Avventure Accademia+Garden

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Pip :>
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Re: Avventure Accademia+Garden

Messaggio da Pip :> »

Drizzt e Lavitz correvano per i corridoi del Pandemonium.

Una volta che Ruben ordinò a SeeD e Cadetti di dividersi, i due presero la stessa via, trovandosi ben presto da soli. Non avevano idea di dove andare; non avevano idea di cosa fare, di chi avrebbero trovato; non avevano idea di come potessero essere sufficienti due sole ore per venire a capo di quella situazione. Se non che, ragionando, intravidero una speranza; se la Strega era partita due minuti prima di loro, arrivando nel Mondo degli opposti 730 giorni prima, voleva dire che il tempo scorreva più lentamente: una reazione fisica alla sovrapposizione dei due mondi, forse.

Speravano con tutto il cuore che fosse così.

Drizzt: Non posso credere che siamo arrivati qui. Abbiamo fallito, dannazione.
Lavitz: Questa è purtroppo l'inequivocabile verità.
Drizzt: Sembra che nei due anni trascorsi dall'arrivo della Strega, ella abbia già ottenuto il dominio di gran parte di questo mondo. SeeD Neri.. Tutto questo mi pare follia.
Lavitz: Il nostro compito non cambia.

Mai un tentennamento, sempre focalizzato sull'obiettivo. Drizzt squadrò ancora una volta il compagno; in lui, era presente solo la sua missione, che Drizzt ancora non aveva del tutto inquadrato.

Proseguirono fino al termine del corridoio e si trovarono davanti ad un grosso portone, finemente decorato; erano di fronte ad una scelta: entrare e scoprire cosa contenesse, oppure fare marcia indietro ed intraprendere una nuova via.

Decisero per la prima.

Spingendo entrambi, aprirono il portone, per trovarsi in una stanza illuminata solo da alcune torce. Al suo interno, vi era solo una teca di vetro, contenente quello che, a prima vista, sembrava una chiave. Una porta si trovava al capo opposto della stanza.

Drizzt: Non c'è bisogno che ti dica che questa è una trappola.
Lavitz: Piuttosto palese, aggiungerei.
Drizzt: Forza, usciam...

Ma la porta dietro di loro si era chiusa, sigillata.

Lavitz: Non ci resta che provare...
Drizzt: Stiamo in guardia.

Arrivarono alla teca, la alzarono, toccarono la chiave. Improvvisamente, le luci si fecero blu e si aprì un portale. Da esso, uscì un mostro gigantesco. Custode Celeste era il suo nome. Ma avrebbe fatto di tutto per mandarli all'Inferno.
Il nemico non ci pensò due volte e attaccò. Drizzt impugnò le sue scimitarre, fermo in posizione per ricevere l'attacco; Lavitz strinse la sua lancia e chiuse gli occhi. Quando li riaprì, una zampa del mostro era alzata, pronta ad estirparli. I due Commander balzarono a lato, entrambi lanciando una magia non appena ristabilito l'equilibrio: un Thundaga per l'uomo, una Fiamma Nera per il Drow. Le magie andarono a segno, confondendo il mostro, che non sapeva da che parte attaccare.
Il Custode Celeste decise di concentrarsi su Drizzt: cominciò ad incalzarlo con potenti, anche se lenti attacchi fisici; il Drow riuscì a schivarli tutti, mentre Lavitz cercava di aggirarlo per colpirlo alle spalle. La lancia penetrò nella sua carne, e venne subito ricoperta di fulmini, che aggravarono ulteriormente la potenza dell'attacco. Anche il suo corpo era ricoperto di fulmini.

Drizzt: E così, questa è la tua abilità.
Lavitz: Arriva.

Il Custode Celeste, evidentemente furioso, caricò e fece esplodere alcuni globi, che si riversarono sui Commander. Vennero colpiti; in quella stanza, erano troppi per essere schivati. Si rialzarono malconci ma, tuttavia, ripresero ad attaccare.
Lavitz era velocissimo e letale, come un fulmine. Il suo stile di combattimento rispecchiava esattamente la sua persona: incisivo, senza fronzoli, ma elegante e armonioso. Sapeva dove colpire e colpiva, dritto al punto.
Drizzt, invece, esprimeva uno stile in grado di farlo avvicinare al nemico eludendo i suoi attacchi: era agilissimo, quasi imprendibile. E quando gli arrivava vicino, diventava micidiale.
Ma la stanchezza iniziava a farsi sentire. I globi che il nemico lanciava erano difficili da contrastare. L'ennesimo attacco li fece cadere a terra.
Il Custode Celeste, con diverse ferite sul corpo a seguito dei ripetuti attacchi infertigli, si avvicinò ai Commander.
Li avrebbe schiacciati.
Ma con uno scatto di cuore, più che di reni, Drizzt e Lavitz evitarono il colpo finale.

E il nemico cadde a terra, morto.

Morto?

Drizzt: Chi sei tu..

Un uomo era entrato dalla porta dalla quale sarebbero dovuti uscire.
Aveva un cappuccio e un ciondolo che splendeva attorno al suo collo, mentre la sua mano impugnava un Gunblade, sporco del sangue del Custode Celeste.
Si tolse il cappuccio.
Capelli lunghi e neri ricaddero sulla fronte, mentre un sorriso si faceva strada sul suo viso.

???: Siete arrivati, finalmente. :-)

Drizzt era sconvolto.

Drizzt: Pip..
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Drizzt Do Urden
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Il nemico del mio nemico

Messaggio da Drizzt Do Urden »

Drizzt : Pip…

Il volto dell’amico, finalmente sorridente, lo lasciò paralizzato per qualche secondo.

Pip : Vi stavo aspettando.

Tutto questo non aveva senso. Quello non era di certo Dart, ma l’opposto di Pip… che però avrebbe dovuto essere malvagio. O magari era stato convertito da un’Organizzazione Omega buona, sempre che esistesse…

Lavitz : Che intendi dire?
Pip : Da quando la Strega è arrivata le cose non sono più le stesse. Ha provato ad assoldarci. Ad assoldare noi, un gruppo di mercenari. Del quale faceva parte anche il tuo opposto, Drizzt. Ha reclutato altri gruppi, ha fondato i SeeD Neri… a sterminato coloro che gli si opponevano.

La faccenda iniziava ad acquistare un senso.

Lavitz : Continua.
Pip : Non nego le mie colpe. Io ed i miei compagni abbiamo prestato la nostre lame al servizio del miglior offerente per anni. La nostra organizzazione, l’Ordine dei Garden, ci dava vitto ed alloggio, e ci coordinava. In cambio, dovevamo versare una parte dei nostri profitti, ricavati tramite gli incarichi.

Drizzt aveva recuperato la facoltà di riflettere dopo lo shock. A quanto pareva, l’Ordine in quel mondo era soltanto un’associazione di mercenari, sorta probabilmente solo a scopo coordinativo e, ovviamente, di lucro. Nessun principio morale, nessun codice da rispettare, o almeno nessun codice simile al loro. E quello non era il Pip che conosceva.

Pip : Abbiamo ucciso, anche a sangue freddo. Anche donne, anziani, bambini. Ma faceva parte del nostro lavoro. Ci pagavano in contanti, non con balle su un bene superiore. Poi, è arrivata lei.
Era potente. È potente. Gli orizzonti dei capi dell’Ordine si sono espansi grazie alla sua forza. E molti di noi, se non tutti, si sono schierati dalla sua parte. Anche io, all’inizio. Le missioni erano più impegnative, la paga migliore. Ma eravamo ciechi. La Strega stava attuando un piano di conquista.
E io non sono un soldato di un esercito fisso votato ad un obiettivo. Sono un mercenario. Pentito, inoltre. Ho disertato, ed uno di noi ha provato a fermarmi.

Lo sguardo eloquente che scagliò in direzione di Drizzt valse più di mille parole.

Pip : L’ho ucciso. Ho ucciso il tuo opposto, Drizzt, il mio migliore amico quando vendevamo i nostri servigi al miglior offerente. Ero disgustato da ciò che era diventato. Un soldato, un burattino impotente tra le braccia della Strega.

Drizzt ebbe una spiacevole sensazione di deja vu. La storia sembrava ripetersi…al contrario. Pip che da buono diventa malvagio, Drizzt che rimane coerente alla sua linea di condotta… Pip che uccide Drizzt.
Anche questo fatto sarebbe stato invertito? E se il “vero” Pip fosse tornato dalla loro parte, allora il suo opposto si sarebbe schierato con la strega, e viceversa? Fino a che punto quel folle mondo emulava ed allo stesso tempo distorceva la loro realtà?

Drizzt : …non ti conosco. Non sei l’amico che conosco, ma sento che vuoi aiutarci. Abbiamo un nemico in comune.

Un breve sguardo a Lavitz, che annuì.

Drizzt : Conosci la strada per giungere all’attivatore?

Dopo un attimo che parve durare un’eternità, Pip annuì.
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Drizzt&Pip / Vincitore della 5° Sagra di Lindblum!

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Alexandra Schwarzlight ha scritto:tu sei un caso a parte, sei la trollface scesa in terra.
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Aura
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Celeste: l'altra faccia del mio io

Messaggio da Aura »

La storia si stava evolvendo velocemente. In poco tempo i Seed ed i Cadetti del Rinoa's Garden si erano ritrovati nel mondo degli Opposti. O meglio, il mondo dei Seed Neri. La struttura era praticamente identica a quella del Garden Supremo, tuttavia i vari arazzi recavano un disegno leggermente diverso rispetto a quello che conosceva Aura. Figure rampanti parevano galoppare sul drappo rosso, ornato da bordi d'oro e una cornice floreale. In alto era fissato da un palo in ferro, mentre capitelli a tema mitologico slanciavano le colonne poste ai lati. Un lungo fregio composto di triglifi e metope più di stile barocco che richiamanti il classico ionico percorreva per tutta la lunghezza il corridoio.
- Per essere i nostri opposti non mancano di originalità - commentò la ragazza passando di fronte all'ennesimo arazzo.
Teoskaven si permise un leggero facepalm - Non mi sembra il momento per ammirare l'architettura interna.
- Lo so... Però sono belli.
Il giovane non rispose, più convinto che fosse una perdita di tempo che per altro. Aura non poté dargli torto, ma aveva pensato a quell'occasione per sdrammatizzare un po': in fondo una piccola distrazione avrebbe solo giovato alla sua testa che ballava ancora per lo scontro di prima.
L'aveva visto inginocchiato a terra e subito l'aveva raggiunto. L'incontro con il suo opposto non doveva essere stato uno dei più piacevoli, e il modo cui la sua coda scattava ogni tanto da una parte all'altra confermava l'ipotesi. Aura sospirò: presto sarebbe capitato anche a lei di vedere la se stessa in quel mondo contrario, forse più aggressiva di quanto si aspetterebbe. Ciò però non toglie che ne aveva timore.
Se fosse stata come immaginava, se fosse stata delineata con un carattere differente dal suo vero io... Non voleva nemmeno pensarci. Se stessa, immagine di un assassino? Non voleva proprio incontrarla.
- Stai tranquilla - le disse Teoskaven - vedrai che riusciremo a trovare l'attivatore. E se non lo faremo noi, lo troverà di sicuro qualcun'altro.
Aura mostrò un sorriso forzato - Non è questo che mi preoccupa. Più che altro... chissà che fine ha fatto Paine.
Una volta girato l'angolo il Cadetto andò a sbattere contro qualcuno. Cadde indietro di schiena e non fece in tempo a scusarsi che un dolore alla spalla gli prese il fiato. Piccole strisce di sangue gli colarono lungo il braccio, bagnando il tessuto della sua divisa.
- Ma che diavolo...
Un altro schiocco e stavolta a sanguinare fu una sua guancia. Aura fu subito di supporto, ma si bloccò non appena incrociò gli occhi smeraldo della ragazza di fronte.

Teoskaven giocò d'anticipo non appena si accorse dell'immobilità della compagna. Omega partì all'attacco puntando alla gola avversaria, facendola allontanare. Si rialzò velocemente e disegnò un cerchio alchemico sul pavimento. Dal centro una mano in marmo bianco elevò al sua potente figura fino alla ragazza nemica, la quale schivò i suoi colpi con facilità.
Un lampo accecante si propagò per il corridoio, lacerando la mano alchimizzata in varie parti. Il cumulo cadde a terra con un tonfo senza troppi complimenti, così che Aura poté guardare bene in faccia, ancora una volta la se stessa Seed Nera.
Il suo sguardo verde di foresta pareva penetrare anche i muri. I capelli erano stati tagliati fino alle spalle, sulle quali poggiava uno scialle composto da due strisce nere dai motivi ornamentali. Il guanto destro le arrivava al polso, mentre il sinistro le copriva buona parte del braccio e del gomito, dove un uno yo-yo le si intrecciava intorno a mo di catena. Infine il completo sbiadiva in un più semplice paio di pantaloni e stivali di cuoio.
L'unica cosa che era rimasta inalterata era l'inconfondibile ciuffo ribelle a coda di rondine.
Questa sarei... io?
- Il tuo nome - la sua voce parve inespressiva. Era un comando più che una richiesta.
Aura aspettò un attimo prima di rispondere - Mi chiamo Aura Lundor. Tu... chi sei?
L'altra ragazza mosse appena le labbra - Celeste ( la pronuncia è Selèst, onde evitare errori). Ma prima ero Aura.
- P... Perchè hai cambiato nome?
Celeste non risposte, limitandosi a schioccare una lunga frusta blu oceano creata con la fusione fra l'elettricità ed il metallo del suo yo yo. Scintille sprizzarono ad ogni contatto tra l'arma ed i detriti sul pavimento, creando un gioco di luci e suoni che fece indietreggiare il Cadetto e la Seed.
Teoskaven mosse un passo, ma Aura lo fermò. Lui la fissò con sguardo interrogativo, ma non fece in tempo a domandarle altro che la frusta li divise. La giovane respinse gli attacchi che seguirono grazie a Stardust, distogliendo l'attenzione dal ragazzo che si stava preparando a continuare lo scontro.
Una sferzata andò ad infrangere il muro, facendo volare in aria pezzi di marmo e pietra. Aura girò su se stessa e lanciò la propria arma contro la sua avversaria. Il colpo venne deviato dall'altro yo-yo, tornando ad essere un puro giocattolo, ma ancora con molti assi nella manica. Con un salto, Celeste diminuì la distanza con la propria preda, compiendo un semicerchio a mezz'aria con il proprio braccio.
Un alone scarlatto scaturì dalla sua mano, mentre l'opposto di Stardust vorticò con in un campo magnetico creando l'immagine di un ragno che avvolse la figura della sua padrona. Intuendo le intenzioni della predatrice, Aura invicò la miglior barriera possibile con la magia e l'amalgamò con Black, estratta all'ultimo momento.
- Teo! - gridò al compagno, il quale recepì il messaggio e preparò un'incantesimo. Nell'istante in qui l'attacco di Celeste venne sprigionato, un muro composto di pietra e ghiaccio spesso deviò la maggior parte del danno. Quando l'attacco cessò Aura si ritrovò con vari graffi che le solcavano la pelle delle braccia e delle gambe, così come Teoskaven aveva un polso e una parte del fianco sanguinanti.
Celeste si permise un attimo di tregua e la Seed potè notare come ella studiasse con lo sguardo i suoi avversari. Nei suoi occhi non traspariva alcuna emozione, nemmeno un minimo accenno. Il colore sembrava sopravvivere solo grazie al sangue che le scorreva nelle vene, invece che dei sentimenti che provava. Probabilmente la se stessa come Seed Nero doveva essere l'indifferente e l'insensibile di turno. E pure la meno loquace, da quanto la sua bocca rimaneva serrata in un'espressione monotona.
- Dobbiamo andarcene, Teoskaven - sussurrò Aura guardando le ferite del ragazzo.
- Credi che non riusciremo a contrastarla in due soltanto?
- No, in fondo come livello siamo quasi pari, forse lei è leggermente più forte di me. Tuttavia non voglio rischiare che qualcuno perisca per colpa mia.
- Per colpa sua, vorrai dire - precisò il giovane.
La Seed ripensò alle parole che le aveva rivolto Paine prima di essere rapita. Fare il pedone, mascherarsi da pedone. Non doveva entrare in ballo troppo a lungo, e la mezzanotte per lei era giunta. Dall'altra parte Celeste ripose le armi e prese la strada opposta, sotto lo sguardo attonito del Cadetto.
- Ma come? Se ne va?
La ragazza si fermò prima di svoltare l'angolo - Voi a me non fate nè caldo nè freddo. Vi ho attaccati solamente perchè mi siete venuti addosso prima voi, tutto qui. Voi per me non contate nulla.
E svanì così com'era comparsa.
Sirius
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Re: Avventure Accademia+Garden

Messaggio da Sirius »

Tema.
La battaglia fra Sirius e Perseo imperversava ormai da diversi minuti, nonostante il Cadetto Valantine s'impegnasse per porvi termine quanto prima. La cosa che più lo sorprendeva non era la forza del suo avversario ma la sua capacità di manipolare l'Aurora; da ciò che sapeva, essa era l'opposto delle Ombre: mentre le prime nascevano dall'Oscurità, la seconda era una manifestazione di potere Sacro. Quindi come poteva costui attingere all'Aurora pur servendo una creatura diabolica come Xavia? La risposta a questo quesito gli giunse prima di quanto osasse immaginare.
Perseo: “Notevole. Siete un ottimo combattente ma se sperate di battermi v'illudete.” disse, dopo che i due si separarono l'uno dall'altro. Sirius percepì una goccia di fluido nero fuoriuscirgli da un dotto lacrimale, segno inequivocabile che stava esagerando nell'utilizzo dei suoi poteri Oscuri; pertanto decise di congedare Tenebras e, non appena la sua pelle ed i suoi occhi ebbero riacquistato il loro aspetto naturale, si degnò di rispondere al suo interlocutore.
Sirius: “Probabilmente avete ragione, tuttavia è mio dovere trattenervi qui nella speranza ciò possa offrire anche solo un'esigua possibilità di fuga ai miei compagni.” disse, assumendo una posa di guardia. Udite queste parole, il Cavaliere della strega rise fragorosamente.
Perseo: “Davvero credete che stiano scappando? Essi si stanno solo dirigendo verso un'ineluttabile fine. Abbiamo avuto due anni per preparaci a questo test, i vostri compagni posso solo sperare in una morte rapida.”

