Nataa-Raiden vs Alexandra-Leon
Seduto su una panchina del parco si stava godendo gli ultimi istanti di pace e tranquillità prima della finale. Immerso in uno stato di totale abbandono e di tranquillità ammirava lo splendore del cielo limpido, del sole che splendeva alto, delle fugaci nuvole che talvolta facevano capolino. Era davvero una bella giornata.
Con un pigro gesto della mano raccolse un sassolino, bianco, era caldo a causa del sole a picco ma era comunque una sensazione molto piacevole al tatto. Lo rigirò qualche secondo nella mano destra, passandoselo delicatamente e lentamente tra un dito e l’altro, infine lo lanciò contro un albero. Il sasso c’entrò perfettamente il tronco nodoso e imponente del pino. Bersaglio colpito.
“Leon il cecchino, non l’avrei mai detto” Alexandra fece capolino, arrivandogli alle spalle.
“E’ solo che non voglio mostrare troppo le mie qualità” Si stiracchiò alzando le braccia al cielo ed emettendo un sonoro sbadiglio “dobbiamo andare?”
“Ancora qualche minuto possiamo permettercelo” Si sedette di fianco a lui “Certo che se avessi saputo che questo torneo durava così tanto non mi sarei iscritta” sospirò, portandosi con un gesto teatrale la mano alla fronte.
“Questa finale sembra una puntata di Beautiful” Il tono della voce di Leon divenne improvvisamente più grave “La si potrebbe denominare la rivincita degli ex”
“Vabbè il passato è passato, nessun rimpianto giusto?”
“Assolutamente no” Si alzò dalla panchina aiutandosi con le mani “Mi sa che ora tocca a noi”
Si trovarono davanti all'imponente arena. [Dario/Drio]
…………………….
Il magma scorreva impetuoso sotto di me. Rapido e violento si infrangeva contro le strutture in pietra dando l’impressione di un grosso mare violento ed incazzato.
Incazzato almeno quanto il sottoscritto.
Me ne stavo lì a fare la bella statuina di ghiaccio mentre Alexandra era messa in difficoltà da quel borioso stronzetto del suo ex. Dovevo muovermi. Feci leva con tutti i miei muscoli per spezzare quella coltre di gelo. Qualcosa stava cedendo. Non sapevo se le mie ossa oppure quelle catene bianche. Nel dubbio triplicai i miei sforzi.
Nataa mi guardava pochi metri più in là, Aìma che pigramente tamburellava contro il suo fianco, un sorriso amaro che le attraversava il volto.
Se la stava prendendo comoda, quella stronza. [Alessandra/Schwarzlight]
Nataa.
Centro dei miei pensieri per tanto tempo.
Istanti di vita a immaginare un futuro migliore per noi. Frammenti di esistenza che si erano disintegrati al contatto con la gelida realtà.
Non mi pentivo delle mie scelte, non me ne ero mai pentito. Ma mi chiedevo spesso come sarebbe stato. Cosa sarebbe successo se entrambi avessimo intrapreso altre strade, altre professioni, altre vite. Riflessioni che non servivano a niente a parte spingermo a chiudere il mio cuore ancora di più.
Il tempo delle riflessioni era finito.
Ora dovevo prenderla a calci in culo.
Una goccia di sudore si fece strada lungo la guancia, scivolando quasi con fatica, rimanendo infine aggrappata al mento per una frazione di secondo prima di cadere e precipitare nel vuoto. [Martina/Oushi]
La vidi avvicinarsi per darmi il colpo di grazia, guardandomi fisso negli occhi: voleva gustarsi tutto il mio odio per poi porre fine a tutte le mie speranze.
Esattamente come io avevo infranto la sua fiducia. Spinsi ancora con più forza.
Crack.
Un rumore secco e il ghiaccio si ruppe. Una muta preghiera verso chi aveva scelto l’arena per il nostro scontro. Potevo sentire distintamente invece le silenziose bestemmie di Raiden. Le sue abilità da saltimbanco subivano una fortissima limitazione in tali circostanze. In tale frangente Aquaman non sarebbe stato lo stesso.
Ma ora era il mio momento.
Frapposi la Claymore tra me e Nataa, ombre infuocate danzavano sulla lama, la vidi fermarsi. Lampi d’odio e di sorpresa nei suoi occhi.
