“…N-non credevo bevessi tè”.
Cat alzò lo sguardo dal menù sgualcito e appiccicoso di bevande zuccherate. Dall’altra parte del tavolino, la faccia di Lala avvampò, facendola somigliare a un fiammifero acceso, con quegli assurdi capelli color carota a completarne l’immagine.
“…I-insomma, anche in pausa pranzo bevi birra…”
“Analcolica” la interruppe sospirando. “Regolamento aziendale: capelli raccolti e niente alcolici in servizio”.
Lala annuì, aggiungendo con una risatina: “A-al Dipartimento di Pubblica Sicurezza avranno un Regolamento diverso, n-non credi?”
Le battute sui quantitativi di bottiglie scolate dai Turk ogni giorno si sprecavano: probabilmente servivano a sciacquare via anche solo il minimo rimorso che ciascuno di loro avesse potuto provare all’ennesima esecuzione.
Prima che Cat potesse dare voce alle sue considerazioni, la piccola e malandata caffetteria in cui avevano trovato un bancone e un paio di sgabelli liberi ebbe un sussulto, mentre un treno passava a tutta velocità sopra le loro teste.
“Forse avremmo dovuto andare da un’altra parte…” mormorò Lala, arrotolando imbarazzata una ciocca e guardandosi attorno. “Non capisco come mai qui ci siano solo uomini…”
The SECOND: Lust
“La risposta è… femminilità” commentò piatta Cat, sorbendo il suo tè e indicando la barista che si muoveva a larghe falcate tra un avventore e l’altro, le sue grazie lasciate ondeggiare a ogni movimento.
Lala Ribon annuì di nuovo, tormentandosi una guancia lentigginosa: “Oh, quel genere di femminilità…” mormorò, rigirando tra le mani la tazza di caffè bollente. “A-anche tu, Cat, lavoravi con quel genere di femminilità, giusto?”
Il sorso di tè le andò di traverso, mentre un paio di omaccioni grandi e grossi seduti accanto a loro non nascosero un ghigno divertito. Li ignorò e fece un respiro profondo, cercando di far trovare alla bevanda la direzione giusta per il suo stomaco.
“No, Lala. La risposta è no” sentenziò secca, posando la tazza con un tintinnio di ceramica.
“Ma a me s-sono giunte voci, ho letto nel tuo dossier che hai lavorato all’Honey Bee Manor e…” si interruppe all’improvviso, per poi completare la frase “…e facevi la s-segretaria alla Reception…?”.
“Brava. Quella è la parola giusta: segretaria” ripeté, picchiettando con un’unghia sul piattino sbeccato. “Ho fatto quello fin dall’inizio e lo farò per tutta la vita”.
Rimase un attimo silenziosa, fissandola sottecchi per poi scuotere il capo: “A-allora devi stare a-attenta a quello che dicono agli altri Piani…”
Chiuse gli occhi, sospirando: “Non voglio saperlo, Lala…”
“D-devi saperlo! Io sono tua a-amica e devo dirtelo!” pigolò, scuotendola per una manica della giacca. “Credono tutti che tu abbia… lavorato all’Honey Bee Manor!”
“È quello che ho detto e mai negato…”
“…Con q-quel genere di femminilità. S-senza la parte della segretaria” concluse con la voce rotta, imbarazzata.
Gli sguardi degli uomini tornarono a concentrarsi su di loro.
Cat si alzò in piedi. Estrasse velocamente una banconota dal portafoglio e la sbattè sul bancone: “Offro io, pago tutto e lascio anche la mancia! Non serve lo scontrino!” esclamò, incrociando lo sguardo della barista e afferrando Lala per il cappotto leggero. “Arrivederci e grazie!”
Si lasciarono la porta malandata alle spalle e iniziarono ad avanzare a larghe falcate lungo una delle tante stradine buie degli Slum del Settore 7.
The THIRD: Wrath
La stazione dei treni non era troppo distante. Cat camminava veloce, senza lasciare la presa sulla manica di Lala.
