Tornei

Un Gioco di Ruolo Narrativo a più mani, tra SeeD e Cadetti, Garden ed Accademia, Tornei, Missioni, Sagre, e molto altro: questo è il Garden Club! Leggi i topic "Bacheca" e "Spiegazione Topic" prima di postare

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Macha
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Re: Tornei

Messaggio da Macha »

Niamh flesse le dita della mano metallica. Una serie di controlli meccanici all'interno erano ciò che le permetteva di usare le protesi come estensioni del proprio braccio. Ci era voluto un po' per abituarsi all'idea di avere un secondo paio di mani, e metalliche per di più; il peso aggiunto però le piaceva, le dava il senso della sicurezza di poter spaccare tutto ciò che voleva.
Fece una serie di jab al nulla, testando il peso dell'arma un'ultima volta prima dello scontro. Lanciò una breve occhiata a Siegmeyer che, accanto a lei, invece di prepararsi pareva intento a far saettare i suoi occhi tra lei e la porta, tormentandosi nervosamente le mani.
«Che hai, paura?»
«N-no» balbettò lui, «ma Rayearth è forte, molto forte.»
Niamh scosse la testa. «Nessuno è forte quando perde per KO tecnico. Vedi solo di non starmi tra i piedi, e vinciamo».
«Vedi di non starci tu, carina» esclamò Siegmeyer con voce mutata. Aveva attivato la Soul of Paine. «Non vorrei che perdessimo perché il tuo gioco di squadra fa schifo pure a un Winchester a caso!»
A queste parole, Niamh si voltò di scatto e tirò un gancio sinistro, che però Soul of Paine schivò con una risata di scherno. «È esattamente questo che intendevo.»
La bruiser snudò i denti. «Intendi quello che ti pare. Io vincerò» ringhiò.
Soul of Holden mormorò: «Staremo a vedere».

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Lo scontro era nel vivo dell'azione già pochi minuti dopo l'inizio.
Ad un osservatore esterno sarebbe bastato poco per capire che gli stili di combattimento della coppia Leon-Elza erano complementari, mentre quelli di Niamh-Siegmeyer erano l'esatto opposto: i due tendevano a voler lavorare da soli, ignorandosi l'un l'altro tranne che nelle rare occasioni in cui s'incrociavano. Sfortunatamente, l'approccio iniziale di Leon ed Elza giocava a favore dei loro avversari; si erano divisi e stavano avendo qualche difficoltà a gestire il combattimento.
O meglio era Elza quella che aveva problemi: per Leon era facile tenere a bada Niamh dopo che la ladra gli aveva dato il cambio per affrontare Siegmeyer; era meno facile però quando l'effetto delle magie di stato svaniva e Niamh era libera di agitare quei maledetti pugni giganti di ferro.
Leon realizzò presto che dividersi era stato un errore.
Il «SIEGMEYER!!!» di Elza fu come un segnale non convenuto. Lanciò uno Slow a Niamh che stava mulinando un pugno grosso quanto il suo torso, si girò di colpo e corse in direzione dell'area di scontro tra Elza e Siegmeyer. Caricò tutto il proprio peso e tirò una poderosa spallata a Siegmeyer, che era proprio sul punto di sparare alla ladra. Il proiettile mancò clamorosamente la mira, ed Elza ne approfittò per nascondersi dietro alcuni barili.

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Niamh stava lottando contro le pastoie dello Slow. Era come camminare sott'acqua; l'aria stessa opponeva resistenza al suo movimento.
Un passo. Pausa. Un altro passo.
Niamh strinse i denti e portò il braccio destro dietro di sé, a caricare un dritto particolarmente violento. Le vene sulle tempie parvero esplodere per lo sforzo, e i denti snudati erano così così serrati da far male; e Niamh sfidò l'aria stessa; colpì il vuoto con tutta la forza di cui era capace: sentì i legacci invisibili infrangersi di colpo e mosse qualche passo scoordinato prima di inciampare rovinosamente. I pugni giganti furono ciò che la salvarono dallo stampare la propria faccia sull'erba.
Era questo, dunque, il trucco dietro quella magia così fastidiosa. Sorrise.
Qualcuno avrebbe ricevuto un pacco regalo al gusto di ferro molto presto.