Scattai in avanti, la spada impugnata a due mani. [Davide/Recks]
Nataa rimase per un istante interdetta. Il cervello che le diceva di arretrare per fronteggiare meglio l’attacco. Il cuore che voleva attaccare ad oltranza, fino all’ultimo battito. Ne approfittai.
Un tondo da destra a sinistra, parato all’ultimo istante con la lama di Aìma. Avanzare, mai retrocedere. Un calcio nello stomaco la colse impreparata, un ringhio simile ad una bestemmia fu la risposta.
Finì letteralmente col culo a terra. Strinsi con la sinistra l’impugnatura della seconda Claymore calando un rapido e letale fendente.
Stunk.
Il rumore sordo dell’acciaio che si scontrava con il ribollente marmo del pavimento. Potevo vedere Nataa rotolare al suolo per evitare il fatale impatto.
“Stai ferma e fatti infilzare” Le dissi con tono stizzito.
“Fottiti. In ogni caso mai come piacerebbe a te” Se uno sguardo potesse uccidere io sarei già morto carbonizzato, resuscitato, smembrato e infine, dopo, ucciso di nuovo.
Avanzai rapido, un affondo schivato all’ultimo istante, un fendente parato con Aìma, un secondo colpo che si infranse sul caldo marmo. Respiravo a fatica, negli occhi un velo di sudore e polvere, ma non mi importava. Ora esisteva solo la battaglia, la mia unica sorgente di vita.
La commander fece forza sugli addominali. Rotolò all’indietro rimettendosi in piedi. L’ammiravo per la sua tenacia.
Accecata dalla rabbia, brandì Aìma. [Marco/Sanjii]
Scattò nuovamente in avanti con tutto l’odio in corpo, deviai con facilità il colpo. Uno sgambetto le fece perdere l’equilibrio. Il mare infuocato proprio di fronte a sé.
Tre passi.
Due passi.
Un passo.
Si bloccò proprio sul bordo della piattaforma, neanche il tempo di respirare quell’aria malsana ed insalubre che le fui subito addosso.
Si abbassò all’ultimo istante per evitare un tondo da sinistra a destra, un clangore metallico. Aìma che rimbalzava scomposta a terra.
Nei miei occhi lo stupore. Un gesto di resa? Di sottomissione?
Non potevo crederci. La Nataa che conoscevo mai si sarebbe arresa, mai avrebbe accettato una sconfitta. Mai. In battaglia come nella vita.
E infatti mi aveva appena -censura-.
Mi afferrò con due mani il polso e tirò violentemente verso di sé, come in un ultimo abbraccio, all’ultimo momento però scomparve scartando di lato.
Lasciandomi solo nel vuoto.
Caddi.
Una mano a cercare la salvezza. Trovata. Il bordo esterno del pavimento come mia ultima speranza. Potevo sentire i muscoli gemere dal dolore mentre con una mano cercavo disperatamente di non abbandonarmi all’inferno di fiamme.
La Claymore cadde nel magma incandescente. Potevo sentire distintamente lo sfrigolare della lama mentre si scioglieva nel mare incandescente. Mi maledissi per la mia debolezza e la mia ingenuità, la conoscevo da troppi anni per cadere in un trucco banale come quello.
Nataa riusciva sempre a fregarmi. Era la mia debolezza.
Sentii i suoi passi. Fece capolino dalla piattaforma.
Il suo sguardo non lasciava trasparire nessuna emozione [Mattia/Elza]
Crack.
Sentii distintamente il mignolo spezzarsi. Soffocai un gemito di dolore mascherandolo con una sonora bestemmia.
Quattro dita alla sconfitta.
“Ti arrendi?” Sorrideva con la bocca ma non con gli occhi.
“Tua madre”
Scrollò le spalle. Alzò pigramente lo stivale, una risata di scherno, la suola che va a impattare contro l’anulare. Sentii improvvisamente il dolore.
Nataa schiacciò.
Tre dita alla sconfitta.
Stavo per perdere la presa, solo il mio orgoglio non mi aveva ancora fatto cedere. La mia voglia inesauribile di vincere, di non arrendermi.
Fin dove può arrivare un uomo prima che ammetta la bellezza di una sconfitta?
Chiusi gli occhi, pronto a lasciarmi andare e finire nell’oblio dei perdenti. Un urlo mi fece risvegliare.
Alexandra.
Nataa fece un balzo all’indietro tenendosi con una mano il costato ferito. Il sangue usciva caldo, scivolava sui vestiti, ne percorreva le curve e cadeva a terra in una sinfonia di gocce dal carattere spettrale.