Sirius: “Test?” domandò sorpreso.
Perseo: “Nel nostro Ordine vi è posto solo per i più forti ed affrontare i propri opposti è per noi la prova incontrovertibile d'essere le versioni migliori; sfortunatamente per me, il mio Opposto non era presente al momento del passaggio in questa dimensione, dunque sono costretto ad accontentarmi di confrontarmi con voi.” disse in tono di sufficienza.
Sirius: “Vorrei tanto sapere quale atroce disturbo mentale ha trovato la strega in voi per avervi nominato suo nuovo Cavaliere; siete forse un necrofilo?” domandò con chiaro intento di provocare una reazione che non tardò a manifestarsi.
Perseo: “COME OSI, MISERABILE NULLITÀ? Sua Somma Signoria Xavia ha ristabilito ordine in questo mondo corrotto e caotico; grazie a lei abbiamo riscoperto la nostra forza ed il nostro orgoglio!” sbraitò, con un'espressione mistica in volto. Era così lampante che Sirius si stupì di non averlo capito subito: come molti di coloro che si reputano nel giusto, Perseo riteneva tutti coloro che la pensavano in maniera diversa dalla sua dei malvagi e, dunque, indegni d'esistere; spesso era proprio nella convinzione di agire per un bene superiore che si commettevano gli atti più aberranti.

Perseo: “Mi sono stancato della vostra compagnia ma non temete: la vostra vita non giungerà a termine oggi; per voi è previsto un soggiorno a tempo indeterminato presso il nostro centro di ricerche avanzate, il Pozzo, dove scoprirete l'inimmaginabile disumanità della nostra capo ricercatrice.” disse infine, schioccando le dita. Dal soffitto caddero a terra quattro figure alte almeno due metri e mezzo; all'apparenza sembravano soldati in armatura ma osservandoli meglio si accorse ch'erano in realtà dei robot.
Perseo: “Vi presento la nostra punta di diamante in fatto di droidi da battaglia: i Distruttori. A proposito, le loro corazze sono rivestite con placche di Mithril, quindi non sprecate inutilmente incantesimi.” aggiunse, prima di fargli cenno di avanzare. I Distruttori avevano un rivestimento di colore nero pece, delle teste con una vaga sembianza di teschio ed due sensori rossi al posto degli occhi; come armi erano visibili ai lati delle braccia due vibrolame, le cui pulsazioni ultrasoniche le rendevano taglienti più di un bisturi, e sopra la spalla sinistra vi era montato un cannoncino piroplasmatico ad alta precisione che seguiva ogni movimento della testa del droide. Indubitabilmente erano avversari ostici d'abbattere senza poter fare ricorso alla magia; senza contare le possibili armi nascoste.

Non vedendo alcuna via di fuga, Sirius abbassò la testa e fece sparire la Sargatanas, rimanendo immobile. Quando i Distruttori si avvicinarono ulteriormente, credendolo disposto alla resa, lo stregone si guardò attorno con la coda dell'occhio per poi incrociare rapidamente le braccia d'innanzi al petto, concentrando su di sé un'energia verde scura; quando spalancò le braccia, una potente esplosione investì i robot, i quali vennero annichilati all'istante. La conseguente onda d'urto devastò le colonne di marmo scuro della stanza e scaraventò con violenza contro la parete un sorpreso Perseo; quando si riprese, al centro della stanza vi era un buco di venti metri di diametro.
Perseo: “Ultima...” disse a bassa voce, dopo essersi avvicinato ad osservare il vuoto oltre il foro. Dopo un'istante d'indecisione, Perseo decise di gettarsi letteralmente all'inseguimento; dopo alcuni istanti di caduta individuò la sua preda ed evocò subito Armonius.
Perseo: “Più velocità!” si limitò ad esclamare ed Armonius in risposta lo afferrò per le gambe e lo lanciò verso il bersaglio sotto di loro per poi svanire come era apparso. Mentre precipitava, Sirius ebbe modo d'osservare dapprima il Pandeamonium sopra di lui poi, volgendo l'attenzione verso il basso, si accorse di una grande città in rovina che sembrava tale e quale ad Esthar; fu mentre osservava quel paesaggio desolato che l'istinto gli suggerì di voltarsi. Troppo tardi.

Perseo l'aveva afferrato, trascinandolo con più velocità verso il suolo; invano tentò di liberarsi dalla morsa del suo assalitore, il quale stava ora sopra di lui. Dopo aver avvolto la mano destra del potere dell'aria gli sferrò un pungo alla bocca dello stomaco; il colpo accusato dal Cadetto fu di tale forza che perse i sensi ed il suo corpo si schiantò al suolo ad una tale velocità che all'impatto creò un cratere. Perseo frenò poi la propria caduta con l'ausilio di Levita, come avrebbe plausibilmente fatto anche il suo avversario se avesse potuto. Per sua sfortuna era atterrato ad una certa distanza dal luogo dell'impatto ma la cosa non gli destò preoccupazione; dopo una veloce risistemata ai suoi eleganti abiti bianchi si avviò a passo lento verso la sua meta, pregustando il trionfo. Grande fu la sua sorpresa nel trovare il cratere vuoto.

15 minuti dopo.

Remiem: “Poffarbacco, che disastro. Sono certo che non si è mosso da solo dopo una cosa del genere; avete esagerato, caro.” disse, osservando il cratere.
Teoskaven: “Probabilmente sono stati quegli infimi omuncoli che abitano questo posto; non è raro che ricorrano al cannibalismo se ci scordiamo di nutrirli.” ipotizzò, con un sadico sorriso.
Perseo: “È vivo, non ho alcun dubbio al riguardo; com'è altrettanto scontato che qualcuno l'ha tirato fuori da lì.” disse, in tono alterato.
Remiem: “Oh, non agitatevi così che vi vengono le rughe intorno agli occhi.” un rapido ceffone zitti il guerriero effeminato.
Perseo: “Vi ho convocati qui solamente perché lo ritroviate e lo catturiate, sempre che il compito non vi risulti troppo ostico, nel qual caso ne paghereste le conseguenze.” intimò, con sguardo furente.
Teoskaven: “Non temete signore, prima dell'alba sarà trasferito al Pozzo.” rispose mettendosi sugli attenti. Mentre si allontanava, Perseo si domando come certe aberranti creature potessero godere del diritto di consumare la sua stessa aria, poi ebbe un sospiro di sollievo; a breve il loro piano sarebbe giunto a compimento ed allora la sua Somma Signora gli avrebbe concesso di liberare il mondo da quei disgustosi sub-umani.
Macha
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Re: Avventure Accademia+Garden

Messaggio da Macha »

Calien scosse la testa, un chiaro segno di perplessità di fronte agli ultimi avvenimenti. «Separarsi gli uni dagli altri equivale al suicidio» mormorò tra sé e sé, appuntandosi mentalmente di riportare la mancanza di coesione tra i SeeD del Garden di Rinoa.
Sando, accanto a lei, assentì annuendo. Sapeva, per esperienza personale, che entrare in un territorio sconosciuto e potenzialmente ostile richiedeva un grande lavoro di squadra, che comprendeva l'esplorazione, lo spostarsi a piccoli gruppi (ma comunque abbastanza numerosi da poter eventualmente rispondere ad un attacco) e il trovare una via d'uscita. Da ciò che aveva potuto vedere, silenziosa testimone di avvenimenti inspiegabili, quel corpo scelto di guerrieri in realtà rispondeva a logiche totalmente contrarie al buonsenso. E sembrava che la sua padrona, Calien, fosse l'unica in grado di rendersene conto e agire di conseguenza.
Calien gettò un'occhiata intorno, cercando qualcuno da reclutare per una spedizione alla ricerca dell'attivatore. Alcuni si erano già allontanati per conto proprio – Night invece, chissà come, aveva trovato una mèla e la lanciava su e giù, apparentemente riflettendo sui massimi sistemi – e Calien, sospirando, soffocò sul nascere la flebile speranza di trovare individui dotati di buonsenso. Neanche Cek e Leon rispondevano a questo requisito.
«Va bene» esalò in un respiro, appartandosi con Sando per riflettere. «I nemici possiedono l'attivatore e noi dobbiamo distruggerlo nel più breve tempo possibile.»
«Un oggetto prezioso solitamente viene nascosto in un luogo in cui nessuno guarderebbe. Se vuoi nascondere un albero, mettilo in una foresta» recitò Sando.
«Proprio così. Quindi, secondo la logica della probabilità, i candidati ideali sarebbero il garage e la sala motori. Proviamo prima con la sala motori.»
Se il Pandemonium era effettivamente lo specchio del Garden Supremo, era assai probabile che la planimetria fosse più o meno la stessa. Se, se, se... A Calien non piaceva non poter trovare fondamento nelle certezze, ma la sostanziale carenza di indizi e la disorganizzazione di quelli che, in teoria, erano i soldati scelti della SeeD non suggerivano nessun'altra soluzione.

Sando camminava a mezzo passo di distanza, nel tentativo inconscio di far meno rumore possibile, ma i suoi sensi erano all'erta. Non era stupida, ma gli eventi si erano mossi così velocemente che faticava ad afferrare il bandolo della matassa.
E sembrava che anche Calien navigasse nella stessa confusione, sebbene si aggrappasse ai barlumi di logica per mantenere la lucidità di comportamento che la caratterizzava. Qualunque indizio era buono; la sua mente lavorava a pieno regime mentre confrontava quelli contraddittori, scartava quelli inutili e rimetteva insieme il rimanente per elaborare teorie sul comportamento ottimale da adottare. Sapeva perfettamente che quello che stava facendo andava contro le logiche di sopravvivenza, ma aveva dato priorità al ritrovamento dell'attivatore per risolvere l'enorme pasticcio in cui – come al solito – si erano infilati tutti quanti, e non certo per sua volontà.
E al suo fianco c'era Sando, il suo auto-eletto braccio armato, ed era già qualcosa.

Trovare la sala motori non fu difficile.
Fu, piuttosto, la presenza di una persona già nota a fermare il duo.
«Bonjour, mademoiselles» salutò beffardo Acheron, eseguendo un inchino in direzione della ragazzina e della sua accompagnatrice.
Prima però che potesse tornare alla posizione eretta, Calien gli lanciò istantaneamente uno Stop, bloccandolo perciò in una poco dignitosa posa a novanta gradi. Dopodiché, gli sbloccò la testa, in modo che potesse muoverla e parlare, ma si tenne pronta a immobilizzarlo nuovamente se avesse cercato di lanciare qualche incantesimo.
Acheron sembrò divertito, più che infastidito, dall'imprevisto. «Notevole. Non per niente siete la più intelligente tra quegli stolti SeeD, più preoccupati per la propria gloria personale che per quella dell'ordine di cui sostengono di far parte.»
Mentalmente, Calien non poté che dargli ragione.
«Il fatto che voi siate qui è un altro chiaro indizio del vostro acume» proseguì Acheron, come se il fatto di stare parlando rivolto al pavimento fosse del tutto irrilevante, «e perciò mi congratulo nuovamente con voi.»
«È qui che si trova l'attivatore, non è forse vero?» chiese Calien, la voce perfettamente atona ma gli occhi vigili.
«Esattamente. Je suis désolé, ma il tempo dei giochi è finito.»
Acheron, imperturbabile, si drizzò di nuovo, spezzando l'incanto di Calien. La ragazzina però era già preparata, e lanciò immediatamente uno Slow per rallentare i suoi movimenti.
Sando si lanciò verso di lui, la Claymore già sfoderata, che cozzò contro lo scudo a goccia dell'avversario. In qualche modo Acheron stava riuscendo a contrattaccare tutti gli incantesimi di status di Calien; probabilmente il suo dominio sull'elettricità gli consentiva di applicarla anche a se stesso oltre che sui malcapitati soggetti dei suoi esperimenti.
Però il suo maggior punto debole, come Sando capì presto, era che non era un guerriero, ma giocava quasi costantemente in difesa.
In un turbinio di bianco e di verde Sando tentò un affondo con la sua pesantissima – ma non per lei – spada stretta nella sinistra, mentre con l'altra mano impegnava lo scudo che si stava già alzando a parare il colpo. Una pioggia di scintille apparve quando la lama cozzò contro una barriera elettrica generata da Acheron, e la guardiana lasciò inavvertitamente cadere la Weh No Su quando la scarica le arrivò alla mano.
Nel frattempo Calien cercava di rallentare Acheron, per quanto possibile, e ne studiava i movimenti. La Claymore che giaceva per terra, mentre Sando era occupata in un corpo a corpo con lo sfuggente n. IV dell'Organizzazione, le dette un'idea.
Usò Haste su Sando, dando modo così ad Acheron di capire che anche lei era passata al gioco difensivo, ma una parte dell'incantesimo confluì, non percepita, anche nella spada. Sando, sfruttando la nuova velocità donatale dalla sua padrona, spinse il palmo della mano in direzione del volto di Acheron, costringendolo a distanziarsi per evitare il colpo. A quel punto Calien sollevò la spada con un Levita e la lanciò verso i due, confidando nei riflessi di Sando; Acheron si accorse dell'arma volante in arrivo e si spostò sulla destra, ridendo in cuor suo del puerile tentativo della ragazzina di trapassarlo mentr'era distratto.
La risata interiore però gli si congelò sulle labbra nel momento in cui Sando gli spezzò la colonna vertebrale con un colpo ben assestato.
Certamente nessuno avrebbe mai detto che la guardiana possedesse una forza tale da spezzare le ossa a mani nude.
Fu questo l'ultimo pensiero cosciente di Acheron, prima che la Claymore, nuovamente in mano alla sua proprietaria, calasse su di lui tranciandogli di netto la testa.

«E ora, l'attivatore» commentò freddamente Calien, gettando un'unica spassionata occhiata al cadavere ai suoi piedi.
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*Paine*
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Scacco matto!

Messaggio da *Paine* »

Per chi aspetta la morte il tempo passa più lentamente.
Per chi la procura è un vortice di emozioni, soprattutto se questa la si bramava da giorni, mesi, anni…
Se quel giorni fossi rimasta me stessa avrei agito soltanto per salvaguardare la mia vita e quella dei miei compagni.
Purtroppo quel giorno non fui io a decidere.
Il mio avversario decise per me e, dicendo molto più del dovuto, mi portò negli abissi profondi dell’oscurità.
Di quegli attimi ricordo molto poco.
L’unica cosa nitida davanti a me fu il viso di Lenne prima che mi cingesse in un abbraccio.


In quel preciso istante nulla fu come prima. Il cervello si spense automaticamente lasciando spazio a tutto il dolore, l’ira, l’inganno e l’odio celati da molti, troppi anni, non solo per ciò che Uriel aveva detto. Molte persone a me care mi avevano tradito fin dalla nascita. Speravo che lui fosse diverso, che non mi avrebbe mai mentito. Speranze vane. Probabilmente mi ritrovavo là e non importava a nessuno. L’urlo disumano che sprigionai portò Uriel a lasciarmi cadere tra la terra umida, bagnata dal mio stesso sangue. In pochi attimi sentii il mio corpo trascinato via da qualcosa che non potevo più fermare. Quando mi rialzai, non ero più io.
Mi eressi da terra come se nulla fosse accaduto, indenne ed insensibile al dolore che il mio nemico mi aveva provocato. Delle ali, nere come la pece, forarono con violenza la divisa aprendosi interamente mostrando la loro maestosità. La muscolatura si accentuò. Le iridi, prima rosso scarlatto, si tinsero anch’esse di nero. Alle mani unghie lunghe come artigli. In bocca canini appuntiti bramosi di carne umana.
Guardai Uriel negli occhi senza vederlo davvero. Sorrisi sadica prima di dargli la spallata che lo fece cozzare pesantemente sulle gradinate. L’avevo colto impreparato probabilmente. O forse stavolta ero io il Gladiatore.
L’uomo nerboruto si alzò facendo leva sulle braccia brandendo in mano l’enorme ascia.
Fissò il punto in cui prima mi trovavo, ma ora… Non c’ero più.

Paine: Sorpreso?

Sobbalzò. Sferzò un fendente alle sue spalle che purtroppo tagliò soltanto l’aria. Appena si voltò sussurrai ancora al suo orecchio.

Paine: Tu, per quanto possa essere forte, non potrai mai sconfiggermi.

Il risolino di scherno lo fece alterare. Cercò di afferrarmi al volo ma anche questa volta mi mancò per un soffio. A ruoli invertiti non aveva più tutta la sicurezza di qualche attimo prima.
Il sudore gli imperlò la fronte. Muoveva la testa a destra e a manca cercando di individuarmi almeno con la coda dell’occhio. Scese dalle gradinate correndo verso il centro dell’arena sperando di avere una visuale migliore. L’unica cosa che riuscì a percepire fu un gran dolore al viso. Ero lì, a pochi passi da lui. Unghie e dita sporche del suo sangue. Cinque graffi precisi solcavano il volto, ormai sfigurato, di Uriel. Lo fissai con soddisfazione. Un bel topino che si era intrappolato da solo. Ecco cosa sembrava. Mi fissava iracondo mentre portava le mani alla guancia ferita. Le vene del collo pulsavano. Estasiata da tale visione leccai il sangue che colava dalle dita fino alla mano. Aveva un buon sapore. Ne volevo ancora.

Paine: Buono il ripieno del cioccolatino.

Inebriata da tale piacere, mi distrassi. Quei pochi secondi in cui gustavo quel nettare per me divino, furono sufficienti per permettere ad Uriel di affondare la sua arma nella mia spalla destra.
Con forza premeva sulla mia carne. Dalla profonda ferita colava sangue. Il mio sangue. Indignata e forse ancora più incazzata di prima, afferrai l’ascia rompendo la lama in mille pezzi. Il mio avversario spalancò gli occhi. Incredulo mi porse una semplice domanda.

Uriel: Cosa caz*o sei? Sei un… un mostro!

Uriel non aspettò risposta scappando velocemente lontano dalla mia gittata. Guardai per un attimo la spalla ferita. Il sangue, dopo aver estratto la lama, sgorgava a fiumi, ma non provavo dolore. Tutta quella situazione mi stava eccitando ancora di più. Bastò poco per raggiungere lo smidollato. L’afferrai cingendogli un braccio attorno al collo. Ridendo sussurrai con voce acuta al suo orecchio prendendolo un po’ per il culo.

Paine: Ah nono. Non si fa così. Ricordi? Da qua deve uscirne vivo soltanto uno. Vuoi forse rimangiarti la parola data? Fammi divertire ancora un po’!