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«Due contro uno non è molto corretto» osservò Soul of Paine con noncuranza.
«Beh, spero che quell'uno non sia tu, visto che equivali a tre persone» rimbeccò Leon.
«Sarebbero quattro se quel senzapalle di Sieg fosse capace a fare qualcosa!»
Il lieve rumore di un caricatore tornare al proprio posto fu tutto l'avvertimento di cui Soul of Paine ebbe bisogno per evitare il proiettile che la sfiorò subito dopo, lasciando un acre odore di polvere da sparo bruciata al suo passaggio e il rumore di un rimbalzo sul selciato.
L'interruzione ebbe poco effetto sullo stato d'animo di Siegmeyer-Paine. «Eh... dicevamo?»
Leon ignorò la provocazione e lanciò in rapida successione Novox e Blind su di lui – o lei che dir si voglia –, cosa che però ebbe poco effetto dal momento che l'avversario impugnò immediatamente la Wakizashi e sparì nell'ombra. Leon imprecò sottovoce; avrebbe dovuto ricordarsi dell'abilità di Holden nel declinarsi per poi colpire quando meno la vittima se l'aspettava. Il ricordo di una pira funebre guizzò per un momento davanti ai suoi occhi. Sarebbe mai riuscito a considerare Siegmeyer come una persona, qualcuno che aveva solo avuto la sfortuna di diventare il portatore di un semplice frammento della personalità dell'amico?


Soul of Holden scansionò l'ambiente con i propri sensi: due contro uno era una situazione di forte svantaggio, a dispetto di quanto la Soul of Paine potesse fare la sbruffona. La Soul of Night stava in disparte a mangiare una mèla con tutta la flemma del mondo.
«Scelgo te, Holden!» chiocciò lui quando sentì lo sguardo dell'altra Soul su di sé. «Tu sei quello più bravo nel non farsi trovare».
«Lo sappiamo tutti e quattro» commentò Soul of Paine. «Se c'è una cosa che il senzapalle sa fare, è scegliere la persona più adatta ad affrontare la situazione al posto suo».
«È sempre qualcosa più quel che sai fare tu» rimbeccò Night, guadagnandosi un «ehi, tu!» risentito da una Paine già pronta a riempirlo di mazzate.
Lo status Blind aveva finito il suo decorso. Holden lasciò le altre due Soul a battibeccare e si concentrò nuovamente sulla situazione in corso. L'intero scambio era durato una frazione di secondo, ma persino quello poteva bastare per capovolgere completamente le sorti di una battaglia.
Un «AAAAAH!» lacerò l'aria immota, costringendo Holden a voltarsi verso l'origine del grido. Niamh era finalmente ricomparsa e si stava gettando letteralmente a corpo morto verso Leon, l'unico avversario visibile. Questi le lanciò immediatamente uno Slow, ma lei scrollò le spalle, a malapena infastidita dall'incantesimo, e travolse Leon nella sua violenta carica.
Un uppercut destro che avrebbe probabilmente fatto fare un giro a trecentosessanta gradi alla mandibola di Leon fece contatto con le Claymore, e l'impatto fu sufficiente a far sollevare il mercenario dal suolo. Niamh immediatamente lo seguì in aria e sferrò un altro pugno, verso il basso stavolta. Ancora una volta le Claymore fecero da scudo, ma Leon stava seriamente faticando a contenere la forza dei colpi di Niamh, e fece in tempo a castarsi un Protect e lasciar andare le spade prima di colpire brutalmente il terreno con la propria schiena. Ancora un petosecondo e sarebbe stato decapitato dalle sue stesse armi.
Niamh si chinò su di lui. «Qualche ultima parola da dire?»
«Sì» esalò Leon, «non è finita».
E le lanciò Blind.
Leonheart88
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Re: Tornei

