Missioni Garden [solo iscritti]

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Balthier91
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Messaggio da Balthier91 »

Ruben: Faremo del nostro meglio, è anche nel nostro interesse trovare una soluzione a questo problema, non lo è invece lasciare una compagnia in balia di una maledizione senza nè capo nè coda.
Pip: Almeno Dorian malato parlava poco.
Drizzt: :tots:
Balthier: Una domanda: ma se quel luogo è completamente privo di magia i nostri cristalli come faranno a funzionare?
Rosa Nera: Non funzioneranno, semplice.

Lo sguardi attoniti dei SeeD si incrociarono rapidamente. L'idea di doversi autogestire in un mondo completamente estraneo e potenzialmente esposto a qualsiasi rischio, senza l'ausilio di alcuna forma di magia e senza la minima cognizione di ciò che poteva capitare...Beh l'idea li lasciava vagamente perplessi.

Ruben: Ci muoveremo a piedi o con i mezzi che riusciremo a costruire con l'aiuto delle nostre sole forze fisiche, combatteremo come gli antichi soldati facevamo con spade, lance e qualsiasi forma di armi che non richiedevano l'intervento della magia. Ci difenderemo non con i Protect, ma con gli scudi o con la mera agilità.
Balthier: Devo imparare seriamente a combattere senza magia. :tots:
Pip: :sisi:
Drizzt: Come faremo però a tornare indietro una volta giunti a Eden?
Pip: E sopratutto se ci giungiamo a Eden prima che l'Ordine intervenga irrimediabilmente in questa vicenda.
Drago: L'unico consiglio che possiamo darvi è quello di immagazzinare più scorte possibili di energia in modo che, una volta approdati nell'universo parallelo, potrete ancora fare affidamento sulle scorte che vi sono rimaste. Dopodichè, non appena la vostra struttura segnalerà che siete in esaurimento, atterrerete in una zona sicura, o che riterrete tale, per poi cominciare a comportarvi come detto prima dal vostro compagno.

Ruben stava per intervenire, un boato terrificante scosse le pareti del luogo in cui si trovava il gruppo. Un urlo squarciante penetrò in tutti gli anfratti. Corsero indietro fino al luogo in cui aveva affrontato il secondo drago. Proprio questo giaceva a terra, il collo rigido e gli occhi sbarrati rivolti verso il buco dal quale era spuntato.
Un secondo boato rupe il silenzio che si era nuovamente formato. Cercarono di risalire velocemente in superficie, attraversando luoghi precedentemente visitati con l'aiuto di Drago e Rosa Nera. Da dietro, Piuma controllava attentamente che nessuno li seguisse e che tutti fossero al suo sicuro.
Aveva svolto egregiamente il suo compito.

Rosa Nera: Siete ormai arrivati. Da qui la strada la conoscete. Noi rimarremo qua.
Drago: Sorveglieremo come abbiamo fatto fino ad oggi questo luogo ed aspetteremo vostre notizie riguardo al raggiungimento di Eden. Riponiamo tutta la nostra fiducia in voi.
Rosa Nera: Ora andate, fate attenzione e siate rapidi. Quei rumori non sono promettenti.

Nessuno dei quattro riuscì a proferire parola, atterriti dal tremore precedentemente sentito.
Corsero il più velocemente possibile verso l'uscita, armi alla mano, pronti a fronteggiare qualsiasi ostacolo gli si fosse parato davanti.

...
Nulla
...

Balthier: Cosa caz-?
Ruben: Non è possibile.
Drizzt: Non me lo sono sognato!!!
Ruben: Ero convinto che l'Ordine fosse entrato in azione. Ne ero convinto...
Pip: Possibile che ci siamo immaginati tutto?
Balthier: Ma se anche Rosa Nera e Drago lo avevano sentito. Il drago atterrito penso fosse sufficientemente eloquente.

Codec:
Ruben: Tid! Mi senti?
Tidus: RUBEN!!! State bene?
Ruben: Noi sì, siamo riusciti ad uscire. Abbiamo parecchie informazioni. Ma cosa diavolo è successo?
Tidus: Cosa intendi?
Ruben: Abbiamo sentito un rumore allucinante dall'interno del santuario.
Tidus: Rumore? Santuario? Che stai dicendo Ruben?
Ruben: Non ci credo...
Tidus: Qui da noi non è giunto nulla. È saltata la corrente, tutti i meccanismi elettronici del Garden erano bloccati, ma nessun rumore sospetto.
Ruben: Capisco. Cioè...Non capisco, ma vi stiamo raggiungendo.


