Rapporti interpersonali: la materia fondante
Inviato: 01 ott 2013, 22:59
Rendiamo immediatamente il topic a prova di banalità: è probabile che pensiate che Einstein sia un "genio", Napoleone un "grande stratega", Pitagora un "grande matematico" e quant'altro. Non considerate questi esseri umani caratterizzati dagli stessi elementi primi delle persone con cui vi relazionate: di essi è importante soltanto il loro prodotto. In generale non vi relazionate con i vostri amici pensando che essi si identifichino in ciò che hanno scritto o detto.
Detto ciò, inquadriamo immediatamente la questione in maniera tale che non ci siano fraintendimenti.
Definendo il rapporto il modo in cui interagiamo senza rimuginare con qualcuno:
Cosa pensate che il vostro inconscio prenda in considerazione, quando sviluppate un rapporto con altre persone?
La domanda è effettivamente di estrema complessità, in quanto la simbologia di una relazione interumana è ricca e soggettiva. Definisco quindi ancora meglio il problema:
E' possibile che il nostro inconscio prenda in considerazione dati esterni all'atteggiamento delle persone per creare il rapporto interpersonale? In breve, prende pure dettagli come l'intelletto, la nazionalità, la morale, gli interessi, il modo l'altro in cui parla o infine pregiudizi? Se sì, quali?Se è vero, quali sono i dati di maggiore importanza?Cambia da caso a caso? Perché? Quali sono i casi più autentici? E' possibile che il modo in cui il cervello ragiona interferisca con la realtà dell'inconscio?
Prima di continuare, troviamo un altro motivo per cui il topic non è banale: caso ARCI Manciano.
Qui, nel mio paese, è successa la seguente cosa. Una persona a me cara ha litigato coi membri del circolo ARCI locale, perché non condivideva le loro idee. Che frase si è beccata?
"Ti vogliamo bene comunque"
Come se il volere bene ( parte integrante del rapporto sociale ) interferisse con le ideologie di una persona. Per quelli dell'ARCI evidentemente funziona così.
Io dirò la mia esperienza: fino a poco tempo fa non riuscivo concettualmente ( non certo inconsciamente, quello sì ) a "volere bene" a persone che non consideravo "intelligenti". Che vuol dire "intelligenti"? Eh, complicato da spiegare, ma dovevo verificare che la persona in questione possedesse una qualche capacità prima di interagirci e al contempo stare a posto con la coscienza. Che fosse pure il saper... fare la guida scout.
Tuttavia questo pensiero "logico" ( dovuto alla mia storia personale ) cozzava con le necessità del mio inconscio. Ho fatto amicizia con persone che reputavo assolutamente prive di qualsivoglia capacità, a Roma per esempio. Perché? Perché in quei casi il mio inconscio ha messo davanti una cosa all'intelletto: la similitudine caratteriale.
Nonostante non potessi parlare di niente con queste persone, se non dei miei problemi personali, io e loro ci rapportavamo in modi simili col mondo e allora si stava allegramente in sintonia. Normale, insomma.
Quindi cosa concludo, da questa esperienza? Che il mio inconscio vede prima la similitudine caratteriale e poi l'intelletto puro in un rapporto interpersonale proficuo. Gli interessi diversi, il fatto che queste fossero di Roma e non del mio paese eccetera non hanno influito negativamente sul rapporto.
Se osservo inoltre gli altri rapporti che ho avuto a Roma, essi si sono sviluppati esclusivamente quando gli atteggiamenti miei e degli altri sono risultati complementari e allo stesso tempo gli altri non mi sono sembrati degli stramboidi. Nonostante abbia fatto amicizia anche con persone che consideravo "piene di abilità", tale fattore era in realtà per il mio inconscio ininfluente, perché molte persone comunque piene di abilità che avevo incontrato avevano altre incompatibilità caratteriali con me ( una era impositiva e schizzata, per esempio ) e sono state escluse subito dalla mia cerchia di conoscenze.
Dove voglio arrivare con questo discorso.
Voglio arrivare a dire, per prima cosa, che noi in realtà non ammiriamo affatto gli autori di un'opera che ci piace, ma semplicemente amiamo l'opera. Non è che se Calvino ha scritto l'interessante Se una notte d'inverno un viaggiatore egli automaticamente diventa interessante; no no. La schizzata impositiva che dicevo prima ha scritto una storia di mafia carina in cui si parlava di ingiustizie subite da chi non collaborava con la stessa. Ma in quella storia di mafia non c'era traccia, la minima traccia, della persona che avevo conosciuto, Erano due cose così lontane! Basti pensare che lei spacciava droga..
In secundis, più in generale, esiste l'essenza delle persone e poi c'è tutto il contorno, che non ne fa parte. I pezzi musicali che io produco, i voti agli esami universitari che io prendo, il modo in cui io decoro la mia camera da letto, il mio accento toscano, le parole che io uso non sono parte di me.
