FASE 3 - L'Uomo ha bisogno di Dio per vivere?

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Rinoa Heartilly
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FASE 3 - L'Uomo ha bisogno di Dio per vivere?

Messaggio da Rinoa Heartilly »

Jin Kazama - Favorevole
Kana - Contraria

Buon divertimento :asd:
Jin Kazama
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Re: FASE 3 - L'Uomo ha bisogno di Dio per vivere?

Messaggio da Jin Kazama »

L'uomo ha bisogno di Dio per vivere?
Posizione favorevole


Sì. Non ci può essere altra risposta.
L’uomo ha bisogno di un sostegno morale che lo aiuti ad andare avanti, di sapere che è presente Qualcosa di superiore a lui in cui egli si possa soffermare per trovare le risposte che cerca. Senza una Presenza superiore l’uomo finirebbe per sentirsi smarrito, pieno di domande a cui vuole dare risposta ma che, anche con la scienza, sono troppo improponibili per una mente così limitata, per quanto già ampia sia.
Chi sono? Dove vado? Perché esisto? E tutte le altre domande definite “esistenziali”. A questi quesiti si può rispondere solo per mezzo di una Entità maggiore, non esiste scienza o logica umana in grado di esaurire questi essenziali “perché”. Leggendo alcune parole di Luigi Giussani, fondatore del movimento Comunione e Liberazione, ho potuto constatare che il mio pensiero è stato già trattato da lui e amplificato. Giusto per un breve assaggio:


<<Se solo rispondendo a mille domande fosse esaurito il senso della realtà, e l'uomo trovasse la risposta a novecentonovantanove di esse, sarebbe irrequieto e insoddisfatto come fosse da capo. C'è nel Vangelo un richiamo interessante a questa dimensione: "Che giova all'uomo possedere tutto il mondo, se poi smarrisce il significato di sè? o che darà l'uomo in cambio di sè?".>>

Sono domande che fanno capire qual è la differenza tra ciò che non sappiamo e ciò che sappiamo ma non riusciamo a spiegare. Faccio un breve esempio.
Ad una persona piace il blu. Perché? Il motivo può ipoteticamente essere che il blu infonda in tale persona un senso di calma, di tranquillità. E perché? Perché l’uomo tende a dare ad ogni sensazione un rispettivo colore. Rosso passione, blu quiete, nero morte, bianco purezza, e così via. Ma perché il blu ispira proprio quella sensazione? Qui si inizia a vacillare. Forse ci sarà una risposta a questa domanda, ma più si avanza con i “perché” e più l’uomo inizia a non sapere come spiegare ciò che pensa. Non riesce a rispondere, non sa rispondere, ma in lui ha la risposta, lo sente.
Quando invece si trova davanti la domanda “Chi sei?”, se si sforza di rispondere avverte del nero. Il buio. Non lo sa. Ha paura. Sente che la risposta non è dentro di lui. Prima se non altro anche se non sapeva rispondere, percepiva in sé qualcosa; sentiva che da qualche parte nel suo cervello sapesse perché gli piace una determinata cosa, anche se non sapeva dirlo. Magari arrangerebbe con un “perché è così che sento”. Però la sensazione che prova di fronte ad una o a più domande esistenziali è molto diversa. Forse almeno una volta nella vita tutti se le sono poste, quindi scagli la prima pietra chi non si è sentito letteralmente insignificante nel non trovare una risposta ad una domanda così apparentemente semplice e immediata.
A ciò l’uomo può rispondere solo con la fede, con la sicurezza che a quei quesiti dalla nera risposta è legata la decisione di una Suprema essenza che supervisiona l’intero corso delle cose. E subito l’uomo si sente sollevato, sente che le risposte si tingono di colori più chiari e comprensibili; c’è chi, poi, crede ciecamente nell’esistenza di tale Entità e quindi non ha bisogno di altro per dissetare la sua curiosità, e c’è chi cerca un punto di unione tra ciò che si può vedere e toccare e l’Immaterialismo superiore, per cercare una risposta più scientifica. Sta di fatto che entrambi fanno riferimento alla stessa Cosa. Anche chi non crede è costantemente di fronte a concetti che danno per scontata l’esistenza di un Superiore, eppure se non crede non dovrebbe farlo. Chi sono i non credenti che non dicono quotidianamente “oddio”? Oppure, perché (si presuppone che siano solo i non credenti naturalmente, anche se non è sempre così) alcuni bestemmiano? Mettendo da parte coloro che lo fanno a puro scopo di offesa nei confronti dei credenti, per quale logica ragione una persona dovrebbe nominare invano un Qualcosa a cui non crede? Ironicamente anche in questo caso l’uomo si aggrappa ad un Di più.
Ne ha bisogno, ne ha bisogno più di quanto possa immaginare, anche se la vita di tutti i giorni sembra attutire questa necessità. Però quando meno se l’aspetta torna a bussare alla sua porta. L’uomo avverte la necessità di un Essere superiore anche quando non crede alla sua esistenza, soprattutto nel vero momento del bisogno.
Pensiamo ad una persona (preciso, non necessariamente credente) che, mentre sta tranquillamente seduta in poltrona a guardare la TV, sente squillare il telefono. Va a rispondere e apprende una notizia terribile: il suo coniuge, tornando a casa dal lavoro o dallo shopping, ha avuto un incidente e si trova all’ospedale, dove stanno accertando le lesioni. Costui o costei va all’ospedale con il cuore alla gola e si siede in sala d’attesa aspettando interminabili minuti. Sfido chiunque che, anche solo per un secondo, non pensi ad una frase come “ti prego fa che non sia nulla di grave” o “speriamo in bene”.
Ed ecco che senza accorgersene, sta cercando qualcuno. Qualcuno che non può essere un’altra persona, perché nessuna persona al mondo potrebbe far sì che il coniuge nell’incidente non si sia fatto niente di grave; dev’essere solo qualcuno che è in grado di fare la differenza, che sia più potente dell’uomo. Ha bisogno del suo sostegno per continuare a sperare, per andare avanti. “Ti prego, fa che…”. Chi preghi? Chi deve fare? “Speriamo che…”. Speriamo… tu e chi? O comunque, in cosa speri? Nella buona sorte? Nel fato? Nella casualità? In fondo, la casualità è sicuramente un qualcosa al di là dell’uomo, molto più potente; tuttavia, chi sa che la casualità non sia effettivamente controllata da Qualcuno? Senza questo suo appoggio morale, molto spesso involontario per altro, l’uomo si sente solo, smarrito, piccolo e indifeso. Lo sente che in qualche modo c’è Qualcosa, un potere superiore perfetto. E a proposito di perfezione, Cartesio esprime la sua:

“Siccome l'uomo ha in sé l'idea di Dio, che equivale all'idea della perfezione, ne deriva, seguendo il principio per cui la causa dev'essere eguale o maggiore all' effetto prodotto, che l'idea di Dio non può essere un prodotto della mente dell'uomo (il quale esercitando il dubbio dimostra la sua imperfezione), né dall'esterno (di cui potendo dubitarne si dimostra l'imperfezione) ma deve provenire necessariamente da un'entità perfetta, estranea all'idea di perfetto che l'uomo ha di lui: cioè Dio.”
[Fonte: Wikipedia]


