assente la sua consueta insalata di pollo.

Quel non-gesto fu molto più sconvolgente di un neo-maritino scoperto nelle sue visite settimanali all’Honey Bee Manor.

La mancanza di cuore di Cat Empitsu fece in poco tempo tutti i 69 Piani degli HQ Shin-Ra, con le conseguenti battutine riguardanti il suo passato tra i bassifondi del Settore 6 e del Wall Market.

Domino e Hart approfittarono dell’occasione per rincarare la loro dose di doppi sensi gratuiti e di basso livello, finché non scoprirono delle numerose bamboline voodoo che la loro schiava di fiducia aveva fatto confezionare a una delle migliori iettatrici degli Slums. In quel mondo di tecnologia e Mako, certe superstizioni erano dure a morire, e così Cat riuscì almeno a mettere a tacere le due persone con cui aveva maggiormente a che fare nella sua vita quotidiana – fotocopiatrice esclusa.

“Cosa avrei dovuto fare? Sarebbe stato ipocrita…” si giustificò davanti al quartetto che si era radunato nell’Infermeria degli HQ Shin-Ra: una delle tante compagne di vita e sventura della neo-sposina tradita aveva avuto l’idea di farla precipitare dalle scale, seguita da una notevole pila di fotocopie ancora bollenti.

Theo le premeva coscienziosamente una borsa di ghiaccio sul bernoccolo che aveva sulla fronte, mentre Lala singhiozzava sommessamente accanto e invocava in protezione tutti gli Dei di Icicle Inn. Will si era presentato sottobraccio del fratellino di Cat, Mice, strappato a forza da una delle sessioni di pattuglia della Shin-Ra Guard.

“…Mentre questo è esagerato” indicò il bozzo gelido e il naso che aveva visto giorni migliori.

Nonostante i nuovi tentativi di farla ragionare, di come quell’atteggiamento troppo ‘fuori dal gruppo’ non avrebbe potuto che nuocerle, magari con qualcosa di peggio di un volo dalle scale, Cat rimase testardamente ancorata alle sue convinzioni.

“Li ho visti tutti. Li ho registrati tutti. Anche padri, fratelli e cugini di terzo grado” sbottò all’ennesimo bernoccolo e un taglierino maldestramente sfuggito di mano che aveva cercato di infilarsi dritto in un occhio, evitato solo perché lo aveva previsto, preciso e silenzioso nella sua traiettoria perfetta da cecchino con le unghie limate e il fondotinta ben steso.

Fu qualche tempo dopo che Will la scoprì rintanata in uno sgabuzzino parecchie ore a seguire la chiusura degli uffici.

“…Ti porto a casa, Cat” aveva esordito senza giri di parole. Lei era rimasta accoccolata nella sua posizione, tamburellando con le dita sul pavimento di linoleum grigio e rosso.

“Devi tornare a casa a riposare, non puoi stare qui fino a domattina” si era allungato verso la sua figura, sfiorandole la divisa. “Non vorrai dormire nella Rest Room, vero? Dicono che quelle brandine siano scomodissime…”

Si alzò lentamente senza rivolgergli lo sguardo, appoggiandosi alla parete. Will indietreggiò per farla uscire dallo sgabuzzino, mentre cercava di ripassare mentalmente il percorso dagli HQ Shin-Ra al suo monolocale del Settore 6. Di solito ci arrivavano piuttosto alticci e solo grazie alle capacità di orientamento di Cat, sulle quali in quel frangente non avrebbe potuto probabilmente contare.

Percorsero corridoi e scale, entrarono ed uscirono da altrettanti ascensori, finché lasciarono in silenzio l’ingresso principale alle loro spalle, per salire su uno dei tanti treni che connettevano il Settore 0 al resto di Midgar.

Davanti alla porticina di quell’appartamento anonimo, Cat tornò a parlare con gran sorpresa del SOLDIER che le era accanto.

“…Tu ci credi?”

La guardò stranito, allungando le orecchie per poter sentire la sua voce oltre il rumore continuo dei reattori e dello sferragliare dei treni.

“A cosa?”

Alzò gli occhi verso di lui, mordendosi le labbra: “Al mio cuore. O meglio, alla possibilità che non ci sia”.

“Sono solo battute di pessimo gusto” le sorrise. “Nessuno di noi ci crede, stai tranquilla”.

Cat annuì in silenzio, per poi stringergli improvvisamente il braccio: “E se non ci fosse davvero? Se lo avessi perso?” mormorò. “Se avessero ragione?”

Scosse il capo cercando le parole giuste, ma venne interrotto prima che potesse elaborare qualcosa di azzeccato.

“Vorresti aiutarmi…?” la stretta su di lui aumentò, mentre i denti di Cat scricchiolavano. Rimase un attimo senza comprendere, ma di nuovo venne preceduto. “A capire se ho ancora un cuore…?”
***
Allora era stato facile. Will non se lo era fatto ripetere due volte.