“M-mi dispiace, ho p-parlato troppo!” singhiozzò affannata dietro di lei, cercando di tenere il passo. “A-anche Scarlet dice che d-dovrei imparare a…”
“…A TENERE LA BOCCA CHIUSA!” sbottò, senza voltarsi. “Proprio in un posto del genere ti è venuto in mente di…”
Il passaggio di un convoglio sferragliante inghiottì le sue parole. Entrarono nella stazione affollata e fumosa, illuminata debolmente dalle luci Mako. Con un automatismo maturato dai tanti giorni sempre uguali in direzione degli Shin-Ra HQ, estrassero nel medesimo istante le tessere magnetiche dalle rispettive tasche, facendole strisciare sui cancelli di ingresso ai binari. Restarono in attesa, unendosi alla fila ordinata lungo il marciapiede e si infilarono nella carrozza non appena le porte si aprirono.
Cat si sedette con un tonfo su un sedile riservato, ignorando le occhiate preoccupate di Lala e quelle stizzite delle vecchiette attorno a lei.
“Anche tu, seduta. E zitta” borbottò. La osservò dondolare, incerta sul da farsi, stringendo la maniglia sopra alla sua testa. Infine, con un sospiro, prese posto.
“…P-potremmo stare in piedi? Questi sedili sono per…” cercò di giustificarsi, nervosa. Il silenzio di Cat la mise a tacere a sua volta.
The FOURTH: Envy
Lala trascorse il viaggio fissando colpevole le sue ginocchia, senza avere il coraggio di alzare lo sguardo. Solo quando intravide le gambe di Cat muoversi e scattare fece lo stesso, lasciandosi sfuggire un sospiro di sollievo.
Fermata Wall Market – Benvenuti al Settore 6!
Vi preghiamo di fare attenzione alle porte in apertura!
Lala strozzò un gridolino, incespicando contro le persone che affollavano la stazione, così identica alla precedente nel suo grigio e bagliori di quel verde malato. Si affrettò a raggiungere Cat, che camminava spedita, oltrepassando con un saltello le numerose buche e crepe aperte sull’asfalto, i detriti ammassati un po’ ovunque, come un gigantesco cantiere a cielo aperto.
“Non c-credevo ci fosse un parco qui…” commentò meravigliata, rallentando, mentre passavano accanto a una recinzione cadente, osservando alcuni bambini intenti a rincorrersi e giocare sul cemento. “…Green Park? N-non vedo molto verde qua attorno, a essere s-sincera”.
Cat si fermo all’improvviso, voltandosi verso il parco, per poi alzare lo sguardo verso il Plate parecchie decine di metri sopra le loro teste. Arricciò il naso: aveva un brutto presentimento, ma l’idea che tutto quel metallo potesse crollare dal cielo da un momento all’altro le sembrò fin troppo azzardata.
Probabilmente si stava sbagliando.
Tornò a guardare i bambini che giocavano, ignari della presenza di qualcosa che in un futuro vicino li avrebbe potuti inghiottire tutti. Li invidiava un po’.
Scrollò le spalle, gettando un’occhiata a Lala, che la fissava tormentando la rete metallica: “Non siamo venute qui per questo” borbottò, rimettendosi in marcia.
The FIFTH: Greed
Si staccò dalla recinzione, fissandola interrogativa: “P-per cosa, allora?” sbuffò, avvicinandosi a lei. “Credevo non ti piacesse il Settore 6…”
Cat strinse le labbra in una linea sottile, avanzando in silenzio. Le strade iniziavano a svuotarsi del consueto viavai di persone, mentre altre sembravano comparire improvvisamente dagli angoli più bui, affiancandole nel loro procedere. Lala si guardava attorno nervosa, seguendo passo per passo le orme di Cat: si era ben resa conto come tutti stessero avanzando nella stessa direzione e dentro di lei non poteva fare a meno di rabbrividire all’idea verso la loro destinazione.
“…Il W-wall Market, c-come non immaginarselo, eh?” mormorò, cercando di dissimulare una risatina. “C-credevo che nemmeno il W-wall Market ti piacesse…”
“Mi hai costretta a venire qui” sibilò, facendosi strada tra le facce sempre meno raccomandabili che incrociavano a ogni passo. “Giammai si dica che io, Cat Empitsu, 21 anni e qualche mese, non possa aver lavorato all’Honey Bee Manor come segretaria-e-basta”.