Provando a spiegare questo principio, se Dio è perfezione e la perfezione non rientra nei concetti limitati della mente umana, allora deve provenire da qualcos’altro. L’idea di Dio perfezione non può essere nata dall’uomo, che è imperfetto, e che dimostra la sua imperfezione mettendo in dubbio la sua esistenza: se ha dei dubbi vuol dire che ha domande, se ha domande gli manca qualcosa, ergo è imperfetto. E in più non può provenire neanche da qualcosa di esterno, perché visto che è possibile dubitare di Dio allora la fonte deve essere imperfetta, ergo non Dio. Quindi per forza di cose l’idea di Dio è nata insieme all’uomo, il quale per sua volontà può liberamente scegliere di metterne in dubbio l’esistenza.
Personalmente è un concetto che mi ha affascinato molto e di cui, nella mia imperfezione, sto continuando a cercare riscontri nella realtà. Effettivamente questa potrebbe essere una teorica dimostrazione di un Qualcosa di illogico tramite un concetto logico.

Ma al di là di questo, senza il Superiore concetto l’uomo non potrebbe vivere. Oggi come oggi, per esempio, la religione è l’unica cosa che valorizza gli ideali e la morale, che è fondamentale per l’essere umano. La morale è l’unica legge perfetta che stabilisce un percorso preciso di pensiero e di azioni, rivolti per lo più ad una coesistenza pacifica tra creature umane e accomunare i concetti di cos’è giusto e cos’è sbagliato; questa è solo una definizione mia personale, non deriva da nessun testo, quindi è tranquillamente discutibile. Tuttavia una legge perfetta può davvero essere stata creata dall’uomo? La perfezione non è umana, ma se la morale è una legge perfetta non può essere opera di un essere incompleto. E senza la morale fino a dove potrebbe arrivare l’uomo? Forse fino a dopodomani, il tempo per staccare una bomba atomica.
Ci deve essere qualcosa che freni l’uomo, perché l’uomo è come un bambino: se non diventa abbastanza maturo da comprendere come bisogna usare una certa cosa, arriva solo a fare del male a sé e agli altri. Però c’è la Natura regolatrice che permette alla scienza di scoprire passo passo cose nuove, e grazie al (lungo) tempo che essa impiega per arrivare a certe cose, l’uomo impara a usarle nella maniera corretta.
Per esempio, il martello ha il solo scopo di spingere velocemente un chiodo nel legno, nel muro o che altro. Nelle mani di un uomo primitivo il martello verrebbe usato, nel migliore dei casi, per convincere con una botta in testa il compagno a russare meno forte. Ma il lento processo scientifico ha permesso all’uomo di capire l’utilità del martello, di sentirne la necessità e poi di inventarlo. E ora lo usa solo per quello, perché va usato solo in quell’ambito. Se l’uomo scoprisse adesso come creare la vita, probabilmente userebbe questa scoperta, la più importante della storia umana, per fini sbagliati, perché ancora non conosce qual è il significato della vita, come secoli prima non conosceva il significato del martello. Ecco perché ha bisogno di un Limite superiore.
Inoltre non c’è da dimenticare che l’uomo ha il grande potere della ragione. Se non la usasse, se passasse la sua vita senza porsi delle domande, la sua sarebbe solo un’esistenza. Non sarebbe vita. E quali sono le domande che di più mettono a dura prova la sua ragione? Quelle che spingono verso l’Ignoto. A conferma di questo, credo di dover fare una citazione che ho trovato interessante:

[…] “la ragione proprio come esigenza di comprendere l'esistenza è costretta dalla sua natura ad ammettere l'esistenza di un incomprensibile. Ora, quando la ragione prende coscienza di sé fino in fondo e scopre che la sua natura si realizza ultimamente intuendo l'inarrivabile, il mistero, essa non smette di essere esigenza di conoscere.”
[Luigi Giussani]

Ecco come, grazie anche solo al dubbio dell’esistenza un’Entità inarrivabile, l’uomo continua ad essere uomo; continua a farsi delle domande, continua a voler vivere. Non bastano le leggi dello Stato, non bastano la tolleranza e la democrazia per vivere una vita piena e tranquilla, perché sono concetti che danno per scontato il contatto con gli altri esseri umani. L’uomo però ha bisogno di Qualcosa anche se ci fosse un esemplare unico di essere umano; ancor di più si sentirebbe solo e smarrito e si porrebbe delle domande a cui cercherebbe disperatamente di dare una risposta. E se non le trovasse non gli parrebbe neanche sensato vivere.

Avere una bella famiglia, un lavoro adatto alle proprie necessità, una situazione finanziaria buona e così via è sicuramente un aiuto che l’uomo ha per poter condurre un’esistenza felice. Una volta che ha un coniuge che ama alla follia e un paio di figli che sono la sua gioia, gli parrebbe di avere tutto, di essere felice, di non aver bisogno di altro. Però non è così. Purtroppo tutto finisce, anche la famiglia; a volte anche prematuramente. E se tutto ciò che reputa sufficiente a vivere venisse a mancare, sprofonderebbe nel dolore se non avesse altri appigli. Deve andare alla ricerca di un qualcosa di più, perché non può accontentarsi di una vita all’insegna del “una volta che ho questo e quello io non ho bisogno di altro”, perché sarebbe anche una vita all’insegna dell’egoismo e forse dell’amoralità. Se l’uomo iniziasse in massa a pensarla così, ad essere egoista e materialista, molto probabilmente la sua realtà muterebbe verso l’inferno. E se diamo un’occhiata al mondo di oggi, siamo già a buon punto.
L’uomo non può vivere di solo se stesso, con i suoi principi e i suoi ideali, perché vivere una vita all’insegna del materialismo e della non ricerca di ciò che lo circonda, non è degna di essere distinta da quella vita che trascorre un vegetale. L’uomo è tale se si pone dei perché attraverso la ragione, l’unica cosa che lo distingue dagli altri; ma come detto in precedenza, la ragione è stimolata dal dubbio, e il Dubbio supremo è l’obiettivo di ricerca migliore per la mente. L’uomo senza Dio, che Egli esista o meno, smette inevitabilmente di essere uomo.
Kana
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Re: FASE 3 - L'Uomo ha bisogno di Dio per vivere?