Non era la prima volta che baciava Cat, c’erano già stati parecchi precedenti in quel villaggio nella polvere e deserto della Wastelands. Entrambi di anni ed esperienze più giovani; lui ancora senza di tutta quella Mako che gli scorreva nelle vene, lei ancora priva di tutti i macigni che aveva ammassato su quel cuore.

“…Ho davvero esagerato, scusami” ripeté, abbassando il capo. Strinse le nocche mentre si allontanava da lei, chinandosi a raccogliere il resto della sua divisa sistemata ordinatamente contro una parete, per essere indossata in fretta e silenzio il mattino dopo.

All’improvviso il suo corpo sembrò essersi fatto più pesante. Cat si era addossata a lui, circondandogli le spalle e affondando il capo contro la nuca.

“Non ti ho detto che devi andare via” borbottò. “Potresti fare una brutta fine in qualche vicolo sconosciuto di Midgar, no?”
Sentì i muscoli di Will rilassarsi sotto di lei, mentre un sospiro gli attraversava la schiena: “Cosa vuoi che faccia, allora?”

La sua domanda rimase senza risposta, mentre Cat continuava a stringersi a lui, lasciando che il silenzio della stanza li avvolgesse di nuovo.

“…Niente. Goditi il tuo riposo qui e poi torna domattina alla Shin-Ra. In fondo, è quello che facciamo tutti”.

Si rimise in piedi, indietreggiando di qualche passo per appoggiarsi alla finestra che dava sulla distesa di tetti del Settore 6. Will la imitò, sedendosi sul pavimento accanto a lei: “Il tuo nuovo lavoro sta rendendoti come quel gattaccio meccanico” sorrise, socchiudendo gli occhi ed evitando di pochi millimetri il calcio che cercò di fracassargli la testa. “Hai un cuore, Cat, ma di cosa sia effettivamente fatto ce lo stiamo chiedendo tutti”.

Allungò una mano, saggiando insistentemente la sua gamba nuda: “Per adesso direi che sei ancora umana. Meravigliosamente umana” ridacchiò, abbracciandola e solleticandole la pelle con i suoi assurdi capelli fino a farle perdere l’equilibrio.
Spoiler
Cat e le sue storie d'amore complicate per vari e diversi motivi - parte 2.

Perché la storia con un SOLDIER ci sta, è troppo mainstream e va inserita a costo di giocarci a Tetris. E poi si tratta di una segretaria ex-Apina dell'Honey Bee Manor, i doppi sensi e le crudeltà di sprecano.

(Aggià, la cosa dello sposarsi entro i 25 anni è tutta vera, specie se siete delle OL giapponesi degli anni Ottanta-Novanta)

Livello di oggi: 'Cat e la SOLDIER che mai smetterà di malsopportare nonostante tutto, AKA Will Hunt, AKA lì al Piano 65 sono tutti uomini con la Mako nel cervello, immaginatevi le conversazioni profonde sul tempo e il menu della Mensa'.
Ultima modifica di Akainatsuki il 18 feb 2016, 23:19, modificato 1 volta in totale.
Scheda personaggio Garden Club - Abi "Hade" De Vultures
xthegame89x
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Re: FanFic Garden

Messaggio da xthegame89x »

Hail to the king

1/4
...doveva stare lontano...
...solo così erano al sicuro...
...il demone doveva essere lontano dalle persone che amava...
...meglio soli ma con loro al sicuro...

Si svegliò di soprassalto, mentre i rumori esterni della foresta lo circondavano. La notte lo aveva raggiunto e lui per la stanchezza aveva ceduto. Non era riuscito nemmeno a montare la tenda prima che il buio lo circondasse. In quei giorni, non riusciva a chiudere occhio. Era riuscito a dormire si e no due ore in tre giorni. Non poteva andare avanti così. Rimase sempre vicino al Garden, in modo che se lui avesse preso il sopravvento e fosse spuntato fuori, loro avrebbero avuto il tempo di abbatterlo con le armi, senza riconoscerlo. Scambiandolo per un semplice drago che si era avvicinato troppo a loro. Sperava che fosse così, non prima di vedere il Garden fare il solito salto e sparire in un vortice di luci e colori. Chissà dov'erano diretti.