Missione conclusa
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Balthier91
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Messaggio da Balthier91 »

Esame Team Medico


Mi ritrovai catapultato nel casolare adibito ad infermeria. Sul lettino davanti a me giaceva Lenne, ancora sveglia ma in procinto di perdere i sensi.
Osservai il suo corpo lacerato dalle frustate che le erano state inferte durante la tortura, mentre i suoi compagni cercavano un modo di fuggire dalle prigioni.
Schiena, petto e gambe lacerate, il sangue non fuoriusciva più copiosamente, ma la carne viva era perfettamente visibile, l'intensità con cui era stata colpita era disumana, il soggetto in questione deve aver infierito senza alcun freno, godendo nel vedere il corpo nudo della ragazza contorcersi dalla sofferenza.
Polsi lividi, le catene con cui era stata legata per tenerla in posizione eretta e i movimenti innaturali a cui si sarà sottoposta per non cedere le avevano causato delle emorragie interne lungo la maggior parte dell'avambraccio.
Le spalle, sempre a causa della posizione in cui era rimasta bloccata durante la tortura, vedevano danneggiate le sue ossa. Riusciva a muoverle, ma il dolore provocato lasciava intendere una lesione non indifferente di diversi tessuti in quella zona.

Il camice bianco mi intimoriva non poco, non era facile trovarsi ad affrontare una situazione così d'emergenza senza alcun preavviso e senza essere effettivamente un membro del team.

Osservai nuovamente il corpo, il più attentamente possibile. Le braccia andavano immobilizzate per evitare movimenti strani e conseguenti peggioramenti, ma prima di poter fare ciò le lacerazioni sul suo corpo andavano curate, il sangue doveva essere fatto coagulare in modo che potessero cicatrizzarsi definitivamente senza infezioni. Per i polsi c'era poco da fare, una semplice pomata o simili a base di eparina sarebbe bastato a sciogliere il coagulo formatosi e fermare il dolore; il tempo avrebbe fatto il resto.

Lenne stava probabilmente dormendo, la stanchezza e il dolore l'avevano fatta crollare: meglio, questo mi avrebbe permesso di agire meno sotto pressione.
Le ferite più superficiali, si così potevano essere definite, sarebbero sparite con il tempo, effettuarvi sopra operazioni più particolari di una semplice applicazione di disinfettante avrebbero rischiato di provocarle ulteriore sofferenze. Non era necessario; fortunatamente il soggetto era sufficientemente resistente.
Per le ferite profonde la faccenda si complicava: andavano sì disinfettate ma bisognava ricucire tali squarci sulla pelle; non potevano essere lasciati così. L'assenza di qualsiasi strumento "professionale" rendeva impossibile agire diversamente un semplice e grezzo "ago e filo". Bisognava ricucire la ferita con l'ausilio di metodi primitivi: l'ago andava lavato più volte nella sostanza più simile al disinfettante che possedevano a Crilian e poi messo su una fiamma, più volte per renderlo effettivamente sterile.
Fortunatamente quello strumento era presente tra i vari attrezzi posseduti dagli abitanti del villaggio, altrimenti il tutto sarebbe risultato più complicato.
Il filo presente in infermeria non era dei migliori, il suo spessore era leggermente superiore a quello utilizzato normalmente, ma date le condizioni in cui verteva la situazione c'era poco da temporeggiare.

Macha e Paine osservavano le mie mosse senza intervenire e appuntandosi i vari comportamenti su un taccuino, pronte ad entrare in azione qualora ci fosse stato un enorme errore da parte mia.

L'intervento doveva cominciare, a quel punto non era più sufficiente "l'esperienza" che avevo accumulato nei miei anni di vita, servivano le capacità dei veri medici.
Le due ragazze mi aiutarono ad immobilizzare Lenne al lettino, non doveva esserle concesso alcun movimento durante l'operazione, un minimo errore avrebbe amplificato il dolore che già sicuramente le avrebbe causato l'intervento.

Paine si appostò a bordo della branda della giovane ferita, pronta ad intervenire. Macha aveva prefrito lasciare che fossi io ad effettuare la sterilizzazione degli strumenti dal momento che ero sotto esame, nonostante la situazione critica.

Presi il primo dei vari aghi che ci erano stati messi a disposizione dagli abitanti di Crilian. Bagnai l'ago nel liquido, dopo essermi assicurato di avere le mani pulite, e poi lo passai sopra la piccola fiamma che eravamo riusciti ad ottenere.
Paine cominciò il delicato intervento, andando a chiudere le svariate ferite di Lenne mentre io, concentrato, continuavo a sterilizzare tutti gli aghi in modo da poter evitare qualsiasi perdita di tempo.
Era difficile non farsi sopraffare dalle diverse sensazioni che potevano attanagliarmi in quel momento: paura e disgusto la facevano da padroni ma riuscii a mantenere sufficiente sangue freddo per poter terminare l'operazione.