Messaggio da Kana »

(E' più breve ma spero altrettanto intenso)


Tutti conosciamo il concetto di Dio, inteso come un “qualcosa”, come un ente superiore, incomprensibile, vicino a noi eppure al di fuori della nostra portata. Fin da piccoli, in un modo o nell’altro, entriamo in contatto con quest’idea di trascendenza, di divino, che esiste oltre le stelle, o in mezzo alla natura, o tra di noi, e che è la risposta a tutte le domande cui non sappiamo rispondere; è un rimpiazzo del vuoto, un sostengo alle nostre incertezze. Ma a ben guardare, questa non è affatto una risposta: è come lasciare una riga bianca in attesa di riempirla. “Perché ci ammaliamo?” “E’ una decisione che Dio ha preso per noi”, si pensava in passato. Eppure, abbiamo poi scoperto l’esistenza di batteri, virus, modificazioni del DNA. “Perché ci sono le guerre?” “Fa tutto parte di un grande disegno divino”. No, è tutta farina del nostro sacco, siamo noi uomini che per egoismo, interessi più o meno personali, o paradossalmente, a volte anche in “buona fede”, causiamo i conflitti. Sostenere l’esistenza di un essere superiore non è altro che una giustificazione ad avvenimenti apparentemente incomprensibili. Se parliamo quindi di soddisfare la curiosità e il bisogno di conoscenza umani, per quanto il concetto di Dio possa servire a riempire dei vuoti, in verità comunque non si va incontro ad una piena soddisfazione; altrimenti sarebbe semplice dire che Dio è la causa di tutto ciò che succede, dal sole che sorge ai film di Steven Spielberg.
Anzi, altro che risposta. Cercare di conoscere un Dio – che esista o meno – non fa che spalancare altre mille porte piene di interrogativi, aumentando l’angosciante sensazione che ci sia sempre qualcosa che, pur avendo un senso, ci sfugge, nonché il timore di un giudizio dopo la morte. Credere semplicemente che sia il caso, la fatalità, a decidere, è molto più semplice e, in un certo senso, confortante: l’incidente avviene perché una serie di variabili si sono combinate casualmente; sarebbe bastato un dettaglio appena diverso, anche dall’altra parte del mondo, per evitarlo. Eppure accade, non c’è perché né spiegazione. “Speriamo che…” Fa che…” non si appellano necessariamente a un essere superiore; certo, a qualcuno ci stiamo rivolgendo, ma è pura questione di “forma” della lingua: in realtà quello che stiamo facendo è aggrapparci disperatamente alla possibilità che un brutto evento non diventi qualcosa di tragico, come è umano e legittimo. Ma potremmo pensare qualsiasi altra cosa al posto di quel “ti prego…”: pensare “per favore, cerca di sopravvivere”, rivolto alla vittima dell’incidente, ha sostanzialmente lo stesso significato di “Ti prego, fai in modo che…”; vuole solo esprimere una speranza, un desiderio rivolto a noi stessi. Se siamo abituati a pensare queste frasi è perché l’idea di Dio ci è stata inculcata dall’infanzia, è una questione di abitudine, e di influenza da parte delle altre persone. Non è improbabile che una persona che, ipoteticamente, nasce su un’isola deserta e lì passa tutta la sua vita, non sia mai sfiorata dall’idea che ci sia qualcosa sopra di lui. Potrebbe condurre tranquillamente la sua vita fatta di pesca, giacigli di bambù e dialoghi con le scimmie senza troppi problemi.
E se Cartesio afferma che l’idea di Dio è innata, cioè è presente in lui dalla nascita, questo pensiero viene ampiamente smentito dai “colleghi” empiristi, come ad esempio il buon John Locke:

“Oltre agli atei ricordati fra gli antichi e segnati nei registri della storia non si sono forse scoperte in questi ultimi secoli intere nazioni, nella baia di Solanina, in Brasile e nelle isole dei Carabi, ecc. fra le quali non si è trovata alcuna nozione di Dio o di religione?”
[J.Locke, Saggio sull’intelletto umano]

Questo brevissimo estratto si colloca all’intero di una più generale critica alle idee innate del razionalista Cartesio, ma è comunque uno spunto interessante che ribadisce quanto espresso prima con l’infelice esempio dell’isola deserta; al di là dei nomi delle località scoperte, il concetto è che esistono –o sono esistite – civiltà che non hanno mai percepito il bisogno di qualcosa di trascendente, in cui non esiste l’idea di Dio. Perciò, è errata l’equazione nascita Uomo = nascita idea di Dio.


L’uomo può condurre una vita degna di questo nome anche senza il divino; Dio non è garanzia di morale. Basti pensare al fanatismo, che è una visione distorta della religiosità che porta alla violenza; o alle religioni che legittimano, o hanno legittimato in passato, massacri e barbarie d’ogni tipo. Ma non è questo il punto: la morale è un’invenzione dell’uomo. L’uomo stesso per tutelarsi si è dato delle regole, è lui che “decide” cosa è giusto e cosa no. Non gliel’ha detto nessuno; se la religione Cattolica professa un Dio buono e caritatevole, per altre correnti di pensiero o religioni questo Dio può essere crudele, punitivo, o semplicemente indifferente. Non ha niente a che vedere con l’etica e la morale. Vorreste forse dirmi che gli atei sono persone prive di moralità? Nessuno oserebbe tanto, nessuno lo pensa, e questa è la prova che si può condurre una vita retta e serena anche senza credere in un Dio. A questo proposito, propongo un passaggio scritto dal filosofo Pierre Bayle riguardo un’utopica società di atei, che egli afferma poter svolgere qualsiasi attività come tutte le altre società:

“ Il fatto di ignorare l’esistenza di un primo Essere creatore e conservatore dell’universo non impedirebbe ai membri di questa società di essere sensibili alla gloria e al disprezzo, alla ricompensa e alla pena, cosi come a tutte le altre passioni umane, e nemmeno soffocherebbe in loro tutti i lumi della ragione, e anche fra gli atei si potrebbero vedere persone oneste nel commercio, caritatevoli verso i poveri, nemiche dell’ingiustizia, fedeli ai loro amici, nemiche dell’offendere, indifferenti ai piaceri della carne, incapaci di fare un torto a qualcuno. [...] Ci sarebbero senza dubbio delitti d’ogni genere, ma non più di quanti se ne commettano nelle società idolatre, dato che tutti i sentimenti che spingevano i pagani al bene e al male, si ritroverebbero anche in una società di atei.”
[P.Bayle, Pensieri sulla cometa]

Questo filosofo difende la tolleranza religiosa, anche per quel che riguarda l’ateismo, che è ugualmente capace di esprimere atteggiamenti coerenti e corretti dal punto di vista morale. Non è la religione con l’idea di Dio che crea la morale, ma la morale stessa deve controllare la religione e farsi giudice di essa.
Non è una verità assoluta che la credenza in un Dio porta alla conduzione di una vita virtuosa, anzi ha anche conseguenze negative dal punto di vista morale, in quanto i comportamenti virtuosi diventano interessati.

Quegli stessi limiti, per esempio, del progresso scientifico, sono sempre frutto della volontà dell’uomo stesso; la comune morale impedisce di fare esperimenti sui bambini, ma se qualcuno ci provasse, non verrebbe mica fulminato. Al limite, linciato dalle altre persone: ma il concetto è che l’uomo si dà dei limiti, e lui stesso può valicarli, a suo rischio e pericolo. E se ancora non ha tutte le risposte scientifiche, è solo perché è nel bel mezzo della sua evoluzione. L’esempio del martello regge poco, trattandosi di un’invenzione umana che l’uomo ha concepito per necessità: un uomo primitivo semplicemente non se lo sarebbe mai trovato tra le mani, perché, non sentendone la necessità, non l’avrebbe mai prodotto. C’è differenza tra inventare e scoprire.