I giorni che seguirono girovagò per la foresta, in cerca di cibo e riparo. Sembrava un selvaggio. La barba lunga, le lunghe occhiaie dovute al sonno. Aveva perso qualche chilo, ma non vi fece caso. Riuscì a mangiare qualcosa, la caccia non era un problema. Passarono i giorni, settimane, mesi... era stanco. Stanco di vivere. Stanco di dover sempre stare all'erta. Glielo aveva promesso: prima o poi lo avrebbe preso. Lui non doveva permetterlo. La lama di Dragon Souls si materializzò davanti a lui. Sembrava che le squame fossero opache e grigie, anziché blu e lucenti. Sembrava che anche la sua fidata lama lo stesse abbandonando. Non prima di accettare il suo sangue, non prima di aver posto fine alla sua vita. Tolse la lama e la piantò nel terreno morbido davanti a sé. Caricò il fucile, aveva un solo proiettile. Probabilmente, sarebbe stato il suo ultimo colpo.

Dopo qualche istante dove la sua vita sembrava passargli davanti, il così detto lampo prima di morire, lo puntò alla sua testa. Premette il grilletto. Andò a vuoto. Non c'era indecisione nei suoi gesti, era pronto a farla finita. Il dito accarezzò un'altra volta il grilletto e...

- Sei sicuro?

La voce lo fece sobbalzare e puntò il fucile alle sue spalle. - Chi sei? Fatti vedere! - Matt pensò di esserselo immaginato. Forse era l'ultima difesa di Dark Bahamut o quello che era per impedirgli di uccidersi. Riportò il fucile alla testa, in quel momento udì un fruscio.

- Che stai facendo? Perchè fai questo?

Forse il primo colpo non era andato a vuoto? Davanti a lui vi era la figura di una ragazza, ma non era una semplice ragazza. Era bellissima. Lunghi capelli biondi le ricadevano a boccoli sulle spalle, viso candido leggermente pallido, lineamenti delicati e gli occhi, gli occhi erano qualcosa di paradisiaco. Erano di un azzurro così chiaro che Matt si perse nel suo sguardo. Non disse niente, ma la mano col fucile si abbassò. Non riusciva a parlare. Chi era? Cosa ci faceva lì?

- Hai perso la lingua? - sorrise

Aveva un bellissimo sorriso. Forse era un angelo e forse lui era già morto. - Mi... mi chiamo Matt... - disse il ragazzo mentre era completamente imbambolato.

- Piacere Matt... il mio nome è Elyna. Ora mi dici perché avevi intenzione di spararti?

Spararti. Suicidio. Farla finita. Dark Bahamut. Matt parve svegliarsi di colpo.

- Non sei al sicuro qui. Lasciami da solo. - disse Matt facendo scomparire le due armi
- Per lasciarti uccidere? Non credo proprio... come mai sei qui? - disse Elyna mentre si sedeva affianco al ragazzo

Gli pose una mano sulla spalla. Quel gesto semplice sembrò riscaldarlo e non aveva avvertito così tanto freddo in vita sua, non certo per la temperatura esterna. - Io... porto qualcosa dentro di me... qualcosa di terribile e di estremamente pericoloso... - Matt cominciò a raccontare. Non sapeva il motivo del suo parlare, ma nonostante tutto continuò a farlo. Non seppe nemmeno se la ragazza di fronte a lui fosse reale o fosse uno dei trucchi mentali di Dark Bahamut. Ma mentre parlava, sembrava che un po' del peso che portava se ne andasse. Elyna non lo interruppe nemmeno una volta. Nel ricordare il fratello però, Matt si bloccò. Sam. Dean. La sua famiglia. Il suo Garden. Pip, Egil, Raiden, Elza, Alex e tutti gli altri. Aura. Tutti i ricordi, i bei ricordi gli ritornarono alla mente. Una lacrima scese dall'occhio destro di Matt, confondendosi nella barba incolta del ragazzo.

- Perché te ne sei andato da loro?
- Per proteggerli... se sto lontano da loro, lui non può ferirli. - disse Matt abbassando lo sguardo
- Sei sicuro? Non ci sono altri motivi?
- Perché avrei dovuto? Non avevo altri motivi se non lasciarli al sicuro. Stare lontano da loro è ciò che mi rassicura. Almeno, sono certo che se lui esce allo scoperto loro mi scambiano per un drago qualsiasi e mi abbattono senza pensarci su.
- Non hai paura di perderli per sempre?
- Certo. Ma perderli per rimanere l'unico a sopravvivere sarebbe come se mi strappassero il cuore a mani nude, lasciandomi vivo.
- Non possono aiutarti col tuo problema? - disse Elyna
- No... nessuno può.
- E tu? Puoi aiutarti col tuo problema?

"Io? Come posso aiutarmi?" pensò Matt confuso. - Vieni con me. - disse Elyna porgendogli una mano. Matt la strinse e, senza dire una parola, si alzò insieme a lei, seguendola nella foresta.

Sono tornato ragazzi, con un nuovo canale e con nuove serie. Restate tunizzati per scoprirne di belle! Buona visione! :P
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Egil ha scritto: Non possiamo fare un referendum per dichiarare Matt Winchester illegale e immorale?