Io sono, per il vostro inconscio, secondo la mia ipotesi, la mia essenza caratteriale di atteggiamenti e reazioni, il modo in cui affronto la vita e le relazioni interpersonali, la mia sessualità e poco più. E' da questa e solo da questa, secondo me, che possono nascere legami autentici.
Gli interessi comuni, per me, sono un mezzo per amplificare la compatibilità caratteriale.
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Approfondimento
Sopra mi sono limitato a cercare la materia fondante di un rapporto interpersonale autentico, limitandomi a mostrare che a mio parere un rapporto interpersonale efficace non può basarsi su cose del tipo: interessi comuni, affinità intellettuale, stima per qualcosa che uno dice o fa eccetera.
Tuttavia, affermare questo risulta piuttosto superficiale: non tutti i rapporti che abbiamo con le persone hanno gli stessi propositi. Ci sono rapporti estimativi, quelli in cui cerchiamo un esempio da seguire praticamente, rapporti di collaborazione, il cui lo scopo è ottenere con l'aiuto reciproco un risultato in un certo ambito, rapporti di rivalità, che sono improntati sulla competizione con un altro individuo, infine abbiamo rapporti dove la sessualità dell'altro entra in gioco che sono tuttavia molto complessi da trattare.
Ripropongo quindi la domanda: L'importanza di certe caratteristiche della persona cambia da caso a caso?. Beh, vediamo.
Supponiamo che possa esistere la competizione reiterata con un individuo che non ha nessuna affinità caratteriale con noi. Riflettiamo bene e vediamo se e quante ne esistono.
Io, pensando, ho trovato i nomi dei tipi che in università prendono costantemente 30. Con quei tipi ho sviluppato un vigoroso desiderio di competizione.
Ma la maggior parte delle persone con cui rivaleggio sono persone in primo luogo disposte ad ascoltarmi, che tengono in considerazione ciò che dico e mi propongono con fervore le loro idee. Perché la competizione sia serrata ed io effettivamente mi impegni in essa deve esistere una certa affinità caratteriale di base, fatta di interesse e ascolto reciproco ( nel mio caso ). Di esempi ce n'è a bizzeffe: molte persone di questo forum, per esempio, o le poche persone con cui ho fatto amicizia alla Sapienza.
Per quanto riguarda i rapporti di collaborazione, nel mio caso sono strettamente legati alla sessualità: tendo a conciliarmi molto bene con le donne, molto meno con gli uomini con cui tendo invece a scontrarmi frequentemente. In questo caso la base è dunque la sessualità, oltre ovviamente ad una visione simile del mondo che mi porta ad avere desideri simili e alla collaborazione.
Per quanto riguarda i rapporti di stima a mio parere sono una corruzione di rapporti autentici, dove avviene una metonimia fra oggetto prodotto e persona. Ho già argomentato in proposito ma lo faccio nuovamente perché la considero una cosa importante: mi sembra che questa metonimia la facciano tutti e con grande frequenza, anch'io la facevo finché non mi ha fatto stare estremamente male.
A conferma di questo propongo la pagina di Wikipedia
https://it.wikipedia.org/wiki/Metonimia
Che propongo di leggere pure a chi trova la mia argomentazione "denaro=/=oggetti" banale. Il vostro cervello ragiona anche con le metonimie ragazzi miei! Ma si tratta di ragionamenti errati.
Se ad esempio io conoscessi il matematico Scipione dal Ferro, che ha scoperto la prima soluzione completa all'equazione di terzo grado *_*, mi ci incazzerei a bestia perché si rifiutava di renderla pubblica e l'ha trasmessa solo ad un suo discepolo. Come persona mi potrebbe anche stare un tantino sulle palle e il mio rapporto interpersonale con lui si baserebbe su questo mio sentimento, non certo sul fatto che ha scoperto una soluzione a quell'equazione. Se poi di soluzione ne trovassi pure una io, cosa rimarrebbe pure di questo briciolo di rapporto? Nulla. E' un rapporto che si basa sulla quantità di concetti o sapere che un altro possiede: se questi si esauriscono il rapporto pure finisce.
La stima reale, a mio parere, viene da una conciliazione fra visioni del mondo. Se una persona vede le cose in maniera che si avvicina alla nostra, dà peso a ciò a cui diamo peso noi, assume atteggiamenti nei confronti degli altri che noi condividiamo eccetera allora tendiamo a stimarla durevolmente, non perché tale persona è riuscita in una qualunque impresa ardua ( che può portare ad una stima non autentica e non durevole ). Ad esempio non stimo Usain Bolt, non vedo perché dovrei.