Messaggio da Leonheart88 »

Ogni battaglia è importante, ogni scontro aiuta a forgiare la tua personalità, il tuo essere, la tua interiorità. Tutte le volte che le lame si incrociano e si sfidano sul campo, una piccola parte di te cresce, si sviluppa, ti fa diventare quello che sarai un domani. Una sfida non è mai priva di significato, possono mancare i motivi per odiare l’avversario ma, e lo sai bene, tutta la tua vita è fatta di piccole e grandi battaglie. In queste hai plasmato la tua personalità, il tuo io. Senza di loro non saresti qua. Sei nato sui campi di battaglia, vivi in mezzo all’odore del sangue e alle urla dei feriti. Morirai cercando l’affondo contro il tuo avversario.
Questa è la tua vita.
Il torneo è l’ennesima occasione che ti trovi davanti. Non devi sprecarla.
Affila la tua lama. Pochi istanti e ti troverai ad affrontare i tuoi primi avversari, non avere timori, vinci e continua a crescere. Respira a pieni polmoni, vivi ogni istante della tua esistenza, sfrutta ogni momento. Vivi e combatti per te stesso.
Il torneo è come un libro. Ogni fase è un pezzo diverso del manoscritto della tua vita, nessuna è più importante di altre. Nessuna deve essere sottovalutata.
Ora ti troverai a dover affrontare l’introduzione. Non sminuirla, in tutti i libri l’inizio è la parte più importante, qui si dipana l’avventura, sottili linee che condurranno fino all’epilogo.
Se l’introduzione non piace, potresti trovarti a non leggere il resto del libro. Vivi lo scontro come se fosse l’ultimo. Dai tutto te stesso.
Vinci.
Vinci.
Vinci.
Anche se si tratta solo dell’introduzione.


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Era seduto su una panchina vicino alla futura arena, assorto nei suoi pensieri non guardava nessun punto in preciso. Come se un sottile velo gli fosse stato posto dinnanzi agli occhi privandolo della vista. Ma andava bene così, stava riflettendo.
Sapeva essere solo un torneo, una partecipazione amichevole fra compagni d’arme al solo scopo di divertirsi e far divertire, oltre che ovviamente per mantenersi in allenamento.
Ma per Leon non era solo quello, il brivido della battaglia entrava in lui ogni volta, l’eccitazione prima di uno scontro, l’impazienza di fronteggiarsi lama contro lama, combattere lo faceva sentire vivo. Sempre e comunque, in una guerra come in un torneo.
L’arrivo della sua compagna lo distolse dai suoi pensieri.
“Cerca di non finire KO in un singolo pugno di Niamh” Disse sorridendo a mezza bocca.
La ragazza era in piedi davanti a lui, la vide incrociare le braccia all’altezza del petto, con suo sommo disappunto poco sviluppato, ed assumere un’aria offesa.
Non poteva dire di conoscerla bene. Qualche missione assieme e poco altro, avevano giri diversi all’interno del Garden, diverse conoscenze. Oppure, parafrasando, si poteva dire che “ognuno dormiva nel proprio letto”. Ma rimaneva comunque una sua compagna.
Fiducia. La componente essenziale. Quella che trasforma la forza di due singole persone in un qualcosa di più, che trascende le abilità individuali. Sopperire ai reciproci difetti ed essere imbattibili.
Lo stile di combattimento di Elza era un qualcosa di assolutamente complementare al suo, ci sarebbe stato da divertirsi.
“Scherzavo, scherzavo!” Il Seed sorrise. “E' solo che mi sembri un po' fragile, e quella lì picchia forte” Leon la stuzzicò, voleva motivarla, voleva che esprimesse a voce alta i suoi pensieri.
“Ascoltami bene” Leon vide la cadetta avvicinarsi pericolosamente a lui, con il dito puntato verso la sua fronte “Ci sono dei soldi in palio per questa pagliacciata. Quando ci sono soldi di mezzo, Elza dà il massimo. Tentare di vincere un torneo con ogni mezzo è il minimo che possa fare. Tu non sai di cosa sono capace! Venderei la biancheria di Schwarzlight per 50 guil!”
Leon si frugò istintivamente nelle tasche per vedere se miracolosamente aveva dietro 50 guil. Ne constatò con rassegnazione ed un sonoro sbuffo la mancanza, ripromettendosi di riprendere il discorso appena finito il duello.
“Spero che la determinazione ti basti allora, qui nessuno vuole perdere, tanto quanto te”. Si alzò dalla panchina sgranchendosi le gambe indolenzite.
Le porte si aprirono. Stava per iniziare, la mano destra sfiorò delicatamente l’elsa della Claymore.
Elza posò una mano sul suo petto “Leon... spacca!”
“Leon distrugge!” Pensò divertito tra sé e sé.
Guerra.