Leon ha scritto: Matt Winchester ogni volta che fai un commento inutile, un gattino nel mondo muore
Paine ha scritto: o.ò sisi confermo la mia teoria... Matt è posseduto dal demonio.
Leon ha scritto: E' più probabile che sia il demonio a essere posseduto da Matt Winchester.

Leon ha scritto: Non è la situazione ad essere disperata, è Matt che si è messo in testa di far crashare i server di Facebook.

Leon ha scritto: Matt Winchester la tua firma occupa una schermata intera e ho un fo***to monitor 1920*1080.
Matt Winchester ha scritto: Quindi anche Ruben è a Reloras??? Posso usare il suo pg????
Vero posso posso posso???
Daiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!
Drittz Do Urden ha scritto: No.
Matt Winchester ha scritto: Sob sigh... (A Drizzt Do Urden piace quest'elemento)
Paine ha scritto: Penso che comunque debba smettere di mortificare il povero matt.... è un cazzone, lo sappiamo tutti e mo lo sai anche tu, non ci fosse lui qua staremmo tutti a grattarci le palle, quindi passa un commento anche fosse acido. Paine docet
Leon ha scritto: Matt Winchester minaccia pure i cani randagi che incrocia per strada ormai (ovviamente trasformandosi in bahamut)
xthegame89x
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Re: FanFic Garden

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Hail to the King

2/4


Cosa stava facendo? Lui sapeva che doveva tenere chiunque lontano da lui, allora perché camminava mano nella mano insieme ad una ragazza in mezzo ad una foresta? "Forse sto sognando..." pensò perplesso. Il solo fatto che Elyna fosse al suo fianco sembrava dargli ragione. Come poteva una fanciulla così bella e misteriosa fargli compagnia in quella selva infernale? Si guardò attorno, il paesaggio circostante stava lentamente cambiando. Da una foresta fitta e oscura, si stava avvicinando a delle rocce in mezzo ad una landa desolata. Il terreno accanto ad un gruppo di rocce più grandi e posto proprio al centro di quella radura era stranamente erboso, di un verde quasi luminoso. La luce della luna raggiungeva quel prato, illuminandolo leggermente.

Elyna lasciò improvvisamente la sua mano continuando a camminare e avvicinandosi alle rocce. Si fermò davanti a loro, mentre Matt era rimasto a guardarla camminare fino a quell'ammasso di pietrisco. Ella sorrise, invitandolo senza dire una parola e senza fare alcun gesto a raggiungerla. Perché Elyna dopo quello che aveva sentito da lui gli stava ancora vicino? Anzi, sembrava volesse aiutarlo. Ma perché? Chi era?

<< Elyna... >>
<< Non parlare... vieni qui. >> disse dolcemente la ragazza

Matt annuì. Si avvicinò lentamente, avvertiva una sorta di energia emanata da quell'ammasso di rocce e per un attimo esitò. Elyna scosse la testa e allargò le braccia come ad invitarlo nuovamente a raggiungerla. Il ragazzo guardò le rocce e poi guardò la ragazza. Qualsiasi cosa volesse fare, era sempre meglio che aspettare che Dark Bahamut prendesse il sopravvento su di lui. Mentre si avvicinava nuovamente, Matt notò una piccola rientranza tra le rocce, una grotta buia la quale aveva un sentiero che sembrava proseguire verso il basso.

<< Che cosa... >>
<< Seguimi... ti spiegherò strada facendo. >> disse Elyna mentre entrava nella grotta

La cosa si faceva ancora più strana del previsto. In ogni caso, non aveva paura. Se rischiava la vita avrebbe comunque avuto la forza per riuscire a cavarsela e, in caso contrario, non avrebbe di certo fatto la differenza. Sospirò, seguendo la ragazza all'interno della grotta.

<< Ogni mondo ha dei fulcri magici, o fontane vitali... spesso sono state chiamate in diversi modi. I fulcri possiedono una forza veramente inimmaginabile e molto pericolosa... solo chi ha la forza può sopravvivere dentro il fulcro. >> Elyna cominciò a parlare mentre il sentiero si faceva più ripido e buio, Matt accese una torcia con la magia per riuscire a vedere meglio << Se ho capito bene tu cerchi il controllo. Hai due entità dentro al tuo corpo una positiva e l'altra negativa. Quella negativa sta cercando di prendere il sopravvento su di te, mentre quella positiva non è abbastanza forte per contrastare la negativa. Dico bene? >>

Purtroppo era così. Per quanto potesse essere forte Bahamut, Dark Bahamut era più pericoloso e potente. Il re dei draghi non poteva niente contro quel demone. << Esattamente... ma non voglio controllare il demone, voglio liberarmene! >> disse Matt. Era l'ultimo dei suoi pensieri cercare di controllarlo. Probabilmente avrebbe finito per cedere cercando di controllarlo.

