L'accaduto fin'ora, e un preludio a cos'accadrà.
Inviato: 03 mar 2020, 21:30
Homura camminava per i corridoi del Garden, zaino in spalla, diretto alla mensa. Aveva solo quest'ultima faccenda da sbrigare, poi se ne sarebbe andato. Se tutto fosse andato per il verso giusto, sarebbe svanito nel nulla, dimenticato da tutti, inghiottito dalle nebbie di Gaia.
O forse, da un molboro sovrappeso.
Spalancò la porta e si diresse dubito verso il suo bersaglio.
"Paine." Disse il bastardo.
"Che vuoi?" Rispose la dottoressa.
"Parlarti, in privato." Rispose Homura.
Paine rimase a fissarlo per un attimo, prima di indicare con un cenno del capo la sedia di fronte a lei.
"Hai circa cinque minuti prima che Elza arrivi. E se mi rovini l'appetito, te le suono." Proseguì la dottoressa.
"In realtà, avevo una richiesta da farle." Cominciò il bastardo.
"Te ne vai?" Chiese lei.
"Sì."
"Alla buon'ora!"
"Appunto per questo volevo chiederle di prendersi cura di Elza. E di non farla soffrire."
"Tutto qui?" Chiese la dottoressa, un po' stupita. "L'avrei fatto comunque, che credi?"
"Giusto accertamene." Replicò Homura, alzandosi.
"A mai più." Disse infine il bastardo, girando sui tacchi e andandosene.
Paine rimase lì, a guardarlo mentre scompariva davanti a lei. Vanish. Che melodrammatico.
Sospirò e riprese a tagliare la sua bistecca. Era più dura del solito quel giorno lì. Poi si rese conto che in effetti poteva chiedergli dove stava andando, che intenzioni aveva, cose così.
Ma non si conoscevano abbastanza per poterlo fare.
E comunque, ogni lasciata è persa. Meglio pensare alla bistecca.
-0-
La cella, come ogni cella, era umida e fredda. Era anche priva di ratti, stranamente, o blatte o simili schifezze animali.
Ma gli alexandrini ci tenevano alla pulizia. E molto.
Ci tenevano anche alle visite. Specialmente dei reali, e specialmente per i criminali peggiori. O quantomeno speciali.
Homura era un criminale in quanto membro delle Ex Seed del Garden di Rinoa, la più nobile delle fecce.
Perciò non si stupì quando i regnanti vennero a trovarlo.
"Re Gidan, regina Garnet." Salutò Homura.
"Ave." Rispose Gidan con un sorriso.
"Che avevamo detto in quanto alle formalità?" Rispose Garnet, sempre sorridendo.
"Solo perché ho fatto da balia a vostra figlia?" Rise Homura, alzandosi dal suo lettino. Gli faceva male ovunque.
Gli fece più male quando una spilungona dai capelli verdi gli si avventò contro e lo stritolò in un abbraccio.
"Homura!"
"Esme...soffoco..."
Esmeralda non mollò la presa.
La coppia di reali rimase lì a guardarli col sorriso sulle labbra, in attesa che la signorina Crosswind finisse di polverizzare le vertebre al fratellastro.
-0-
"Mi devi dire dov'è." Ringhiò Homura.
"Non so niente."
"Sei mio padre!"
"Non ti ho cresciuto. Vattene."
"Assumiti un po' le tue responsabilità e dimmi dove si trova!"
"VATTENE!"
"Non so a chi altri rivolgermi, sei la mia ultima speranza!"
Il padre osservò suo figlio per un attimo solo, prima di sbattergli la porta in faccia.
Homura rimase a fissare per un attimo il batacchio, prima di allontanarsi bestemmiando.
Si rintanò nel cortile della villa, montando una tenda e rifugiandosi dentro.
Cominciò a piovere qualche ora dopo, e l'intemperia proseguì per tutta la notte.
La mattina dopo, mentre Homura stava mangiando, una figura gli si parò davanti.