La forza con cui tirai il braccio verso di me gli tolse il fiato. Annusai le ferite aperte sul suo volto sfiorandole appena con la lingua. Un brivido mi pervase. Di scatto lo lasciai andare per poi cingergli la testa con la mano. Affondai la sua testa nella terra secca e ruvida facendolo gemere di dolore.

Paine: Ti vedo contrariato e sofferente. Fa male vero?

Ad ogni parola sbattevo la testa di Uriel nel terreno, sperando di imprimergli quanto più dolore possibile. Si dimenava come un pazzo sbattendo le braccia a terra, cercando di far leva sulle braccia per scappare. Lascia la testa e le afferrai piegandole in modo del tutto innaturale. Il sonoro Crack mi fece gioire. Risi di gusto. Lo rivoltai con un calcio per poterlo vedere in faccia. Cominciai a prenderlo a pestate così come lui aveva fatto con me qualche minuto prima. Ogni volta in un punto diverso. Ogni volta imprimendo più forza che volevo. Sul volto dipinta un’espressione rabbiosa. Volevo la sua vita. Perché quel giorno non li uccisi tutti invece si Far fuori soltanto Noah? Dovevano essere eliminati. Quelle luride fecce! Non esiste il buono o il cattivo, esiste soltanto il furbo e lo stolto. Mi adirai ancora di più quando capii che potevo essere catalogata nella seconda fascia. Continuavo a prenderlo a calci cercando di sfogare tutti gli istinti repressi.
Ormai il corpo morente di Uriel implorava soltanto una cosa. Il riposo eterno.
Lo guardai in viso. Anche se terrorizzato, mi fissava ancora con quello sguardo provocatorio. Come se lui di per sé avesse già avuto la sua vittoria. Il suo riscatto nei miei confronti.
Pian piano stavo per riprendere coscienza di me stessa, ma ancora non abbastanza da potermi fermare.
Ridendo mi tornò in mente un altro mio avversario con lo stesso identico nome, a cui avevo fatto fare la stessa identica fine. L’avevo martoriato, deriso e poi finito. Decapitato per l’esattezza.

Paine: Già ad un Uriel ho troncato la testa, che ne dici, magari ti faccio fare la stessa fine.

Pressai a terra il corpo di Uriel sovrastandolo. Spinsi lo stivale nel petto. Gemeva, soffriva.
Un impeto di gioia mi pervase. La mia rivincita, la rivalsa che da tempo potevo e dovevo prendermi. Pretendevo la sua vita. La volevo subito. Lo fissai con gli occhi fuori dalle orbite. L’espressione, ora di paura, del mio rivale mi esaltò. Cercò di dir qualcosa, ma il calcio che gli mollai nella mascella lo zittì. Zitto. Doveva soltanto stare zitto. Aveva detto troppo per i miei gusti e non volevo sapere altro. Feci apparire la Masamune ponendo l’incavo superiore della lama attorno al suo collo. Un colpo netto e via la testa! Quelli erano i piani. Preparai il colpo, ma lui sibilò un nome. Noah. Lasciai la Masamune dove si trovava e lo fissai stralunata.

Paine: Cosa?
Uriel: Noah… Lui è vivo… Vuole prendere la tua vita…
Paine: Gli unicorni esistono, i somari volano e tu non sei nero. Basta con queste cazzate! Anche tu lo volevi, ma, guarda un po’ il destino, vuole che sia io a prendermi la tua!

Uriel rise. Cosa caz*o aveva da ridere lo sapeva soltanto lui. Mi innervosii talmente tanto da afferrare l’elsa della Katana pronta ad affondare. Piano piano la lama lacerava la pelle. Pian piano l’espressione di Uriel cambiò, da scherno a terrore. Si affrettò a cercare le parole adatte a convincermi a risparmiargli la vita.

Uriel: Lui! Lui è con tuo figlio! Anche lui è con Dragunov. Non è morto! E’ il prototipo 005. Risparmiami. Risparmiami e ti porterò da lui!
Paine: Una lurida feccia come te che chiede a me di risparmiarlo. Se è la mia vita che vuole che venga a prendersela! Intanto sai cosa ti dico? Tu parli davvero troppo.

Il colpo fu netto. La testa rotolò qualche metro più in là. Ma l’ira… Quella non sparì. Doveva pagare! Estrassi l’Enja srotolandola per tutta la sua lunghezza. L’avrei martoriato ancora fino a lasciarne soltanto poltiglia. Oh sì che l’avrei fatto! Cominciai a colpire e colpire e colpire…

***********

Il mondo degli opposti. Fino a quel momento Lenne si era espressa soltanto in pochi giudizi noti anche ad un cieco. Tutto ciò che aveva detto a Lavitz e Ruben era così ovvio che soltanto uno stolto poteva non capirlo. Tuttavia rifletteva ancora su ciò che Xed aveva spiegato loro. Su ciò che il cadetto aveva scoperto assieme a Paine. Si trattenne dal calciare lo stipite della porta d’ingresso. Perché rapire Paine se anche lei aveva le sue stesse facoltà? Che il loro piano fosse stato mal calcolato?
Pensavano che Lilith l’avrebbe portata da loro? Plausibile, ma tuttavia rischioso come piano.
Paine… Che fine aveva fatto? Ancora non aveva avuto sue notizie e in un lasso di tempo così lungo avrebbe potuto eliminare cinque Demidragoon, a patto che non fosse stata lei quella eliminata.
Il solo pensiero le fece rivoltare lo stomaco. Stava per varcare l’uscita del Garden per addentrarsi alla ricerca del suo opposto visto che, andava di moda in quel periodo.
Quei pochi passi però non furono fatti, anzi… Una scossa elettrica la percorse. Bahamuth le aveva fatto percepire un qualcosa.

<<Devi tornare indietro. Qualcosa o qualcuno ti chiama a se.>>

La SeeD si arrestò. Che fosse una forma di vita o un qualcosa di diverso non poteva saperlo.
L’unica cosa certa era che questa “cosa” che emanava una potente energia si trovasse in infermeria.
O almeno così sentiva dentro di se. Percorse la poca distanza correndo, schivando detriti, spostando brutalmente a calci e pugni tutto ciò che incontrava imprecando Yevon ad alta voce. Talmente fine che uno scaricatore di porto calabrese le avrebbe fatto un baffo. Quando arrivò lo trovò lì.
Il varco si era aperto. Non aspettò, non perse neanche tempo nel chiamare i soccorsi. Si tuffò a capofitto nel buio, sicura che quell’energia fosse di Paine. Se così non fosse stato… Meglio prendere il toro per le corna finché debole piuttosto che lasciarsi incornare da lui.

********

Imprecando continuavo a frustare il corpo esanime di Uriel. Ormai difficilmente poteva definirsi un corpo umano. Ogni frustata portava via con se lembi di pelle o pezzi di carne. Ogni frustata portava via con se stralci dolorosi di ricordi ormai marchiati a fuoco nella mente. Un’arena trasformata in un mattatoio. Dalla spalla destra continuava a colar sangue. Ormai la divisa era talmente zuppa che non era possibile definire se fosse tutto mio o misto a quello di Uriel. Ogni frustata mi provocava dolore. Ogni frustata faceva pulsare le ferite aperte, probabilmente infette, facendomi pian piano riprendere coscienza di me stessa.
Talmente impegnata a finire il mio “lavoro” non sentii i passi lenti ma pesanti di chi avevo alle spalle. Mi bloccò il polso gettando a terra l’Enja che si arrotolò ai miei piedi.

Lenne: Ormai è morto, così ti farai del male soltanto tu. Torniamo a casa.

Mi voltai. Vedere il viso della SeeD mi riportò alla realtà. Mi cinse in un abbraccio. Neanche lei sapeva il perché di quel gesto, ma sentiva di doverlo fare. Mi adagiò a terra prima che le ginocchia potessero cedere sotto il peso della fatica. Guardai il macello pochi metri più indietro e la testa di Uriel che mi fissava con sguardo terrorizzato. Cercai di capire come tutto ciò fosse accaduto, ma le ultime parole che ricordavo erano gli esperimenti di un certo Dragunov su corpi più morti che vivi. Su Uriel, su Noah, su quello che doveva essere mio figlio. Non riuscì a reprimere il conato di vomito. Mi pulì la bocca con la manica della divisa zuppa con risultato più catastrofico di prima.
La SeeD paziente strappò un lembo della sua divisa pulendomi il viso dal sangue con fare materno. Respirai profondamente. Sentivo i muscoli doloranti. Con cura Lenne mi tolse la giacca della divisa, tolse i pesi che portavo sotto le maniche della maglia a collo alto e quelli alle caviglie. Senza di essi almeno potevo muovermi più liberamente e facilmente. Lo squarcio nella spalla, che aveva lacerato anche la maglia, non la stupì come pensavo, ma stupì me. Ero convinta che Uriel non fosse mai riuscito a colpirmi con la sua ascia.

Lenne: Abbastanza profondo direi. Dovremmo metterci dei punti.
Paine: Riceverò un orsetto poi?

Lenne portò la mano al viso mimando un classico facepalm. Era già comunque un passo avanti dalla scrollata di spalle con espressione vacua. Sorrisi. Fissò poi i polsi pieni di cicatrici più o meno ampie.

Paine: Non so quanto di intero possa essere rimasto in infermeria. Sai, la strega…
Lenne: Difatti di intero c’è soltanto qualche benda e qualche pozione. Non posso far altro che imprimere un Rigene circoscritto sul taglio.
Paine: Andrà benissimo il Rigene. Il mio corpo espellerà poi le tossine.
Lenne: Le cicatrici sono dovute a cosa?
Paine: Esperimenti per vedere quanto velocemente riesca a rigenerare i tessuti lesionati. Ovviamente il tutto senza rigene né altra medicazione, soltanto delle bende.
Lenne: Perché non li ho notati?
Paine: Portavo i polsini con i pesi sopra le ferite.
Lenne: Sei strana.
Paine: Ha parlato quella normale!

Lenne rise. Per la prima volta non fece la sua smorfia con sorriso a mezza bocca, ma rise veramente.
La guardai sbigottita. No. Decisamente non era normale.

Paine: Da quando sai ridere?
Lenne: Anche io sono umana. Comunque niente è che ho ripensato ad una cosa che ho saputo qualche giorno fa e mi è venuto da ridere.
Paine: Fai ridere anche me!
Lenne: Prima o poi. Ora cerchiamo di uscire da qui. E… Sono contenta che tu sia tutta intera, squarcio a parte.
Paine: Dopo la gita su Eden, sono contenta di essere viva anche io per la seconda volta. Francamente però non ricordo niente. Porti buone nuove? La strega?
Lenne: Lei è viva ed ha chiavi ed attivatore. Il mondo degli opposti ora ha inglobato il nostro.
Paine: Situazione pagliosa insomma. Piuttosto sei passata da dove?
Lenne: Dal portale in infermeria.

Mi guardai attorno. Sangue, carne tritata, terriccio secco, spalti elisi, ma nessun portale.

Paine: No dai seriamente…
Lenne: Ti dico che lì poco fa c’era un portale. Riesci ad alzarti? Aggrappati a me che ti tiro su.

Lenne deglutì e mi sorresse finché non ripresi stabilità. La guardai. Era sbiancata e sudava freddo. Tutto mi fu subito chiaro. Ora il piano di Xed aveva preso davvero la piega giusta. Sguainò la Celebros. La imitai chiamando a me la Masamune afferrandola di mancina. Una trappola. Che idea carina. Che idiote.

Paine: Ok, siamo nella merda ed al punto di partenza. Ti dico subito che non mi va di raccogliere i tuoi resti e portarli al biondino dal fantastico lato B.
Lenne: Sei tu quella messa peggio. Quanto può metterci quella ferita a rimarginarsi?
Paine: Penso che lo stia già facendo grazie al Rigene. Un paio di giorni comunque.
Lenne: Perfetto, meglio così.

Il fatto che non nominò nessuno a cui riportare i miei poveri resti mi stizzì. Scossi la testa scacciando i pensieri maligni. Non dovemmo aspettare molto. Sospesa a mezz’aria una ragazza più o meno della nostra età ci fissava con l’unico occhio disponibile. La lunghissima treccia volteggiava in aria come se avesse vita propria. Accanto a lei un altro uomo dal volto sfigurato per metà. Potevo affermare che fossero la bella e la bestia, ma alla fine nessuno dei due poteva definirsi il/la bellone/a di turno, quindi evitai battute poco piacevoli e che potessero ledere alla nostra integrità fisica. I due guardarono la scena sottostante. Poi guardarono noi.

Sarah: “Lo schiaccerò senza problemi quello scarafaggio. Un medico non può essere così forte!” Lo sapevo che c’era soltanto da sputarci sopra alle parole di Uriel. Farsi massacrare da una ragazzina. Essere inutile e vomitevole.
Kain: L’ha presa sotto gamba come suo solito. Meglio morto che vivo comunque.
Sarah: Senza dubbio. Voi laggiù gettate le armi. Un consiglio da donna a donna ovviamente.

Guardai Lenne che mi guardò a sua volta. Sapeva già cosa stavo pensando, ma scosse la testa. Lei era senza dubbio provata dal confronto contro Lilith, io mi sentivo ancora confusa e mi reggevo a stento in piedi. Quanto avremo resistito se ci fossimo opposte? Un paio di minuti? La SeeD poggiò a terra la Celebros alzando le mani. La imitai a mia volta nascondendo la frusta nello stivale. I due atterrarono guardandoci. La prima schifata, il secondo indifferente. Nei pochi secondi successivi ci ritrovammo in un’altra dimensione. Con la gentilezza e la delicatezza di un fabbro la donna ci spinse in una cella dove era presente il minimo indispensabile per sopravvivere. L’altro le faceva più o meno da spalla, ma più per dovere che per volere. Un altro uomo comparse dal nulla. I due si inchinarono.

Sarah & Kain: Gloria al Supremo!
Nergal: Piano portato a termine vedo. Uriel?
Kain: Caduto sul campo di battaglia.
Sarah: Inevitabile per quell’idiota tutto muscoli e niente cervello. Sommo Nergal, posso occuparmene io se vuole.
Nergal: Per ora ci servono vive! Abbiamo Dart ed i loro medici. Siamo in scacco matto! Tra poco molti dei loro opposti prenderanno la loro vite. Una ad una. Agli altri penseremo poi.
Kain: Mio signore, gli opposti delle due carcerate non capteranno il legame? Prima o poi verranno a cercarle, potrebbero rovinare i nostri piani.
Nergal: Pensi che io sia così stolto? Loro non hanno opposti. L’opposto della SeeD Paine è morto anni fa proteggendo un suo caro. L’opposto della SeeD Lenne invece…

Lenne mi guardò mentre mi rannicchiavo su me stessa. Poggiai la testa contro il muro ormai incapace di captare altro se non un immenso dolore al petto. Lo squarcio ormai si stava inevitabilmente ingrandendo. “Proteggendo un suo caro”. Ciò significava che una qualche persona che avevo perso nella vita reale, nel mondo degli opposti, era viva e vegeta e soffriva, soffriva come avevo sofferto io in tutti quegli anni.
Priva di forze e incapace di fermare il flusso del pensiero e raggomitolare il filo dei ricordi, mi lasciai tristemente andare accasciandomi al suolo con sguardo vacuo portando le braccia al petto.

Offtopic: Non so cosa abbia in mente Lenne, quindi gradirei che sentiste il suo parere prima di nominare tale avvenimento.
@Lenne: Per quaalsiasi cosa possa aver toppato, mandami un PM che correggo appena posso! xD
La sfera è perfettamente isometrica! cit.

"Attenti alla Vecchi Zia *Paine*, se fate gli utenti cattivi potrebbe trucidarvi! :twisted: "

Immagine
Scheda Paine

Oh, oh piccola Paine
Oh, oh piccola Paine
Piccola Paine stanotte hai picchiato
Tutti i nemici che ti hanno sfidato
Tutti i pazienti dell'infermeria
Che tempo e pazienza ti portano via...


[spoiler]
Le perle di zell987 ha scritto:
1: pota.... la fatina malvagia non credo sia mai esistita.... e se è esistita sta pur certa che o l'hanno uccisa o è morta per conto suo;

2: Io non ho una manica, ho un mazzo pieno di assi.

3: Tizio gay: Ma si, dai, bisogna essere aperti...

Zell (non conscio dell'orientamento sessuale del tizio): SI MA NON DA DIETRO!

4: il dialetto è l'arma che dio ha dato alle popolazioni locali per insultare i nemici con stile ed eleganza

5: dio non mi ha donato quella marcia in più, perchè, in quanto uomo, mi ha donato il pomello del cambio :-O

6: Parlando di problemi sentimentali della sottoscritta: Prova a vendergli un aspirapolvere, secondo me fai un affare! Te lo vendo a 10! No, lo voglio comprare a 15! 20! 30! Venduto!
Beh, però devo ammettere che forse 30 euro con un aspirapolvere rotto non glieli prendi
Lì ti ha fregato! :sisi: (una delle mie preferite! xD)

[/spoiler]
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Kary
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Re: Avventure Accademia+Garden

Messaggio da Kary »

Offtopic: Premessa:questo sarà un post volutamente idiota. Per lamentele, critiche o insulti lo spazio per il contraddittorio sarà sul solito canale PM . Grazie per l’attenzione^^

Seguendo il consiglio di Otta, anche Kary aveva scelto un compagno con cui vagare per quei corridoi alieni alla ricerca dell’Attivatore. Si muovevano rapidamente ma con circospezione, senza rivolgersi la parola. A dire il vero, il suo collega già da qualche minuto avanzava immusonito, i muscoli tesi per la tensione ;malauguratamente, la ragazza pensò di alleggerire l'atmosfera.

Kary: preoccupato per la faccenda degli opposti?
Nathan:per quello, e non solo…non conosciamo niente di questa dimensione, ho come l’impressione di essere sotto il costante mirino dell’Organizzazione e di chi lavora per essa. Tu per esempio, come ti comporteresti di fronte al tuo specchio? Lo elimineresti, sapendo che potresti danneggiare il tuo stesso io?

La ragazza alzò l’indice mimando un ammonimento.

