Chi ha avuto modo di leggere i post dei due finalisti si sarà sicuramente reso conto dell'alto livello che entrambi hanno dimostrato, con dei post sicuramente scorrevoli e piacevoli alla lettura. Abbiamo considerato la validità delle argomentazioni addotte, la forma espositiva, la coerenza nelle affermazioni, nonchè l'originalità delle stesse. Entrambi sono stati molto capaci, ma uno lo è risultato più dell'altro
Vincitore del Contest C3, e di Final Fantasy VII: Crisis Core...
Jin Kazama !
Ovviamente chiunque può commentare i post dei due, sarebbe anzi davvero interessante intavolare una discussione a più mani sull'argomento
Riporto parte delle mie considerazioni personali, espresse nella discussione-inter-giurati.
La cosa che mi ha impressionata è che Jin è partito da ciò che fa l'uomo veramente tale, ossia la Ragione, e dal fatto che la ragione - se usata seriamente e fino in fondo - si scontra inevitabilmente con l'Ignoto, con ciò che ancora non conosce. E mentre Kana ha definito questa situazione *angosciante*, Jin ha sostenuto invece che questo è quello che fa grande l'uomo.
Questo secondo me è il punto forte, che Kana non è riuscita a smentire, limitandosi a sostenere che "ci sono tanti campi in cui usare la ragione" . Punto che Jin smonta ampiamente, vedasi parte conclusiva del suo secondo post, a partire dalla citazione di Kana sino alla fine.Jin Kazama ha scritto:"L'uomo ha il grande potere della ragione. Se non la usasse, se passasse la sua vita senza porsi delle domande, la sua sarebbe solo un'esistenza. Non sarebbe vita. E quali sono le domande che di più mettono a dura prova la sua ragione? Quelle che spingono verso l'Ignoto" [...] Grazie al solo dubbio dell'esistenza di un'Entità inarrivabile, l'uomo continua ad essere uomo; continua a farsi domande, continua a voler vivere."
Secondo me questa conclusione è stupenda, sia per gli argomenti usati, sia per l'esposizione formale.Jin Kazama ha scritto:E qui finisco di citare. Intendi a parte la ricerca dei perché? E quali sarebbero?Kana ha scritto:“l’uomo ha mille diversi ambiti in cui esercitare la propria ragione”
Che cosa farò domani? Devo uscire prima a compare il pane o ci passo più tardi visto che devo accompagnare mio figlio a scuola? Che cosa faccio stasera da mangiare? Chi vincerà il mondiale? Uscirà il tal decreto dal tal governo?
Sono queste le domande che si pone l’uomo per sentirsi la ragione realizzata? Ma parliamo di vita o di esistenza?
Se all’uomo bastasse esistere allora sì, quelle domande sarebbero sicuramente sufficienti. A quel punto, l’uomo si porrebbe solo questioni che influenzino solo la propria sopravvivenza e nient’altro, ma a quel punto la vita sarebbe vuota, proprio a causa del troppo che vive. Nessuno obbliga l’uomo a correre.
Il solo fatto che la durata dell’esistenza dell’uomo paragonata all’eternità sia il nulla, non vuol dire che l’uomo ha a disposizione troppo poco tempo per cercare la verità. Perché dopo di lui ci sono le generazioni successive e così via. Il ragionamento “non ho tempo di pensare a perché vivo, perché devo correre al supermercato” è lo stesso che potrebbe fare un animale pensando “non ho tempo di pensare a perché vivo, perché ho una sete da lupi e devo correre al fiume”. Il problema è che l’animale è giustificato a correre, perché non è abbastanza intelligente da porsi la domanda sul perché della sua esistenza. Ma l’uomo fortunatamente lo è. Ed è per questo che si deve soffermare, deve rallentare. Non può correre sempre, deve avere il buon senso di prendere il respiro e di cessare di esistere per trovare la forza di iniziare a vivere. Di smettere di comportarsi da animale e farsi quelle domande che lo fanno diventare uomo. Quelle domande ispirate solo dall’Ignoto. Senza di Esso, che esista o no, l’uomo esiste, non vive.