Era una ragazza. Avrà avuto più o meno la sua età. Boccoli verdi lunghi fino alle spalle, occhi color oliva, cappello nero con piuma di chocobo, abiti rosso cremisi e mantella nera. Portava uno stocco al fianco.
"Mio padre ti ha chiesto di andartene."
"Tuo padre, eh?" Rispose Homura, sghignazzando.
"Che hai da ridere?"
"Non ti ha detto niente, vedo."
"Che doveva dirmi?"
"...Niente d'importante."
"Mi stai prendendo per il culo?"
"Può darsi."
"Vattene. Non sei il benvenuto."
"Non posso. Tuo padre sa qualcosa di cui io ho bisogno. E resterò qui fino a che non vuota il sacco."
"E a me non m'importa un accidente e voglio che tu te ne vada. Ora." Disse la ragazza, mettendo mano alla lama.
Il bastardo rimase a guardarla da dentro la tenda, seduto.
"Vogliamo risolverla da adulti?" Chiese Homura, gelido.
"Seguimi." Rispose la ragazza.
-0-
Homura stava respirando a fatica.
"Che... volete?" Ansimò.
"Vedi... diciamo che il macellaio non ha proprio rispettato gli accordi." Disse Gidan.
"Quindi ci sembra solamente giusto che nemmeno noi rispettiamo i termini dell'accordo." Proseguì Garnet.
"Quindi volete liberarmi?" Chiese Homura, sollevando le manette.
"In realtà," Disse il re, estraendo una chiave dalla tasca dei pantaloni, "vorremmo assumere te e tua sorella."
"Per cosa?" Chiese Homura.
"Scoprire la causa dell'infezione." Concluse Esmeralda, tutta pimpante.
Garnet rimase un attimo allibita: le aveva rovinato il momento drammatico.
"Infezione? Che infezione?" Chiese Homura.
"Direi che abbiamo molto da spiegarti..." Proseguì la regina.
-0-
Salirono la rampa dritti al negozio d'armi di Toleno, e vi entrarono.
La gabbia sotto al negozio era vuota. Ottimo.
"Un duello, eh? Ve lo si legge in faccia. 5000 Guil."
Pagò Homura, e si misero in posizione.
Lui sguainò il suo pugnale, lei il suo stocco.
"Ce l'hai un nome, almeno?" Chiese il bastardo.
"Vuoi sapere il nome del tuo carnefice?"
"No. Della mia vittima."
La botola s'aprì, atterrarono, e subito partirono all'assalto.
Homura cercò subito l'affondo, per terminare immediatamente lo scontro, mentre la ragazza scagliava una sfera di fuoco nella sua direzione.
Questi schivò con una scivolata, e quando si rialzò, venne immediatamente investito da un'ondata di vento gelido che lo scaraventò contro la sfera di fuoco, la quale si era bloccata a mezz'aria.
Quindi il suo piano era quello, allora.
"Merda-!"
S'avvitò, riacquistò l'equilibrio in volo e si girò su se stesso, schivando per un pelo il globo igneo.
Il quale detonò comunque mentre vi stava passando a fianco. Homura venne brutalmente scagliato contro la parete, e non appena si rialzò, vide la maga avventarsi contro di lui, stocco spianato.
Deviò l'ovvio affondo, solo per vedere la lama dardeggiare attorno al pugnale come una serpe e cercare di tagliargli i tendini della mano.
Non ci riuscì: Homura era troppo veloce, ma nonostante lo scambio velocissimo di fendenti e parate, il bastardo era costretto a indietreggiare, cosa che, prima o poi, l'avrebbe condotto ad una sconfitta certa.
Dovendo cambiare strategia, sputò dalla bocca un Fira dritto al volto della maga rossa, costringendola a coprirsi la faccia con uno Shell improvvisato, mentre Homura sfruttava la distrazione per chinarsi e spazzarle la terra da sotto i piedi.
Funzionò.
Cadde in terra e Homura fece subito per avventarsi su di lei, quando questa gli puntò lo stocco contro, infilzandolo allo stomaco. Il ragazzo, per inerzia, cadde sulla maga, urlando e spingendo la lama più a fondo, e nella caduta, le piantò il pugnale nel fianco.