La Seed mi tese la mano. L’afferrai. Risalii sulla piattaforma giusto in tempo per vedere Raiden gettarsi a capofitto su di noi.
Nel muoversi estrasse la lama nera di Glamdring, facendola roteare sempre a contatto con il suolo. [Raffaele/Raiden]
Le lame cozzarono a mezz’aria. Spada nera contro Claymore. Tecnica contro forza bruta.
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Lo spogliatoio adiacente allo zoolab era un luogo comune. Amici e nemici si ritrovavano lì prima e dopo la sfida. Tutta la rabbia del combattimento non doveva trovare posto in quello spazio. Lì da avversari si tornava compagni.
Leon aveva appena finito di lucidare il filo delle sue armi quando lo vide. Raiden. Aveva avuto anche lui la stessa idea, la lama di Glamdring luccicava potente a qualche metro da lui, mentre il proprietario metteva via il suo set personale di accessori per la cura delle spade.
“Bell'arma. Proprio degna di un porno” Commentò. [Elena/Niamh]
“Scusami hai detto qualcosa?” Girò la testa palesemente infastidito.
“Guardavo solo la tua spada. Molto bella.”
“Ah grazie” Fu la sua gelida risposta.
Benché apprezzasse le sue doti in combattimento, ritenendolo un membro molto importante del Garden, c’era qualcosa in Raiden che stonava. Qualcosa che lo faceva apparire distante ai propri occhi.
Il Seed era quasi sempre calmo e misurato, persino quando era stato mollato da Alexandra non aveva quasi perso la calma. Mantenendo intatto il proprio atteggiamento.
Non era come Calien, progettata così, la sua era una scelta. Dettata dalla consapevolezza estrema dei propri mezzi, del proprio talento.
Forse era quello.
Raiden non amava giocare nel fango. Buttarsi nella mischia senza una ragione precisa, lui era un talento puro. Raffinato. Adatto più ai circoli di scherma che alla lotta in fondo ad un cortile.
Forse era per quello che a Leon sembrava distante anni luce.
“Buona fortuna” Disse per proforma.
“Grazie anche a te”
La situazione era gelata, e non solo per merito di Raiden.
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Tondo. Schivato da Raiden con un balzo indietro.
Fendente. Frapposi la Claymore e deviai il colpo.
Affondo. Schivò Durandal trasformandosi in acqua. Gocce di sangue salutarono il suo ritorno in forma umana. Una smorfia di dolore faceva da contorno al viso.
La freccia saettò in aria per poi conficcarsi nel polpaccio della Seed, un urlo di dolore accompagnò la punta che penetrava con violenza la carne.
E poi sembrò come vederla al rallentatore.
Ogni suo movimento durava tre volte più del normale, il suo respiro appariva anch’esso interminabile ed asfissiante, la vidi provare un fendente verso Nataa, la commander ne prese il polso con la mano sinistra e deviò con tranquillità il colpo.
Aìma si fece strada lungo il suo petto. Uno squarcio obliquo, da sinistra a destra, ne lacerò nuovamente le vesti e fece fuoriuscire violenti zampilli di sangue. Profondo ma non troppo.
Mi girai di scatto, colto alla sprovvista, Raiden ne approfittò assestandomi un calcio sulla bocca dello stomaco.
Arretrai ansimando vistosamente, la Claymore alzata per evitare che lo spadaccino ne approfittasse.
Stavo lottando contro l’irresistibile voglia di vomitare anche l’anima. [Eleonora/Evan]
Feci appena in tempo a castare un Esna, mormorato tra un respiro affannato e l’altro, alla mia compagna prima di vederla sparire. Nataa incalzandola senza tregua era riuscita a separarci; portandola su una piattaforma più bassa e lasciandomi in balia dell’ex Aquaman.
Le mie risate invasero l’arena. Erano folli grida di gioia e di soddisfazione.
Aveva fatto una cazzata gigantesca. Contro di lei ognuno dei due desiderava ardentemente la vittoria. Nessuno era disposto a cedere, probabilmente ci saremmo annullati a vicenda.
Con Raiden era tutta un’altra cosa. Lui voleva vincere il torneo per il prestigio. Io volevo massacrare lui.
Il sangue versato sul campo di battaglia mi aveva insegnato una cosa fondamentale: in una guerra vince chi davvero non ha paura di perdere tutto.
Lo spadaccino era diventato il mio obiettivo.