L’uomo esercita la propria razionalità per cercare la felicità, ma le nostre vite sono talmente brevi ed effimere che, a ben pensarci, rispetto all’infinito concetto di tempo sembrano scivolare via in un attimo. Le persone vivono immerse in un mondo frenetico, fatto di crescita e apprendimento quando sono bambini, di lavoro più tardi, di sentimenti e legami sempre e comunque. E’ un vortice in cui il tempo sembra non bastare mai, che non ci permette di attuare che la minima parte di tutto ciò che pensiamo di fare, e il pensiero stesso arranca con il fiatone in questa lunga corsa. In una tale situazione, l’uomo ha mille diversi ambiti in cui esercitare la propria ragione, che tanto lo distingue dall’animale. Noi viviamo le nostre vite e badiamo alle cose di questo mondo; Dio, se c’è, pensi al suo: non vedo perché dovremmo interessarci uno dell’altro.
Kana
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Re: FASE 3 - L'Uomo ha bisogno di Dio per vivere?

Messaggio da Kana »

Ho dimenticato di dire che la fonti da cui ho citato i testi è il mio libro di filosofia, "I filosofi e le idee", Mondadori. Perdonatemi. Lo aggiungo solo per scrupolo^-^"
Jin Kazama
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Re: FASE 3 - L'Uomo ha bisogno di Dio per vivere?

Messaggio da Jin Kazama »

“Dio, se c’è, pensi al suo: non vedo perché dovremmo interessarci uno dell’altro.”

Comincio dalla fine, per quanto bizzarro possa essere il mio modo di iniziare un discorso.
Questa è solo un’opinione personale quindi è tranquillamente non condivisibile; tuttavia, senza offesa, secondo me con quella tua frase hai mandato in fumo metà del valore del meritevole lavoro che hai svolto. Perdonami, ma se Dio ci fosse, di conseguenza sarebbe Lui che ha creato tutto, quindi non vedrei perché dovremmo NON interessarci reciprocamente. Se esistesse, allora tutte quelle “blaterazioni” del clero riguardo al fatto che Dio ci ha creati per amore e così via, sarebbero vere. Di conseguenza agire da menefreghisti è quanto meno da egoisti, tanto più che senza di Lui non esisteremmo neanche. Per esempio, avresti mai il coraggio di trattare così i tuoi genitori? Una volta cresciuta è giusto andarsene di casa e vivere la propria vita, ma non per questo verrebbe a mancare l’interessamento reciproco.
Purtroppo non abbiamo prove assolutamente certe della sua esistenza, quindi ognuno interpreta le informazioni che gli capitano in mano come meglio crede. Restando però con lo stesso esempio, una persona orfana credo che arrivata ad un certo punto della vita inizi a sentire un vuoto, cominci ad avere una grande curiosità di conoscere i propri genitori; a quel punto può fare ricerche accuratissime per scoprire se sono ancora vivi e dove eventualmente abitano, oppure può arrendersi dopo qualche ostacolo per un qualche motivo, o ancora può non cercarli affatto perché ormai ha la sua vita e non le interessa conoscere due persone di cui ha potuto fare a meno fino a quel momento, per quanto importanti avrebbero potuto essere. Ora, tra la ricerca dei genitori e la ricerca di Dio c’è una bella differenza, su questo non c’è dubbio, non fosse altro che per lo meno per il solo fatto di vivere abbiamo la certezza che due persone abbiano avuto un coito. Mentre se pensiamo a Dio, possiamo anche definirci il risultato di un’evoluzione enorme partita da un’esplosione di atomi, e a quel punto (forse) la Mano divina non c’entrerebbe nulla. Però il fatto di non aver avuto dei genitori accanto influenzerà sicuramente in un modo o nell’altro la povera persona orfana. Guardare una mamma per strada che abbraccia il figlioletto non lascerebbe indifferente i suoi sentimenti, se i ricordi di quando era piccolo/a sono di un orfanotrofio o di un vecchio ponte ferroviario. Oppure, è probabile che arrivi ad essere in difficoltà quando dovrà iniziare a fare la mamma o il papà, perché non sa che cosa significa avere i suoi creatori accanto e avere un esempio di come si impone l’educazione ai propri figli. Ma non è questo il punto; In un simil modo, la mancanza di Dio e la non ricerca di un qualcosa al di là porterà a delle difficoltà, prima o dopo. In che modo?
Come dicevo nel primo post, se la tua (ovviamente è un “tu” generico) famiglia venisse a mancare, così come tutto ciò che ti fa vivere “felice senza Dio”, che cosa ti accadrebbe? Dove andresti? Cosa faresti? Senza una casa, un lavoro, persone che ti vogliono bene. In una situazione del genere con che coraggio andresti avanti? Lì entra in gioco il tuo senso della vita. Se il tuo senso di vita era, ipotesi, la tua famiglia, non avresti più motivo di vivere; idem se secondo te la vita non ha senso. Però se hai un qualcosa a cui aggrapparti, se hai la speranza che tutte le tue sofferenze un giorno vengano ripagate, allora riesci a fare la fatica di arrivare al giorno dopo. E l’indomani farai lo stesso. E così fino a che il tuo corpo ma soprattutto la tua mente ce la farà. La speranza è l’ultima a morire. Ci sono state (e ci saranno) tante persone atee che hanno visto perdere tutto e ad un passo da quella sofferenza che ti spinge a morire, hanno trovato nella fede una forza talmente grande che hanno deciso di andare avanti e che ora sono in un certo qual modo più felici di prima. Io non le giudicherei dei poveracci che vista la deplorevole situazione in cui si trovano, si lasciano imbambolare dalla prima cosa che capita, anche perché essendo così vuoti da voler morire, ci deve essere qualcosa di molto più che forte che li sproni ad andare avanti. E la fede è una cosa fortissima.

“ “Perché ci sono le guerre?” “Fa tutto parte di un grande disegno divino” “

La risposta a quel perché credo la possa dare solo un estremista religioso, non una persona in grado di ragionare oggettivamente. Il perché delle cose che accadono non dipende da Dio, il mondo è in mano dell’uomo. Noi non siamo delle pedine che Dio si diverte a muovere come gli pare e piace, se scoppia una guerra non è perché Lui l’ha voluto. Uno dei principi base della fede è che Dio ha creato l’uomo e l’ha lasciato completamente LIBERO, persino di mettere in dubbio la Sua esistenza. Ciò che accade nel mondo è riconducibile solamente alle mani dell’uomo.

“. Cercare di conoscere un Dio – che esista o meno – non fa che spalancare altre mille porte piene di interrogativi, aumentando l’angosciante sensazione che ci sia sempre qualcosa che, pur avendo un senso, ci sfugge, nonché il timore di un giudizio dopo la morte.”