Una volta che tutte le ferite furono ricucite posai tutti gli strumenti ed uscii dall'infermeria. Una sigaretta era l'unica cosa che sarebbe stata in grado di distendere i suoi nervi.
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Aura
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Messaggio da Aura »

Esame Team Medico


Esaminando: Aura Lundor
Paziente: Tidus Estheim

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Tocca a me.
I suoi passi presero coraggio ed indirizzarono Aura all’interno dell’edificio. Una volta entrata nella presunta “infermeria” il suo sguardo puntò su Paine e Macha. Entrambe tenevano in mano un taccuino ed una penna, pronte ad intervenire in caso si verificassero errori o problemi. Un respiro profondo, forse anche troppo, e poi la ragazza si diresse verso il suo paziente.
Tidus dormiva su di un lettino con il torace scoperto, tormentato di tanto in tanto da piccoli gemiti e smorfie di dolore. Evidentemente gli aguzzini non ci erano andati leggeri con lui. Aura gli accarezzò una guancia per cercare di rasserenargli il sonno, poi prese ad analizzare la situazione.
Il costato, il viso ed i polsi erano le zone da curare. La pelle sul petto presentava molti lividi, alcuni violacei, altri tendenti al verde o al marrone, segno che erano in procinto di guarigione. Vicino agli addominali c’erano varie escoriazioni ancora da pulire, mentre intorno ad esse piccole emorragie capillari interne segnavano i punti maggiormente colpiti.
Il viso non pareva messo meglio. Un po’ di sangue ornava le labbra ed il naso del ragazzo. Il gonfiore si era impadronito della guancia destra, mentre un livido violaceo percorreva la zona sottostante l’occhio sinistro.
Aura guardò prima le due dottoresse, poi il suo paziente. Infine cominciò a pensare alla diagnosi.

La ragazza, osservando le ferite, non poteva escludere il trauma toracico. Anche se non sembrano esserci tagli profondi, sintomi e segni evidenti, senza una radiografia nulla poteva essere escluso. Ma su Eden non avevano attrezzi del genere, perciò per prima cosa, l’esaminanda si occupò di pulire le ferite.
Si lavò accuratamente le mani più e più volte, così da evitare di infettare il malato. Riempì una ciotola d’acqua e prese un panno sterile fra gli attrezzi del medico. Passando molte volte e bagnando regolarmente, riuscì ad eliminare la sabbia entrata nelle escoriazioni sul torace mentre trasportavano Tidus al villaggio, poi passò al viso. Il sangue fu lavato via in un battibaleno. Alla fine disinfettò ben bene ogni tipo di taglio con il dovuto medicinale, non vi erano bisogno di punti o ricuciture vista la superficialità delle ferite. Per quelle bastava solamente aspettare che guarissero da sole.

Dopo la pulizia, Aura tornò ad esaminare il corpo. Il ragazzo non sembrava respirare a fatica, quindi era molto probabile che i polmoni non si siano contusi, nonostante il respiro sia più veloce. Stessa cosa valeva per il cuore: il battito cardiaco non presentava affaticamenti e non pareva aver rallentato o accelerato il ritmo. L’unica cosa che rimaneva da stabilire erano le possibili fratture delle costole.
Data l’impossibilità di utilizzare le macchine adatte per il riconoscimento delle fratture ossee, Aura dovette tastare il torace. Evitò di fare troppa pressione, perché se davvero si fosse trattato di frattura costale, poteva rischiare di bucare un organo interno. Ad una ad una passò in rassegna tutta la cassa toracica, trovando così il problema: una fra le due paia di coste fluttuanti parevano presentare una rottura.
La ragazza non perse tempo. Immobilizzò la testa ed il collo tramite un collare cervicale, per evitare che con il movimento i muscoli dell’addome si contrassero e peggiorassero il danno. Tuttavia non era consigliabile fasciare saldamente il torace, o Tidus avrebbe faticato a respirare, e di conseguenza ciò avrebbe portato alla lesione interna di un rene o del fegato. Decise quindi di utilizzare un bendaggio non troppo stretto, anche per evitare che le escoriazioni si infettassero o non guarissero a sufficienza. L’unica cosa che si poteva fare per le coste era attendere: intervenire avrebbe richiesto un’operazione chirurgica, e l’uso di gesso o comunque di un busto rigido avrebbe solo contribuito alla pessima guarigione.