Kary: piuttosto, questa situazione solleva un quesito.
Nathan: Sentiamo.
Kary: Dici che io non sono lei, ma lei sei te, quindi, se tu non sei te.. ..lei non è lei u.u

Nonostante la fretta, il tempo si fossilizzò di fronte a quella osservazione, i suoni si attutirono fino a sfumare nel silenzio, e una balla di fieno spuntata da chissà dove rotolò lungo il corridoio.

Nathan: era un enigma, per caso? >.>
Kary: una battuta, nemmeno troppo intelligente, a dire il vero.
Nathan: questo l’avevo intuito <.< Vuoi dirmi che non sei minimamente preoccupata dalla possibilità dell’attacco del tuo opposto, come è successo con Xsabin?
Kary: A dire il vero no. Io sono perfetta, quindi la mia ombra dovrebbe essere una incapace, no? Sarà un giochetto da ragazzi sbarazzarsene.
Nathan: di sicuro sarebbe modesta :tots:

No, non era minimamente nervosa, doveva ammetterlo. Di tutte le cose che le erano capitate di recente, questa non era nemmeno la più grave. Il locale era talmente vasto, e loro due talmente poco importanti ai fini dell’Organizzazione che l’opportunità di un loro incontro era quantomeno remota. Lon era in buone mani, non correva il rischio di cadere in mano della Strega, sempre che si trovasse nei paraggi. Nonostante la fatica si facesse ormai sentire e riuscisse ormai a fatica a avvertire i sussurri remoti delle sue evocazioni, poteva dirsi cautamente ottimista.

Nathan: forza, occupiamoci dell’attivatore…ehi!

Un coltello da lancio si piantò perfettamente dritto nello spazio fra i piedi dei due cadetti creando una crepa nel pavimento. L’istinto portò i due a voltarsi indietro, e a schivare spostandosi di lato altri due coltelli gettati a distanza ravvicinata di tempo; questi non andarono a segno e finirono qualche metro oltre le loro schiene.

Nathan: se cercate grane, fatevi sotto, non abbiamo tempo per giocare!
???: as you wish, Darling.

Una ragazza dall’aria tremendamente familiare uscì dalla penombra. Di faccia era del tutto simile a Kary, aveva i lunghi capelli castani sciolti e portava un bizzarro costume da calamaro, con le dovute aperture a livello petto e cosce. Portava uno spadone a tracolla e altri due kunai appesi alla cintura, e li osservava con il divertimento e parecchi chili di trucco dipinti sul viso.

Kary: posso vergognarmi al posto mio? ç.ç
???: perché dovresti? Non sai quanto è comoda questa tuta…così confortevole da non rendere necessario l’intimo sotto…

La cadetta non ebbe bisogno di osservare il suo compagno per sapere che stava arrossendo fin sulla punta dei capelli.

???: Oh, ma questo non è il lupacchiotto…cielo, pensavo che te lo saresti portato dietro, la nostra padrona sarà molto delusa.
Kary: Fino a prova contraria non siamo ancora una coppia di fatto. e non sono così tonta da portare la preda dritta all’esca

La ragazza-calamaro si mosse con inavvertita velocità e si portò di fronte a Nathan per saggiare con mano i muscoli…e qualcos’altro. Il ragazzo d'impulso creò uno scudo incandescente e l’altra fu costretta a fare qualche capriola all’indietro per non scottarsi. Kary, dal canto suo, posò la mano sui congegni che teneva appesi alla cintura.

???: Proprio un tipo focoso, eh? Niente male…onestamente, il lupacchiotto era un po’ troppo capellone per i miei gusti.
Kary: Non è necessario che piaccia a te…cioè a me…oooohh insomma! Dicci come ti chiami e levati dalle scatole!
???: che sbadata, non l’ho detto prima? Mi chiamo Kari, con la “i” finale… è anche corretto dal punto di vista ortografico, a differenza del tuo.
Kary; lo sapevo sei solo una squallida imitazione >.>
Nathan: però ha ragione, se traduciamo da kanji a caratteri latini non ha ragione di esistere la Y.
Kary: non è colpa mia se hanno sbagliato all’anagrafe :smt091
Kari: basta ciance, combattiamo.
Nathan: perfettamente d’accordo.
Kari: Bene…EHI, TORNATE INDIETRO!

I due cadetti avevano combinato le rispettive capacità per far esplodere un lacrimogeno e coprirsi la fuga. Adesso sfrecciavano per i lindi corridoi del Garden Supremo cercando di mettere quanti più chilometri possibili tra loro e quella pazza sadica.

Kari: AMILIAAAAA!!
Un oggetto balzante non identificato piombò con un gran fracasso di fronte ai membri del Garden di Rinoa sbarrando loro la fuga. Svanita la nebbia, identificarono quell’ammasso di lardo stretto in un costume da pesce palla per la loro collega Amila Van Rosencrantz.

Nathan: e pensare che l’originale è di aspetto così gradevole :smt095

Amilia: AMILIA DISTRUGGE.
La balena dai capelli opalescenti assunse la classica posizione da lottatore di sumo invitando al combattimento. Ma, a dispetto delle apparenze, castò un thundara nella loro direzione, costringendoli a separarsi per evitarlo,
È piuttosto ferrata nella magia nera, c’era da immaginarselo
Kary: Nathan, ti lascio la grassona, io mi occupo della mia omonima.
Nathan; ma non dovevamo restare uniti?
Kary; tranquillo, non ci metterò molto.
La cadetta tornò per la direzione da cui era venuta, stringendo nella mano destra l’oggetto di cui pensava di servirsi. Fu abbastanza veloce da trovare il calamaretto ancora semicieco, gli occhi arrossati dagli effetti collaterali dell’esplosivo precedente. Kary sferrò un fendente con la Kunimitsu, ma il suo opposto fu comunque abbastanza abile da intercettare l'attacco e respingerlo con il piatto del suo spadone; il contraccolpo fece sbattere violentemente la ragazza contro la parete del corridoio, mozzandole il fiato in corpo.
Ammazza se è forte!
Kari: adesso mi sono stufata di giocare…BAN-KARI.

In tutta e risposta un notevole flusso di energia glitterata avvolse la nemica e un vento dall’origine ignota passò a scompigliarle i capelli, i quali passarono dal castano al rosso al lilla mentre la muscolatura veniva pompata che neanche sotto effetto di steroidi…ma prima che riuscisse a lanciare il suo temibile attacco speciale, Kary con la mano sinistra le cinse il collo e con l’altra le spruzzò qualcosa sul viso.

Kary: soltanto negli shonen di serie b gli avversari aspettano il termine della trasformazione, deficiente!

E la ragazza calamaro crollò addormentata ai suoi piedi.
***
Per fortuna la cadetta non si era allontanata tanto da perdersi in quel labirinto né aveva perso tempo sufficiente da non riuscire a rintracciare il suo collega.

Nathan: rieccoti…manca mezz’ora al termine stabilito, muoviamoci prima di incrociare qualche altro squilibrato.

Amilia riposava, se così si può dire, distesa pancia a terra , mani e piedi fermati insieme da un grazioso fiocchetto di acciaio fuso.

Kary: ma come diavolo hai fatto? :smt104
Nathan: Cek è un ottimo insegnante :sisi:
Kary: ricordami di non litigare mai con te o con il tuo mentore, mi fate paura :sgamato:
Nathan finalmente ridacchiò e la ragazza, chissà perché, si unì a quel momento di ilarità. Purtroppo per loro una chiamata via codec (ma funziona anche nelle dimensioni parallele?) li riportò nel mondo reale.

Codec:
Parla O’Nayel. Raggiungeteci quanto prima, abbiamo individuato l’obiettivo.

Nightmare/dark sephirot
SeeD
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Re: Avventure Accademia+Garden

Messaggio da Nightmare/dark sephirot »

Il Pandemonium era decisamente grottesco,nulla a che vedere con il Garden supremo; tuttavia meritava un giro turistico,e conveniva approfittarne finchè si poteva.
Escluse alcune sporadiche sale non traspariva luce naturale,il tutto era illuminato solo da congegni artificiali di vario genere,da lampadari a luci al neon a luci ad olio.Quasi ogni sala era connessa da due corridoi separati da una cavità cilindrica,il tutto rigorosamente simmetrico.
Fu mentre percorreva uno di essi che Night ebbe a che fare con un opposto: una mano gli si posò sulla spalla; <<Ti stavo aspettando>>; il tentativo di afferrarla fu vano,mentre Night afferrava il vuoto davanti a lui si figurava una sagoma nota; <<Da due anni ormai>>; andando ad estrarre la sua Lama notò che ancora una volta aveva stretto solo aria; <<E' un bellissimo attezzo,me lo presti?>>
Dinanzi all'ex seed stringeva la sua spada un uomo dai lunghi capelli argentei,con un monocolo e mezza maschera del pierrot stilizzata che copriva il lato sinistro del volto; legati alla cintura stavano una decina di coltelli da lancio e un sacchetto in cuoio; oltre a questi piccoli particolari, l'unica cosa che distingueva l'opposto dal vero Night era l'assenza del braccio sinistro.
Night:"Tu sei me"
Opposto: "No,tu sei me"
Un cipiglio trasparì sui volti dei due,entrambi visibilmente contrariati.
L'opposto aveva poggiato a terra la spada rubata e avanzava con fare minaccioso verso Night,senza interrompere il contatto visivo.
Opposto:"IO sono quello vero"
Night:"Ma neanche per il kyactus!"
Erano a pochi centimetri di distanza l'uno dall'altro...
Opposto+Night:"......CARTAFORBICESASSO!"
Pari.
Opposto+Night:"..........CARTAFORBICESASSOOOO!"
Nuovamente pareggio.
Opposto:"Qui la questione va risolta,e subito!"
Night:"gara di mangiamèle?"
Opposto:"semmai mangiabanane....No,l'unica è risolvera come solo i veri uomini sanno fare"
Non c'era bisogno di aggiungere altro; Night fece segno alla sua copia di mostrargli la strada e in breve raggiunsero una strana sala,provvista di due camerini e un palco (evidentemente anche gli opposti celebravano dei festival).
Tempo cinque minuti ed i due contendenti erano pronti: uno con un vestito verde mèla aderente con strascico,l'altro con un completino giallo banàna con tre triangoli accessori.
Opposto: e ora si balla!
Così partiva la devastante sfida a dance dance revolution

[...]
Opposto:"Non vale! solo perchè mi manca un braccio"
Night:"Ulteriore prova che sei solo la mia copia malriuscita"
Opposto:"Oppure tu potresti essere un mio doppio più fortunato,non cambia molto"
Night:"Punti erronei di vista. Dunque ti battezzo Nait"
Nait:"Perchè devo essere io quello col nome storto?"
Night:"Perchè ti manca un braccio,e non solo quello"
Nait:"Suona un po' razzista"
Night:"Anche la tua avversione per il nuovo nome....Come hai perso il tuo arto? A me non è successo" sottolineando come ciò lo rendesse più figo.
Il doppio si tolse la maschera rivelando la parte occultata completamente sfigurata per poi indicare il Mako Shotgun di Night.
Nait:"Il mio non funziona a dovere..."
Night:"E nessuno ha fatto niente per le tue menomazioni?"
Nait:"Non sono molto popolare da queste parti...Poi da quando è arrivata quell'allegra sgualdrinella del mezzodì le cose sono andate via via peggiorando"
Continuarono a parlare passeggiando per il garden supremo,prendendo ascensori e addentrandosi nella zona più interna. Il sosia gli spiegò cosa era accaduto in quei due anni dall'arrivo della strega,come tutto l'ordine dei seed neri era stato assoggettato da lei (un po' per naturale inclinazione,un po' per via dei suoi poteri illusori); narrò la disfatta della loro organizzazione omega,che per riportare l'ordine aveva tentato un attacco disperato al Pandemonium,fallendo miseramente. Lui stesso aveva ucciso due membri,avendo poi modo di pentirsene.
Nel corso della conversazione venne inoltre fuori che la passione per le banane di Nait era ben più varia e radicata di quel che poteva inizialmente sembrare.
Night:"sebbene dal mio punto di vista le cose stiano andando di male in peggio non capisco cosa tu abbia da lamentarti,a meno che tra le varie deviazioni del tuo,che poi sarebbe mio,carattere non vi sia anche il masochismo"
Nait"Premesso che non godo di una gran fama,è veramente uno strazio questo dominio sul mondo dei miei compagni megalomani e stramboidi...Non se ne salva uno...Ed ecco il risultato."
Erano arrivati in una sala formata da schermi enormi,non vi era altro. Ognuno inquadrava varie zone del mondo,alcuni dalla distanza,altri in modo più particolareggiato.
Nait:"Questo è l'Osservatorio; da qui abbiamo il controllo su tutto il mondo conosciuto. Ecco,qui c'è un'altra pazza"
Aveva indicato Esthar,il palazzo residenziale. L'effigie di Adele era ben visibile anche da lontano.
Night:"Non dovrebbe essere una Beeeeeella e Braaaava Bambiiiina in questo mondo?"
Nait:"seh,magari.... Isterica,svalvolata,con richieste assurde...é completamente pazza! Voglio dire,almeno ci fosse un bel ragazzo! Compenserebbe lo strazio di dover sottostare agli ordini di un deficiente! E con questa Xavia siamo a due"
Immancabile un facepalm. Night trovò doveroso dargli un minimo di conforto con una pacca sulla spalla,dopotutto si trattava pur sempre di lui in versione antietero.
Night:Su,per farticontento ora ti uccido subito subito e non ci pensiamo più,ok?
Nait:Scordatelo.
la voce proveniva alle sue spalle; quello che stava confortando era nulla più che un manichino di pezza,peraltro di scarsa fattura.
Nait:"non mi va di combattere e distruggere un me stesso,così bello per giunta. Del resto non potrebbe essere altrimenti,in fondo sei il me dei tempi andati,prima del tragico incidente la cui memoria ancora mi porta rammarico...
Night:"Sisi...quindi? Alternative?"
Nait:"Io ti porto all'Attivatore,tu mi porti con te"
Night:"E' una proposta di appuntamento?"
Nait:"No,non sono ancora pronto per questo passo."
DarkSquall89
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Re: Avventure Accademia+Garden

Messaggio da DarkSquall89 »