È naturale che più ci si avvicina alla verità e più la strada si fa dura, però una volta giunti alla meta finale, alla conoscenza suprema, a dire finalmente con certezza “Dio c’è” o “Dio non c’è” porrebbe fine alla stragrande maggioranza delle domande dell’uomo, soprattutto a quelle più travagliate. Quella che tu chiami “angosciante” sensazione, in realtà io la definirei “stimolante” per la mente, perché la ricerca della verità (e qui si parla della Verità suprema) per la curiosità umana è entusiasmante. Ciò a meno che l’uomo non sia menefreghista, ma a questo ho già dedicato più di qualche riga sopra. Come dice Einstein, non io, Einstein:

<<La cosa più bella che noi possiamo provare è il senso del mistero: esso è la sorgente di tutta l'arte e di tutta la scienza. Colui che non ha mai provato questa emozione, colui che non sa più fermarsi a meditare è come morto, i suoi occhi sono chiusi.>>
[Affermazione di Einstein sul mistero]

Tu parli di “timore” di un giudizio dopo la morte, da una parte giustamente. Però sinceramente credo che il vero timore sarebbe se dopo la morte, invece di un “equo giudizio”, ci fosse il nulla. Credo sia meglio un’eternità nell’inferno che non lasciare alcuna traccia di sé in questo mondo e/o nell’altro. Quest’ultima credo che sia una delle maggiori paure che possa avere un essere umano; per questo durante la vita cerca disperatamente una risposta. Questa ricerca spinge l’essere umano ad andare avanti, perché se un giorno dovesse venire a scoprire che veramente non c’è nulla dopo il momento dell’addio corporale, allora credo che veramente la vita sarebbe inutile, non varrebbe più la pena di proseguire l’evoluzione di una specie che incontrerebbe solo sofferenza, vista l’infame fine che farebbe. Sarebbe molto meglio non procreare più a quel punto: meno vita, meno dolore; altrimenti si inizierebbe ad odiare i propri genitori. La ricerca umana della concretizzazione della speranza che non sia così, lo aiuta voler vivere, almeno fino al raggiungimento della verità.

“Credere semplicemente che sia il caso, la fatalità, a decidere, è molto più semplice e, in un certo senso, confortante”

Sinceramente, se mi venissero a dire che “vivo per caso” credo che mi farebbe sentire quanto meno inutile, se non addirittura di troppo. È un po’ come sentirsi confessare dai genitori che si è nati per un “errore” durante il rapporto sessuale, dove non si intendeva fare un figlio. Così torniamo al discorso di prima, se vivessi per caso avrei forse qualche interesse a continuare a vivere, ma non credo altrettanti per far proseguire la mia specie visto che anche la più bella cosa che rende felici poi andrebbe inevitabilmente a concludersi con l’eterno dolore, l’eterno nulla. Invece la speranza di un Qualcosa di più che un giorno mi aiuterà, mi spinge a continuare a vivere e a far vivere i miei figli; e visto che questa speranza è alimentata da fonti molto più che attendibili, a partire da diversi fatti come stigmate, miracoli e così via, non è una speranza vana, o meglio un’illusione. Altrimenti più di mezzo mondo sarebbe popolato da dementi.

“ “per favore, cerca di sopravvivere”, rivolto alla vittima dell’incidente, ha sostanzialmente lo stesso significato di “Ti prego, fai in modo che…” “

E’ vero, ma non nel modo che hai inteso tu: l’inflessione dialettale non c’entra, non così tanto. Se una persona cara è sull’orlo della morte e si pensa a “per favore, cerca di sopravvivere”, non ci si rivolge alla persona moribonda, per quanto la forma grammaticale della frase faccia pensare al contrario. Questo perché si sa benissimo che il destino di noi stessi non dipende dalla nostra volontà, quindi neanche il destino di chi forse sta per morire non dipende da ciò che vuole (entro determinati limiti). Quindi se si pensa ad una frase del genere ci si rende conto subito dopo che poverina, non dipende da lei se forse se ne andrà. Però intanto si è pensato a quella frase. Questo perché, e fa parte della filosofia umana, il desiderio non è rivolto a se stessi ma a quel qualcosa che può essere tanto più forte dell’uomo da poter cambiare le cose. E come ho già detto nel primo post, può essere tanto Dio quanto il caso (che tuttavia non sappiamo da chi sia manipolato, da se stesso o da una Mano invisibile). Perché anche un individuo a cui non hanno inculcato nessun tipo di nozione religiosa, se avesse di fronte una persona cara che la sta per abbandonare, chiederebbe istintivamente a qualcuno invisibile più forte di lui che ella possa vivere. Perché? Non può essere solo mero augurio che la persona possa vivere; perché sarebbe così. Senza la ricerca di un aiuto invisibile sarebbe solo un augurio, perché la speranza è un concetto che è partito dalla religione; e personalmente non avrei mai il coraggio di “augurare” ad una persona cara di vivere.

“Non è improbabile che una persona che, ipoteticamente, nasce su un’isola deserta e lì passa tutta la sua vita, non sia mai sfiorata dall’idea che ci sia qualcosa sopra di lui.”

Non lo è, però è un’ipotesi molto lontana. Il concetto di un potere superiore però è trascendente, altrimenti non si spiegherebbe il fatto che il 95% delle tribù, anche quelle isolate dal mondo, venerino qualche cosa. Un animale, un evento naturale, un pezzo di legno, il primo uomo diverso da loro che vedono, qualsiasi cosa. L’idea è trascendente, però è solo un vago concetto per l’uomo, che poverino inizia a venerare solo quello che le sue conoscenze permettono di venerare. Nella citazione che hai fatto, dove non è stata rinvenuta apparentemente traccia di religione, non vuol dire che tali popoli non abbiano mai venerato qualcosa. Non è solo attraverso la religione che si venera. Io sono quasi completamente sicuro che tali popoli abbiano riposto la loro idolatria al cibo; “Oh, abbiamo trovato del cibo, anche oggi potremo mangiare” è una sorta di adorazione, perché reputano che il cibo sia un qualcosa la cui presenza non dipende dalla loro volontà e che quindi è più forte dell’uomo. L’uomo sente per natura il bisogno di ringraziare. Come si spiega?

“Basti pensare al fanatismo, che è una visione distorta della religiosità che porta alla violenza; o alle religioni che legittimano, o hanno legittimato in passato, massacri e barbarie d’ogni tipo.”

Beh ma qui si va fuori tema. Tante religioni esistono perché in passato a qualcuno è convenuto che la gente credesse ad una certa cosa. Il fatto che una religione imponga di dare la vita per la patria o per qualsiasi altra cosa senza preoccuparsi di stroncare altre esistenze, deriva solo dal fatto che nel momento in cui è stata creata tale norma religiosa, ciò che contava era avere terre e arrivare ad essere una popolazione forte e incontrastata. È un po’ come se si dicesse che la morale non è di Dio perché il clero ha fatto passare per etico, tempo fa, donare i propri averi alla Chiesa prima di morire. Suvvia.
È invece etico dare la vita per salvare una persona amata PUNTO. Perché è un concetto che non deriva da qualcun altro, è trascendente, è nato con l’uomo. Qual è la madre che non morirebbe per proteggere il proprio figlio? Non c’è bisogno mica di avere delle nozioni religiose per possedere un simile istinto.