Ero pazzo? Forse sì.
Scattai in avanti, la Claymore in pugno. Raiden mi aspettava al varco, gambe leggermente piegate per schizzare velocemente, Glamdring rivolta al suolo pronta a scattare come una belva inferocita. Fintai un fendente, non ci cascò. Un affondo, scartato lateralmente. Contrattaccò con un tondo da destra a sinistra, un Protect istantaneo ne deviò la traiettoria.
Attaccai con un gomitata rivolta al mento, Raiden la bloccò con il palmo della mano. Mi girai immediatamente su me stesso, un tondo della Claymore rivolto alla sua schiena. Parato d’istinto dalla spada nera rivolta parallela alla schiena.
Eravamo in una situazione di stallo.
Continuavo ad incalzarlo ma nessun colpo andava a segno; tondo, affondo, fendente, ancora tondo. Stavo velocemente esaurendo le energie, nemmeno il NoGrav sulla Claymore migliorava la situazione. Le lame cozzarono nuovamente. Davanti a noi ed in perfetto equilibrio.
Ora!
Una supplica tra i denti, sentii le energie crescere in me. Feci ancora più forza, la sua lama cedette.
Ancora un po’.
Uno sforzo in più.
E poi il nulla.
Raiden saltò in aria. Ma invece di ricadere preda della mia lama fece due, tre balzi in volo atterrando dall’altra parte della piattaforma.
“Brutto pallone gonfiato torna indietro” Gli urlai incazzato.
“Derideri merito potest qui sine virtute vanas excercet minas.” Lo sentii rispondere, ovviamente senza capire che porco Yevon volesse dire.
L’aria si faceva ogni secondo sempre più soffocante, gocce di sudore ci coprivano la visuale, le gambe si facevano sempre più dure. I polmoni ci provocavano spasmi continui. Lo sforzo, conati di vomito.
Ma continuavamo, imperterriti. Finalmente anche il Seed era stato preso dall’estasi della battaglia. Dalla voglia di vincere e di sopraffare l’avversario.
Finalmente era una vera finale.
Scartai rapido lateralmente per evitare l’ennesimo affondo, pronto al contrattacco.
Raiden invertì rapidamente la presa sulla spada mentre la sollevava per vibrare un violento fendente. [Stefano/Kaleco]
Rimasi sbilanciato dalla mossa, deviai il colpo all’ultimo, ma Raiden incalzava.
Affondo.
Non feci in tempo a fuggire.
La Claymore cadde al suolo mentre l’acciaio gelato mi penetrava la carne. Sentii la lama fuoriuscirmi dalla schiena. Fiotti di sangue caldo bagnarono l’ancor più bollente arena.
Caddi al suolo mentre Raiden sentiva già la vittoria in tasca.
Pivello.
Un unico gesto della mano mi fu sufficiente. Non se l’aspettava. Crollò al suolo addormentato.
Dolore. Una sensazione sempre comune per me, familiare, ma nonostante tutto bella. Mi ricordava che ero vivo.
Mi misi a fatica in ginocchio, cercando di tamponare in qualche modo le ferite e di rimettermi in piedi, tanto sapevo di essere un folle.
Strappai una manica della divisa e la utilizzai come benda improvvisata. Leon passione infermiere.
Mi sembrava di volare. Di essere incorporeo e di poter passare sopra a qualunque cosa. Volteggiavo rapido nel cielo osservando le quotidiane fatiche degli esseri umani.
Ero immortale, ero speciale.
Un rumore di passi mi riscosse. Non era tempo di svenire.
Qualcuno stava salendo le scale. Avevamo vinto?
No.
Nataa mi si balenò nuovamente di fronte.
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La incontrò per la prima volta in Accademia. Lui cadetto, lei già Seed ma nella struttura per un permesso temporaneo.
E caso strano Leon giaceva ferito dopo uno scontro in sagra.
Corsi e ricorsi storici che non cambiano mai.
Non fu amore a prima vista, non era una storia semplice e lineare.
Era un uragano di emozioni: simpatia, affetto, odio, rispetto, rabbia. Tutto nel crogiolo che nel tempo avrebbe formato il rapporto tra Leon Rayearth e Nataa Arroway.
Erano cresciuti e si erano avvicinati. Sotto diverse forme il loro rapporto cresceva e si evolveva.
L’amore assumeva sempre diverse forme: l’ultima era l’unica che potesse garantire la sopravvivenza di entrambi. E Leon lo sapeva.