Correvamo per i corridoi del Pandemonium, diretti verso il punto indicatoci da Calien. Che la ragazzina fosse stata in grado di rintracciare l'Attivatore, o quanto meno riuscire a decifrarne l'approssimativa collocazione, non mi stupiva particolarmente: già in numerose altre occasioni aveva dimostrato di possedere una logica e un rigore di ragionamento che rasentavano i limiti dell'incredibile. Mi chiesi se la sua intuizione avesse potuto trasformarsi in realtà: la mezz'ora di tempo rimastaci scivolava via in fretta.
Accanto a me, Kary rifletteva pensierosa: non riuscivo a capire se stesse ancora rimuginando sull'incontro di pochi minuti prima con la Pornostar-altra-se-stessa, o se altre preoccupazioni le affollasero la mente. Decisi di non importunarla, almeno per il momento: perdersi in chiacchiere non era la scelta più saggia da effettuare, quando il tempo a nostra disposizione scivolava via come acqua dalle mani, impossibile da trattenere.
Svoltammo un angolo, per ritrovarci in una sala circolare. Ill soffitto intarsiato era a diversi metra di altezza, e l'illuminazione era fornita da una lunga serie di luci al neon; ai lati dell'ambiente, una lunga fila di banchi da lavoro, con delicate apparecchiature elettroniche poste sopra di essi. Un laboratorio, a quanto pareva. Le macchine ronzavano impercettibilmente, mentre i processori elaboravano i dati che gli venivano inviati.
L'invocatrice mi tirò per la manica, indicando, con sguardo orripilato, un punto alle mie spalle. Volsi il capo, e ciò che vidi mi colpì con la forza di un maglio: disposte davanti a noi, in perfette file parallele, si trovavano decine e decine di capsule, al cui interno era presente un liquido di colore verde chiaro, dalla consistenza grumosa. In ogni struttura galleggiava un corpo umano, in apparente stato di coma artificiale. Centinaia di minuscole flebo erano collegate a quasi ogni punto dell'organismo dei malcapitati. Proseguendo lentamente, notammo come nessuno fosse stato risparmiato: vecchi, uomini, donne, alcune di loro in evidente stato di attesa, addirittura bambini. Alcune di queste figure avevano subito mutazioni genetiche, a giudicare dal grottesco aspetto che li caratterizzava.
Avvertii una rabbia sorda pulsarmi nelle tempie, mentre le eco di lontani ricordi mi invadevano la mente, facendosi strada a forza. Rividi, in una serie di immagini strazianti, i volti segnati dalla sofferenza degli sventurari che avevo avuto modo di conoscere durante la mia permanenza nella sede della Piramide. Strinsi le mani a pugno meccanicamente, mentre Kary, al mio fianco, mi stringeva le spalle, cercando di tranquillizzarmi, per quanto le fosse possibile.
«Perchè?»
La domanda fuoriuscì spontaneamente dalle mie labbra. Vedevo il cercare una spiegazione razionale ad una simile mostruosità come l'unica via di fuga. Avevo sperimentato in prima persona il significato della parola "cavia", sapevo cosa aspettarmi, ma non ero assolutamente preparato a ciò che mi ero ritrovato davanti agli occhi.
Follia.
«Perchè così deve essere. Sono pedine per un progetto di più ampio respiro.»
La voce che aveva pronunciato quelle parole era melliflua, quasi strascicata, avrei osato dire: trasmetteva un senso di desolazione e di abbandono. Il rumore di una sedia spostata di peso infranse il silenzio ovattato dell'ambiente. Vedemmo una figura alzarsi da uno dei terminali, avvolto dalle ombre fino a quel momento, e dirigersi verso di noi. L'uomo che ci si parò innanzi aveva lunghi capelli castani tirati all'indietro; gli occhi blu, profondi quanto due insondabili abissi, ci squadrarono brevemente, prima di perdere qualsiasi interesse: sembravano privi di qualsivoglia scintilla di vita. La parte sinistra del volto era completamente sfigurata da una lunga cicatrice, che correva dalla tempia fino all'angolo della bocca, deformandola in un involontario ghigno sardonico. Non era molto alto, la sua testa arrivava circa al mio petto, ma un campanello di allarme iniziò a suonare incessante dentro di me, avvertendomi di prestare particolare attenzione. La mia mano destra strinse convulsamente la lancia agganciata alla mia schiena; notai con sorpresa che anche l'altro individuo aveva quel tipo di arma come equipaggiamento.
«Non siate sorpresi. Sapevamo del vostro arrivo, SeeD. Quello che vedete è il mio laboratorio personale, predisposto appositamente in mio favore su ordine del Sommo Nergal. Un piccolo passatempo, se mi concedete l'espressione,» proseguì il nuovo arrivato in tono lezioso.
«Chi sei?» chiese Kary, assumendo una posizione di difesa.
L'altro rimase in silenzio per alcuni istanti, osservandola come se non la vedesse realmente.
«Kain, numero III dell'Organizzazione Omega.»
L'affermazione non suscitò in me alcun effetto: immaginavo che uno di loro potesse essere coinvolto in quello scempio.
«Cosa gli hai fatto?»
Esposi la domanda con un filo di voce, cercando di controllare il tremito del mio timbro, per evitare di far trasparire la furia che in quel momento mi stava dilaniando. L'uomo, tuttavia, se ne accorse, poichè le sue labbra si incurvarono in un sorrisetto che non lasciava adito a fraintendimenti. Sembrava orgoglioso di quanto aveva compiuto.
«Sono esseri inutili, la cui unica ragione di vita è l'essere adatti ad esperimenti. Controllo mentale, riassemblaggio, mutazioni genetiche: ognuno di questi miserabili pezzenti ha contribuito, in minima parte, al perseguimento dei miei obiettivi. Scoprire fin dove i limiti umani possano spingersi è la ragione della mia professione.»
«E' inumano.»
Il commento di Kary suscitò nel nostro interlocutore una risata profonda, sprezzante.
Ci osservò divertito, per poi riprendere: «Credi davvero che possa anche solo minimamente importarmene? Sono uno scienziato, l'unica mia morale è quelle delle leggi matematiche e fisiche. Patetici sentimenti come il rimorso o la compassione suscitano in me il massimo disinteresse.»
In seguito a quelle parole, pronunciate con così tanta convizione, cadde un silenzio di tomba, che nessuno spezzò. Avvertivo il fuoco crepitare in me, cercando di salire in superficie e liberarsi, per ridurre quello squilibrato in cenere.
Meritava di essere punito.
«Ed ora, se volete scusarmi, ho cose più importanti da fare che parlare con voi. Il lavoro mi reclama. Addio, SeeD.»
Alzò le mani in aria, e pochi istanti dopo un turbine prese a formarsi dai suoi palmi, crescendo di dimensione ed intensità, fino a mulinare follemente. Ebbi la prontezza di spirito di scagliargli contro un muro di fuoco, che cozzò a mezz'aria con la magia del nostro avversario, causando una profonda detonazione, che rimbombò nella sala come il rintocco di cento campane. La nuvola di polvere e detriti che ne conseguì oscurò il tutto, impedendo a chiunque di vedere a un metro dal proprio naso.
«Vattene,» sussurrai a Kary, inginocchiata al mio fianco. «Lui è mio.»
Lei sgranò gli occhi, mentre la preoccupazione si faceva strada sul suo volto, impossibile da nascondere. Scosse con decisione la testa.
«Non ti lascio da solo, scordatelo,» mi disse, afferrandomi un braccio e stringendolo. Aveva paura per me.
Le sorrisi, cercando di rassicurarla: «Devi. E' una cosa che sento di dover compiere da solo. Ha motivi troppo profondi per poter essere spiegati, soprattutto in questo momento,» conclusi, vedendo Kain rialzarsi dal cumulo di macerie che l'aveva semisepolto.
L'invocatrice si alzò e fece per allontanarsi.
«Cerca di resistere, tornerò presto con dei rinforzi,» fu ciò che mi disse prima di fuggire.
Mi sollevai anch'io, posizionandomi al centro della sala e sganciando la lancia dagli appositi sostegni che la tenevano immobilizzata alla mia schiena. Dal lato opposto, vidi il mio nemico fare lo stesso: notai come la sua arma fosse più voluminosa e lunga della mia, con la superficie decorata ad intarsi finemente cesellati. Il tutto mi lasciò interdetto: per manovrarla adeguatamente occorreva una notevole possenza fisica, ed il fisico non propriamente erculeo del mio avversario lasciava presupporre il contrario. L'apparenza inganna.
«Non essere sciocco, ragazzo. Non puoi sperare di oppormi resistenza,» mi disse, squadrandomi.
Non risposi, caricando in me il fuoco. Il viso di Helena danzava follemente nei miei pensieri, deridendomi: avvertivo la sensazione di trovarmi in una sorta di perverso déjà vu, una storia riavvolta all'infinito come il nastro di una videocassetta.
Dovevo porre fine all'opera di quel sadico.
Mi lanciai all'attacco, scagliandogli contro una palla di fiamme, che lui deviò prontamente tuffandosi di lato e che andò ad infrangersi contro la parete, aprendovi profonde crepe. Approfittai del momento per avvicinarmi a lui, colpendolo alla tempia con una gomitata e facendogli perdere l'equilibrio, e in un attimo gli fui sopra, calando la lancia verso la sua gola esposta. Per tutta risposta, mentre mi abbassavo, avvertii qualcosa frapporsi tra me e l'altro: in un millisecondo, una potente sfera d'aria mi sbalzò lontano diversi metri, mandandomi a cozzare contro un terminale. La vista mi si offuscò temporaneamente, mentre milioni di infinitesimali luci nere mi esplodevano davanti agli occhi per la violenza del contraccolpo.
Controllava il potere dei venti.
Mi rialzai, pronto a riprendere, ed infusi la mia lancia col potere del fuoco, iniziando a rotearla e dando vita a mulinelli di fiamme, i cui riflessi cremisi infusero alla stanza un'atmosfera lugubre. Cominciammo a duellare corpo a corpo, avvinti in una danza mortale, senza esclusione di colpi. Gli allenamenti impartitimi da Cek stavano dando i loro frutti: avevo sviluppato, come il mio maestro aveva avuto modo di farmi notare, un'abilità naturale nel manovrare quel tipo di arma, riuscendo a spiazzare l'avversario e non permettendogli di prevedere le mie intenzioni, confondendolo.
Kain, tuttavia, si stava rivelando un nemico decisamente all'altezza della situazione. Aveva infuso la sua lancia con il potere dell'aria, ed ogni volta che i due capi di equipaggiamento collidevano si sprigionava una pioggia di scintille. Parai un suo fendente e, impugnando saldamente la lancia con la mano sinistra, accesi il pugno destro, assestandogli un gancio in pieno stomaco: la violenza del colpo fu tale da farlo piegare in due, mentre l'acre puzzo di carne bruciata invase l'ambiente. Udii un lamento provenire dalla sua bocca.
Fu con mia grande sorpresa che tale manifestazione di dolore si trasformò ben presto in una risata.
Mosse il braccio, e dal soffitto si generò una tromba d'aria, che mi inglobò completamente. Le uniche cose che vedevo, attorno a me, erano i folli lampi di luce che il vento generava. Lo spazio attorno a me si ridusse ancora di più, ormai cominciavo ad avvertire la spiacevole compressione il mio corpo: che intendesse schiacciarmi, sfruttando la pressione che era in grado di generare manovrando le correnti, era palese. Soffocando il panico, mentre il dolore mi assaliva a ondate regolari, annebbiando i miei pensieri, lasciai eruttare le fiamme da me: si sprigionarono in un'allucinante vampa rossastra, divorando tutto al loro passaggio, e annullando l'attacco di cui ero vittima.
Vidi la sorpresa dipingersi sul volto del mio avversario, mentre dirigevo il getto mortifero verso di lui: evidentemente non si aspettava una simile risposta da parte mia. Mulinò rapidissimo la lancia, così velocemente che i cerchi concentrici che descriveva divennero un bailamme sfocato: fu contro di essi che il mio attacco andò a cozzare, e non potei trattenere il disappunto quando mi accorsi che Kain era riuscito a contrastarlo.
Ci scrutammo per un attimo, in evidente situazione di stallo. Poi, prima che avessi il tempo anche solo di muovere un muscolo, vidi due dei banchi da lavoro dirigersi saettando verso di me, spinti da una forza invisibile. Evidentemente, il mio avversario era in grado di ricorrere ai propri poteri senza muovere un muscolo, tramite l'esclusiva spinta della mente. Distrussi il primo evocando un getto di fiamme: la detonazione scaglio frammenti di legno ovunque. Tuttavia, non riuscii ad evitare il secondo, che mi crollò addosso, spezzandomi il respiro nel petto. Caddi a terra in un moto scomposto, sbattendo violentemente la testa. Non ebbi il tempo di rialzarmi: Kain si portò subito davanti a me, e, mulinando le mani, mi avvinse con il suo potere. Fui sollevato da terra e mandato a sbattere contro la parete più vicina, dove rimasi immobile: nonostante provassi a spezzare in tutti i modi le catene d'aria che mi tenevano avvinto, non riuscii a farcela.
L'uomo mi si posizionò davanti, il viso a circa trenta centimetri dal mio. Sogghignava.
«Qui finisce il tuo insensato eroismo, ragazzo.»
Urlai a pieni polmoni, mentre la pressione del vento mi schiacciava al muro: mi sembrava quasi di fondermi con cemento e mattoni. Profonde crepe iniziarono ad aprirsi, mentre Kain aumentava ancora di più la morsa. La vista mi si appannò, mentre la testa minacciava di esplodere. Provai ad evocare le fiamme, ma l'incantesimo di cui ero preda era troppo forte da spezzare.
Il fantasma della morte imminente aleggiava sopra di me, deridendomi, proprio come il mio avversario. Quel ghigno sarebbe stata l'ultima cosa che avrei visto.
«Il tuo potere è qualcosa di strabiliante. E' un vero peccato doverti eliminare, saresti stato un soggetto perfetto per i miei esperimenti.»
A quella frase, avvertii una rabbia folle incendiarmi la mentre, mentre gli spiriti delle esperienze trascorse, che non mi avevano mai abbandonato, riemersero in me.Forse fu proprio quello a darmi la spinta per reagire. Non avrei saputo dirlo.
Con la coda dell'occhio, notai un lungo pezzo di legno con due enormi chiodi alle estremità: probabilmente, uno dei pezzi del bancone che avevo fatto esplodere in precedenza. Con uno sforzo sovraumano e un movimento fulmineo, lo afferrai, e muovendolo circolarmente, lo piantai nel polpaccio del mio avversario, con tutta la forza che mi era rimasta, perforandogli la carne, lacerando tessuti, tendini e muscoli. Lo udii urlare di dolore, mentre il controllo che aveva esercitato su di me si interrompeva. Con l'intero corpo urlante dal dolore, sul punto di svenire, estrassi il pezzo di legno dalla sua gamba, e prima che avesse il tempo di fare alcunché, glielo piantai in una tempia. Il rumore aghiacciante della cartilagine distrutta mi arrivò distintamente alle orecchie, mentre i chiodi si conficcavano in profondità all'interno del suo cranio, arrivando al cervello.
Con un ultimo barlume di energia, o forse per riflesso incondizionato, mentre la vita cominciava ad abbandonarlo, Kain provò ad evocare di nuovo il vento, ma non gliene concessi il tempo: poggiai una mano sul suo petto, e sprigionai un torrente di fiamme, che lo corrose completamente.
Crollò a terra, un patetico moncherino ridotto a un cumulo di carne bruciata.
L'ultima cosa che vidi, prima che l'oscurità mi avvolgesse, furono i riflessi delle fiamme che ancora bruciavano il suo corpo.
***
Aprii gli occhi, ritrovandomi faccia a faccia con Kary. Il suo viso era segnato da profonde rughe di preoccupazione.
«Sei rinvenuto, Dio ti ringrazio,» mi disse, mentre una lacrima ribelle le solcava il viso. Mosse la mano, sprigionando una magia di elemento fuoco, e la sensazione di nuova energia mi invase, ridandomi un pò di forze. Le sorrisi riconoscente.
«Non è il massimo,» puntualizzò, aiutandomi a tirarmi in piedi. «Ce la fai a camminare?»
Le rivolsi un cenno affermativo, e solo allora mi accorsi della presenza di altri miei compagni.
Calien si fece avanti, seguita da Night, e, con mia grande sorpresa, dalla sua perfetta copia.
«Bel lavoro, accendino,» si congratulò il Gaio.
«Non abbiamo tempo per i convenevoli,» si intromise Calien, con Sando al suo fianco. «Dobbiamo arrivare all'attivatore. Facci strada, Nait,» intimò all'opposto dell'ex SeeD.
Ci incamminammo, procedendo più rapidamente possibile. La carcassa di Kain aveva smesso di bruciare.
Immagine
Danke Fraulin (Lenne xD) per l'avatar, il banner e per Mara. Deh! è.é



Kary's Artbook , ovvero la galleria di disegni e quant'altro della mia sorellina in spirito Diletta, date un'occhiata e lasciate un commento, ne vale la pena ;).




"Vivevano la lenta e invisibile compenetrazione dei loro universi, come due astri che gravitano intorno a un asse comune, in orbite sempre più strette, il cui destino chiaro è quello di coalescere in qualche punto dello spazio e del tempo".
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Re: Avventure Accademia+Garden

Messaggio da Pip :> »

Pip, Drizzt e Lavitz si erano di nuovo incamminati, ormai da una decina di minuti. Drizzt non riusciva ad essere completamente indifferente alla persona che gli camminava a fianco: oltre all'aspetto fisico assolutamente identico a quello del suo amico, anche i suoi movimenti, comportamenti, discorsi erano pressoché uguali.

Ma non era lui.

Pip: L'Attivatore si trova nei sotterranei del Pandemonium. Vi avverto che si tratta, più o meno, dell'Inferno stesso; dovremo andare molto, molto in profondità per arrivare all'obiettivo. Se mai ci arriveremo, ovviamente!
Lavitz: L'ipotesi contraria è da scartare immediatamente.
Drizzt: Troveremo dei nemici?
Pip: Troveremo di tutto lì!
Drizzt: Allora è meglio avvisare gli altri.

Drizzt accese il Codec e fece partire una chiamata multipla. Avvisò tutti della loro direzione, scoprendo che anche Calien, Sando, Nathan, Kary, Night ed un certo Nait si stavano dirigendo al loro stesso obiettivo. Decisero di incontrarsi tutti a destinazione, lì poi avrebbero deciso come comportarsi.

Sul tragitto, quasi vicini alla Sala motori, intravidero il cadavere di una persona famigliare. Acheron. La sua testa mozzata, pietrificata in uno sguardo di terrore, era rotolata a qualche metro dal suo corpo. Per lo scienziato dell'Organizzazione Omega la fine era arrivata, sicuramente, per mano di uno dei SeeD del Garden di Rinoa. Ma Drizzt esplose.

Drizzt: Acheron.. Hanno ucciso Acheron.. Colui che ha trasformato Pip, il vero Pip in Dart.. Colui che poteva riportarlo dalla nostra parte, che poteva guarirlo...
Lavitz: ...
Drizzt: Non ci voglio credere!
Pip: Drizzt, è una guerra.. Probabilmente, si sono trovati costretti, ci saranno altri modi, vedrai..
Drizzt: Uno però se n'è andato, questa è l'inconfutabile verità.
Lavitz: Se può consolarti, non credo che Acheron avrebbe mai acconsentito a riportarlo dalla nostra parte.

Drizzt guardò Lavitz. Forse aveva ragione.

Pip: E così, il mio opposto è diventato malvagio.. Improvvisamente, contro la sua volontà.. Che la mia "redenzione" sia avvenuta per questa circostanza?
Drizzt: ...non sappiamo con certezza come funzionino le regole di questi mondi.
Pip: Se vi aiuto a sconfiggere la Strega, a far tornare dalla parte del bene il mio opposto.. Io potrei forse tornare malvagio..?
Lavitz: Se non vuoi correre il rischio, puoi tornare indietro. O cercare di impedircelo.
Pip: Mai. Ho molte colpe per il mio passato, con questo atto posso definitivamente espiarle. Continuerò ad aiutarvi. E poi, che sarà mai, al limite tornerò a fare ciò che è sempre stato nella mia natura, non sarà mica una cosa così strana.. :D

Sorrise, amaramente. Lo si poteva notare senza la necessità di guardare troppo in fondo. Ma dopotutto, come biasimarlo: chi mai sacrificherebbe consapevolmente il bene, soprattutto se appena conquistato, per tornare ad abbracciare il male? Pochissime persone. Tuttavia, Pip sapeva che era questa la cosa giusta da fare. E, purtroppo, l'avrebbe fatta.

Finalmente, raggiunsero il gruppetto, che intanto si era infoltito.

Pip: Tu?!?
Nait: Ma chi si rivede, il fuggitivo. :asd:
Pip: Mi puoi spiegare che ci fai qui?? :sgamato:
Nait: :angel:
Pip: :mmh:

SeeD e Cadetti rimasero pure loro sorpresi dalla presenza di quel ragazzo identico al loro Pip. Era un pò come riaverlo fra loro, pensarono; Ruben, soprattutto, quando arrivò, rischiò di farsi venire un colpo. All'appello, mancavano poche persone: Sirius, dal quale non si ricevevano più notizie dallo scontro con Perseo; Lenne, dispersa; e Paine, che per quello che ne sapevano poteva essere già stecchita contro Uriel. Tutti speravano che i tre fossero sani e salvi, anche se i Codec erano irraggiungibili.

Poi, Ruben prese la parola.

Ruben: Potete spiegarci come si arriva all'Attivatore e come il percorso è strutturato?
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Re: Avventure Accademia+Garden

Messaggio da Ruben -.- »

"Molto bene allora! Aprite le recchie e ampliate i cervelli" s'introdusse Nait mentre sbucciava una banana e la ingoiava in tre bocconi. "Lasciate ogni speranza o voi che entrate e non ti curar di loro ma guarda e passa" continuò tra il disappunto generale.
"Il percorso e ripieno di trappole e trabocchetti. Nemici e mostri vi attendono dietro questa porta e soltanto con il sacrificio di uno di voi l'attivatore potrà tornare nelle vostre mani."
"Come sarebbe a dire -sacrificio-?" chiese Otta dubbiosa.
"Sarebbe a dire che uno di voi dovrà schiattare. E dico -voi- così mi autoescludo." chiarì Nait e subito anche il suo opposto chiarì che aveva le medesime intenzioni di evitare il sacrificio.

Il gruppo rimase perplesso. Chi si sarebbe sacrificato se ce ne fosse stato bisogno? Fioccarono sguardi impauriti e preoccupati.