“Vorreste forse dirmi che gli atei sono persone prive di moralità?”

Nessuno ha mai detto una cosa del genere. Ma il solo fatto che la morale sia trascendente non vuol dire che sia legata alla convinzione che Dio esista o meno. Se Dio ha fornito all’uomo la morale e poi lui non la usa, sono decisioni sue; ma l’uomo può anche usare un concetto divino non credendo a Dio, se reputa che Egli non esista e rinnegando il fatto che la morale sia nata con lui. Come ho già detto, l’uomo è stato lasciato assolutamente libero.

“Non è la religione con l’idea di Dio che crea la morale, ma la morale stessa deve controllare la religione e farsi giudice di essa.”

Esatto, la morale ha anche il potere di tenere a bada una religione, se questa inizia a diventare corrotta. Non è la religione che detta la morale, spero nessuno mai arrivi a pensare a questo.

“la comune morale impedisce di fare esperimenti sui bambini, ma se qualcuno ci provasse, non verrebbe mica fulminato.”

Forse vado OT, però vorrei porgere una domanda, sia a te che al lettore. Supponiamo che un scienziato scopra per caso la medicina contro il cancro. Sviluppandola, arriva a ottenerne circa per 100 persone. I ricercatori gli domandano se vuole brevettarla, dicendogli che per farlo occorrono, vista la complessità della medicina, almeno una decina d’anni. Lo scienziato, non capace di ricrearla, prende una decisione: non la brevetta, ma chiede ai ricercatori di darla alla comunità, per salvare i bambini che attualmente sono malati ci cancro. Il giorno dopo muore. Eroe o stupido?
Con questo volevo dire che non è tanto la morale che ferma l’uomo quanto la natura (o la Natura). Se non si possono, adesso, effettuare esperimenti sui bambini, non significa che un giorno si potrà, perché probabilmente scopriremo un modo per effettuare gli stessi esperimenti senza usare degli innocenti bambini. Quando la natura lo vorrà.
Le scoperte fatte dall’uomo sono state nella stragrande maggioranza dei casi l’evoluzione di una casualità. La morale non ci azzecca un’acca. Non è lei che limita la scienza umana. Se adesso scoprissimo la medicina contro il cancro probabilmente verrebbe usata in modo sbagliato: accessibile solo a persone più che facoltose per esempio, oppure non verrebbe diffusa anche fra le popolazioni più povere, la userebbero solo i paesi sviluppati. Con tutta probabilità la natura ci permetterà di raggiungere quel traguardo quando finalmente saremo in grado di usare tale cosa per lo scopo giusto.

“L’esempio del martello regge poco, trattandosi di un’invenzione umana che l’uomo ha concepito per necessità”

Hai ragione, ma ho parlato di martello perché è stato il primo oggetto banale che mi è venuto in mente; se vuoi un esempio più azzeccato posso parlarti del bazooka. È un oggetto che serve a distruggere ed è di utilità tanto adesso (per quanto ridicolo sia dover usare un bazooka per necessità) quanto all’uomo primitivo. Solo che adesso c’è la speranza che tale strumento venga usato solo in caso di stretta necessità e soprattutto per difesa. Nelle mani di un cavernicolo avrebbe solo portato sterminio, perché sarebbe stato solo uno strumento per arrivare a dominare. Un disastro.

“l’uomo ha mille diversi ambiti in cui esercitare la propria ragione”

E qui finisco di citare. Intendi a parte la ricerca dei perché? E quali sarebbero?
Che cosa farò domani? Devo uscire prima a compare il pane o ci passo più tardi visto che devo accompagnare mio figlio a scuola? Che cosa faccio stasera da mangiare? Chi vincerà il mondiale? Uscirà il tal decreto dal tal governo?
Sono queste le domande che si pone l’uomo per sentirsi la ragione realizzata? Ma parliamo di vita o di esistenza?
Se all’uomo bastasse esistere allora sì, quelle domande sarebbero sicuramente sufficienti. A quel punto, l’uomo si porrebbe solo questioni che influenzino solo la propria sopravvivenza e nient’altro, ma a quel punto la vita sarebbe vuota, proprio a causa del troppo che vive. Nessuno obbliga l’uomo a correre.
Il solo fatto che la durata dell’esistenza dell’uomo paragonata all’eternità sia il nulla, non vuol dire che l’uomo ha a disposizione troppo poco tempo per cercare la verità. Perché dopo di lui ci sono le generazioni successive e così via. Il ragionamento “non ho tempo di pensare a perché vivo, perché devo correre al supermercato” è lo stesso che potrebbe fare un animale pensando “non ho tempo di pensare a perché vivo, perché ho una sete da lupi e devo correre al fiume”. Il problema è che l’animale è giustificato a correre, perché non è abbastanza intelligente da porsi la domanda sul perché della sua esistenza. Ma l’uomo fortunatamente lo è. Ed è per questo che si deve soffermare, deve rallentare. Non può correre sempre, deve avere il buon senso di prendere il respiro e di cessare di esistere per trovare la forza di iniziare a vivere. Di smettere di comportarsi da animale e farsi quelle domande che lo fanno diventare uomo. Quelle domande ispirate solo dall’Ignoto. Senza di Esso, che esista o no, l’uomo esiste, non vive.



OT
Questo è il mio ultimo post per il contest, se mi è permesso vorrei congratularmi con tutti i partecipanti per la bellissima gara che è nata. Forse è stato più che crudele ridurre così tanto i partecipanti durante la seconda fase, però questo non significa che non siano stati tutti lavori meritevoli ed interessanti :-D
In particolar modo vorrei ringraziare Kana per la splendida finale che mi ha regalato, mi sono divertito davvero tanto. In tutto quello che ho scritto nel post, nulla di personale eh! Chiedo scusa se in qualche modo posso averti offesa :angel:
Beh, vinca il migliore, aspetto con ansia la risposta di Kana e il verdetto finale :wink:
Kana
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Re: FASE 3 - L'Uomo ha bisogno di Dio per vivere?