La vide all’entrata del Garden. Era appena arrivata, sicuramente stava andando a prepararsi per il torneo.
Sarebbe stata la sua avversaria, il nemico più ostico che potesse affrontare.
Nataa non pensava. Era guidata da un istinto legato alla consapevolezza che la paura fosse una condizione chimica avvinta al tempo – perché quando hai il nemico davanti non puoi ragionare, solamente colpire per primo o morire. [Giorgia/Hjordis]
Utilizzava questa filosofia non solo in battaglia ma sempre. Lei aggrediva la vita, desiderava plasmarla a suo piacimento. Anche se talvolta non aveva la forza di terminare quanto iniziato.
Erano due anime legate dal filo di una spada.
“Ti amo” Sussurrò con un filo di voce.
Fu lui l’unica persona a sentirlo.
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Zoppicava vistosamente. La gamba destra presentava un taglio profondo all’altezza della coscia. Una striscia di sangue scarlatto bagnava le scale e il pavimento fino al punto in cui si trovava.
Sicuramente l’ultimo regalo di Alexandra prima della sua resa.
Eravamo due morti che camminavano per miracolo. Ripresi la Claymore da terra. Pronto all’ultimo scontro.
Era lo sprint finale, quel piccolo tratto che separa dal traguardo, così breve ma così difficile da percorrere. Non c'era più tempo per le cazzate. [Marco/Siegmeyer]
La mia velocità aumentò di poco, forse ero di nuovo più veloce di una tartaruga. Attaccai con un fendente obliquo, Nataa schivò portando indietro il corpo. Un tondo di Aìma mi costrinse sulla difensiva. Potevo sentire il suo respiro affannato e prossimo alla resa forzata.
E io non ero da meno.
Sapevo che poteva usare l’arco, probabilmente in questa situazione le avrebbe fatto risparmiare energie preziose, ma Nataa non voleva vincere il torneo, voleva vincere me. E la spada era l’arma da utilizzare.
L’ennesimo, folle, attacco. Nataa predispose la difesa puntellandosi sulle gambe e ponendo Aìma dinnanzi a sé.
Il rumore secco delle lame che si incrociano fu l’unico suono che si sviluppò nel silenzio ovattato della piattaforma. La sua lama cedette contro la forza della mia, ne assecondò il movimento ma io non lo immaginavo, le lame si diressero nella sua direzione. E’ finita. All’ultimo deviò il colpo lateralmente. Un gancio sinistro mi raggiunse sul viso.
Caddi all’indietro.
Fiotti di sangue che uscirono dal mio naso ormai rotto.
Mi raggiunse subito. Un calcio nello stomaco mi fece vomitare bile.
Un altro.
Ancora uno.
Rantolavo per terra, lei mi era sopra. Mi guardava con aria soddisfatta. Ero la persona, ancora in vita, più simile a lei. E al contempo più distante.
Per questo non poteva fare a meno di odiarmi. E di amarmi.
La Claymore era a pochi metri da me.
Un’occasione. L’ultima speranza.
Mi lanciai verso di lei. La lama era rivolta verso di me, non mi interessava. L’afferrai forte, il filo incise righe indelebili sulla mia mano. Con un unico gesto la scagliai verso la Commander. NoGrav ad aumentarne la velocità.
Crack.
Il rumore secco di una caviglia che si spezza.
Cadde a terra con un boato ed una bestemmia ringhiata a mezza voce.
“Stavolta è il mio turno di esserti sopra” Mi concessi un sorriso sprezzante “Purtroppo non come eri abituata ai vecchi tempi”
Uno sputo mi scivolo lungo il collo.
Un calcio le ruppe definitivamente il fiato.
La guardai a terra, sconfitta ma non domata, mi inginocchiai al suo fianco. Fissando i suoi occhi castani. Era bella. Era lei. Quello che avevo sempre cercato ma mai voluto.
Sollevai la mano. Mi guardò priva di espressione, il suo corpo fu scosso da un tremito. La magia del sonno si occupò di lei.
Avevo vinto.
All’improvviso buio. Svenni sul suo corpo.
Non sapevo se Pip avesse dichiarato la mia vittoria oppure un pareggio.
Ma sinceramente non me ne fotteva niente.
Una lacrima mi scivolò sul viso. Evaporò immediatamente.
Nessuno vedeva mai le mie emozioni.
Con quante parole si può scrivere una sconfitta?
[Federica/Nataa]