Lei ignorò la ferita, caricò un ultimo incantesimo quando Homura le serrò ambo le mani sulla gola, cercando di strozzarla.
Questa rispose con un pugno sul muso, forte abbastanza da levarselo di dosso.
Non ebbe il tempo di preparare un altro incantesimo che una voce la fermò.
-0-
“-E questo è quanto.” Concluse la regina Garnet.
“...Pazzoidi ovunque. E pensate che sia dovuto ad un virus?” Chiese Homura.
“Il dottor Totto ne è certo. Ha passato due mesi ad analizzare campioni di sangue.” Rispose Gidan, sgranocchiando i pasticcini.
“Abbiamo rischiato tutti quanti, ma siamo riusciti a contenere l'infezione. Almeno qui ad Alexandria, a Lindblum e a Burmesia.” Proseguì Garnet.
“Capisco. Degli altri mondi, si sa niente?” Chiese Homura.
“Niente.” Rispose Esmeralda. “Con la caduta dei Garden si è perso qualsiasi contatto fra i mondi.”
“E voi credete che l'origine dell'infezione sia in questo mondo?” Chiese ancora Homura.
“Non possiamo mica mandarti su Ivalice a cercarla, no?” Scherzò Gidan.
Homura rimase a fissare i regnanti per un secondo, poi sospirò con aria rassegnata.
“Accetto.” Disse soltanto. “A due condizioni.”
“Sentiamo.” Disse Garnet.
“La prima, è che vi prendiate cura di quella stronzetta di vostra figlia. Mi ci sono affezionato, che devo dire.”
“Concesso. E la seconda?”
“Che mi aiutiate a trovare mia madre.”
-0-
“Siamo fratelli?” Chiese Esmeralda, stupita.
Erano seduti su delle vecchie brande, i maghi bianchi intenti a curare Homura, il quale bestemmiava e fremeva come un posseduto. Rigenerare un pezzo di fegato con la magia non era roba da poco.
“Fratellastri.” Corresse il padre.
“Mi stai dicendo che hai messo incinta una ragazza e sei scappato?” Chiese Esmeralda, delusa.
“Sì.” Rispose il padre. “Ma da ora in avanti, il passato è passato. Non è affar nostro. Vieni.”
“Aspetta!” Disse Esmeralda. “Davvero non sai dove si trovi sua madre?”
“No. E anche se lo sapessi, non è affar mio. Vieni, ora, hai degli impegni da sbrigare.”
La ragazza si voltò verso Homura: tremava ed era madido di sudore.
“Mi dispiace...” Cominciò.
“Non ha importanza.” Ridacchiò lui, debolmente.
“Come ti chiami?”
“Homura. Homura Tsukihime. Tu?”
“Esmeralda. Esmeralda Crosswind.” Disse lei con un sorriso.
Si reincontrarono il giorno dopo, mentre Homura stava lasciando Toleno. Aveva una bisaccia a tracolla con dentro del pane, una tenda multiuso, un moguflauto e un diario.
“Dove vai?” Chiese Homura.
“Vengo con te.”
“Non è affar tuo.”
“Ho appena scoperto di avere un fratello, e adesso non posso neanche conoscerlo?” Disse lei, gelida.
“Sì.”
“Bhè, col cavolo. Vengo con te.”
Homura rimase un attimo a fissarla.
“E i tuoi?”
“Lo sapranno tra un paio d'ore, quando vedranno la mia lettera.”
“Capisco. Bhè, meglio sbrigarci allora, sorella.” Disse Homura con un sorriso.
-0-
Si lasciarono le prigioni reali alle spalle, e salirono sulla gondola che li avrebbe riportati ad Alexandria.
“Quindi...” Cominciò Esmeralda.
“Non sappiamo cosa stiamo cercando, dove sia e come trovarla.” Finì Homura.
“E si aspettano dei risultati.” Proseguì Esmeralda.
“Sì. Almeno non abbiamo scadenze.” Continuò il bastardo.
“Almeno quello.” Concluse la maga.
