Cat sospirò dalla sua postazione alla Reception: non riusciva a concentrarsi sui registri delle presenze. Nessuno in quel posto sembrava in grado di ricordare qualcosa di così semplice come far scorrere una piccola tessera magnetica sull’ingrombrante lettore posto poco dopo l’ingresso di servizio e così doveva arrabattarsi, incrociando orari, tabelle e clienti.
“...Sorridi, gattina…” l’apostrofò uno dei tanti scagnozzi del Don, intento a osservare con aria interessata il culetto ondeggiante di un paio di Bees di passaggio, appoggiato languidamente al bancone “...le belle ragazze devono sorridere, altrimenti il mondo sarebbe un posto desolato peggio che qui negli Slums”.
Strinse le labbra, lasciandole cadere con una decisa piega verso il basso: “...La faccia è mia e sorrido quando mi pare” borbottò senza staccare gli occhi dal computer.
Ignorò i commenti che ne seguirono, cercando di far quadrare quell’ininterrotto flusso di persone e soldi che si muoveva all’interno dell’unico luogo di intrattenimento di quel posto desolato che erano proprio gli Slums.
Sbuffò: poteva prevedere un’ennesima nottata di straordinari in uno degli squallidi locali a fantasie animalier sopra la sua testa. Ovviamente liberati di scocciatori convinti che qualsiasi essere umano all’interno di quelle mura fosse lì a un solo e unico fine.
Mentre ragionava sulla sua triste sorte, improvvisamente la vista le venne meno, mentre un panno bagnato e umidiccio le veniva sbattuto sugli occhi, facendo colare quella che sembrava camomilla tiepida lungo le guance, per poi finire gocciolando sui documenti sotto le sue dita.
“Le si arrossano se resta troppo tempo a fissare quello schermo!” l’ammonì il signor Mukki, premendo la stoffa con forza contro i suoi bulbi oculari. “Deve fare una pausa, signorina Empitsu! E a questo proposito le abbiamo preparato un bel bagno termale rilassante dove ne approfitteremo per informarla sul prossimo Raduno della Fratellanza Perfect Body a Costa del Sol…”
Cercò di divincolarsi, sfuggendo alla presa ferrea e sgusciando di lato, il panno tiepido ancora appiccicato in una zona indistinta tra naso, occhi e fronte. Rimase per qualche secondo immobile, mentre un rivolo le si infilava nella scollatura e constatava lo stato pietoso dei suoi capelli: “...Sono ancora in turno, signor Mukki” soffiò col naso, appallottolando il maldestro tentativo di convincerla a infilarsi nuda nella stessa vasca popolata da una decina di omaccioni baffuti e muscolosi.
“...Non la toccheranno con un dito!” insistette, appoggiandole le manone perfettamente curate sulle spalle e giocherellando con le alucce da apina che le spuntavano dalla schiena. “Non mi consideri indelicato, ma davvero non sono interessati alle sue meravigliose…”
Si tappò le orecchie, strizzando gli occhi: “Ho capito, ho capito!” scosse il capo, tentando di riprendere in mano la situazione. “Ma io sono ancora in turno, devo finire della contabilità e…”
Il vociare e le grida di benvenuto all’ingresso la fecero scattare sull’attenti, salvandola da una lunga e inutile spiegazione: “...e ci sono altri clienti!”
Sgambettò nuovamente alla Reception, cercando di ravvivare quella specie di alga umidiccia che era diventata la sua frangia. Prese un respiro profondo e allargò il suo migliore sorriso falso davanti al cliente che aveva appena fatto la sua entrata.
“CATTY!”
Ebbe un sobbalzo, mentre il suo campo visivo veniva riempito dalla faccia ghignante di un certo Third-Class SOLDIER di sua - sfortunata - conoscenza.
“Mi avevano detto che eri finita qui a lavorare e così ho fatto una scommessa con Theo e mi sa che l’ho vinta io anche se lui era convintissimo che fossero solo brutte dicerie sul tuo conto perché se una ragazza sta al Wall Market non fa solo una cosa…” attaccò a raffica, sporgendosi verso di lei. “Ma costi molto…? Non vedo il tuo prezzo sulle bacheche…”
Cat alzò lo sguardo oltre la capigliatura ipercubica di Will, incrociando gli occhi di un severo impiegato in doppio petto, intento a fissarli annoiato. Il che avrebbe rispettato lo standard dell’Honey Bee Manor, se non fosse stato per il pupazzo a forma di gatto che teneva sottobraccio.
“...Scegli quella o quello che preferisci, paghi qui e aspetti il tuo turno” sospirò, ignorando la sequela di domande che stavano uscendo dalla bocca del SOLDIER davanti a lei. “C’è un altro cliente dietro di te”.
Un sorrisetto nervoso sostituì il suo ghigno e la voce si abbassò: “Sono qui a far da scorta proprio al cliente dietro di me… è un pezzo grosso della Shin-Ra, sai? E non è interessato a voi belle Bees, mi spiace”.
Lanciò una seconda occhiata a quel completo blu elettrico, per tornare a fare la parte della brava Receptionist di bordello: “...Quindi a cosa devo la visita?”
Il suo ciarliero interlocutore non potè rispondere, poiché uno strillo acutissimo riempì la stanza, mentre il Don si fiondava accanto a quell’impiegato, tutto salamecchi e inchini che Cat credette di avere un’allucinazione.
In un battito di ciglia, SOLDIER e impiegato erano scomparsi oltre il capannello di tirapiedi e Bees radunatosi per il trambusto, lasciando Cat sola.
