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Rinoa Heartilly
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MMORPG - Hyo, -mt-

Messaggio da Rinoa Heartilly »

Tema: MMORPG e Second Life: semplice divertimento o alienazione?
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Re: MMORPG - Hyo, -mt-

Messaggio da -mt- »

[MMORPG e Second Life] - Posizione Contraria

[Scusate per la lunghezza propositata... :wink:]

L'atipica tipologia dei MMORPG ha conosciuto di recente nuove vette di popolarità, grazie a una divulgazione capillare e a costi di fruizione accessibili a un ampio bacino di utenti.
Tuttavia, se ci si addentra nei canoni più distintivi di questo acerbo genere videoludico, ci si accorgerà di svariate incongruenze che rischiano seriamente di inficiarne la qualità obiettiva. Inoltre, tali aspetti sollevano problemi alquanto allarmanti in merito allo stesso grado di fruizione di tali opere.

Volendo operare una prima riflessione comparativa, vi sono due elementi che segnano una radicale cesura tra questi RPG online e i loro colleghi "locali": l'interazione collettiva e l'aspetto più per così dire"finalistico". Vediamo come questi punti evidenziano anche due importanti avvisaglie delle carenze intrinseche a tali opere.

1) Chiaramente, il cuore pulsante di questo genere di titoli, che annovera tra le sue folte schiere nomi dall'invalso lustro quali "World of Warcraft" o lo stesso "Final Fantasy XI", è la giocabilità in rete. Un numero spropositato di giocatori, oriundi da ogni versante del globo, prendono parte alle gesta che il gioco intima di eseguire, tutti dediti a traccheggiare con comune fervore lungo le sconfinate lande virtuali predisposte per l'occasione.

Tuttavia, in questa interazione così sconfinata si possono già percepire alcune lacune: in primo luogo, in un ambito che negli intenti vorrebbe valere da corrolario alla dimensione sociale della collaborazione ludica, capita spesso che i legami intessuti si fondino ben poco sulla comunicazione più "ortodossa".
Basta dare una scorsa rapida ai dialoghi che spesso si intavolano nell'ambiente di gioco: è dato ampio spazio a una semiotica distorta, composta da abbreviazioni, sigle indecifrabili, meme verbali e tendenze linguistiche del tutto inesplicabili per un profano o un neofita alle prime armi.
L'aspetto idilliaco del dialogo e dell'interazione, che dovrebbe peraltro garantire una maggiore immersione nel contesto dell'opera, viene blandito ed esautorato della sua parte più vitale. Così, allorché si prova a comunicare, si è costretti a innescare una tortuosa sequela di "orz, gratz, pt, questiamo, expiamo", che oltre a costituire uno stupro dell'irrinunciabile "sospensione di incredulità" sanciscono anche il carattere fortemente elitario dell'esperienza ludica in questione. Qui si scorge il primo, tanto lesivo quanto marcato, paradosso dei MMORPG: la logica chiusa e settaria di un'impalcatura dalle facciate apparentemente così aperte e numerose!

Tuttavia, quest'ambiguità accentua la sua portata proprio nello svolgimento dell'azione ludica.
Di fatto, le incombenze del gioco (come missioni a tempo, incursioni presso un certo luogo, competizioni dai requisiti spesso rigidi e inflessibili) non solo alimentano ulteriormente la destinazione per "pochi addetti" di quest'esperienza, ma pian piano assumono le fattezze di veri e propri obblighi a cui soggiacere, "impegni morali" a cui diventa impensabile e disdicevole sottrarsi.
Il giocatore più ferrato finisce per instaurare un vincolo trascinante e inestricabile con l'opera a cui prende parte, trasfigurando il proprio diletto sotto l'egida di un senso di responsabilità opprimente, insalubre e illusorio.
È proprio questo meccanismo, congenito al genere qui trattato, che induce alle aberrazioni paventate da molta della critica odierna: la sana evasione in una cornice fantastica e idilliaca, in cui è possibile lenire gli affanni della concretezza mondana, diventa qui una completa alienazione in un mondo dai contorni tecnici e contenutistici troppo perentori. L'individuo finisce per smarrirsi, quindi, in una informe rifrazione di sé stesso, perdendo i legami con una dimensione ludica autentica che invece sa gratificare il singolo e, soprattutto, non ambisce a rimpiazzarne le ambizioni più mondane.

