Hydra ha scritto:
Questa frase non ha senso.
Chi è tornato dall'aldilà per dirci se c'è qualcosa? Qualcuno sostiene di essere stato nell'aldilà e di essere tornato ma non viene creduto.
Ti piacerebbe! A tutti piacciono le favole...
Come può qualcuno tornare dall'aldilà per "dire" se per parlare serve la lingua, varie terminazioni nervose e il sistema nervoso centrale, se chi è morto è solo uno scheletro se non meno?
La cosa assurda per me è che si possa seriamente credere a cose come questa, che non hanno alcun senso.
Hydra ha scritto:
Ergo: nessuno sa se dopo la morte c'è qualcosa, quindi sostenere che "quando muore il cervello tu non esisti più" lascia il tempo che trova perché è "vera" quanto lo è la sua frase opposta che "dopo la morte del corpo c'è ancora vita".
La cosa buffa è che se qualcuno, appunto, torna non viene creduto. Quindi, di fatto, la cosa è irrisolvibile.
Che ci dev'essere dopo la morte? Il solo sonno è sufficiente a privarci della coscienza, figurati l'assenza di tutte le funzioni neurologiche...
Hydra ha scritto:
Ecco perché c'è la fede. La possibilità di credere senza certezze che è la stessa identica, e lo ribadisco, della fede nella scienza.
Tanti dicono "ho fiducia nella scienza". Fiducia, quindi fede.
Perché la scienza non è perfetta (infatti a volte si contraddice) e non è perfetto chi la pratica. Quindi ci si affida ad essa come chi si affida ad una divinità (qualsiasi nome abbia).
Se ci fai caso io non ho citato quasi mai, forse una sola volta, la parola "scienza" per sostenere le mie tesi perché a me non interessa del contrasto religione-scienza. A me interessa il contrasto "sostenere posizioni insensate e prive di fondamento"-"sostenere posizioni basate su fatti verificati migliaia di volte".
Non ho fede cieca nella scienza, difatti non credo al Big Bang ad esempio, perché i dati a sostegno di una tesi tanto universale non li reputo sufficienti.
Hydra ha scritto:
Quello che non capisco è questo fanatismo in ambo le direzioni. Scienza e fede possono convivere con equilibrio, compensarsi ed aiutarsi. L'una arriva dove non arriva l'altra. Per me fanno parte di un tutt'uno.
Non importa in cosa una persona crede. Per me quando scarta tutto un mondo a favore di un altro, sbaglia.
Ovviamente è un parere personale, ma negare indiscutibilmente e - spesso - in modo quasi meccanico una cosa, una frase, un'esperienza altrui è voler restare ancorati al proprio "credo", senza porsi neppure nel minimo dubbio è sbagliato.
Quale fanatismo? A me non interessa se a sostenere una posizione è la scienza o la fede se tale posizione ha un minimo di fondamento. Generalmente però la fede comporta numerose contraddizioni ed assunzioni assiomatiche e la scienza molte meno in proporzione [non zero], anche se tale proporzione dipende strettamente dalla disciplina scientifica presa in esame. Per esempio la psicologia è una scienza che reputo piuttosto confusa.
Secondo me le favole che ci si racconta per vedere la morte come un "passaggio" non sono tanto derivate dalla religione quanto dalla volontà di una persona di illudersi di rivedere i suoi cari. La religione è un mezzo per sostenere queste ipotesi infondate dettate da necessità affettive.
Hydra ha scritto:
A volte penso che siano gli atei ad essere più vincolati dai dogmi. Non li approvano, quindi stop! Fatta, tutto finisce che in essi non c'è nulla di vero.
Chi "crede" ha tanti modi di farlo, con diverse intensità, credendo a dei diversi. Persone con percorsi più o meno tortuosi. Ma per chi non crede, sembra che il modo di "credere" sia uno.
Fiscali e scientifici anche lì. Ma le cose non stanno così.
Effettivamente è molto difficile capire quale sia la differenza fra vari "modi" di credere per un ateo visto che, escludendo alcuni valori propugnati e alcuni modi di agire positivi che sono tradizionalmente vincolati alla fede, non si fa quasi altro che sostenere cose che mancano di una logica anche minima [specialmente quando si parla di metafisica], quindi sembra tutto un unico minestrone.