<< Mi hai frainteso... se il demone che risiede dentro di te è una parte del potere positivo che risiede in te allora basterà che quest'ultimo sia in grado di contrastarlo o di controllarlo! Non devi controllare i suoi poteri... i lati oscuri o i demoni non si possono controllare... io posso darti una mano a cercare di controllarlo, tenerlo a bada... per liberartene dovrai fare in altro modo! >> disse Elyna mettendogli una mano nella spalla

Si fermò. Davanti a loro vi era una pozza d'acqua lucente. Da un piccolo foro nel soffitto della grotta, entrava la luce lunare e illuminava leggermente quella grande grotta circolare. L'acqua era stranamente immobile. Era troppo immobile. Sembrava uno specchio. << Cosa dovrei fare? >> disse Matt

<< Devi entrare nell'acqua... il resto verrà da sé... >> disse Elyna indicandogli la pozza d'acqua

Si trattava di acqua, alla fine. Non poteva di certo ucciderlo. Si tolse le scarpe e le calze, oltre ai vestiti. Rimase solo con i boxer, ma Elyna non sembrò turbata dalla visione. Mosse qualche passo verso la superficie dell'acqua. Era fredda, gelida. Ma non sembrava dargli fastidio. Anzi sembrava riscaldarsi lentamente. Si portò al centro del piccolo lago, aspettò qualche istante volgendo uno sguardo a Elyna. E poi urlò.

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Re: FanFic Garden

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Hail to the King

3/4
Buio. Aveva forse perso la vista? Cerco di capire se fosse quello il problema ma davanti a se, nonostante tutto il buio che lo circondava, riuscì a intravedere le sue mani. Quindi aveva un corpo e aveva ancora la vista. Nonostante tutto, il panico cominciò a fare breccia nella sua mente. Dove si trovava? L'ultima cosa che ricordava era di aver provato un enorme dolore, come se qualcuno gli avesse piantato un coltello nel cervello per dividerlo in due.

Era solo nel buio più totale, non era più dentro la grotta, non avvertiva più l'acqua cingergli la vita. Non avvertiva alcun rumore, temperatura, odore. Era come se tutti i suoi sensi non funzionassero più, tranne che per la vista per quanto poteva funzionare in quel buio. Provò a muovere qualche passo e davanti a sé, come in un sogno, vide una scena che ricordava perfettamente. Dean e Matt erano sdraiati nell'erba del prato all'esterno di ciò che era casa sua. Il sole illuminava tutto il paesaggio circostante, era una bellissima giornata.

<< Non so... forse devi soltanto lasciarti andare... >> disse Dean mentre una leggera brezza gli scompigliò i capelli
<< La fai facile tu. Non hai mai avuto problemi con le donne... >> rispose Matt sbuffando

Aveva 17 anni. Era il giorno prima. << Anche questo è vero, ma non ci posso fare niente se le donne cadono ai miei piedi! >> disse Dean sorridendo beffardo
<< Già. Come Lory vero? Ricordo ancora lo schiaffo che ti ha dato un paio di giorni fa! >> Matt scoppiò a ridere
<< Deficiente! Non ridere delle mie disgrazie! >> disse Dean lanciandogli una magia Idro e facendogli un gavettone
<< Ehi non vale! Io non ne so lanciare magie!! >> disse Matt alzandosi di colpo tutto bagnato e dando un calcio allo stinco al fratello
<< Questa me la paghi, Matt! >>

La scena cambiò. La pioggia batteva nei vetri della sua camera. Dean era già partito da qualche ora mentre lui osservava il cielo speranzoso che tornasse il bel tempo di lì a poco. Matt sospirò. Ricordava perfettamente ciò che successe dopo. Eppure ciò che vide lo spaventò. Una nebbia scura si materializzò poco alla volta alle spalle del giovane Matt Winchester e lentamente si avvicinava a lui. Lo investì ma parve non accorgersene. "Ecco come tutto è cominciato..." pensò Matt. Il diciassettenne Matt si strinse una mano al petto per poi cadere di colpo dal letto, in preda al dolore. La scena cambiò nuovamente.

Erano in ospedale. Dean aveva il viso sopra le coperte del letto di Matt. Piangeva. Era il giorno in cui prendeva la decisione di salvare il fratello. Il medico entrò dentro la stanza, chiudendo la porta alle sue spalle.