2) L'altro orizzonte e crinale che separa la tradizione da questo particolare filone è l'aspetto "finalistico" che accennavo in prima battuta. Negli RPG massivi pare mancare una salda cognizione delle finalità, dei propositi ludici a cui tendere. Se nei giochi "domestici" il rapporto con gli "scopi del gioco" (ed inevitabilmente con i suoi traguardi culminanti) è decisivo, quest'aspetto si disperde quasi completamente negli RPG massivi, che per propria natura si fondano su un coinvolgimento che non conosce particolari argini tematici, narrativi o temporali.

A mio avviso, questa mancanza porta a una giocabilità troppo raminga, in cui spesso e volentieri l'utente arranca senza mete precise, ossia su un percorso dai limiti pressoché assenti. Accade, infatti, che la fruizione di questi giochi si limiti a una corsa sfrenata e morbosa verso alcuni obiettivi feticistici, come ad esempio l'ossessione sterile verso la raccolta dei punti esperienza.
Il risultato è una auto-referenzialità di proporzioni davvero titaniche, un senso di circolarità e un'assenza di autentico e proficuo finalismo nella dimensione di gioco.
Credo sia uno dei casi più evidenti in cui l'eccesso di libertà gestionale conduca a una ritorsione e a un'implosione dell'interazione stessa, piuttosto che a una ricchezza effettiva.

Il problema centrale di queste opere (e ciò che porta al senso conseguente di alienazione) è, quindi, questo versante antitetico e paradossale: l'inerzia, la chiusura e la staticità fine a sé stessa all'interno di uno scenario che si fregia apparentemente di un'apertura tematica e ludica completa.

Tuttavia, il vero pinnacolo di questo alienante ossimoro è ben incarnato nel famoso "Second Life", esperienza a metà strada tra la passività di una simulazione e la reciproca osmosi che dovrebbe sottendere a un gioco convenzionale.
Second Life consente di vestire i panni di un proprio alter-ego speculare e di esperire una vera e propria seconda esistenza nella più rarefatta virtualità di un mondo poligonale. Si noti che qui manca completamente il versante idilliaco dell'ambientazione fantastica, che poteva semmai rappresentare un ultimo lascito della "salubre evasione" che da sempre caratterizza tutte le forme d'arte più oniriche. L'opera si prefigge l'intento di trasfigurare la mondanità in una parvenza di amplissimo raggio, che coinvolge sia giocatore che contesto. Ogni elemento del mondo contingente viene infatti ricalcato sulla patina diafana di una molteplice illusione: relazioni sociali, elementi economici, obblighi e piaceri...

Second Life costituisce a buon diritto l'esasperazione apicale dei parossismi del MMORPG, riuscendo a portare al massimo grado quel permeante senso di perdita di sé, di cui si può avvertire già pieno sentore nei giochi più canonici. Esso finisce addirittura per esulare dalla sfera ludica più autentica, ponendosi non più come mediazione tra utente e gioco o tra utente e utente, ma addirittura quasi come specchio narcisistico tra utente e sé stesso.
L'interazione proposta da SL diventa un'attività masturbatoria della massa, un onanismo collettivo, che tra l'altro si rispecchia assai curiosamente nel ricettacolo di attività lascive che vi si possono rintracciare... In questo caso, la presenza del sesso in una virtualità che è duplice e doppiamente malsana (la ricerca di un piacere già effimero, masturbatorio e fatuo nella parvenza virtuale!) non è che la punta di un iceberg già sconfinato.

In calce, si può concludere che questa schiera di titoli (ma in particolare le sperimentazioni di SL) si discostano nettamente dalla evasione classica, che costituiva un requisito naturale di "partecipazione empatica" già dai primissimi cabinati ludici.
Con gli RPG massivi si sfocia piuttosto in un senso di impotente e graduale alienazione, in un amaro e inevitabile smarrimento che finisce per far dimenticare, su fin troppi fronti, ciò da cui in prima istanza probabilmente si cercava di fuggire: sé stessi.
Hyo
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Re: MMORPG - Hyo, -mt-

Messaggio da Hyo »

Prima di incominciare a discorrere delle motivazioni che mi hanno spinto a maturare la mia personale opinione sull’oggetto della questione, è necessario un chiarimento che nonostante possa apparire scontato ritengo oltremodo doveroso.
Esistono persone che soffrono di dipendenza da MMORPG, o da videogiochi in generale? Certo.
Il presente testo non intende negare una verità indiscutibile, essendo a disposizione di chiunque fatti che ne attestano la sua genuinità, quanto a ricercarne le cause primarie con l’ausilio del ragionamento sistematico e con la massima onestà intellettuale.