Immagino che chi è interno al meccanismo della fede sia in grado di fare più distinzioni, così come chiunque coltivi uno specifico interesse sarà in grado di fare più discriminanti all'interno di quell'interesse.
Hydra ha scritto:
E comunque, chi crede nella scienza e chi crede in Dio hanno comunque il diritto di essere considerati con rispetto.
Ma a volte vedo astio ed intolleranza da ambo le parti. Segno che a prescindere dal credo, ambo le parti non prendono ciò che di buono gli viene dal proprio né da quello altrui.
Quando impareremo che "pace e rispetto" è meglio? Né la scienza vera né la religione vera insegnano ad odiare, a non rispettarsi e a prevaricarsi.
E' vero, io non provo molto rispetto nei confronti delle posizioni religiose [nel caso si disquisisca di metafisica], e provo anche un forte astio contro di esse. Però, attenzione, io rispetto sempre e comunque le
persone quale che sia il credo.
Per me le posizioni religiose in sé [in ambito metafisico] non meritano rispetto, perché si tratta solo di credenze arcaiche anacronistiche che frenano l'avanzare dello sviluppo della nostra specie, almeno quando esse sono sostenuto a guisa di vessillo di verità ipotetica.
Se qualcuno mi dicesse che si racconta queste storie [tipo, l'anima è immortale] perché è un suo modo personale per sopportare grandi dolori, senza che tale persona ipotizzi che le sue posizioni possano avere una verità al di fuori del suo universo individuale, potrei rispettare anche le sue posizioni, perché ciascuno di noi ha il diritto di esercitare la sua volontà nella sfera strettamente privata.
Nel momento in cui si passa dall'universo individuale a quello pubblico, non si può più sostenere qualcosa come vero senza portare delle tesi sostenibili, comprensibili ed inconfutabili [ o difficilmente confutabili ], per cui non credo che la religione [in ambito metafisico ] dovrebbe avere un riflesso sociale tanto ampio [ragionevolmente, dovrebbe essere al più familiare e amicale] perché così la gente si convince, senza uno straccio di indizio, che le storie che si racconta per tollerare profondi traumi siano verità al di là del semplice bisogno di sentirsi bene.
Facciamo un esempio: io, morta mia nonna Boemia, posso convincermi che un giorno fra milioni di anni la sua coscienza potrebbe ricostituirsi in un altro essere vivente, perché comunque non è un evento impossibile. Io sono perfettamente cosciente che questa cosa è molto molto improbabile, però pensarlo mi fa stare molto meglio.
Non mi metto però a dire ad altri che questo mio pensiero corrisponde o può ragionevolmente corrispondere alla realtà; esso fa parte del mio intimo e lo rievoco per il solo scopo di non affogare nella mestizia e nel terrore.
Pubblicamente, credo che tale pensiero sia una cazzata e che la morte vada impedita.
Burbank ha scritto:
Non è necessariamente così, e non volevo fare un ipse dixit: volevo far riflettere che, se uomini molto più illustri di me, di te ecc. hanno trattato di quelle cose, sarebbe lecito farsi venire qualche dubbio. Ma siete liberi di scartare aprioristicamente qualsiasi possibilità che non vi cada direttamente sotto il naso, più di così altro che evidenza XD Le discussioni sono inutili di fronte a chi voglia ammettere solo le prove conformi al suo modo di pensare.
E' questo l'Ipse dixit: se un uomo è illustre ha certamente ragione.
Non voglio togliere merito a persone di rispettabile intelletto; bisogna sottolineare tuttavia che questi uomini sono vissuti secoli fa, e buona parte delle loro asserzioni si è rivelata infondata col progresso della conoscenza.
Io accetto prove che siano prove, non parole! Starei fresco se dovessi reputare vero qualcosa detto da una persona solo perché è illustre e rispettata! Dovrei forse credere a Galeno e alla sua rete mirabile?!
Burbank ha scritto:
Paradossalmente, comunque, il mio modo di ragionare in questo discorso è più "materialistico" del tuo. Secondo me la coscienza non si può trovare separata dal resto del corpo, perché vi è immanente, non è che se esamino un corpo la possa trovare in qualche punto, in qualche organo, in qualche tessuto; posso trovare delle relazioni energetiche, che sostengano lo stato di coscienza umana, se fai infatti a fette il supporto della coscienza questa non si presenta più, ma non è che per questo hai trovato la "coscienza"! Scusa a me sembra abbastanza intuitivo, e molto più razionale, oppure sono stupido e vedo delle ovvietà dove non ci sono, in ogni caso non ci torno più.