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La schiena gli doleva. Tanto.
Essere scaraventati al suolo da Niamh, corpo di donna e forza da Behemot, non era proprio il massimo della vita. Due pugni, entrambi parati, e si ritrovava col culo a terra e la schiena dolorante. Non osava immaginare cosa sarebbe successo se lo avesse preso in faccia.
Probabilmente la testa gli si sarebbe staccata, avrebbe compiuto un volo verso l’alto di un centinaio di metri, la Soul of Paine avrebbe chiamato “Pull!” e avrebbe centrato la testa del povero Seed come fosse un semplice piattello.
Che brutta scena. Leon scrollò la testa, doveva smetterla di fantasticare su ipotetici e raccapriccianti scenari ed andare al contrattacco.
Si rimise in piedi. Velocemente raccolse le due Claymore dal terreno cittadino, con un tondo da destra a sinistra provò a sorprendere la ragazza che riuscì con fatica a schivare il colpo, grazie ad un ottimo udito, indietreggiando improvvisamente. Leon subito la incalzò, un montante della Claymore della mano sinistra la raggiunse.
Gocce di sangue bagnarono la piazza. Niamh, ancora avvolta dall’incantesimo Blind, aveva provato nuovamente ad indietreggiare ma stavolta non era bastato.
La punta della lama tracciò un disegno sul suo corpo, dal fianco sinistro sino alla spalla. La ferita non era profonda ma sicuramente fastidiosa.
Non era ancora finita. Un calcio nel basso ventre la spedì schiena a terra.
Leon le fu subito sopra. Era finita.
O forse no.
“Leon dietro di te!” L’urlo gli arrivo alle spalle.
Istinto e fiducia. Due componenti fondamentali.
Anche se era il loro battesimo come coppia aveva piena fiducia nella capacità della compagna, nel suo stare su un campo di battaglia. Sapeva di potersi fidare di lei.
Ovvio che però non avrebbe mai lasciato il portafoglio incustodito in sua presenza.
Non si girò neanche, avrebbe perso tempo, immediatamente alzò la Claymore portandola dietro la schiena. Uno stridio metallico gli diede ragione.
La Wakizashi della Soul of Holden.
Con una spazzata la seconda Claymore raggiunse la gemella. La soul si flesse sulle ginocchia per evitare il colpo. Ma non bastò.
Un proiettile passò indenne tra le due lame, sparato dalla distanza in attesa dell’attimo giusto. E quel momento era arrivato. Holden, impegnato a fronteggiare il Seed, aveva perso di vista il secondo avversario. Che subito ne aveva approfittato per inviargli i suoi più sentiti ringraziamenti.
Solo l’istinto primordiale del ninja evitò la fine dello scontro, la scintilla dello sparo fu un segnale sufficiente. La testa si mosse lateralmente, il proiettile gli sfiorò la guancia e terminò la sua corsa nel muro di mattoni di una delle abitazioni limitrofe.
Si lasciò cadere all’indietro.
Un salto nel vuoto secondo molti.
Leon perse l’equilibrio, non trovando più la forza dell’avversario a contrastarlo, e fece due passi in avanti nel tentativo di ritrovare un punto d’appoggio stabile.
Era il momento della rivincita. La Wakizashi cadde al suolo.
La Senza vie di fuga venne alla luce. Soul of Paine.
Due proiettili vennero sparati, entrambi andarono a segno. Una Claymore cadde al suolo, automaticamente Leon si portò la mano sul fianco sinistro. Come in un disperato gesto di chiudere la ferita. Di impedire che il sangue colasse sulla piazza.
Tentativo inutile.
Si piegò su se stesso ansimando, non voleva arrendersi, doveva continuare, fece due passi indietro mentre la Soul of Paine si rialzava. Altri due colpi esplosero, stavolta era Elza nel tentativo di proteggere Leon, Paine si gettò lateralmente dietro la fontana della piazza.
Forse avevano guadagnato tempo. O forse no.
Niamh si era rialzata, lo status Blind ormai svanito. Leon si girò di scatto. “Mapporc…” Un violentissimo uppercut lo colpì in pieno.
Cadde al suolo diversi metri dopo, forse sconfitto.
Il sangue si irradiò velocemente sulla piazza. Un intricato dipinto fatto di fili rossi piò o meno spessi, aventi tutti come unico punto di riferimento il Seed.