Calò il silenzio.
“Andiamo a prenderci un panino?” Propose Esmeralda.
“...Perché no.” Concluse Homura.
Avessero prestato attenzione al gondoliere, lo avrebbero visto ghignare.
O forse, da un molboro sovrappeso.
Spalancò la porta e si diresse dubito verso il suo bersaglio.
"Paine." Disse il bastardo.
"Che vuoi?" Rispose la dottoressa.
"Parlarti, in privato." Rispose Homura.
Paine rimase a fissarlo per un attimo, prima di indicare con un cenno del capo la sedia di fronte a lei.
"Hai circa cinque minuti prima che Elza arrivi. E se mi rovini l'appetito, te le suono." Proseguì la dottoressa.
"In realtà, avevo una richiesta da farle." Cominciò il bastardo.
"Te ne vai?" Chiese lei.
"Sì."
"Alla buon'ora!"
"Appunto per questo volevo chiederle di prendersi cura di Elza. E di non farla soffrire."
"Tutto qui?" Chiese la dottoressa, un po' stupita. "L'avrei fatto comunque, che credi?"
"Giusto accertamene." Replicò Homura, alzandosi.
"A mai più." Disse infine il bastardo, girando sui tacchi e andandosene.
Paine rimase lì, a guardarlo mentre scompariva davanti a lei. Vanish. Che melodrammatico.
Sospirò e riprese a tagliare la sua bistecca. Era più dura del solito quel giorno lì. Poi si rese conto che in effetti poteva chiedergli dove stava andando, che intenzioni aveva, cose così.
Ma non si conoscevano abbastanza per poterlo fare.
E comunque, ogni lasciata è persa. Meglio pensare alla bistecca.
-0-
La cella, come ogni cella, era umida e fredda. Era anche priva di ratti, stranamente, o blatte o simili schifezze animali.
Ma gli alexandrini ci tenevano alla pulizia. E molto.
Ci tenevano anche alle visite. Specialmente dei reali, e specialmente per i criminali peggiori. O quantomeno speciali.
Homura era un criminale in quanto membro delle Ex Seed del Garden di Rinoa, la più nobile delle fecce.
Perciò non si stupì quando i regnanti vennero a trovarlo.
"Re Gidan, regina Garnet." Salutò Homura.
"Ave." Rispose Gidan con un sorriso.
"Che avevamo detto in quanto alle formalità?" Rispose Garnet, sempre sorridendo.
"Solo perché ho fatto da balia a vostra figlia?" Rise Homura, alzandosi dal suo lettino. Gli faceva male ovunque.
Gli fece più male quando una spilungona dai capelli verdi gli si avventò contro e lo stritolò in un abbraccio.
"Homura!"
"Esme...soffoco..."
Esmeralda non mollò la presa.
La coppia di reali rimase lì a guardarli col sorriso sulle labbra, in attesa che la signorina Crosswind finisse di polverizzare le vertebre al fratellastro.
-0-
"Mi devi dire dov'è." Ringhiò Homura.
"Non so niente."
"Sei mio padre!"
"Non ti ho cresciuto. Vattene."
"Assumiti un po' le tue responsabilità e dimmi dove si trova!"
"VATTENE!"
"Non so a chi altri rivolgermi, sei la mia ultima speranza!"
Il padre osservò suo figlio per un attimo solo, prima di sbattergli la porta in faccia.
Homura rimase a fissare per un attimo il batacchio, prima di allontanarsi bestemmiando.
Si rintanò nel cortile della villa, montando una tenda e rifugiandosi dentro.
Cominciò a piovere qualche ora dopo, e l'intemperia proseguì per tutta la notte.
La mattina dopo, mentre Homura stava mangiando, una figura gli si parò davanti.
Era una ragazza. Avrà avuto più o meno la sua età. Boccoli verdi lunghi fino alle spalle, occhi color oliva, cappello nero con piuma di chocobo, abiti rosso cremisi e mantella nera. Portava uno stocco al fianco.
"Mio padre ti ha chiesto di andartene."