"Non serve a niente pensarci adesso! Perdiamo soltanto tempo e, a quanto mi dicono, non ne abbiamo molto." La voce di Pip (o meglio il suo opposto) scosse tutti. Aveva ragione. Ruben gli si accostò mentre Pip cercava di aprire la porta.
Nait riprese il suo discorso. "Il percorso e costituito da stanze ampie e corridoi lunghissimi. La strega stessa ha supervisionato la costruzione del dungeon finale, quindi nessuno sa quante stanze ci sono o cosa troveremo. E' anche possibile che qualcuno di voi ci possa trovare il proprio opposto. Arrivare in fondo sarà difficile come resistere alla tentazione di una banana split, quindi fate del vostro meglio e speriamo che basti." concluse muovendo fluidamente la chioma bianca in un gesto effeminato.

Ruben quasi scoppiò a ridere. "Non si può dire che questo Nait si molto diverso dal nostro Night".
"Del nostro Night almeno conosciamo bene i gusti sessuali." specificò Drizzt mentre con lo sguardo incrociava la figura di Night che facepalmava ripetutamente.

"Ho sentito parlare di te." L'inconfondibile voce di Pip si intromise nella conversazione. "Del tuo opposto per la precisione."
"Lo incontreremo la dentro?" chiese Ruben indicando la porta che stavano per varcare.
"Non credo proprio. Ubner l'eremita lo chiamano. Un saggio uomo di pace, che non ama relazionarsi ad altre persone e vive in una grotta imprecisata di una montagna imprecisata. Il nostro Perseo è stato l'unico suo discepolo. A lui Ubner ha insegnato tutto ciò che sapeva...almeno fin quando Perseo non ha cercato di ucciderlo per il motivo che non voleva più istruirlo a causa della volontà di Perseo di andare contro i suoi ideali." chiarì Pip sorridendo all'espressione incredula di Ruben.
"Vuoi dire che Ubner non è...malvagio?" chiese.
"Voi siete abituati a pensare che il carattere di un uomo si possa scindere in due categorie: buono e malvagio. In realtà ci sono troppe sfaccettature nella personalità umana e quasi nessuna di esse può essere catalogata in modo così elementare." specificò Pip muovendosi verso la prima stanza della via che li avrebbe condotti all'attivatore.
Chiedere scusa è un gesto che rafforza l'amicizia, chiarisce i dubbi,
è un rimedio contro l'odio, non è mai un segno di debolezza.
-
Romano Battaglia
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Re: Avventure Accademia+Garden

Messaggio da Sarachan89 »

Appena L'opposto di Remiem si fece vivo dietro all'originale, l'altra Sarachan si irrigidì.. ma non capivo come mai.. Rimase li immobile, senza muovere un singolo muscolo.
Appena se ne andò tirò un sospiro di sollievo.. era per la spada? Per Remiem o per tutti e due? Decisi di chiederglielo. più che altro per curiosità

Sarachan: Che ti è preso? La spada?
D.Sarachan: Non solo... ma anche quell'effeminato! brrrr >_>
Sarachan: Cos'hai contro gli omossessuali?
D.Sarachan: Sono una razzista in piena regola! Discrimino tutto e tutti! u_u
Sarachan: Ma sei.. sei... :smt104
D.Sarachan: Semplicemente io! Sarasan! La principessa di Angety e della razza Roiku!*
Sarachan: "Opposta anche nel nome..." Anche tu hai dentro di te Shiori, la White angel?
Sarasan: Wha? No no! Quella certe volte mi dimentico di averla.. si chama Kuori..ed è una Black angel! Esce fuori nei momenti tranquilli, quella fifona tutta nera!
Sarachan: ....quindi... perchè hai paura delle spade?
Sarasan: Beh...il guerriero del villaggio mi ha dato una pistola... e poi della gente con delle spade come armi mi han ammazzato tutto il villaggio.. peccato fare la principessina e comandare tutti a bachetta, mi piaceva!

Ci rimasi appena sentì quello che diceva.. sopratutto per le pistole.. come facevano a sapere della loro esistenza se vivevano stile medievale? Forse non vivevano come tale? Può darsi...
In ogni caso ci fissammo, come per studiarci.. e poi entrambe partimmo all'attacco, lei fece un paio di spari e io feci un paio di fendenti.. fummo entrambe colpite e si vedeva che la paura che avevamo per l'arma altrui...
Poi ci posizionammo li, come per aspettare se l'avversaria attaccasse... ma non avvenne nulla... entrambi avevamo un pò troppa paura, forse?
Ad un certo punto, Sarasan ripose l'arma e mi guardò seriamente

Sarasan: quando ho fifa non combatto...e poi combattere contro di te mi fa schifo...anche il tuo atteggiamento! Mio Dio!
Sarachan: Beh.. neanche a me, se è per questo, non mi piace il tuo atteggiamento...
Sarasan: Beh, allora ci facciamo schifo a vicenda! beh.. io me ne vado, va! Sono stufa!

E detto questo sparò un colpo di pistola, mancandomi appositamente, poi girò i tacchi e se ne andò per i corridoi...
Tirai un sospiro di sollievo e mi lasciai cadere a terra in ginocchio.. che incontro strano..troppo strano!
Remiem poi mi raggiunse e mi aiutò ad rialzarmi e chiedendomi se andava tutto bene. Mi lanciò pure un Energira. Lo ringraziai e decidemmo entrambi di andar a cercare gli altri... chissà, forse avremo incontrato nuovamente i nostri opposti.. io sinceramente speravo di no.. solo al pensiero di vedere una me con una pistola, mi venivano i brividi...

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* -Shiori, Roishi = Annagramma di Shiroi (bianco)
-Kuori, Roiku = Annagramma di Kuroi (nero)
Lord Remiem
SeeD
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Re: Avventure Accademia+Garden

Messaggio da Lord Remiem »

Remiem: Comunque non mi hai ancora detto come accidenti ti chiami.
OppositeRemiem: Tu come ti chiami?
Remiem: Remiem Krobelus, perchè?
OppositeRemiem: Io mi chiamo Krobelus Remiem ^^
Remiem: Ma pensa...beh, credi sia stata una buona idea lasciare Sirius e Perseo da soli?
Krobelus: Vai tranquillo, tesoro. Quel bell'uomo chiamato Sirius sembra ben dotato, sono sicuro che se la caverà ^^
Remiem: Mah...andiamo avanti, và...

Remiem e Krobelus correvano per i corridoi dei Pandemonium, che si scoprì essere l'opposto del Garden Supremo, in cerca del loro gruppo. Remiem aveva con sè il suo fido bastone, Krobelus la sua gigantesca arma, di cui esibì per vantarsi una particolare caratteristica: poteva mutare la sua forma in mazza ferrata, doppia spada, spadone o ascia.
Più che dell'attivatore, cercavano i loro amici. E, stranamente, anche loro due lo stavano diventando, a differenza degli altri quattro impegnati a duellare senza sosta.
Erano seguiti a breve distanza da Sarachan, quella buona, che imparava strada facendo a fidarsi di Krobelus, ignorando il suo strambo tono di voce e il suo ingombrante e minaccioso equipaggiamento.

Sarachan: Sai almeno dove dobbiamo andare?
Krobelus: Ci scommetto i gioielli che stanno andando il sala motori...
Remiem: 'spè che li chiamo *estrae il codec*
Codec:
Remiem: Pronto, Ruben?
Ruben: Sì? Ah, ci sei anche tu? Ci stavamo giusto preoccupando per te (sese u.u)
Remiem: Sono qui con Sara ed il mio opposto Krobelus, che alla fine si è rivelato una brava persona, e stiamo arrivando da voi. Dice che siete in sala motori, almeno così immagina.
Ruben: Ci ha azzeccato. Correte qui, così ci raduniamo tutti e decidiamo sul da farsi. Ah, e...l'opposto del Gaio, tale Nait, mi sta dicendo che Krobelus ci ha provato anche con lui.
Krobelus: *afferra il codec di scatto* Non è vero! Calunnia!
Ruben: Sì, vabbè, lassamo stà. Sirius e Perseo?
Remiem: Duellano in qualche maniera.
Ruben: Oh mamma...vabbè, sua maestà Valantine se la caverà. Chiudo.

Quindi Remiem si rimise il codec in tasca, e il terzetto proseguì la corsa verso la sala macchine. I corridoi del Pandemonium si rivelarono piuttosto intricati, una specie di labirinto nel quale non era poi così difficile perdersi. Fortuna che avevano una guida con loro, che conosceva il posto almeno superficialmente, quanto bastava per sapere dove fosse il loro obiettivo.

--------------------Poco dopo-----------------------------

Orrore e raccapriccio. La prima cosa che il trio notò fu una testa che non stava al suo posto, ovvero su di un collo umano. Remiem e Sara la riconobbero all'istante come la testa di Acheron, il membro dell'Omega Organization che avevano avuto modo di incontrare assieme ad un ex-seed di nome Pip.
Il resto del corpo stava a pochi metri di distanza: Krobelus dovette tapparsi la bocca con la mano libera per non dare di stomaco, mentre Sara ubbidì all'istinto che le aveva suggerito di scattare verso Remiem con un'espressione impaurita.

Drizzt: Toh guarda, la testa calda.
Ruben: E c'è anche la signorina ^^ conosciuti i vostri alter ego?
Krobelus: Massicuro! Sono l'opposto di una persona fantastica <3
Remiem: *epic facepalm*
Nait: Adultero ç_ç
Krobelus: Non fare quella faccia, tesoro ._.
Nait: ...stavo scherzando >:3
Pip: Orsù, torniamo in noi. Ora che siamo quasi tutti, possiamo pensare a cosa fare.
Remiem: ...un attimo, Paine e Lenne?
Ruben: Sorte ignota per entrambe. L'ultima cosa che si sa di Paine è che ha avuto da discutere con un membro degli Omega noto come Uriel.
Sara: ...E che tipo é?
Ruben: Immaginati Barret Wallace senza arma sulla mano.
Sara: O.o
Nait: Ordunque, stavo dicendo, cari ragazzi, ragazze e vie di mezzo, che dovremo addentrarci in un bel labirinto al cui confronto il Pandemonium è uno sgabuzzino. La strega ha supervisionato i lavori e nessuno di noi sa cosa troveremo. Potremo trovare mostri, persone, Ultime Weapon infuriate o dolci alla crema, chi lo sa.
Krobelus: E io dico che ce la faremo! *Evidenzia con un bagliore rosso lo spadone*
Ruben: Io lo spero, anche perchè uno di noi dovrà lasciarci le penne.
Krobelus: Io mi offro volontario...per essere qualcun altro.
Lenne
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Re: Avventure Accademia+Garden

Messaggio da Lenne »

Violata. Se mi avessero chiesto una parola per descrivere il mio stato d’animo in quell’istante – il momento della rivelazione di Nergal – avrei potuto usare solo quello stupido, essenziale aggettivo… che poi stupido non lo era per nulla e nemmeno troppo essenziale. Spalle al muro di fronte a una situazione che non solo non riconoscevo come mia, ma ero pur sicura di non aver concorso a creare.
Per certo, alla vita avrei domandato di meglio che ritrovarmi chiusa in cella, provata dagli ultimi eventi e con scarse possibilità di uscire da quella situazione, no?
Pareva proprio, invece, che quel dettaglio fosse stato riassorbito dal flusso ininterrotto di chiacchiere che la persona di là delle sbarre scandiva con maligno piacere e che, per chissà quale contorta ragione, finiva con l’essere credibile persino al mio orecchio; non che avessi dimenticato ciò che era stata la concretezza inoppugnabile della mia testardaggine e la disperata volontà nel voler far tornare qualcuno sulla propria strada, tuttavia è tangibile come le voci finiscano col confondere tutto, fosse pure perché ti raccontano la verità frammentandola in modo che tu non possa riconoscerla. Neppure se è la tua.
La pericolosità sta nel fondamento oggettivo; la gemma della maldicenza non è mai una vera e propria menzogna, altrimenti la presenza accertata dei fatti concreti concorrerebbe da sola a svelarne la falsità ed esaurirla. Il vero diffamatore sa che deve muovere, piuttosto, dal nucleo di una mezza verità: se racconti il fatto da un angolo sbieco, non a caso, ne discenderà che tutti si convinceranno sia storto e contorto come l’hai illustrato. Nessuno, poi, potrebbe rimproverarti perché l’hai lasciato immaginare.
Le parole che instancabili si susseguivano, tuttavia, non avevano nemmeno la parvenza di una bugia costruita ad arte o una realtà parzialmente alterata; era tutto crudelmente vero, poiché sapevo che se all’epoca gli eventi avessero preso una piega appena differente sarebbero potuti andare solamente così… e l’assenza del mio opposto si mostrava una tacita conferma.
Sarah, ferma pochi passi indietro rispetto al Supremo, mi scoccò un’occhiata divertita che implicava quanto stesse aspettando una risposta da parte mia, anche solo per studiare la relativa reazione. L’avrei colpita con violenza o mi sarei abbandonata sulle ginocchia, ciononostante avevo ancora intatto il mio orgoglio, la mia voglia di combattere e, soprattutto, non avevo la minima intenzione di darmi per vinta prima di aver saggiato il concreto fiele della sconfitta.
Un bastione invincibile? Forse ma anche lo scoglio in cui quelle onde di sadismo purissimo potevano infrangersi, rompendosi poi nei mille rivoli angusti e pericolosi dei mormorii soffocati e delle risatine sommesse che contribuivano a minare le mie difese già incrinate dalla stanchezza.
«Il suo equilibrio psichico ne ha risentito» proseguì l’uomo, sempre con quell’accenno di sorriso sulle labbra «ma non le ha impedito di proseguire la carriera da SeeD, dimenticando l’accaduto… o forse ignorando volutamente quella cicatrice incandescente a trafiggerle il petto, per non rimanerne vittima».
Ricambiai l’occhiata impassibile, senza alcun accenno di replica; un lieve guizzo nell’oscurità delle mie iridi e una contrazione involontaria dei muscoli – un irrigidirsi della mascella, per la precisione – sembrò voler tradire il muro d’inalterata freddezza che avevo eretto, nel momento in cui una figura uscì dall’ombra nella quale era rimasta celata sino allora. Aveva abbandonato la solita divisa per indossare, invece, un paio di pantaloni mimetici, stivali da combattimento e una giacca nera sopra un maglione scuro a collo alto; i capelli castani, lunghi fin poco sotto le spalle, erano legati in una coda alta da cui sfuggivano alcune ciocche a lambirle appena il collo.
Il colore dei suoi occhi, la forma del viso, un’inclinazione particolare dello sguardo: si stava dipingendo di fronte a me un ritratto che prendeva sempre più corpo, distaccandosi tuttavia dalla figura che ancora conservava un posto nella mia mente, scivolando oltre la cornice per mostrare ciò che gli eventi di quella realtà l’avevano portata a divenire. Non un volto ridente, appassionato o ilare – lo stesso con cui mi aveva salutato, a dispetto del dolore per la separazione – non l’espressione complice e buffa di quando si stupiva per un mio sorriso e tentava di restituirlo nonostante la sorpresa. Niente di tutto quello.
Non avevo mai avuto alcun dubbio in merito al fatto che la nostra amicizia fosse più solida di qualsivoglia invidia, non meno – del resto – di quanto sapessi non fosse per questo più gestibile; nessuno poteva mettere in discussione che ce la fossimo guadagnata, dove per questo poteva intendersi l’aver dovuto ingoiare una quantità di rospi rispetto ai quali un certo Cadetto di mia conoscenza non era che un batrace di medio livello. La ragazza, come forse pochi altri, possedeva una qualità molto speciale che aveva concorso a renderla unica nella media dei miei compagni: il coraggio.
Non era superficiale e acritica stupidità – come pure a volte mi era venuto spontaneo sospettare – ma quella fiamma autentica che si crede sia cifra distintiva di tutti gli eroi. Lei non pensava di dover fare le cose, le faceva e basta; sotto quel profilo, certamente, era molto diversa da me che nella maggior parte dei casi, se non trascinata dalle circostanze, avrei preferito una vita più tranquilla.
La osservai dischiudere le labbra e pronunciare lentamente il mio nome ma nessun suono concorse a spezzare quel cupo silenzio che si era venuto a creare, nel momento in cui si era mostrata; una dimensione che non esisteva se non per una sottrazione d’istanti.
Avevo smarrito memoria del tempo speso nel farmi una ragione della sua assenza, o almeno provarci, eppure non potei fare a meno di rendermi conto – con un’amara consapevolezza – come anche in una situazione simile non accennasse a mutare la sostanza dei nostri scambi.
Il dono della sintesi era sempre stato una mia caratteristica, anche quando non sarebbe stato possibile, tuttavia nell’unica occasione in cui avrei voluto parlare, mi scoprii improvvisamente povera di parole, domande, obiezioni; qualcosa di cupo, grave e straziante si era insinuato nel mio petto senza che vi fosse possibilità di liberarmi.
Avrei potuto gridare, piangere, protestare o morire ma c’era una sorda apatia a confondermi e fagocitare qualunque iniziativa. Docile, obbediente e silenziosa come il pupazzo di un ventriloquo, rimasi semplicemente in piedi – le mani serrate attorno al gelido metallo delle sbarre – osservando quegli occhi scuri e spenti, un abisso in cui la luce spirava inghiottita dal nulla.
Il pieno e il vuoto si succedettero, come interstizi di quiete fra i rintocchi.
La nostra vita, in fondo, si riduce a questo: un gioco di pieno-vuoto. Bianco-nero. Il battito del cuore è una metafora che riassume il ritmo stesso dell’esistenza, finché l’ingranaggio non si rompe o spezza… e, in quel caso, fu la voce di Nergal a infrangerne la cadenza.
«Devo ammettere che ci avete dato del filo da torcere ma questa volta non avete alcuna possibilità di fermarci; l’esercito ha perso le sue Torri e giungere all’attivatore non sarà così facile come pensate» lo sentii dire, allusivo, mentre muoveva qualche passo intimidatorio verso la prigione.
Il tono era beffardo e ancora di più lo era il sorriso, che si mostrò evidente non appena il chiarore artificiale dell’ambiente illuminò il suo viso ancora giovane – dai lineamenti glaciali, come scolpiti nel marmo – sul quale si alternavano incessantemente luci e ombre; i capelli dorati gli ricadevano lunghi sulla schiena e gli occhi erano accesi da una luce sinistra, quasi folle.
Ci squadrò entrambe dall’alto in basso, con l’attenta freddezza di un cacciatore nei confronti delle sue prede; ricambiai l’occhiata con sfida, cosa che gli provocò una risata sinceramente divertita. «Inutilmente testarda e orgogliosa» commentò allontanandosi e chiamando a sé, con un cenno, gli altri due membri dell’Organizzazione; esattamente come previsto, rimase solo la SeeD a guardia della cella.
Ancora non capivo chi delle due Nergal volesse far scontrare con i propri rimorsi.
Riscuotendomi finalmente dalla mia immobilità, rivolsi l’attenzione a Paine – che sembrava essersi ripresa da quella sorta di “smarrimento” solo pochi istanti prima – e m’inginocchiai accanto a lei; all’espressione vacua subito se ne sostituì un’altra più significativa, una tacita domanda che chiedeva una soluzione rapida ed efficace a quel problema… sempre che ve ne fosse una.
Prima di risponderle, guardai lo squarcio in prossimità della spalla: stando alle sue stesse stime, ci avrebbe messo un paio di giorni a guarire e mi aveva persino confermato che l’incantesimo applicato stava comunque, nelle sue possibilità, facendo effetto; presi in considerazione l’ipotesi d’impiegarlo una seconda volta ma la donna dovette intuire le mie intenzioni, poiché scosse lievemente la testa.
«Non provarci nemmeno. Oltre a essere potenzialmente inutile, sprecheresti solo energie… e non mi sembri in condizioni tali da potertelo permettere».
«Ha parlato quella sana» replicai con una smorfia. «Eppure devo darti ragione: è una magia utile ma limitata a ferite di media entità. La tua non rientra neppure lontanamente in questa categoria, spero solo che il Rigene stia davvero avendo qualche effetto».
La vidi annuire. «Fidati, è un valido aiuto. Piuttosto…» proseguì, fissando significativamente il punto in cui Nergal e gli altri erano spariti «… come pensi di agire? Non so tu ma io ho la serissima intenzione di far sparire quel ghigno da meretrice di Babilonia dalla faccia di quella donna».
Singolare quanto azzeccato paragone. Sarah probabilmente non avrebbe apprezzato.
Scrollai le spalle con un sospiro. «Non ne ho idea e, sinceramente, faccio fatica ad allineare due pensieri di senso compiuto; si potrebbe quasi dire che andiamo a cercarcele con il lumino, certe situazioni».
Ridacchiò leggermente ma quella breve parentesi fu interrotta da una voce bassa e appena udibile che chiamò il mio nome; mi voltai, avvicinandomi una seconda volta alle sbarre.