<< Che speranze ci sono? >> disse Dean, la voce roca per via della sofferenza che provava

Il medico scosse la testa lentamente, dispiaciuto. << Potrebbe risvegliarsi, vivere per qualche mese e riavere un attacco... stavolta potrebbe essergli andata bene, ma la prossima volta il cuore non riuscirà a reggere l'attacco... >>

Dean si portò una mano nella fronte. << Cosa si può fare... >> disse Dean anche se aveva già la risposta tra le mani.
<< Trapianto... ma come sai è un organo un po' difficile da trovare... >> disse il medico rammaricato
<< E il mio potrebbe andare? >>

Il medico rimase per qualche istante in silenzio. Pensò di aver sentito male. << Come scusa? >>
<< Il mio cuore potrebbe funzionare nel corpo di Matt? >> disse Dean con voce atona
<< ... bisognerebbe fare delle analisi... ma penso di si.. avete più o meno la stessa età... >> disse il medico << Ma pensaci bene. Rinuncerai alla tua vita così. So che la sofferenza è grande ma... >>
<< Accetto. >> disse Dean

La scena cambiò nuovamente. Dean era da solo nella stanza con Matt. Guardava il fratello, in silenzio. Sorrideva. << Matt... ora dovrai essere forte per la famiglia... dovrai cercare un motivo per restare vivo... qualcuno che per te significhi davvero vivere... proteggerlo... dovrai fare delle scelte, dovrai rinunciare a molte cose... io, per quanto potrò, cercherò di darti una mano... con il mio cuore ti lascerò anche il re dei draghi, Bahamut... spero tu possa riuscire in qualsiasi cosa... >>

Tornò il buio. Davanti a lui vide il re dei draghi, Bahamut. Al suo fianco vi era un altro drago, o qualcosa che assomigliava ad un drago. Era scuro e sembrava fatto di fumo. Dagli occhi completamente neri. Entrambi erano in piedi e lo osservavano. Quello che aveva visto era il passato, ora doveva pensare al futuro. Ma che cosa doveva fare adesso?

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Leon ha scritto: Matt Winchester ogni volta che fai un commento inutile, un gattino nel mondo muore
Paine ha scritto: o.ò sisi confermo la mia teoria... Matt è posseduto dal demonio.
Leon ha scritto: E' più probabile che sia il demonio a essere posseduto da Matt Winchester.

Leon ha scritto: Non è la situazione ad essere disperata, è Matt che si è messo in testa di far crashare i server di Facebook.

Leon ha scritto: Matt Winchester la tua firma occupa una schermata intera e ho un fo***to monitor 1920*1080.
Matt Winchester ha scritto: Quindi anche Ruben è a Reloras??? Posso usare il suo pg????
Vero posso posso posso???
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Drittz Do Urden ha scritto: No.
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Re: FanFic Garden

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Hail to the King

4/4
L'aria attorno a lui sembrava carica di elettricità. O forse era solamente una sua impressione? Osservò nei particolari le due creature davanti a lui, ripensando a tutto il viaggio che aveva fatto fino a quel punto. Cosa aveva scoperto? Aveva scoperto che il fratello aveva dato la vita per salvare la sua, donandogli il cuore. Lo aveva protetto anche in quel caso, donandogli i poteri del re dei draghi. Nonostante ciò, quell'azione non fu una casualità. Lui non si era ammalato per via del fato che ha voluto in quel modo, ma per colpa della creatura che adesso sembrava studiarlo al fianco del re dei draghi. Lo aveva raggiunto insieme a Dean, facendo in modo che lui stesso donasse la sua vita per salvare quella del fratello. Ma a che scopo?

... sembra che tragga forza da quanta più morte riesca a creare...

Le parole di Overlord gli parvero lontane ma cariche di significato. Aveva ucciso la sua famiglia prima di prosciugarlo dei suoi poteri. Per poco non succedeva la stessa cosa a Matt, nel centro di ricerche sottomarino. Per fortuna, era andata in un modo diverso, il padre e il fratello stavano entrambi bene. Un essere malvagio che cerca di aumentare i propri poteri mediante la morte di altre persone. Che sia legato alla loro forza vitale?

... tu sei un demone antico... forse uno dei sette fratelli... ma non eravate tutti morti?

La voce di Dean. Un demone antico? Sette fratelli? Esistevano anche altri sei demoni oltre a quello che aveva dentro di sé? Decise di sedersi. Cosa doveva fare? A quanto gli aveva detto Overlord, non poteva ucciderlo ne privarsi dei suoi poteri, se non per sua volontà, com'era successo a lui anni prima. Poteva solo cercare di controllarlo, di relegarlo in una parte buia della sua mente.

<< Hai intenzione di stare lì a guardarmi senza dire niente? >> Matt decise di comunicare con lui
<< Io non ho niente da dirti. Prima o poi prenderò possesso del tuo corpo e tutte le tue paure più grandi diverranno realtà...>> incrociò le possenti braccia, sorridendo beffardo << Pensa... il Garden in fiamme, i tuoi amici morti, tu l'unico superstite e, quando starai per ucciderti, così come stavi per fare qualche ora fa, io te lo impedirò... non prima di aver preso anche la tua famiglia! >>

La voce del demone era fredda, glaciale. Ma il ragazzo non si scompose. Sembrava che il demone stesse allungando le sue mire: precedentemente aveva preso solamente le vite della moglie e del figlio di Overlord, adesso invece tenta a qualcosa di più grande.