Per quanto riguardava i lividi, sul viso si poteva benissimo applicare del ghiaccio, soprattutto sul gonfiore della guancia e vicino all’occhio. Quelli sul torace potevano anche esser messi a contatto con qualcosa di freddo, ma era meglio aspettare che prima quel paio di costole tornasse come minimo al suo posto. Bisognava solo stare attenti a nuove botte: per il resto Tidus avrebbe solo dovuto resistere al dolore dei giorni che seguiranno. Al massimo avrebbe usato degli antidolorifici.
Infine, Aura si soffermò sui polsi arrossati. Lo sfregamento delle funi aveva solamente sbucciato la pelle e provocato una leggera distorsione. Lì la ragazza si sentì di spalmare una pomata per l’arrossamento che, con il tempo, non sarebbe stata più necessaria.

Dopo aver completato l’operazione la Seed rivolse uno sguardo a Paine, come a chiederle se ciò che aveva fatto era abbastanza. Lei non proferì parola, né mostrò alcun segno di compiacimento. Semplicemente la invitò ad uscire dalla struttura per permettere all’ultimo esaminando di effettuare la sua prova.
La ragazza uscì e non appena ebbe varcato la soglia della porta tirò un lungo sospiro.
Fortuna che non dovevo essere nervosa.
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Ruben -.-
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Messaggio da Ruben -.- »

Esame Team Medico
La porta della capanna si spalancò d'improvviso. Regnava il disordine più totale, ma gli oggetti medici accatastati alla rinfusa potevano tornare utili. Balthier aiutò Ruben a portare Leon nella stanza. Non versava in buone condizioni.

Con un ampio gesto della mano Ruben rovesciò a terrà provette e ciotole varie, liberando quella che sembrava una lettiga. Sopra vi fu adagiato Leon. Aveva il respiro affannoso e quando l'aria veniva espirata si poteva udire un terribile rantolio di sottofondo.

"Bollite dell'acqua, tanta acqua. Ci servirà per sterilizzare gli strumenti e ripulire la ferita." La voce della dott.ssa era ferma e non tradiva emozione. La forza dell'abitudine forse.
Lenne rovistava tra gli scaffali nervosamente. Servivano bende, bisturi, strumenti per sutura e una eventuale anestesia. Sembrava esserci tutto.
Ruben intanto tastava il petto di Leon; era molto rigido, il che significava che la quantità di sangue all'interno era parecchio elevata. Paine lo fissò per un attimo.

"Vuoi farlo tu?"
Ruben si voltò sorpreso.
"E' un'operazione molto delicata. Sei sicura di volerti fidare di un novellino?" obiettò Ruben.
"Bè....si tratta di Leon. Non sarebbe comunque una grave perdita."

Pur se in condizioni pessime e in preda agli spasmi, anche Leon ridacchiò alla battuta. Passò qualche minuto e finalmente tutto fu pronto. L'anestesia rappresentava un bel problema; nonostante Leon continuasse a ripetere di poter essere operato anche da vigile, a Paine parve opportuno sfruttare il poco cloroformio ritrovato. Con il bisturi in mano, Ruben tremava impercettibilmente.

La porta si spalancò di nuovo, facendo sussultare il già abbastanza nervoso Ruben. Entrarono persone che solo in seguito vennero identificati come Cadetti. Non era però il momento di chiedersi perché fossero li. Una di loro, Macha, si avvicinò alla lettiga e prese ad osservare con aria interessata.

“Mano ferma e taglio netto appena sotto la quinta costola” raccomandò Paine.

Dal taglio fuoriuscivano abbondanti quantità di sangue che Lenne iniziò ad drenare. Quando ebbero una visuale limpida degli organi interni non fu difficile capire che una delle costole fratturate (erano almeno due) aveva perforato la pleura.

“Abbiamo un pneumotorace in corso e il polmone è collassato. Se non ci sbrighiamo rischia una crisi respiratoria” annunciò Ruben piuttosto preoccupato.
“Per non parlare del fatto che se il cuore si ferma, non abbiamo mezzi per farlo ripartire!” aggiunse Lenne.
“Mi serve l'ago più piccolo che riuscite a trovare. Devo sgonfiare la bolla d'aria tra le pareti pleuriche.”

Paine si fiondò tra gli scaffali in cerca di qualcosa di adatto. Dentro un cassetto rinvenne alcune siringhe in vetro. L'ago non era estraibile quindi ne ruppe una e ripulendo l'ago dai resti di vetro, lo sterilizzò con dell'acqua bollente e lo porse a Ruben.
Quest'ultimo fu rapido e preciso. Perforò la pleura quel tanto che bastava a far fuoriuscire l'aria. In poco tempo la pressione pleurica fu ristabilita e il polmone riprese le sue normali funzioni.