[Chi non sa osservare, non potrà mai capire cosa si celi dietro quelli che potremmo definire “gli occhi da lavoro” di un SeeD]

Senza un particolare motivo, mi tornò in mente la voce di Calien quel giorno in cui l’avevo incontrata per la prima volta; parole che segretamente mi avevano portato a ridere, quando non vi era alcun motivo per farlo. Lo compresi – paradossalmente, perché stavo fissando una persona appartenente a una realtà non mia – solo allora.
I SeeD sono persone… persone che hanno perso tutto o non hanno mai avuto null’altro nella loro vita; il loro sguardo è freddo, vuoto, spento, annientato da quella scommessa chiamata semplicemente “imparare a uccidere”. Macchine: ecco, forse questo sarebbe stato il termine adatto per descriverli.
Tanti sentimenti, reazioni e solo quelli che non le sentono, o fingono di non sentirle, hanno le carte per diventare quel tipo di soldato, chi non prova niente guardando un cadavere e sentendosi le mani sporche di sangue; gli occhi, tuttavia, non mentono mai. Uccidere lascia sempre il segno.
Ne erano stati la prova quelli concentrati di XSabin, quelli fissi di Celeste… e lo furono quelli vuoti di lei, cerchiati da un paio di leggere occhiaie nere e illuminati irregolarmente da uno sprazzo di vita; loro erano SeeD mentre noi… solo una manica di ragazzini viziati che non era capace di compiere una scelta, nemmeno se ne fosse andato della nostra stessa vita. Incompetenti quando si dovevano mettere da parte risate, scherzi, amore per consentire alla personalità del guerriero di venire fuori, bravi solo a riempirci la bocca di belle parole e fallire nella maggior parte dei nostri intenti.
Che cosa portò la ragazza a liberarci? Onestamente, non so dire se davvero volessi saperlo e fu più o meno questo che risposi quando mi pose quella fatidica domanda, mentre Paine faceva saettare lo sguardo attorno sospettosa di un’eventuale quanto giustificata seconda trappola.
«Avrai sicuramente avuto i tuoi motivi».
Accennò un mesto sorriso. «Non sei cambiata. Esattamente come mi aspettavo, quando ti ho rivisto».
Mi mordicchiai il labbro. Come potevo controbattere, a quell’affermazione? Che cosa ne potevo sapere io, di come ci si sentisse nel trovarsi di fronte – a distanza di quasi due anni – una persona morta per propria mano, consapevole di quanto la sua presenza fosse soltanto un crudele scherzo del destino?
«Io…».
«Immaginare e illudersi sempre» proseguì, inaspettatamente «così che il ricordo non muoia mai; tante volte ho sperato di poter tornare indietro ma la Storia non è soggetta alle nostre regole… sono contenta di aver avuto, in un certo senso, una seconda possibilità».
Annuii lentamente, sentendomi stupida per non saper fare altro eppure conscia che non ci sarebbe stato bisogno d’altro; la dottoressa mi richiamò alla realtà e subito mi volsi, affrettandomi a seguirla.
Una presa salda sul polso, tuttavia, mi bloccò dopo pochi passi.
«C’è una cosa che ti chiedo di fare».
«No» risposi con veemenza, avendo capito dal tono di cosa potesse trattarsi. «Non pensarci nemmeno».
«Devi».
«Ho detto no. Lasciami andare».
Obbedì alla richiesta ma non accennò a voler desistere. «Non tarderanno a capire cos’è successo e di chi potrebbe essere la colpa; pensi forse che le cose andrebbero diversamente?».
«Stronzate!» esplosi, indietreggiando. «Non avranno tempo e modo di capire nulla!».
Menzogna. Un’affermazione che sapeva di falso persino sulla punta della mia stessa lingua, prima ancora che nell’aria; ne eravamo consapevoli entrambe.
Ripeté la richiesta e ancora una volta negai, seppur con meno enfasi.
Essere un SeeD… mettere da parte la vita, essere forte, saper accettare di percorrere l’unico cammino quando possibilità non se ne hanno e le altre strade sono precluse; il confine fra due parti discordanti è labile ma non si tratta – sempre e comunque – di una scelta? La nostra, per essere precisi?
Quando arriviamo a quell’incrocio, non ci sono compromessi, non si possono mischiare i due lati della medaglia. L’episodio con Claire non mi aveva davvero insegnato nulla?
«Che cosa pensi di fare, allora?» la sua voce era calma e bassa; una quiete glaciale, pulsante, fredda e sconvolgente. «Vuoi lasciarmi qui?».
Parole che ferirono, fecero male, pronunciate nonostante avesse la consapevolezza di colpirmi lì dove non avevo protezione; lì dove poteva creare cicatrici che difficilmente si sarebbero rimarginate.
Essere un SeeD. Non mi stava chiedendo che questo.
Mi accostai a lei, in quel momento voltata a darmi le spalle; così vicino da poter avvertire il suo respiro, innaturalmente tranquillo. Ho sempre conosciuto l'anatomia umana molto bene, ne so osservare con esattezza ogni singolo componente: le ossa abbracciate dai tessuti, i piccoli vasi pulsanti che irrorano di vita e passioni, gli atti involontari e spontanei che servono a far muovere questa macchina perfetta che ci è stata donata.
Proprio per questo motivo, so anche quali ingranaggi distruggere per far sì che smetta di funzionare subito.
Portai automaticamente il braccio sinistro a cingerle il petto con fermezza, stringendola a me come se avessi voluto abbracciarla ancora una volta, mentre la mano destra si appoggiò al viso esercitando una decisa pressione e sentendo i suoi muscoli contrarsi appena sotto le dita; mi concessi solo un ultimo attimo d’incertezza.

[Sapete, ragazza, i segreti dell'anatomia appartengono a tre tipi di persone: i medici, le prostitute... e gli assassini.]

«Mi dispiace».
Saper uccidere non è un’arte ma una qualunque abilità di cui una persona dispone, come saper cucinare, stirare, andare in bicicletta o nuotare. La differenza risiede nel tempo necessario per imparare.
Un tempo che, in quella frazione di secondo, assimilai e feci mio.
Lo schiocco secco del collo spezzato si propagò, rimbombando come un’eco nel silenzio di quel luogo, un attimo prima che il corpo si accasciasse al suolo privo di vita; non potei fare a meno di sorreggerla e accompagnarla verso il terreno, sdraiandola mentre mi abbandonavo sgraziatamente sulle ginocchia accanto a lei, come se tutta l’energia mi fosse stata risucchiata.
Abbassai il viso fin quasi a toccare il petto con il mento, chiudendo gli occhi e lasciandomi andare a un sospiro. Senza una parola, mi alzai in piedi dirigendomi verso Paine e afferrando la spada che mi stava porgendo – trovata evidentemente dov’era custodita – con la sola mano destra.
«Andiamo… non c’è più niente da fare qui».

- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
«Dobbiamo trovare una soluzione per questi stracci che indosso» sbottò qualche minuto dopo la dottoressa, mentre procedevamo lungo un corridoio. «Conciata così, sembro appena uscita da un pessimo remake di un film horror».
Le lanciai un’occhiata distratta, dandole tacitamente ragione; forse sarebbe stato meglio, per non ledere la comune decenza, trovarle qualche abito che avesse ancora un lembo di stoffa intatto.
«Se, come penso, l’Organizzazione ci ha rinchiuso in una zona del Pandemonium… il nome con cui è conosciuto il Garden qui» mi affrettai a rettificare, cogliendo lo sguardo perplesso della mia compagna. «Dicevo, se davvero è così e questo posto è strutturato come il nostro, allora ci basterebbe raggiungere la stanza dove sono conservate le divise; ben inteso, a patto di non dover incontrare altri…» mi bloccai per qualche attimo, in mente ancora vivo il ricordo di quanto avevo appena fatto «… opposti».
Cogliendo il mio disagio, strinse la mia spalla con fare rassicurante senza tuttavia dire nulla, perché sapeva che in una situazione del genere non sarebbe servito; ricambiai lo sguardo con gratitudine, indicando poi con un cenno del capo la rampa di scale in fronte a noi. «Al secondo piano, speriamo sia una cosa facile e discreta».
La prima parte delle mie aspettative fu soddisfatta: non trovammo intoppi nel giungere alla meta, che tuttavia si rivelò essere chiusa a chiave e impossibile ad aprirsi.
O perlomeno, così sarebbe stato in assenza di Paine.
Osservai leggermente basita i resti dell’ingresso, pochi secondi più tardi, mentre la giovane – con ironico gesto teatrale – m’invitava a entrare, allentando in parte la presa sull’elsa della Masamune appena utilizzata come passepartout.
«Il tatto di un paralitico che opera al cervello con una chiave inglese» commentai, scuotendo la testa prima di tornare preda di uno sconfortato mutismo.
«Modestamente» rispose l’altra con un ghigno.
«Non era un complimento».
Facendo correre lo sguardo lungo tutta la stanza, notai una sola divisa – in tutto e per tutto simile alle nostre, escluso il colore – disponibile; le altre dovevano evidentemente trovarsi chiuse dentro armadi che, con la praticità di un diplomatico britannico, impedii alla dottoressa di ridurre in legna da ardere. La staccai dalla gruccia su cui era appesa e gliela porsi, fermandomi di fronte alla sua espressione che poteva essere un misto fra perplessità e indecisione.
«Che ti prende?» domandai.
«Non sono sicura sia la scelta giusta…» cominciò esitante, guadagnandosi una seconda occhiata interrogativa. «Insomma… la metto o non la metto?».
Rimasi qualche secondo in educato silenzio. «Prego?».
«La metto!» decise tutto a un tratto. «Oppure sì?» ponderò l’istante successivo; senza attendere oltre, le lanciai gli indumenti e attesi pazientemente che risolvesse da sé il quesito amletico.
«Puzza un po’» l’avvisai, cogliendo la sua smorfia mentre infilava con una certa fatica il braccio sinistro lungo la manica «ma è sempre meglio di niente, quindi vedi di non lamentarti troppo».
Una volta concluso si riassettò gli abiti con approvazione. «Ora va decisamente meglio».
Senza preavviso, scattai in avanti e la spinsi a ridosso di un muro, nell’angolo più buio della stanza, castando subito dopo un Vanish su entrambe. Appena in tempo: qualcuno fece il suo ingresso, scavalcando le schegge di legno sparse un po’ ovunque.
«Nessuno» esordì perplessa una voce, che immediatamente ricollegai a Teoskaven. «Eppure l’ingresso non è certo andato in pezzi da solo, senza contare che manca una divisa» proseguì mostrando, con mio palese disappunto, un attento spirito d’osservazione. «Che sia tornato indietro?».
«Impossibile» intervenne una seconda persona. «Il Comandante Perseo ha espressamente illustrato la situazione e tu stesso hai visto il cratere che si era venuto a creare; è stato certamente tratto in salvo da loro, cercarlo qui è inutile. Chiunque abbia fatto questo macello, non rientra nei nostri compiti scoprirlo; dobbiamo trovare quel damerino il più in fretta possibile, dirigiamoci a sud-ovest fuori dalla struttura, la feccia di solito si raduna in quelle zone».
Pregai che se ne andassero il più in fretta possibile mentre piccole gocce di sudore imperlavano la fronte, chiaro monito di quanto mi costasse tenere salda quella doppia magia; digrignai appena i denti, trattenendo l’imprecazione spontanea che stava per sfuggirmi.
Finalmente le due presenze trovarono più opportuno dirigersi altrove; non appena i loro passi si fecero lontani nel corridoio, sciolsi l’incantesimo e mi appoggiai schiena al muro, respirando affannosamente per riprendermi.
«Di chi stavano parlando, secondo te?» chiese Paine, scostandosi.
«Sirius» risposi con sicurezza. «Ha affrontato Perseo poco dopo la fusione delle due realtà e, da quel poco che mi è parso di capire, non se l’è vista bene; chiunque l’abbia tratto in salvo si trova non molto lontano dal Pandemonium».
Seguì un breve silenzio.
«Immagino già cosa tu abbia intenzione di fare».
«C’è una sola persona che lascerei in balia degli eventi e questa non è Sirius; sarebbe opportuno andare a recuperarlo, sperando che chiunque l’abbia preso con sé non sia animato da intenzioni ostili».
«Non sarebbe una novità che le cose vadano di male in peggio. È la legge di Murphy» sospirò la dottoressa, dando un’occhiata nei paraggi per assicurarsi che non ci fosse nessuno. «Via libera».


«Vi sono estremamente grato per quanto avete fatto» disse il Principe di Belkadan, rivolgendo un difficoltoso inchino alla donna di fronte a lui; avevano provveduto a rimetterlo in sesto come meglio potevano ma sarebbe servito più tempo perché si riprendesse completamente… e il tempo era un fattore a loro avverso, in quel frangente.
«La presenza vostra e dei vostri compagni ha inizialmente bloccato quanto c’eravamo preposti di fare» rispose solamente l’interpellata, quasi non badando ai ringraziamenti dell’uomo. «Il piano di liberazione dai SeeD e dalla Strega, tuttavia, non subirà alcuna modifica rispetto al progetto originale; ora che il loro piccolo esercito è allo sbaraglio – e di questo, ammetto, dobbiamo rendere conto a voi – possiamo colpire: sono troppo distratti dalla vostra presenza per concentrarsi su di noi. Vogliamo colpire l’immagine della SeeD, rendendo noto il più possibile quali siano state le sue azioni e dando più informazioni possibili sulla nostra causa».
«Mi auguro possiate riuscire nella vostra impresa».
Un lieve sorriso si allargò sulle labbra di lei. «Lo spero vivamente anche io; ora alcuni membri vi riporteranno nei pressi del Pandemonium, le nostre spie ci hanno informato che qualcuno vi sta cercando. Più di questo non possiamo permetterci, sarebbe troppo rischioso».
«Non chiedo di meglio» assicurò l’altro, con un cenno del capo. «Mi sarebbe piaciuto saperne di più sulle vostre intenzioni ma il tempo è tiranno, stando a quanto mi avete spiegato poco fa sulla situazione dei miei compagni. Addio, signorina Heartilly».
Qualche minuto più tardi il Principe si avvide subito della presenza di due SeeD, pur in lontananza, appena fuori dai cancelli della struttura; ringraziò ancora una volta i propri accompagnatori e scese dal mezzo di trasporto, avvicinandosi quanto più velocemente possibile alle due figure che presto riconobbe come proprie compagne.
«Signorina Lenne, signorina Paine… è un piacere rivedervi».

Offtopic: Vista la sequela sfrenata di post ed essendo stato Sirius completamente lasciato nel dimenticatoio (troppo impegnati ad affrontare più o meno seriamente gli Opposti), ho provveduto a recuperarlo cercando di essere più coerente possibile con la situazione; in un PM ricevuto dallo stesso dopo aver chiesto delucidazioni, ho saputo che chi l'aveva tratto in salvo a seguito dello scontro con Perseo era un gruppo di resistenza ai SeeD Neri e da qui - sempre rimanendo in tema di coerenza nel limite del possibile - ho ribaltato un pochino ciò che in Final Fantasy VIII sono i "Gufi del Bosco".
Sempre e comunque capitanato da Rinoa, anziché fronteggiare Galbadia si trova contro la SeeD e la Strega presso cui l'unità è al servizio; questo, tuttavia, è solo un espediente utilizzato in favore del recupero di Sirius.
Gradirei quindi non venisse legato in alcun modo alla trama in corso, onde evitare ulteriori complicazioni e casini che già mi sembra si siano mostrati; grazie per la collaborazione :wink:
Ultima modifica di Lenne il 01 dic 2010, 18:05, modificato 1 volta in totale.
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Ti ricordi? È proprio lì che siamo diventati amici.
Perché noi siamo amici, vero?

Quando talor frattanto / forse sebben così / Giammai piuttosto
alquanto / come perché bensì; / Ecco repente altronde / Quasi
eziando perciò / anzi altresì laonde / purtroppo invan però /
Ma se per fin mediante / quantunque attesoché / Ahi! Sempre
nonostante / Conciossiacosacché!