“N-non capisco, c-cosa hai intenzione d-di…?”
Si fermò di colpo, rivolgendo a Lala un ghigno soddisfatto: “Vado a chiedere una lettera di raccomandazioni” sillabò. “Dopo mi offrirai la cena, per avermi fatto venire fin qui”.
The SIXTH: Sloth
Le luci abbaglianti del Wall Market diventavano sempre più intense man mano che si addentravano tra i suoi vicoli. Le persone attorno a loro si muovevano a disagio sotto quei riflettori, cercando di confondersi nelle ombre e negli angoli. Cat procedeva spedita, lo sguardo fisso davanti a sé, senza prestare attenzione alle occhiate fameliche e le gomitate che si susseguivano a ogni passo.
Lala non riuscì trattenere un gridolino quando, oltrepassata la distesa di carretti e camioncini intenti a dispensare ciotole fumanti agli avventori di passaggio, sbucarono nello spazio antistante all’enorme e luccicante insegna dell’Honey Bee Manor. Lanciò un’occhiata disperata in direzione di Cat, ma senza successo: la vide avanzare, facendosi largo a spallate tra la piccola folla che si era radunata all’ingresso, fino a trovarsi faccia-a-faccia con un tizio che aveva raggiunto il livello di Meno-Raccomandabilità-Possibile che si potesse detenere in tutto il Pianeta. Trattenne il fiato.
“Poteva anche vestirsi di meno, miss” ridacchiò l’uomo strizzato in un doppio petto falsamente elegante, mentre rivolgeva a Cat la stessa occhiata che avrebbe dato a una gallina al mercato. “Stasera non cerchiamo compagnia, ma può ripassare più tardi”.
“Devo parlare con il Don” incrociò le braccia al petto, dando un colpo di tacchi a terra.
L’uomo si sporse verso di lei, squadrandola per un lungo istante: “Oh, la gattina, Catty Matita” commentò piatto, senza che i suoi occhi abbandonassero di vista un certo punto tra il collo e l’ombelico. “Quanto tempo. Scommetto che là sopra non ti pagano bene come da noi, eh? Saranno anche persone perbene, ma qui gli straordinari li ricompensiamo come si deve…”
“C’è il Don?” lo ignorò, stringendo le labbra. “Non voglio farvi perdere tempo visto che state per aprire”.
Si passò pigramente una mano tra i capelli, guardandosi attorno annoiato: “Sì, ma forse… no”.
“Lo prendo come un sì” rispose di rimando, oltrepassandolo ed entrando all’interno.
Perché all’Honey Bee Manor le piacenti pulzelle si fanno sempre entrare, anche senza una buona scusa.
Lala rimase immobile al suo posto, fissando inorridita la figura di Cat che scompariva oltre le svolazzanti tendine d’ingresso. Dopo qualche secondo la vide mettere fuori la testa, invitandola con la mano: “Ovviamente mi serve un testimone. Entra anche tu”.
The SEVENTH: Pride
Era trascorso qualche tempo da quando Cat aveva lasciato l’Honey Bee Manor, richiamata alla Shin-Ra da qualche personaggio sconosciuto e schiavizzata dal Dipartimento per il Governo Urbano di Midgar, al Piano 62. Tuttavia quel posto non era cambiato, così come la persona seduta tutta tronfia davanti a lei, mollemente adagiata sugli strabordanti cuscini rossi.
“…E cosa vorresti dal buon Don?”
Cat abbassò il capo per incontrare gli occhietti acquosi che fissavano un punto tra il suo collo e il suo ombelico: “Una lettera di raccomandazioni, per il mio lavoro svolto qui. In qualità di segretaria di questo posto”.
Lo vide passarsi il sigaro da una parte all’altra di quella bocca di rospo ingrassato, tamburellando sul petto peloso con quelle dita tozze e ricoperte di paccottiglia.