Non restava altro da fare che fermare l'emorragia cauterizzando i tessuti danneggiati e richiudere il tutto. Macha risultò essere un vero portento con i punti di sutura e appena ricucito il taglio, Paine provvide alla fasciatura del busto.
“Solo da sveglio sapremo se sopporterà di rimanere fasciato. Non tutti riescono a respirare correttamente” spiegò Paine.

La tensione per il difficile compito che avevano appena svolto stava scemando. Ruben osservava soddisfatto Leon sapendo che aveva fatto il possibile, che tutti avevano fatto il possibile. Ma Lenne che vigilava sul paziente, gemette improvvisamente facendo sussultare tutti i presenti in stanza.

“Non respira più! Ha una crisi cardiaca!!”

Scansando Paine, Ruben si precipitò alla lettiga. Controllò il respiro: assente. Niente polso. Niente battiti cardiaci. In assenza di un defibrillatore l'unica cosa da tentare era un massaggio cardiaco. Un pugno assestato al centro dello sterno poi … 15 massaggi e 2 insufflazioni, 15 massaggi e 2 insufflazioni …

Parecchi tentativi dopo, Lenne bloccò i gesti di Ruben scuotendo leggermente la testa con espressione indecifrabile. Quest'ultimo si allontanò arretrando.

“Bè...morto un pilota se ne fa un altro” esordì Paine.
“Sapete per caso se voleva essere cremato o seppellito o…" chiese Macha.

La porta si spalancò per la terza volta nell'arco di poche ore.

“Seppellito” confermò Nataa “con sette vergini tutte per lui” sogghignò.
“Ah…allora per me è troppo tardi” fece Paine contrita lanciando un'occhiata a Cek appena fuori dalla finestra.

Intanto Nataa si avvicinò a Ruben e lo baciò appassionatamente. Poi sussurrò “Ottimo lavoro. Sembrava proprio che ci stessi mettendo tutto te stesso.”
“Ma è così” rispose lui facendole l'occhiolino.

In quel momento Night sfrecciò all'interno della stanza. Piangeva disperato.

“NO!!! Non può essere!” gridò. “Lui non…non può essere morto!” I singhiozzi erano di sincero dispiacere. “Non ha fatto in tempo a … a darmi il suo libretto con tutte le ammiratrici!” disse cedendo infine a lacrime incontrollate.

Paine era appena uscita all'esterno della struttura per dare l'annuncio. Un urlo di giubilo si levò per tutto il campo e poco dopo la musica e l'allegrezza venivano profuse come droga ad un rave party.

Pip e Drizzt non la smettevano più di darsi il cinque.
Leon?
Tidus e Lenne cominciavano a litigare su chi avrebbe dovuto ereditare tutti i suoi giochi PSP.
Leon?!
In un impeto di gioia Holden faceva harakiri.
LEO!!





“Arghhhh!”
“Leo, stai bene? Sei madido di sudore e urlavi nel sonno.”

Ruben stava accanto alla sua lettiga nello stanzone della nave che era stato adibito a camerata. Lo guardava preoccupato.

“Tu!” esplose quello arretrando e rannicchiandosi nell'angolo più lontano del letto. “Tuuuuu! Assassino!” tuonò di nuovo. Ruben lo guardò stranito. “Io .. io lo so che cosa cerchi di fare! Vuoi ammazzarmi e fregarmi la donna!” continuò con un dito accusatore puntato sul povero Ruben.
“Io veramente ero sceso in coperta per dirti che…”
“Oh, oh! Si certo. Come no! <Era sceso in coperta per dirmi che...>. Stammi lontano o ti calcioruoto fuoribordo in un nanosecondo!” Ora si era alzato e guadagnava l'uscita girando alla larga da Ruben e mettendo fra se stesso e lui almeno due metri di spazio.

“Ti denuncio ad Otta! Ti denuncio all'ordine! Ti denuncio a Vykos! Io…non la passerai liscia!” concluse filando via dalla porta.

Ruben rimase immobile per qualche minuto cercando di capire, di darsi una spiegazione. Si grattava il mento come se servisse a trovare una ragione a quello strano comportamento. Alla fine si allontanò con una sola domanda in testa…

“Chi cavolo è Vykos???”
Chiedere scusa è un gesto che rafforza l'amicizia, chiarisce i dubbi,
è un rimedio contro l'odio, non è mai un segno di debolezza.
-
Romano Battaglia
Bloccato

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