Elza era rimasta da sola, mormorò un “Merd…” a bassa voce e si preparò alle danze.
Soul of Paine fece capolino e sparò.
I proiettili sibilando attraversarono l’acqua della fontana e si diressero verso la cadetta che non potò fare altro che ripararsi nuovamente dietro ai barili. Fuoco di copertura. Niamh avanzò spedita verso di lei. Un solo gancio ed il barile esplose in mille pezzi.
Frammenti di pino e di resina investirono la pugile che, per un attimo, rimase come accecata. Elza ne approfittò per sgattaiolare via, un proiettile di Paine colpì il suolo davanti a lei.
“Strada bloccata mia piccola colombella” Disse Paine con un ghigno.
Gancio destro di Niamh. Elza lo schivò scartando lateralmente. Rovescio. La cadetta si abbassò prontamente per schivare il colpo.
“Se serve una lesbica, io sono donna!” La Soul of Night, Rapier in pugno, si avvicinò.
Elza provò a scappare, a guadagnare tempo, la fontana era davanti a sé. Un salto e la attraversò. Ricadde tutta bagnata. Leon era ancora a terra, stavolta non c’entrava.
Evitò una magia Blind lanciata dalla Soul, tutto quello che poteva fare era aspettare, nel mentre Niamh si avvicinava a grandi falcate.
“Leon ma quanto diavolo ci metti?” Sapeva benissimo che il Seed era steso a terra in condizione critiche, ma era convinta che si sarebbe rialzato, che avrebbe fatto la sua parte fino all’ultimo.
Sempre che non fosse morto ovviamente.
Stern e Mond spararono a ripetizione, una raffica disperata per metterne fuori gioco almeno uno. La pugile era impreparata, ancora non era in grado di fronteggiare adeguatamente le armi da fuoco.
Non aveva riflettuto. Si trovava completamente allo scoperto. Un proiettile la raggiunse alla coscia facendola inginocchiare. Siegmeyer, ancora in versione Night, saltò anch’esso la fontana raggiungendo Elza prima che potesse dare il colpo di grazie alla sua compagna. Un affondo con lo stocco, evitato da Elza con un balzo laterale. La comparsa della spada corta, un rapido scambio di battute, le lame che si incrociavano e stridevano. Niamh nel frattempo si era rialzata, e tra un’imprecazione e l’altra si diresse verso la cadetta.

Che stai facendo? Rialzati.
Non me ne fotte un cxxxo se sei ferito. Se il tuo sangue è sparso su tutta la piazza o se te ne stai rannicchiato nel tuo vomito.
Sei vivo? Bene allora alzati e combatti. Resta sul campo di battaglia fino al tuo ultimo respiro. Non arrenderti mai. Non mollare mai.
Questo è il tuo io. Combatti e vinci.
Vinci e vivi.