Messaggio da Kana »

Anche questa volta il post è decisamente più breve di quello del mio rivale. Ma alle elemenatri mi hanno detto che non conta quanto scrivi, ma cosa e come. Io ci credo ancora :hihi:


“Noi viviamo le nostre vite e badiamo alle cose di questo mondo; Dio, se c’è, pensi al suo: non vedo perché dovremmo interessarci uno dell’altro.”
Io invece comincio dall’inizio. Anche io ero in dubbio se inserire o meno questa frase, dato che sapevo che era un punto “debole”, e mi aspettavo una risposta pesante e diretta: ma non sono affatto pentita di averla inserita. Si tratta di una di quelle frasi ad effetto, ma personali e opinabili, come del resto lo solo anche le ultime frasi dei tuoi due post. Però, non penso che rovini il mio “meritevole” lavoro, anzi, corona lo scritto e sintetizza perfettamente quello che tutta l’ultima parte intende dire; inoltre, penso sia una frase meno scontata di tante altre, poco retorica e molto concreta. Letta interamente e non solo nell’ultima parte, esprime chiaramente l’idea che voglio trasmettere, ovvero che l’uomo può tranquillamente condurre la sua esistenza terrena senza alcun bisogno di trascendenza; Dio, ammesso che esista, è libero di fare quel che gli pare: il “suo” potremmo, effettivamente, essere anche noi. Ognuno è libero di fare come crede, ma non è una condizione necessaria preoccuparsi l’uno dell’altro.
Forse sarebbe irrispettoso voltare le spalle ai propri genitori, ma questo non è perché loro ci hanno meramente messi al mondo, ma piuttosto perché ci sono stati accanto, ci hanno cresciuti e si sono occupati di noi: un bimbo adottato prova affetto e gratitudine verso i genitori adottivi anche se non sono stati loro a metterlo al mondo, mentre prova indifferenza verso i genitori naturali.
Il benedetto orfano spesso non ha bisogno di cercare i suoi genitori, perché tanto, ha vissuto tutta la vita senza di loro, e non ne avverte il bisogno. Tanto per far calare ancora di più la qualità degli esempi, il ricco a cui improvvisamente viene tolto il caviale che mangiava ogni giorno a colazione, pranzo e cena, ne sentirà la mancanza. Il povero, che il caviale non l’ha mai visto nella sua vita nemmeno da lontano, se ne frega altamente se improvvisamente il caviale viene messo fuori legge. Ecco, l’uomo che non ha mai fatto esperienza di Dio può benissimo vivere senza. Forse l’orfano si sentirà triste vedendo in giro bimbi amati e coccolati dai genitori, ma nessun uomo potrà mai provare una sensazione simile nei confronti di Dio, perché a questo proposito siamo tutti uguali: siamo tutti “senza”.
Non nego che la fede sia una cosa fortissima, non nego che alcune persone si siano salvate grazie ad essa, trovandovi un nuovo senso per la loro vita. Ma vivere nella speranza che un giorno riceverai una ricompensa proporzionata alle tue sofferenze, è un po’ come vivere in attesa della morte. E’ un’illusione che l’uomo stesso si è creato per autoconvincersi che, se non trova la felicità nell’al di qua, un giorno la troverà dopo la morte. Questo sì gli permetterà di continuare a vivere, ma che vita, quella di “fare la fatica di arrivare al giorno dopo”. Mi sembra improbabile, ma se anche un uomo perdesse tutto ciò a cui tiene, dalla famiglia, al lavoro, agli amici, ci sono diverse strade per ricominciare, oltre alla fede. Per come gli essere umani sono solidali e sociali, troverebbe qualcuno disposto ad aiutarlo, con cui instaurare nuove relazioni, o un nuovo interesse - un lavoro o un hobby – che lo stimoli. Se così non fosse, delle persone che hanno la sfortuna di vivere una vita con più difficoltà, metà sarebbero preti, e l’altra metà suicida. E trovare una nuova vita nella Fede, anche se essa ci permette di andare avanti, non significa trovarne una più felice. “Il punto di vista secondo cui il credente sarebbe più felice dell'ateo è assurdo tanto quanto la diffusa convinzione che l'ubriaco è più felice del sobrio” - G. B. Shaw

Ma torniamo ad ammettere che Dio esista, che non sia un’invenzione dell’uomo, che non sia l’umano miticizzato e proiettato in un aldilà, e così adorato, la personificazione delle qualità della specie umana, creata dallo stesso uomo. Anche perché non stiamo discutendo dell’esistenza o meno di Dio.
Dunque, pur esistendo Dio, il mondo è nelle mani dell’uomo. Lui ci ha lasciati liberi. Non mette mano alle faccende umane, non impone nemmeno di credere in lui. Allora, noi non abbiamo bisogno di lui: non ci serve uno spettatore che osserva senza far nulla. Che noi non siamo pedine che lui manovra a suo piacimento, tanto meglio; ma allora, se noi abbiamo la più totale libertà, anche di mandare il mondo a rotoli, poco importa se lassù qualcuno ci osserva. Il mondo è nelle nostre mani! Sta a noi osservare, esplorare, capire, agire, vivere…senza preoccuparci di nient’altro.

Einstein, e dico Einstein, in quella citazione parla di mistero, ma anche di scienza. Il mistero è senza dubbio uno stimolo alla curiosità dell’uomo, ma di misteri è pieno il mondo. Misteri scientifici, per l’appunto, per i quali, non smetterò mai di dirlo, Dio non è una risposta. Anzi, è proprio un blocco alla nostra naturale curiosità; se diamo come spiegazione a tutto ciò che non conosciamo Dio, poi non siamo più spinti a indagare, a cercare, perché ci siamo “accontentati” di una risposta vaga.

Umani per caso. Sono molti, moltissimi i bambini che sono nati senza essere voluti. Non mi riferisco solo ad avvenimenti estremi come tredicenni ubriache che restano incinte, ma anche a coppie normalissime che magari progettavano un solo figlio, e si ritrovano con due fratellini. Ma davvero, la maggior parte dei genitori, raccontandolo al figlio, concluderà dicendo che quello è stato uno degli sbagli più
belli della sua vita. E allora il figlio non potrà sentirsi inutile; anche lui spererà di commettere un giorno questo bellissimo “sbaglio”. E poco importa se siamo nati senza che questo fosse progettato. Anche sapere che c’è “qualcosa” oltre la vita non costituisce un fine, uno scopo ultimo che giustifichi la nostra venuta al mondo. Che questo al di là ci sia o non ci sia, non influisce sul fatto che nasciamo e moriamo. Può certo influire su come viviamo, ma vivere proiettati verso il “dopo” non è tanto meglio che vivere alla giornata. Smettere di procreare addirittura mi sembra eccessivo: la vita non è mica tutte sofferenze; che la vita perda qualsiasi senso solo perché dopo ci aspetta il nulla mi sembra una visione estremamente pessimista. Senza un dopo, davvero non vale la pena vivere? Lasciare una traccia in questo mondo è senza dubbio l’ambizione di ogni essere umano, che può cercare di realizzarla vivendo appieno la sua vita, che vale senza dubbio la pena di essere vissuta in ogni caso.

E’ vero, verissimo che l’uomo è portato per natura a ringraziare. Ed è proprio uno dei motivi che portano alla nascita dell’idea di Dio nell’uomo. Per esempio per il filosofo Feuerbach questo è dovuto ad un sentimento di dipendenza provato dall’uomo verso la natura, che lo ha spinto ad adorare tutte le cose che sono necessarie alla sua esistenza: l’aria l’acqua, la terra. Ma quei popoli primitivi non pensavano necessariamente ad una divinità più grande , semplicemente ringraziavano l’albero per aver dato loro i frutti, si scusavano con il bue per averlo ucciso. Ma da qui alla venerazione verso un ente superiore, o alla nascita delle religioni, c' è tutto un mondo di mezzo.