<< Sai una cosa? Io e te avremo potuto collaborare. Avrei potuto farti uscire allo scoperto ogni tanto e farti divertire... ma con queste minacce non andrai da nessuna parte... ora, a parte le minacce, mi parli dei tuoi sei fratelli e del fatto che solo tu sembri esser sveglio! >> disse Matt

Il demone parve spiazzato da ciò che disse il ragazzo. Collaborare? Farsi controllare da lui? Mai. Era troppo orgoglioso per diventare un pupazzo come il drago che stava al suo fianco. Rise.

<< Vuoi sapere di me? Va bene. Ti parlerò di me. Molto tempo fa esisteva un mostro veramente molto potente, molti la conoscevano con il nome di Ultima Weapon. >> fece una pausa, mentre Matt capì a chi stesse facendo riferimento il demone << Alcuni guerrieri simili a te lo sconfissero raggiungendo la base del fondale. Non si sa di preciso quando, ma una strega di nome Artemisia ne cambiò radicalmente il volere, rendendola più potente e malvagia che mai. Dal giorno venne conosciuta con il nome di Omega Weapon. >>
<< Ma se era già stata sconfitta da questi guerrieri, come ha fatto Artemisia a farla diventare malvagia? >> disse Matt perplesso
<< Compressione Temporale. Passato, presente e futuro uniti in un'unica aberrazione temporale. Non dovette premere molto la retromarcia per raggiungere nuovamente Ultima Weapon e assoggettarla al suo volere. Ma la creazione di una simile creatura ha fatto si che una morisse. Ti sei mai chiesto perché il mio aspetto è simile ad un drago, nonostante mille volte abbia detto di essere qualcosa di diverso? >> il demone sorrise beffardo
<< Ho sempre pensato fossi una parte oscura di Bahamut... non ho mai fatto caso alla forma. >> disse Matt alzando le spalle
<< Furbo da parte tua... >> il demone scosse la testa contrariato << Ma vedi, non era solo Ultima il mostro che è stato assoggettato da Artemisia. Anche altri mostri più o meno potenti hanno fatto la stessa fine. Sembrava che Artemisia si divertisse a creare delle creature malvagie! >> disse il demone sbuffando
<< Ok... quindi Artemisia ha creato dei "servi" da creature già esistenti. Ultima l'ha trasformata in Omega Weapon... presumo fosse molto debole, vero? >> disse sorridendo Matt
<< Già... un agnellino. >>

Artemisia aveva trasformato creature esistenti in versioni più malvagie e potenti. Chi poteva aver preso oltre a Ultima Weapon? Quel mostro era già molto potente senza alcun potenziamento, figurarsi poi se reso ancora più malvagio. Matt cominciò a riflettere.

<< Ma non mi hai ancora spiegato come siete nati... >> disse Matt perplesso
<< Ti ho detto che per creare una di quelle creature ha dovuto "ucciderne" un'altra... Ultima per Omega... Behemot per Catoplebas, Vysage per Galganthur e così via... >> disse il demone
<< Ha usato anche dei Guardian Force per caso? >> chiese Matt cominciando a capire
<< Solamente uno... il più potente e pericoloso... >> disse il demone
<< Bahamut... ma Eden... >> disse Matt
<< Eden? Di Eden non si conoscono ne le origini abbia ne dove trovarlo... si sa solo che i guerrieri che sconfissero Ultima Weapon riuscirono ad assimilarne i poteri da lei! >>
Bahamut era diventato più potente e malvagio. Cos'era diventato? << Quindi anche Bahamut... >>
<< In ogni caso, quando una creatura veniva trasformata la sua anima assumeva la forma di un cristallo... io, non so che fine abbiano fatto le altre creature, ma non sono ne Dark Bahamut, ne un demone antico... io sono solamente ciò che è stato tolto da Bahamut per renderlo Tiamath! Artemisia dovette farlo... se voleva assoggettare al suo volere il re dei draghi o Ultima Weapon doveva per forza privarli di qualsivoglia forza di volontà... >>
<< Ma se Artemisia è stata l'artefice di tutto questo... tu perché cerchi di raggiungere più potere uccidendo le persone? >> disse Matt perplesso << In fondo devi ringraziare chi ti ha liberato... >>
<< Ringraziare? Spiegami perché dovrei ringraziare chi mi ha liberato in un mondo dove esiste già una versione di me perfettamente libera di fare ciò che vuole! E cosa sceglie di diventare? Una marionetta! >> disse il drago indicando Bahamut alle sue spalle
<< Devi frignare ancora per molto? >> disse Bahamut
<< Potrei risponderti, ma dubito che farebbe la differenza! >> disse il drago

Matt non capiva. A che scopo uccidere tutte quelle persone se l'artefice di tutto il dolore del "demone", o quello che sia, era una strega morta da parecchi anni? << Ancora non capisco... >> disse Matt << Qual è il tuo motivo per diventare più potente? >>
<< Penso di avere già parlato troppo non ti pare? >> il drago fatto di fumo scomparve misteriosamente

Almeno aveva finalmente scoperto le sue origini. Ora era un altro il suo obiettivo. Si svegliò di soprassalto, guardandosi attorno nervosamente.