"Tuo padre, eh?" Rispose Homura, sghignazzando.
"Che hai da ridere?"
"Non ti ha detto niente, vedo."
"Che doveva dirmi?"
"...Niente d'importante."
"Mi stai prendendo per il culo?"
"Può darsi."
"Vattene. Non sei il benvenuto."
"Non posso. Tuo padre sa qualcosa di cui io ho bisogno. E resterò qui fino a che non vuota il sacco."
"E a me non m'importa un accidente e voglio che tu te ne vada. Ora." Disse la ragazza, mettendo mano alla lama.
Il bastardo rimase a guardarla da dentro la tenda, seduto.
"Vogliamo risolverla da adulti?" Chiese Homura, gelido.
"Seguimi." Rispose la ragazza.
-0-
Homura stava respirando a fatica.
"Che... volete?" Ansimò.
"Vedi... diciamo che il macellaio non ha proprio rispettato gli accordi." Disse Gidan.
"Quindi ci sembra solamente giusto che nemmeno noi rispettiamo i termini dell'accordo." Proseguì Garnet.
"Quindi volete liberarmi?" Chiese Homura, sollevando le manette.
"In realtà," Disse il re, estraendo una chiave dalla tasca dei pantaloni, "vorremmo assumere te e tua sorella."
"Per cosa?" Chiese Homura.
"Scoprire la causa dell'infezione." Concluse Esmeralda, tutta pimpante.
Garnet rimase un attimo allibita: le aveva rovinato il momento drammatico.
"Infezione? Che infezione?" Chiese Homura.
"Direi che abbiamo molto da spiegarti..." Proseguì la regina.
-0-
Salirono la rampa dritti al negozio d'armi di Toleno, e vi entrarono.
La gabbia sotto al negozio era vuota. Ottimo.
"Un duello, eh? Ve lo si legge in faccia. 5000 Guil."
Pagò Homura, e si misero in posizione.
Lui sguainò il suo pugnale, lei il suo stocco.
"Ce l'hai un nome, almeno?" Chiese il bastardo.
"Vuoi sapere il nome del tuo carnefice?"
"No. Della mia vittima."
La botola s'aprì, atterrarono, e subito partirono all'assalto.
Homura cercò subito l'affondo, per terminare immediatamente lo scontro, mentre la ragazza scagliava una sfera di fuoco nella sua direzione.
Questi schivò con una scivolata, e quando si rialzò, venne immediatamente investito da un'ondata di vento gelido che lo scaraventò contro la sfera di fuoco, la quale si era bloccata a mezz'aria.
Quindi il suo piano era quello, allora.
"Merda-!"
S'avvitò, riacquistò l'equilibrio in volo e si girò su se stesso, schivando per un pelo il globo igneo.
Il quale detonò comunque mentre vi stava passando a fianco. Homura venne brutalmente scagliato contro la parete, e non appena si rialzò, vide la maga avventarsi contro di lui, stocco spianato.
Deviò l'ovvio affondo, solo per vedere la lama dardeggiare attorno al pugnale come una serpe e cercare di tagliargli i tendini della mano.
Non ci riuscì: Homura era troppo veloce, ma nonostante lo scambio velocissimo di fendenti e parate, il bastardo era costretto a indietreggiare, cosa che, prima o poi, l'avrebbe condotto ad una sconfitta certa.
Dovendo cambiare strategia, sputò dalla bocca un Fira dritto al volto della maga rossa, costringendola a coprirsi la faccia con uno Shell improvvisato, mentre Homura sfruttava la distrazione per chinarsi e spazzarle la terra da sotto i piedi.
Funzionò.
Cadde in terra e Homura fece subito per avventarsi su di lei, quando questa gli puntò lo stocco contro, infilzandolo allo stomaco. Il ragazzo, per inerzia, cadde sulla maga, urlando e spingendo la lama più a fondo, e nella caduta, le piantò il pugnale nel fianco.
Lei ignorò la ferita, caricò un ultimo incantesimo quando Homura le serrò ambo le mani sulla gola, cercando di strozzarla.