Quindi concludo che la sessualità ( che nel mio caso addolcisce i rapporti ), il desiderio da parte dell'altro di ascoltare, un certo grado di umiltà, un'unione di intenti e una similitudine di visioni del mondo che può mascherarsi sotto il nome di interesse comune sono cose senza le quali nessun rapporto durevole può crearsi effettivamente.
Detto ciò, inquadriamo immediatamente la questione in maniera tale che non ci siano fraintendimenti.
Definendo il rapporto il modo in cui interagiamo senza rimuginare con qualcuno:
Cosa pensate che il vostro inconscio prenda in considerazione, quando sviluppate un rapporto con altre persone?
La domanda è effettivamente di estrema complessità, in quanto la simbologia di una relazione interumana è ricca e soggettiva. Definisco quindi ancora meglio il problema:
E' possibile che il nostro inconscio prenda in considerazione dati esterni all'atteggiamento delle persone per creare il rapporto interpersonale? In breve, prende pure dettagli come l'intelletto, la nazionalità, la morale, gli interessi, il modo l'altro in cui parla o infine pregiudizi? Se sì, quali?Se è vero, quali sono i dati di maggiore importanza?Cambia da caso a caso? Perché? Quali sono i casi più autentici? E' possibile che il modo in cui il cervello ragiona interferisca con la realtà dell'inconscio?
Prima di continuare, troviamo un altro motivo per cui il topic non è banale: caso ARCI Manciano.
Qui, nel mio paese, è successa la seguente cosa. Una persona a me cara ha litigato coi membri del circolo ARCI locale, perché non condivideva le loro idee. Che frase si è beccata?
"Ti vogliamo bene comunque"
Come se il volere bene ( parte integrante del rapporto sociale ) interferisse con le ideologie di una persona. Per quelli dell'ARCI evidentemente funziona così.
Io dirò la mia esperienza: fino a poco tempo fa non riuscivo concettualmente ( non certo inconsciamente, quello sì ) a "volere bene" a persone che non consideravo "intelligenti". Che vuol dire "intelligenti"? Eh, complicato da spiegare, ma dovevo verificare che la persona in questione possedesse una qualche capacità prima di interagirci e al contempo stare a posto con la coscienza. Che fosse pure il saper... fare la guida scout.
Tuttavia questo pensiero "logico" ( dovuto alla mia storia personale ) cozzava con le necessità del mio inconscio. Ho fatto amicizia con persone che reputavo assolutamente prive di qualsivoglia capacità, a Roma per esempio. Perché? Perché in quei casi il mio inconscio ha messo davanti una cosa all'intelletto: la similitudine caratteriale.
Nonostante non potessi parlare di niente con queste persone, se non dei miei problemi personali, io e loro ci rapportavamo in modi simili col mondo e allora si stava allegramente in sintonia. Normale, insomma.
Quindi cosa concludo, da questa esperienza? Che il mio inconscio vede prima la similitudine caratteriale e poi l'intelletto puro in un rapporto interpersonale proficuo. Gli interessi diversi, il fatto che queste fossero di Roma e non del mio paese eccetera non hanno influito negativamente sul rapporto.
Se osservo inoltre gli altri rapporti che ho avuto a Roma, essi si sono sviluppati esclusivamente quando gli atteggiamenti miei e degli altri sono risultati complementari e allo stesso tempo gli altri non mi sono sembrati degli stramboidi. Nonostante abbia fatto amicizia anche con persone che consideravo "piene di abilità", tale fattore era in realtà per il mio inconscio ininfluente, perché molte persone comunque piene di abilità che avevo incontrato avevano altre incompatibilità caratteriali con me ( una era impositiva e schizzata, per esempio ) e sono state escluse subito dalla mia cerchia di conoscenze.
Dove voglio arrivare con questo discorso.
Voglio arrivare a dire, per prima cosa, che noi in realtà non ammiriamo affatto gli autori di un'opera che ci piace, ma semplicemente amiamo l'opera. Non è che se Calvino ha scritto l'interessante Se una notte d'inverno un viaggiatore egli automaticamente diventa interessante; no no. La schizzata impositiva che dicevo prima ha scritto una storia di mafia carina in cui si parlava di ingiustizie subite da chi non collaborava con la stessa. Ma in quella storia di mafia non c'era traccia, la minima traccia, della persona che avevo conosciuto, Erano due cose così lontane! Basti pensare che lei spacciava droga..
In secundis, più in generale, esiste l'essenza delle persone e poi c'è tutto il contorno, che non ne fa parte. I pezzi musicali che io produco, i voti agli esami universitari che io prendo, il modo in cui io decoro la mia camera da letto, il mio accento toscano, le parole che io uso non sono parte di me.
Io sono, per il vostro inconscio, secondo la mia ipotesi, la mia essenza caratteriale di atteggiamenti e reazioni, il modo in cui affronto la vita e le relazioni interpersonali, la mia sessualità e poco più. E' da questa e solo da questa, secondo me, che possono nascere legami autentici.