Possiamo ora procedere.
Come è veritiera la dipendenza da MMORPG, è altresì veritiero che gli individui colpiti da essa sono una minoranza se confrontati a chi gioca regolarmente ai suddetti senza contrarne effetto collaterale alcuno. Categorizzando, solo una parte dei giocatori viene colpita da assuefazione, pertanto questo gruppo (che costituisce un sottoinsieme nella totalità dei gamer) è da considerarsi un’eccezione, o quantomeno non la regola.

Ricapitolando, nell’insieme A dei giocatori di MMORPG, possiamo distinguere due sottoinsiemi: il sottoinsieme B dei giocatori non colpiti da dipendenza e il sottoinsieme C dei giocatori colpiti da dipendenza.

Ciò premesso, l’ascoltatore attento, che vede con mente chiara e non intorpidita da interessi personali o pregiudizi, può asserire la dipendenza come dovuta agli MMORPG stessi? Giammai, altrimenti non si spiegherebbe l’esistenza del sottoinsieme B.

Paragonando l’oggetto del nostro ragionare ad una piaga sociale contemporanea quale è il fumo, è chiaro come ci si trovi di fronte a due situazioni molto diverse. Non vi è infatti alcun fumatore che non accusi conseguenze dal fumare, pertanto è logico supporre che sia il fumo in prima istanza ad essere dannoso. Per rovescio, la presenza del sottoinsieme B chiarifica la non perniciosità degli MMORPG essi stessi.

Ciò indubbiamente è sufficiente a convincere i miei tre lettori dell’assoluta bontà di tali videogiochi, ma non risolve l’enigma dell’esistenza del sottoinsieme C.
Abbiamo dimostrato che gli MMORPG non sono nocivi. E’ altresì noto come, ciononostante, alcune persone soffrano di infauste conseguenze derivanti dalla loro fruizione. Come è possibile? Le cause evidentemente risiedono altrove.

Cosa può portare al rifuggere la propria esistenza intera a favore di una ‘seconda vita’ vissuta interamente online?
Non essendo psicologo, non voglio addentrarmi troppo in questioni di cui non ho conoscenza approfondita, ma alcune motivazioni appaiono lampanti: incapacità di moderazione, scompensi sul piano lavorativo, economico o sociale, mancanza di fiducia in se stessi, ed innumerevoli altri. Categorizzando ancora, un uso erroneo del videogioco, che presuppone l’eliminazione dei propri problemi nell’illusione di poter ricominciare da zero.

Ricapitolando ancora una volta, la ragion d’essere del sottoinsieme B è la non nocività dei MMORPG, mentre quella del sottoinsieme C una fruizione non corretta del suddetto media.

Appare ancora più chiaro come gli MMORPG non possono essere ritenuti responsabili della dipendenza, né possano essere proibiti o penalizzati nell’intento di arginare un problema di cui essi non possono rispondere.
Proibireste mai i coltelli da cucina, nella convinzione che nelle mani di un assassino essi si trasformino in strumenti forieri di morte?
Proibireste mai i medicinali, consci che questi provochino frequentemente conseguenze più o meno gravi in soggetti predisposti?
Ovviamente no.
E’ dunque logico, giusto, ragionevole, proibire i MMORPG in quanto possibili portatori di dipendenze?
Il lettore onesto, la tipologia che mi è più cara, non può far altro che rispondere ‘No’.

Al contrario, a volte questi videogiochi hanno utilità che trascendono il semplice svago.
Alcuni psicologi utilizzano Second Life nelle loro terapie, ed è anche sorto un centro di cura dedicato appositamente a questo.
Infatti, dando al paziente la possibilità di ricominciare (ma sotto una guida che lo conduca verso una fruizione corretta) e studiandone i comportamenti, è possibile creare un percorso di cura personalizzato, che tenga conto delle necessità del paziente.

Pertanto proibire i MMORPG, oltre che inutile (in quanto su internet ci sono tantissime altre cose che possono portare a dipendenze), si rivelerebbe dannoso, in quanto ci si priverebbe di un utile strumento che può aiutare a comprendere meglio il malato.

Purtroppo Voltaire nel suo 'Candide, ou l'optimisme' aveva torto almeno in parte, dicendo che “tutto è per il meglio”. Cerchiamo quantomeno di non giungere all'esatto opposto.
Bloccato

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