Tornò ai suoi registri, cercando di isolare fuori dalla sua testa il cicalecchio eccitato per la visita di quello della Shin-Ra.
“...Tu stavi parlando con il SOLDIER. Anzi, sembra che tu lo conosca bene”.
Alzò il capo, incontrando gli occhi di un gruppetto di Bees che si erano accalcate attorno al bancone. Poteva ben immaginare cosa si aspettassero da lei, ovvero i sordidi particolari di come avesse conosciuto il suddetto SOLDIER. Carnalmente parlando.
“E voi non conoscete il contatore presenze. Mi fareste un favore se poteste infilarci quella tessera ogni volta che entrate e uscite da qui…” sospirò, mentre la sua richiesta veniva accolta da risatine. “Se non segna che avete lavorato, non vi pagano - e a voi non va di lavorare gratis, giusto?”
Si irrigidirono, sbattendo lentamente le palpebre e stringendo le boccuccie a cuore. Una di loro prese la parola, inondando la postazione di un profumo così dolciastro che le vennero le lacrime agli occhi: “...Inventa. O prevedile. Dicono che a volte ci azzecchi, puoi farlo anche con le presenze”.
“Si prevede il futuro, non il passato” ribattè piatta, attendendo che l’informazione arrivasse ai loro cervelli e venisse elaborata dopo aver attraversato tutti quegli strati di trucco.
Le testoline si mossero all’unisono, annuendo.
“...Allora puoi prevedere i turni, no? Quelli sono nel futuro”.
La conversazione avrebbe potuto prendere una piega ancora più surreale, se in quel momento Cat non si fosse accorta di come mancassero pochi minuti alla fine del suo turno.
Decise che per quel giorno ne avesse avuto abbastanza. Altro che straordinari non pagati da trascorrere su un divanetto di indubbio gusto e pulizia: sarebbe tornata alla sua stanzetta spoglia in un punto sperduto degli Slums senza farsi troppe remore sul lavoro da terminare.
Si levò dalla testa quel ridicolo cerchietto con le sue antennine ballonzolanti, girando i tacchi e salutando pigramente il gruppetto di Bees: “Vedrò di provarci… ma se poi dovrete campare di mance, non prendetevela con me”.
Ignorò le lamentele che si levarono alle sue spalle, infilando lo stretto corridoio che portava agli spogliatoi.
Nella luce tremolante di quella stanzetta, si sedette su uno deglisgabellini malridotti che davano sulle specchiere imbrattate di polvere di cipria e gocce di profumo, fissando con sguardo vacuo il suo riflesso.
Il Don era stato piuttosto orgoglioso di sè quando, alla sua richiesta di poter indossare almeno una camicetta sopra di quella specie di costume da bagno di pessimo gusto, le aveva fatto recapitare polsini e colletto. Senza la camicia, ovviamente.
Slacciò i bottoni con cui ogni giorno li assicurava a collo e polsi, appoggiandoli alla consolle davanti a lei: senza quegli orpelli, era proprio una Bees come tutte le altre.
“...Patetica” mormorò a fior di labbra, rimettendosi in piedi con un colpo di talloni per cercare i suoi vestiti, che sostituì soddisfatta a quella che era la sua divisa quotidiana. In futuro, non le sarebbe dispiaciuto sostiuirla con un tallieur e una vera camicia.
Radunate le sue poche cose, infilò in silenzio la porta di servizio dell’Honey Bee Manor e se la chiuse alle spalle con un tonfo sordo. Tirò un sospiro di sollievo, riempendosi i polmoni dell’aria malsana del Wall Market.
“...Allora eri proprio qui…”
La voce di Theo la fece sobbalzare, immobilizzandola nella sua posizione, mentre stringeva al petto la borsa e allungava le dita sullo spray al peperoncino.
“...Ho ricevuto un messaggio sul PHS su una scommessa che avrei perso, ma ti posso giurare, Cat, che non ho mai fatto niente del genere” iniziò a giustificarsi, prima ancora che potesse aprire bocca, tormentandosi il berretto che teneva in mano. “Posso offrirti qualcosa da mangiare…?”
Rimase sovrappensiero, cercando di collegare gli eventi che si erano susseguiti dallo sfortunato incontro con un certo SOLDIER a quel momento. E si rese conto di avere fame.
“...Volentieri” gli sorrise, avvicinandosi e lasciando la presa dallo spray.
Attorno a loro, il Wall Mart si popolava della consueta clientela in attesa di rincasare in un qualsiasi buco deprimente degli Slums: la sera stava probabilmente calando anche sulla Midgar sopra il Plate.
Cat si trovò a cercare di capire se oltre quella coltre di cemento parecchi metri sopra la sua testa ci fosse stato effettivamente un sole a segnare lo scorrere del tempo: il buio degli Slums non offriva che impercettibili variazioni nella sua oscurità. Fu solo in quel momento che si ricordò di qualcosa di fondamentale che segnava il suo tempo.
“...Aspetta!” escamò, interrompendo il trotterellare di Theo, fermandosi a sua volta e facendo dietro-front.
Tornò sui suoi passi, fino all’entrata di servizio dell’Honey Bee Manor dove, con una smorfia soddisfatta, estrasse la tessera e la infilò nel contatore presenze: la sua giornata era finalmente conclusa.
Spoiler
E comunque SI. Faceva davvero la Receptionist all'Honey Bee Manor (ma tutti possono benissimo continuare a non crederle).