Questa rispose con un pugno sul muso, forte abbastanza da levarselo di dosso.
Non ebbe il tempo di preparare un altro incantesimo che una voce la fermò.
-0-
“-E questo è quanto.” Concluse la regina Garnet.
“...Pazzoidi ovunque. E pensate che sia dovuto ad un virus?” Chiese Homura.
“Il dottor Totto ne è certo. Ha passato due mesi ad analizzare campioni di sangue.” Rispose Gidan, sgranocchiando i pasticcini.
“Abbiamo rischiato tutti quanti, ma siamo riusciti a contenere l'infezione. Almeno qui ad Alexandria, a Lindblum e a Burmesia.” Proseguì Garnet.
“Capisco. Degli altri mondi, si sa niente?” Chiese Homura.
“Niente.” Rispose Esmeralda. “Con la caduta dei Garden si è perso qualsiasi contatto fra i mondi.”
“E voi credete che l'origine dell'infezione sia in questo mondo?” Chiese ancora Homura.
“Non possiamo mica mandarti su Ivalice a cercarla, no?” Scherzò Gidan.
Homura rimase a fissare i regnanti per un secondo, poi sospirò con aria rassegnata.
“Accetto.” Disse soltanto. “A due condizioni.”
“Sentiamo.” Disse Garnet.
“La prima, è che vi prendiate cura di quella stronzetta di vostra figlia. Mi ci sono affezionato, che devo dire.”
“Concesso. E la seconda?”
“Che mi aiutiate a trovare mia madre.”
-0-
“Siamo fratelli?” Chiese Esmeralda, stupita.
Erano seduti su delle vecchie brande, i maghi bianchi intenti a curare Homura, il quale bestemmiava e fremeva come un posseduto. Rigenerare un pezzo di fegato con la magia non era roba da poco.
“Fratellastri.” Corresse il padre.
“Mi stai dicendo che hai messo incinta una ragazza e sei scappato?” Chiese Esmeralda, delusa.
“Sì.” Rispose il padre. “Ma da ora in avanti, il passato è passato. Non è affar nostro. Vieni.”
“Aspetta!” Disse Esmeralda. “Davvero non sai dove si trovi sua madre?”
“No. E anche se lo sapessi, non è affar mio. Vieni, ora, hai degli impegni da sbrigare.”
La ragazza si voltò verso Homura: tremava ed era madido di sudore.
“Mi dispiace...” Cominciò.
“Non ha importanza.” Ridacchiò lui, debolmente.
“Come ti chiami?”
“Homura. Homura Tsukihime. Tu?”
“Esmeralda. Esmeralda Crosswind.” Disse lei con un sorriso.
Si reincontrarono il giorno dopo, mentre Homura stava lasciando Toleno. Aveva una bisaccia a tracolla con dentro del pane, una tenda multiuso, un moguflauto e un diario.
“Dove vai?” Chiese Homura.
“Vengo con te.”
“Non è affar tuo.”
“Ho appena scoperto di avere un fratello, e adesso non posso neanche conoscerlo?” Disse lei, gelida.
“Sì.”
“Bhè, col cavolo. Vengo con te.”
Homura rimase un attimo a fissarla.
“E i tuoi?”
“Lo sapranno tra un paio d'ore, quando vedranno la mia lettera.”
“Capisco. Bhè, meglio sbrigarci allora, sorella.” Disse Homura con un sorriso.
-0-
Si lasciarono le prigioni reali alle spalle, e salirono sulla gondola che li avrebbe riportati ad Alexandria.
“Quindi...” Cominciò Esmeralda.
“Non sappiamo cosa stiamo cercando, dove sia e come trovarla.” Finì Homura.
“E si aspettano dei risultati.” Proseguì Esmeralda.
“Sì. Almeno non abbiamo scadenze.” Continuò il bastardo.
“Almeno quello.” Concluse la maga.
Calò il silenzio.
“Andiamo a prenderci un panino?” Propose Esmeralda.
“...Perché no.” Concluse Homura.
Avessero prestato attenzione al gondoliere, lo avrebbero visto ghignare.