Non credo affatto di essere andata fuori tema parlando di violenze legittimate dalle religioni, perché in quel passaggio cercavo di confutare la tua tesi a proposito della moralità come derivato di Dio. Se pure vogliamo vederla in questo modo, dobbiamo tener presente che la religione è il nostro tramite con Dio. Il fatto che Dio sia buono e misericordioso o meno, che sia peccaminoso fornicare e arricchirsi, sono state le religioni a stabilirlo per conto del Supremo. Questa morale di Dio è creata comunque dagli uomini: affermare che Dio è artefice delle regole morali ed etiche di questo mondo è falso; e se anche così fosse, il fatto che le religioni ne distorcano la visone indica che questa morale non garantisce equilibrio nel mondo. In virtù di questo, non vorrai dirmi che è perfetta (qui mi riferisco al primo post). Suvvia.

“È invece etico dare la vita per salvare una persona amata PUNTO. Perché è un concetto che non deriva da qualcun altro, è trascendente, è nato con l’uomo. Qual è la madre che non morirebbe per proteggere il proprio figlio? Non c’è bisogno mica di avere delle nozioni religiose per possedere un simile istinto.” [8° “blocco”, 2° paragrafo]

Giusto giustissimo. Ma anche in relazione all’intero paragrafo, non vedo il nesso tra la nascita d quest’istinto e Dio, se non quel trascendente buttato là in mezzo. Quasi quasi è un punto a mio favore. No, in verità confesso di non aver capito bene questo passaggio. Se gli altri lettori la comprendono meglio, allora perdonatemi, errore mio.

Per quel che riguarda gli esperimenti sui bambini e il limite della natura, inutile dire che sono i pieno disaccordo. Innanzitutto, hai affermato in più passaggi che l’uomo è libero. Dunque, perché dovrebbero esserci imposti dei limiti per quel che riguarda il progresso scientifico? Inoltre, non riesco a capire quando la natura dovrebbe concederci di fare determinate scoperte. Forse quando l’umanità sarà abbastanza matura; eppure abbiamo scoperto l’energia atomica parecchio tempo fa, ma a giudicare dagli incidenti che si sono susseguiti, non direi che siamo maturi nemmeno adesso. Mi dispiace anche che questo contest non preveda più post perché avrei chiesto volentieri lumi sull’esempio dello scienziato sfigato. A parte che è improbabile che ne produca 100 unità senza sapere come farlo ancora, comunque il fatto che la dia ai bimbi o la brevetti è una questione personale sua, ma non capisco nemmeno quale sia il limite della natura: forse il fatto che sia morto il giorno dopo è una giustizia divina perché non l’ha distribuita a tutta l’umanità, così ritorniamo sul fatto dell’essere fulminato. Anche qui, se ho frainteso, errore mio.
(sono sincera quando dico che non ho capito; forse è perché sono stupida io; in ogni caso, avendo l’ultima parola, sottolineo che si tratta di mie interpretazioni)

Penso di aver quasi finito, ancora due cose. Innanzitutto, penso che l’esempio del bazooka si ancora più infelice di quello del martello. Un esempio più azzeccato era quello fatto sopra, del vaccino distribuito solo ai ricchi, trattandosi di una scoperta. O il fuoco.
Il martello e il bazooka mi danno un po’ l’impressione di un paradosso del tipo “abbiamo il naso per portare gli occhiali”: sono delle invenzioni create dall’uomo per sua necessità, non dei doni del Cielo da usare a piacimento.
Ed ecco un’altra questione che mi preme molto:

“[…] questa speranza è alimentata da fonti molto più che attendibili, a partire da diversi fatti come stigmate, miracoli e così via […]” ("blocco" 5, linea 7)

Forse non c’entra neanche molto con l’intero discorso, ma davvero, c’è un piccolo particolare che proprio non mi va giù. Ovvero, che mi si dica che stigmate e miracoli siano addirittura più che attendibili. Effettivamente l’intera frase, con la parte che non ho citato, non fa una grinza. Ora, non vorrei essere blasfema, ma dei miracoli non abbiamo nessuna certezza: proprio come Dio, sono una risposta a ciò che ancora non possiamo spiegare; una risposta che non ci soddisfa.

Infine. Le domande che hai scritto, giustamente, si limitano ad un’esistenza, o vita, per me è lo stesso, un po’ povera, anche se a mio parere è quella condotta dalla maggior parte delle persone al giorno d’oggi. In ogni caso, non nego nemmeno che le domande esistenziali non siano parte intrinseca dell’uomo; ma non è necessario passare attraverso Dio per trovare una risposta: i mille ambiti di ricerca dell’uomo sono le scienze, l’arte, la filosofia, e certo, anche la religione, ma è solo una delle tante. Le risposte si celano anche nei rapporti con gli altri; il senso della vita, la propria identità, si possono trovare grazie agli altri. E allora non c’è più bisogno di un Terzo incomodo.

E’ arrivato il momento di concludere. Questa volta, per andare sul sicuro, ho deciso di chiudere, spero in bellezza, con la citazione di qualcuno più famoso e attendibile di me. In questa frase penso si esprima bene quel pensiero che ho tanto cercato di trasmettere, ovvero perché l’uomo, pur avendo mille e mille domande, non abbia bisogno di Dio per trovare una risposta.

“Sono troppo curioso, troppo problematico, troppo tracotante, perché possa piacermi una risposta grossolana. Dio è una risposta grossolana, una indelicatezza verso noi pensatori -, in fondo, è solo un grossolano divieto: non dovete pensare!” [Nietzsche, Ecce homo]

E’ stata una bella gara, molto più di quel che mi aspettassi: all’inizio ero seccata all’idea di dover scrivere tanto, nemmeno fossi a scuola (per una che, poi, già normalmente odia i dibattiti di suo…), e l’argomento mi lasciava assai perplessa. Io stessa non avrei saputo che posizione prendere, se avessi dovuto scegliere. Addirittura, mi sembrava che la tua, Jin, fosse più facile da sostenere. Ma poi riflettendo, documentandomi e scrivendo per controbattere, mi sono sempre più convinta della mia posizione, e ora sono felice di quel che mi è toccato. Il fatto che non fossi d’accordo col 90% delle cose che scrivevi ha contribuito, credo, a rendere più intenso lo scontro. Anche io non ho niente di personale, non posso offendermi per cose del genere. Quello che ti rimprovero è di aver fatto citazioni un po’ a casaccio, nel senso che più di una volta mi hai tagliato parti fondamentali.
Spero che anche i giudici abbiano trovato interessante il nostro botta-e-risposta, e mi auguro che la decisione sia ardua :P
Bloccato

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