Io non ho mai detto che si trova in un "punto", sostengo che essa scaturisca da una complessa struttura neurale non meglio identificata.
Che si trovi al di fuori del cervello è impossibile, perché eccetto le cellule del sistema nervoso abbiamo un ricambio completo nel corso della vita e si può addirittura fare trapianti senza che la coscienza muti.
Molte aree cerebrali, come il lobo occipitale deputato alle funzioni visive, la substantia nigra che viene divorata dal Parkinson, i lobi temporali mediali utili alla memorizzazione, pur danneggiate o eliminate non impediscono l'esistenza della coscienza.
Non è illogico sostenere che la coscienza sia data anche da reazioni chimiche ed elettriche come sostieni tu, anzi, senza tali reazioni saremmo morti. Tuttavia vi è chiaramente un sostegno prettamente fisico per queste reazioni; se tale sostegno fosse mutato esse non potrebbero più avvenire. E comunque finché non vi è ipossia cerebrale tali reazioni avvengono spontaneamente; c'è un forte legame fra "sostegno fisico" e "reazioni chimiche".
Farò un paragone molto spinto: se fai una pila e metti in sequenza rame-acido-zinco potrai ottenere la tua corrente elettrica, se alteri la struttura la corrente non la potrai avere.
E' anche logico supporre che alla formazione della coscienza, cioè dell' "essere noi stessi ed essere capaci di percepire le sensazioni", della "capacità di identificarci in noi stessi al livello linguistico" e dell' "accorgerci di esistere" possano concorrere più aree cerebrali, però si tratta di una supposizione non più valida della mia "complessa struttura neurale non meglio identificata" [ o meglio, "attivazione di una complessa struttura neurale non meglio identificata"], perché bene o male si mantiene lo stato di coscienza/esistenza pur rimuovendo varie aree del cervello.
Burbank ha scritto:
A mio parere infatti ti sei accorto di questa contraddizione e furbescamente hai spostato il discorso dalla conservazione della coscienza alla preservazione stessa del corpo.
In realtà no...
Burbank ha scritto:
Io non ho mai detto che scarto a priori questa ipotesi, a me sembra che contraddica ben bene l'entropia, per non parlare di come prevenire le mutazioni genetiche a cui andiamo incontro, di tutti gli agenti ossidanti e dell'effetto dei radicali, e altro ancora, però in effetti la vita si potrebbe prolungare in modo indefinito...
St'entropia è abusata a dir poco... specialmente dagli studenti di facoltà scientifiche...
Ora voglio che mi si dimostri anche solo vagamente come l'entropia vieterebbe chicchessia!
E' naturale che nelle cellule avvengano svariati processi distruttivi, sennò si vivrebbe già indefinitamente Burbank; tutto sta nel riuscire in qualche modo a prevenire questi processi. Non ho mai detto che sia una banalità, sennò lo avrebbero già fatto.
Se avessi una soluzione plausibile per prevenire i danni dell'ossidazione, l'accorciamento dei telomeri, l'accumulo di mutazioni genetiche, per la rimozione delle placche amiloidi, dei grovigli neurofibrillari e quant'altro sarei stato già da tempo insignito del premio Nobel; però, come sai, ad ogni problema se ci si impegna si può anche trovare una soluzione. Non capisco né posso capire un atteggiamento contrario.
La mia speranza principale deriva dal fatto che fino ai 30 anni negli umani non c'è un naturale aumento della mortalità [ ad esempio in provincia di Firenze la mortalità delle ventisettenni è quasi uguale a quella delle bambine di 8 anni ], quindi il corpo ha sicuramente la capacità di mantenersi a lungo e operare sui problemi che lo affliggono con efficienza fino ad una certa età. Bisognerebbe solo stimolarlo a continuare a comportarsi "bene".
A differenza delle posizioni religiose [in ambito metafisico] io non sostengo che qualcosa che non è dimostrabile come vero lo sia; io asserisco che qualcosa che non è ancora vero, se si opera con solerzia, potrà esserlo in futuro, che è tutt'altro, visto che esiste anche della ricerca medica per prevenire l'invecchiamento pur essendo essa ancora al suo stadio iniziale.
Sono in stato di guerra.