“Ti ho dato le tue carte, ti ho pagato lo stipendio… non devo darti altro, signorina segretaria” ghignò con fare canzonatorio, aggiustandosi il ciuffo biondastro sulla fronte pelata. “O tu puoi dare qualcosa a me, gratis ovviamente. Poi parleremo della tua lettera, cosa ne dici?”
Il suo sguardo si spostò su Lala, che alle spalle di Cat osservava ammutolita quella scena assurda.
“Aggiungiamo anche la tua amica e te la scrivo non appena finiamo. Mi sembra una buona proposta, da brava persona quale sono, io, il Don del Wall Market”.
Scese uno scomodo silenzio in quella stanza chiassosa, dove pacchiani dragoni dorati si stagliavano contro le pareti, così minacciosi da temere di venirne inghiottiti in un sol boccone se si fossero improvvisamente risvegliati dal loro sonno. Lala non sapeva dove poter posare gli occhi, terrorizzata dalla possibilità che Cat potesse davvero prendere in considerazione quel baratto.
“Come non detto” sospirò, alzando le spalle. “Le ho fatto perdere tempo, noi ce ne andiamo”.
“Non accetti la mia offerta? È maleducato non accettare i favori del buon Don…” si leccò le labbra umidicce, facendo ruotare il sigaro sulle dita. “Potrebbe essere la tua ultima possibilità per non sentire più certe dicerie che si sono sfortunatamente diffuse alla Shin-Ra…”
Cat socchiuse gli occhi, ma non commentò: aveva un orrendo presentimento, di gran lunga peggio di vedersi crollare sulla testa tutto il Plate.
Accennò un inchino frettoloso e girò i tacchi, strattonando Lala per la manica. Percorsero velocemente scale e saloni, fiondandosi a fuori dall’Honey Bee Manor mentre alle loro spalle risuonava la risata malvagiamente divertita del Don.
Lala si trovò a ripercorrere a ritroso la strada di poco prima, incespicando e affannandosi, rischiando più volte di cadere malamente sul cemento dissestato. Entrarono di corsa nella stazione quasi deserta, infilando le porte del treno in chiusura.
“N-non abbiamo controllato la d-direzione…” ansimò Lala, crollando su un sedile.
Cat non rispose, seduta accanto a lei, i pugni stretti sulle ginocchia. Odiava quando i suoi piani andavano a sgretolarsi come un castello di sabbia a Costa del Sol. Certo, avrebbe potuto prevedere come non sarebbe stato facile ottenere quello che voleva, ma non aveva pensato alla possibilità che tutto avesse avuto origine proprio dalla mente vischiosa che regnava indisturbata sul Settore 6.
Le sue capacità di preveggenza erano del tutto inutili quando si aveva a che fare con quel genere di esseri umani.
Sospirò, guardando fuori dal finestrino il paesaggio cupo di Midgar nella notte, illuminata solo dai riverberi verdi dei reattori.
“Quindi, come farai?” domandò improvvisamente Lala, spalancando gli occhi e scuotendo Cat dai suoi pensieri. “Agli altri Piani c-credono tutti che…”
Rimase un attimo in silenzio, incontrando il suo riflesso.
Non le serviva una lettera di raccomandazioni. Nemmeno il prestare orecchio alle maldicenze che rimbalzavano di bocca in bocca.
Lei era Cat Empitsu, 21 anni e qualche mese, neo-schiava per il Dipartimento del Governo Urbano di Midgar. E basta.
“Io so qual è la verità” annuì, rivolgendo a Lala un sorriso. “Io sono una segretaria”.
Spoiler
Perché oltre ai suoi diversi casini con uomini/amici/ex-vicini di casa, Cat ha avuto anche una vita prima dei 70 Piani della Shin-Ra. Come segretaria / Apina Receptionist dell'Honey Bee Manor, anche se nessuno sembra crederci troppo - eccetto lei, che probabilmente l'ha vergato a lettere cubitali nel curriculum vitae.
Poi c'è Lala Ribon, altra segretaria schiavizzata al Dipartimento per lo Sviluppo Militare, dove si dedica ad allevare con amore Flo, il pesce rosso di Scarlet, tra un caffè e una fotocopia.
(E il cognome di Cat significa proprio 'matita' in giapponese. Just for your information)