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Tidusisback
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Re: Avventure Accademia+Garden

Messaggio da Tidusisback »

«Ormai siamo al limite».
La voce uscì strozzata dalla gola dell'Anziano Sauskin mentre tendeva ancora le mani, cercando di tradire l'immane sforzo che stava compiendo per mantenere la concentrazione sull'incantesimo mentre Raistlin, stanco e affaticato forse ancor più della giovane maga, schiacciato in parte dal peso dell'età, le volgeva uno sguardo pregno di determinazione.
Cosa spinge l'uomo ad agire con e oltre le sue possibilità?
Tutto è sospeso, attaccato con ogni forza al filo della speranza, perennemente in bilico tra sentimento e ragione, tra ciò che la coscienza addita come giusto e l'onore accusa come errato mentre le vite degli innocenti cadono senza troppi complimenti verso un baratro senza rete di sicurezza.
Ancora una volta, ignari di ogni benché minima implicazione, i SeeD proseguivano sui loro ottusi binari, convinti -o forse neanche troppo- di agire per un bene superiore forse, secondo dei canoni a loro estranei, incuranti di ciò che potesse significare ogni singola azione.
Capre, nient'altro.
La fronte della giovane si corrugò, disegnando profonde rughe sulla pelle liscia e alabastrina, madida di piccole perle trasparenti: non avrebbero resistito più di un quarto d'ora.
In cuor suo sperava che il Custode avesse compiuto il suo compito con successo o fosse ad un passo dal completare la missione alla quale era stato incaricato; l'Arcimago ne era certo. Van Aycol non lo aveva mai deluso fino ad ora e quello sarebbe stato un pessimo momento per cominciare a farlo.
Un fremito lo percorse nuovamente da capo a piedi, richiamando a sé quanta più forza muscolare e magica possibile, costringendosi a flettere le ginocchia quasi reggesse sulle spalle l'intero peso di quella gravosa situazione.
Ogni istante è buono...sbrigatevi!
*****
Il folto gruppetto di SeeD, capitanato da Pip e Nait si stava dirigendo verso il luogo di custodia dell'Attivatore. Un certo nervosismo serpeggiava tra le fila: nessuno sapeva a che cosa stessero effettivamente andando incontro. La stessa parola sacrificio aveva fatto tremare più di un soldato come una foglia.
Alla faccia del corpo scelto... mi ritrovai a pensare mentre passavamo quatti attraverso dei corridoi che parevano essere stati calcati soltanto di recente; gli unici tranquilli sembravano i due Opposti che si erano offerti di accompagnarci in quello che sembrava un luogo dal quale nessuno aveva mai potuto fare ritorno.
«Permettetemi due domande» inziò Ruben rivolgendosi ai due. Il suo tono era saturo di una sincera curiosità. Lo sguardo del ragazzo dai capelli corvini si posò con garbo in grembo a quello del Vecepreside, aspettando paziente la sua richiesta.
«La prima riguarda chi ha accesso a questo luogo: se l'Attivatore è stato portato al suo interno, questo significa che è stato necessario un ulteriore sacrificio per poter entrare».
Ogni parola cercava di essere soppesata come se fosse stata appoggiata su una bilancia da orefice: se solo fosse sfuggito qualcosa di troppo, le telecamere che probabilmente nascoste permeavano quel luogo, avrebbero solamente facilitato il compito alla Strega per trovare un possibile punto debole.
«Non esattamente» replicò Pip tranquillo, notando ogni singola sfumatura della voce del vicepreside che attese ulteriori spiegazioni. Il ragazzo proseguì.
«La SeeD è sotto il comando di Xavia e sono ben noti i poteri di cui la Strega è investita. Una volta ottenuto ciò che le serviva, perché sacrificare uno dei suoi uomini?».
Uno dei suoi uomini?
Era strano sentire tali parole uscire dalla bocca di Xavia: fino ad ora nin pareva capace di alcuno scrupolo e si era dimostrata sufficientemente fredda da non curarsi della propria carne da macello. Non in questa dimensione parallela evidentemente, non con quelle possibilità: in quel mondo era legata ad ogni singolo combattente, ad ogni foglia che pendeva da lei, il tronco portante: ognuno di essi aveva un compito preciso da svolgere e ognuno di loro era stato catalogato sotto la voce di 'uomo'.
Non SeeD.
Non militare.
Non combattente.
Uomo.
Nait non sembrò molto convinto delle parole del compare difatti, dopo aver sbucciato e addentato l'ennesima banana, sbuffò con decisa perplessità, una certa sfacciataggine e noncuranza, ammonendo il suo opposto con un'occhiata.
«Ergo cionondimeno, è una cosa al di fuori della nostra portata. Quindi ha mosso il suo deretano e ha portato qui il suddetto Attivacoso di per se stessa» asserì senza troppi giri di parole.
Ruben attese qualche istante per assimilare ogni concetto, ogni termine eppure qualcosa ancora continuava a sfuggirgli. Voleva chiedere altro a quei due che, in un modo o nell'altro avevano deciso di prestar loro una mano ma una voce metallica invase ogni angolo della struttura rimbombando con il suo suono graffiante e stridulo.
Codice Amaranto: ogni SeeD non impegnato in attività necessarie al corretto funzionamento della struttura si rechi al settore quattro con immediata urgenza. Codice Amaranto
Sul volto di Pip la preoccupazione disegnò un'espressione incredula.
«Com'è possibile?» esclamò.
«Che cosa?».
Il SeeD non rispose ma incitò solamente a proseguire il più celermente possibile.
«Presto! Non abbiamo altro tempo! Siamo stati scoperti!».
«Dananzione!».
Nait imprecò senza preamboli, insultando un gianduiotto uscito da Warcraft che occupava il posto di responsabile della sicurezza nel Pandemonium -al ché a Drizzt fischiarono parzialmente le orecchie ma fu questione solo di pochi secondi e non si diede nemmeno pena di rimanere sorpreso. Non diede nemmeno la soddisfazione di fingere.
Tuttavia correre non sarebbe servito a nulla e, poco dopo Ruben fermò il SeeD tenendolo per la casacca, invitandolo a rallentare: riprendendo fiato e appoggiandosi alle ginocchia, la sua mente elaborò più in fretta che poté una soluzione strategicamente valida e attuabile.
«Non ha senso continuare a correre» disse scuotendo poi la testa «Siamo troppi e in branco saremmo un fin troppo facile bersaglio».
«Allora dovete trovare un modo per rallentarli» rispose Nait con una naturalezza fuori dal comune. Non troppo fuori dal comune a dirla tutta.
«Tidus» il Vicepreside disse il mio nome in un soffio «E' necessario che guidi un piccolo manipolo dei nostri per rallentare la loro avanzata verso l'Attivatore».
Non servirono altre parole perché mettessi mano alla Tears of Sorrow ed aspettassi gli ordini del superiore assieme ai nomi di chi si sarebbe aggiunto alla squadra di contenimento così Nathan, Remiem, Sara, Kary, Teo e Aura mi seguirono al primo cenno, lasciandoci i rimanenti membri del Garden alle spalle.

Combattere.
E' questa la ragione per la quale siamo stati addestrati?
Combattere?
Seguissimo un codice d'onore potrei forse crederci ed è per questo che, a conti fatti, voglio seguirne uno mio. Per il resto altro non siamo che puttane, pronte a vendersi al migliore offerente, ad affilare le unghie dove non c'è necessità e incapaci a sopportare ogni qualsivoglia debolezza. E' l'acciaio che ha finito per rivestire mente e cuore che ci fa agire secondo questa natura: la natura di chi ha perso tutto e non ha niente a cui affidarsi; la natura di chi, solo nella bramosia del sangue soffoca ogni probabilità di un'alternativa.
La bocca è piena di buone parole, impastata d'ipocrisia e pronta a sputare veleno così come la mente sembra incapace di semplicemente considerare l'idea di essere stranieri in terra straniera.
Siamo noi quelli sbagliati questa volta.
Siamo noi le prede e nonostante tutto vogliamo considerarci belve, pronti ad assalire senza rimorso ed ergerci a giustizia.
Non è quello per cui sono cresciuto e non è questo in cui ho creduto fino ad ora e finché avrò una testa per pensare, farò il possibile perché non accada nulla del genere e non è l'odore del sangue nemico che mi fa venire il voltastomaco ma la facilità.
La facilità con cui si attacca per pregiudizio, precludendosi ogni dialogo, ogni possibile crescita, ogni scherzo e ogni risata.
La facilità dell'essere semplici.
Non voglio essere una macchina.


In lontananza un folto gruppetto di persone correva verso di noi, occupando il corridoio con i loro corpi, l'aria con i propri respiri: i SeeD che erano stati allertati dal messaggio dell'addetto alla sicurezza non ci avevano messo molto a raggiungerci e, spade alla mano, pareva avessero tutta l'aria di voler ingaggiare battaglia.
Era palpabile il timore che vibrava nelle fibre di ognuno dei SeeD che avevo al fianco e, uno dopo l'altro, con un gesto meccanico avevano portato la mano portante alla propria arma -chi la spada, chi il bastone, chi a un filo- come se fosse l'ultimo baluardo di resistenza di una battaglia persa in partenza.
Sondai gli occhi, uno per uno; ascoltai i respiri, uno dopo l'altro rimanendo di schiena.
«Trattenete le armi».
La frase mi uscì in un tono che mai prima d'ora mi era capitato di provare. Stentoreo, cristallino. Sincero.
«Cosa?» fu la domanda che sorse spontanea dai ranghi alle mie spalle.
«Ho detto: trattenete le armi. Non voglio che ci sia alcun ferito» ripetei.
Strano come a volte certe interferenze possano non far recepire i messaggi, forse perché suonano troppo strane? O semplicemente inusuali visto che fu l'abitudine ad uccidere il pollo di Hume.
«Come facciamo? Sono un'orda e noi siamo decisamente in minoranza! E' impossibile riuscire a trattenerli!».
«Diciamo che è anche un po' che non meniamo le mani e questa sarebbe una buona occasione per rimetterci in esercizio» chiocciò una seconda quasi a cercare un pretesto per vanificare ciò che era stato detto in precedenza.
«Forse non sono stato abbastanza chiaro» sillabai a denti stretti «Trattenete le armi! E' un ordine! Chiunque ferisca volontariamente o uccida uno solo di quei SeeD risponderà della propria insubordinazione davanti al Consiglio!».
Lo sputai con una rabbia mai provata prima d'ora, covata e cresciuta nelle viscere da troppo tempo e tante, troppe azioni avevano finalmente permesso il suo schiudersi.
«Difendetevi, schivate, deviate! Ne avete la capacità! Non obbligatemi a credere il contrario».
Un tocco gentile sulla spalla, riconobbi la mano di Aura, e uno più deciso e marcato, la fermezza di Nathan. La mano tremò nel raggiungere nuovamente l'elsa della spada-serpente appesa inerte alla vita.

«E' questa» disse Pip indicando un porta intagliata nel metallo. A lato di essa un piccola cavità quadrata grande giusto quanto potesse bastare per poterci introdurre una mano.
«Questa sarebbe la stanza in cui è chiuso l'Attivatore?» domandò Night perplesso «A me ricorda più le miniere di Morchia nel Signore degli Anelli».
«Quelle erano le miniere di Moria» rispose il doppione con una faccia sorniona «E no, non c'è elfico o congiuntivo che tenga per farla aprire».
La voce di Drizzt ruppe il silenzio con una domanda più che lecita.
«Si ma quanto sembra non c'è nemmeno una maniglia o un lettore di qualche genere che ci permetta di entrare».
Lo sguardo di Pip si fece cupo prima di riaprirsi con un lieve sorriso, probabilmente contento del proprio destino.
«E' qui che ti sbagli...compare» Drizzt rabbrividì al sentirsi chiamare in quel modo ed era passato troppo tempo -non a sufficienza per poter rimarginare ferite ancora aperte e sanguinanti. La perdita di un amico. Due volte.
Pip fece qualche passo in direzione del loculo e sbloccò il portellino di sicurezza battendo rapidamente un codice con la punta delle dita, dimostrando un coraggio difficilmente riscontrabile in altri.
«Una volta inserita la mano, lentamente la porta si aprirà lasciandovi spazio sufficiente per entrare; avanti a voi in una teca troverete l'Attivatore e, una volta estratto, sarà tutto in discesa».
«Non ci pensare nemmeno!» esclamò improvvisamente il Drow stringendo i pugni tanto da farli tremare dal nervoso e dall'impotenza «Non di nuovo!».
«In un certo qual senso e con logiche apparentemente contorte credo sia meglio così, compare. Ti chiedo di fidarti di me» disse l'altro tradendo un'emozione profonda.

Era così che quel mondo doveva precipitare?
Era così che quel mondo doveva finire?
Soffocato in una vita che si spegne ed assordato dal clangore delle armi che cozzavano senza sosta per volere di una donna e di un uomo che, accecati dalla brama di potere, non riuscivano tristemente a spingere il loro sguardo oltre il limitare dei loro piatti obiettivi?
E nel mentre l'inesorabile scacchiera del destino continuava a mietere pedoni, alfieri, torri e regine senza far distinzione di giocatori; quantunque un lato cercasse di prevalere sull'altro il destino bastardo riequilibrava i conti, infastidito dalla presunzione di poter cambiare qualcosa e ridendo di ogni futile tentativo.


«Sara!».
La giovane Angel alzò una barriera protettiva attorno a noi mentre il gruppo avverso di mercenari si preparava alla carica.
Non dobbiamo incrociare le armi! Non dobbiamo! Hanno tutto il diritto di volerci fuori dai piedi!
Allo stesso tempo Kary aveva richiamato a sé la bestia Rubino a supporto del gruppo.
Il mio sguardo incrociò rapidamente quello del pirocinetico che stava cercando di controllare il più possibile la potenza delle fiamme che scalpitava potente in lui ma un'altrettanto ferrea volontà, tirava le briglie di quel cavallo che, se lasciato senza freni, sarebbe stato fin troppo pericoloso. Un'idea mi balzò in capo.
«Nathan, alza un muro di fiamme» gridai.
«Vacci piano ragazzo» commentò lui divertito «Non sono mica un antivirus!» aggiunse poi con un occhiolino.
Il commento che seguì spassionato poco dopo mise pressa al ragazzo che obbedì in maniera piuttosto celere: una parete vermiglia costrinse i militanti a retrocedere, offrendoci allo stesso tempo una difesa quasi impenetrabile.
Ogni cosa decise di muoversi a rallentatore mentre i due mondi perdevano la loro osmosi, separandosi nuovamente: la vita di Pip andò lentamente prosciugandosi sotto gli occhi ametista del drow che a stento riuscì a sostenere quell'infame spettacolo, nonostante si trattasse nient'altro che di una copia.
Quello stillicidio pareva non avere mai fine. Pip si piegò inesorabilmente sulle ginocchia, incapace di sostenere il proprio peso mentre quell’infernale serratura di sicurezza consumava il suo corpo come se fosse una candela che lentamente si scioglie sotto una fiamma troppo calda. Drizzt corse in direzione del ragazzo che gli ricordava il suo compagno d’arme più fidato.
«Compare, smettila! Non c’e n’è bisogno! Da quello spiraglio possiamo farcela!» gli gridò con tutto il fiato che aveva nel petto. Per tutta risposta, il giovane dagli occhi azzurri strascicò qualche parola assieme ad uno sguardo intriso di una malinconia che oltrepassava i confini dell’oceano.
«Dovrete anche andarvene da qui. La porta non si apre se l’offerta non è stata conclusa».
Annaspò, cercando ti conservare qualche refolo di fiato.
«Ma è davvero necessario?!» urlò Drizzt mettendo la mano sulla spalla dell’amico. Della sua speculare immagine. Fu sufficiente l’ultimo sguardo rima che si spegnesse definitivamente. La porta si aprì, liberando il passaggio mentre un corpo freddo si riversava al suolo senza alcun palpito, senza un fremito, come un sacco vuoto. Non era sufficiente torturare il corpo: era la psiche il pilastro debole ed era quella che, una volta crollata avrebbe trascinato con sé inesorabilmente tutto il resto.
Vice afferrò con decisione il ninnolo, padre di tanta confusione sentendo tra le dita il potere e l’odio che quell’oggetto aveva recano con sé, l’ottusità che aveva risvegliato ed il sacrificio appena compiuto.
Per un solo istante si ebbe l’illusione di aver definitivamente fermato l’avanzata di Xavia.
Un’illusione, ecco che cosa sarebbe rimasta per ora.
«Bon» Nait spaccò il silenzio «A questo punto direi che ci siete. Non posso dire che è stato un piacere ma c’è di peggio».
Night non poté fare a meno di commentare «Direi che la simpatia è rimasta intatta nonostante il salto dimensionale».
«Il tempo è al limite. Per distruggere l’Attivatore sarà necessario colpirlo con una potenza almeno direttamente proporzionale al suo stesso potere». La voce di Calien pervase la sala con il classico tono atono e razionale che la distingueva.

L’esplosione che seguì, tinse di bianco l’ambiente confondendone i contorni.

Lentamente e ancora una volta provai quella strana sensazione del corpo che si dissolve, che evapora in un nugolo di frammenti cristallini.
E' così che ci si sente...
Due voci distinte mi permisero un ultimo attimo di distrazione in quel mondo che non sarebbe più stato riaperto.
«Tidus!»
«Commander Estheim!».
Ebbi solo un istante per voltarmi e vedere, quasi sfocate due figure: un giovane dai capelli chiarissimi in alta uniforme che stringeva a sé un bimbo di circa sette anni, probabilmente finito nella mischia quasi per caso, che piantò i suoi occhi color del mare nei miei, dello stesso colore. Era biondo come il grano e la sua espressione era incuriosita, quasi a voler raggiungere qualcosa che ormai aveva preso il volo; punto il suo ditino verso di me prima che potessi svanire del tutto e l'altro ragazzo fece lo stesso, sempre tenendolo tra le braccia.
Riconobbi l'espressione, la tenacia e non mi posi troppe domande sul perché lui fosse più grande di me.

Stai riuscendo a fare ciò in cui io ho miseramente fallito...grazie Hope.

Offtopic: per dissipare ogni dubbio: l'Attivatore è stato distrutto, il tempo concesso dagli Anziani è giunto al termine e i due mondi hanno perso la loro osmosi.
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