<< Vedo che ti sei svegliato. Com'è andata? >> disse Elyna

Si trovava all'esterno della grotta, il sole era sorto da almeno tre o quattro ore. Si alzò a fatica e si mise a sedere in un masso li vicino. << Mi hai portato tu fuori? >> disse Matt perplesso

<< Si ma mi ha dato una mano la magia Levita! >> rispose sorridendo la ragazza
<< Grazie... ora so chi è l'essere che vive dentro di me... anche se il problema non è del tutto risolto... >> disse Matt toccandosi la fronte, la testa gli faceva un male cane. Cercò di spiegare a grandi linee che cosa aveva visto nel lago, Elyna ascoltò con molto interesse la storia e aspettò che Matt finisse di parlare prima di prendere parola.
<< Ora mi è tutto chiaro... la soluzione è semplice. Dark Bahamut, o quello che è, ha la stessa identica forza che potrebbe avere Bahamut... per qualche motivo, il re dei draghi risulta essere più debole della sua versione oscura... penso dipenda da te, Matt. Quale lato far prevalere, se quello malvagio o quello buono. >> disse Elyna
<< Da me? Io non voglio che Dark Bahamut esca allo scoperto! >> disse Matt
<< Allora rendi più forte quella parte di te che accresce i poteri di Bahamut! Puoi farcela, sta tutto nelle scelte che farai! >> disse Elyna sorridendo
<< Come posso rafforzare Bahamut? >> chiese Matt
<< Non devi rafforzare Bahamut... devi rafforzare il legame che hai con lui, è ben diverso! >> disse Elyna

Rafforzare il legame. Passarono i giorni, settimane e mesi. Il legame con Bahamut era diventato più saldo che mai, mentre Dark Bahamut sembrava solamente un lontano ricordo. Il sole tramontava ad ovest quando lui planò dolcemente fino a toccare terra. Il Rinoa's era lì davanti a lui.

<< Sono a casa... >> disse sorridendo.

Sono tornato ragazzi, con un nuovo canale e con nuove serie. Restate tunizzati per scoprirne di belle! Buona visione! :P
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PROGRAMMAZIONE
LUNEDI
- Fantasy World, Final Fantasy IX -
MARTEDI
- Let's Technic, Minecraft Monster Pack 1.6.4 -
MERCOLEDI
- Fantasy World, Final Fantasy IX -
GIOVEDI
- Desertcraft, Minecraft Regrowth Pack 1.7.10 -
VENERDI
- Il ruggito del T-Rex, Dino Crisis -
SABATO
- Video Random -
Se dovete utilizzare il mio pg nel Garden, controllatevi la scheda prima, barboni! xD
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LE PERLE DI SAGGEZZA DEL GRUPPO DEL GC SU FB
Egil ha scritto: Non possiamo fare un referendum per dichiarare Matt Winchester illegale e immorale?

Leon ha scritto: Matt Winchester ogni volta che fai un commento inutile, un gattino nel mondo muore
Paine ha scritto: o.ò sisi confermo la mia teoria... Matt è posseduto dal demonio.
Leon ha scritto: E' più probabile che sia il demonio a essere posseduto da Matt Winchester.

Leon ha scritto: Non è la situazione ad essere disperata, è Matt che si è messo in testa di far crashare i server di Facebook.

Leon ha scritto: Matt Winchester la tua firma occupa una schermata intera e ho un fo***to monitor 1920*1080.
Matt Winchester ha scritto: Quindi anche Ruben è a Reloras??? Posso usare il suo pg????
Vero posso posso posso???
Daiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!
Drittz Do Urden ha scritto: No.
Matt Winchester ha scritto: Sob sigh... (A Drizzt Do Urden piace quest'elemento)
Paine ha scritto: Penso che comunque debba smettere di mortificare il povero matt.... è un cazzone, lo sappiamo tutti e mo lo sai anche tu, non ci fosse lui qua staremmo tutti a grattarci le palle, quindi passa un commento anche fosse acido. Paine docet
Leon ha scritto: Matt Winchester minaccia pure i cani randagi che incrocia per strada ormai (ovviamente trasformandosi in bahamut)
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