Gli interessi comuni, per me, sono un mezzo per amplificare la compatibilità caratteriale.
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Approfondimento
Sopra mi sono limitato a cercare la materia fondante di un rapporto interpersonale autentico, limitandomi a mostrare che a mio parere un rapporto interpersonale efficace non può basarsi su cose del tipo: interessi comuni, affinità intellettuale, stima per qualcosa che uno dice o fa eccetera.
Tuttavia, affermare questo risulta piuttosto superficiale: non tutti i rapporti che abbiamo con le persone hanno gli stessi propositi. Ci sono rapporti estimativi, quelli in cui cerchiamo un esempio da seguire praticamente, rapporti di collaborazione, il cui lo scopo è ottenere con l'aiuto reciproco un risultato in un certo ambito, rapporti di rivalità, che sono improntati sulla competizione con un altro individuo, infine abbiamo rapporti dove la sessualità dell'altro entra in gioco che sono tuttavia molto complessi da trattare.
Ripropongo quindi la domanda: L'importanza di certe caratteristiche della persona cambia da caso a caso?. Beh, vediamo.
Supponiamo che possa esistere la competizione reiterata con un individuo che non ha nessuna affinità caratteriale con noi. Riflettiamo bene e vediamo se e quante ne esistono.
Io, pensando, ho trovato i nomi dei tipi che in università prendono costantemente 30. Con quei tipi ho sviluppato un vigoroso desiderio di competizione.
Ma la maggior parte delle persone con cui rivaleggio sono persone in primo luogo disposte ad ascoltarmi, che tengono in considerazione ciò che dico e mi propongono con fervore le loro idee. Perché la competizione sia serrata ed io effettivamente mi impegni in essa deve esistere una certa affinità caratteriale di base, fatta di interesse e ascolto reciproco ( nel mio caso ). Di esempi ce n'è a bizzeffe: molte persone di questo forum, per esempio, o le poche persone con cui ho fatto amicizia alla Sapienza.
Per quanto riguarda i rapporti di collaborazione, nel mio caso sono strettamente legati alla sessualità: tendo a conciliarmi molto bene con le donne, molto meno con gli uomini con cui tendo invece a scontrarmi frequentemente. In questo caso la base è dunque la sessualità, oltre ovviamente ad una visione simile del mondo che mi porta ad avere desideri simili e alla collaborazione.
Per quanto riguarda i rapporti di stima a mio parere sono una corruzione di rapporti autentici, dove avviene una metonimia fra oggetto prodotto e persona. Ho già argomentato in proposito ma lo faccio nuovamente perché la considero una cosa importante: mi sembra che questa metonimia la facciano tutti e con grande frequenza, anch'io la facevo finché non mi ha fatto stare estremamente male.
A conferma di questo propongo la pagina di Wikipedia
https://it.wikipedia.org/wiki/Metonimia
Che propongo di leggere pure a chi trova la mia argomentazione "denaro=/=oggetti" banale. Il vostro cervello ragiona anche con le metonimie ragazzi miei! Ma si tratta di ragionamenti errati.
Se ad esempio io conoscessi il matematico Scipione dal Ferro, che ha scoperto la prima soluzione completa all'equazione di terzo grado *_*, mi ci incazzerei a bestia perché si rifiutava di renderla pubblica e l'ha trasmessa solo ad un suo discepolo. Come persona mi potrebbe anche stare un tantino sulle palle e il mio rapporto interpersonale con lui si baserebbe su questo mio sentimento, non certo sul fatto che ha scoperto una soluzione a quell'equazione. Se poi di soluzione ne trovassi pure una io, cosa rimarrebbe pure di questo briciolo di rapporto? Nulla. E' un rapporto che si basa sulla quantità di concetti o sapere che un altro possiede: se questi si esauriscono il rapporto pure finisce.
La stima reale, a mio parere, viene da una conciliazione fra visioni del mondo. Se una persona vede le cose in maniera che si avvicina alla nostra, dà peso a ciò a cui diamo peso noi, assume atteggiamenti nei confronti degli altri che noi condividiamo eccetera allora tendiamo a stimarla durevolmente, non perché tale persona è riuscita in una qualunque impresa ardua ( che può portare ad una stima non autentica e non durevole ). Ad esempio non stimo Usain Bolt, non vedo perché dovrei.
Quindi concludo che la sessualità ( che nel mio caso addolcisce i rapporti ), il desiderio da parte dell'altro di ascoltare, un certo grado di umiltà, un'unione di intenti e una similitudine di visioni del mondo che può mascherarsi sotto il nome di interesse comune sono cose senza le quali nessun rapporto durevole può crearsi effettivamente.