Gancio destro di Niamh. Una capriola all’indietro permise a Elza di evitarlo, con uno scarto laterale evitò anche il gemello sinistro. Un proiettile della Soul of Paine, tornata ad occupare il corpo di Siegmeyer, le impedì di prendere fiato e di pensare un piano decente.
Era -censura- semplicemente -censura-.
Niamh le fu subito sopra “Finalmente ti ho presa”.
Una sedia attraversò in volo tutta la piazza ed andò a schiantarsi contro la schiena della pugile che di colpo, non potendo neanche più contare sul sostegno delle gambe, andò a terra. Nograv.
“Tu mi hai flippato una mucca, io ti ho lanciato una sedia. Se fossimo due contadini in uno sperduto villaggio a sud di Winhill questo si potrebbe definire un tranquilla sabato sera”. Raccolse da terra le Claymore, la ferita continuava a sanguinare ma al momento non era importante.
Scattò contro la Soul of Paine, le armi in pugno, con il piatto delle Claymore fermò i colpi di proiettile. Un montante, Siegmeyer scartò di lato deviando il colpo, un tondo, il cadetto si abbassò prontamente evitando il colpo, un fendente, schivato a fatica. Leon continuava a pressarlo, non dandogli la possibilità di respirare e di sparare. Si lanciò un Audacia, pronto a dare il colpo finale.
“Prima mi sono dimenticato di dirtelo, ma se volevi dare due colpi, esistono modi migliori”. Un calcio nello stomaco fece arretrare ansimante il cadetto “Se vuoi ti posso presentare Filippo…”
“Ma che persona volgare, se aspetti un attimo vedi come ti impiombo” Puntò la pistola contro Leon. Un colpo di proiettile e le volò via di mano. La mira di Elza era sempre precisa.
Due contro uno.
Siegmeyer estrasse il Rapier, la Soul of Night fece nuovamente la sua comparsa. Leon gettò a terra una Claymore, non aveva più abbastanza forza per gestirle entrambe, le braccia gli tremavano in maniera incontrollata, il fianco continuava a sanguinare ma niente era importante. Contava solo vincere, non voleva avere rimpianti. Andò all’attacco con un fendente, Siegmeyer schivò il colpo e provò a contrattaccare con un Blind, Leon lo evitò gettandosi a terra, la magia Haste lo aiutava sempre.
Elza arrivò alle spalle del cadetto, la lama nel braccio non era più nascosta, era pronta a colpire. Niamh però era in agguato, un placcaggio stile rugby sbalzò via la ladra, la pugile si rimise in piedi, un diritto diretto verso la faccia di Leon era il suo modo di salutarlo. Il quale schivò arretrando leggermente.
“Prossima volta dammi un bacino”
“Prossima volta tu sei morto”
La Wakizashi della Soul of Holden interruppe il battibecco, all’ultimo secondo Leon riuscì a deviare il colpo, Niamh ne approfittò per tentare di colpirlo con un uppercut allo stomaco. Solo un Protect impedì a Leon di farsi un altro bel viaggetto in aria. La Wakizashi tentò nuovamente d’affondare nelle carni del Seed quando un proiettile di Mond lo colpì alla spalla destra facendolo cadere rovinosamente al suolo.
Subito Leon ne approfittò per caricare Niamh, un tondo venne intercettato dai giganteschi guantoni della pugile, Elza però non stette a guardare e colpì con un calcio la ferita alla coscia della cadetta.
Niamh si inginocchiò nuovamente, il Seed scattò in avanti, per quelle che le sue forze rimanenti gli consentivano, la Claymore pronta ad un affondo.
Quando il mondo si spense.
Buio, sembrava che la luce fosse stata improvvisamente inghiottita, scomparsa dal mondo. Le tenebre ora dominavano incontrastate.
O forse era solo quel maledetto Night con un Blind.
Sentì dei passi, qualcuno si stava avvicinando a lui. Come a seguire una forza più grande, si mosse improvvisamente di lato. Il colpo lo raggiunse alla spalla destra invece che in pieno stomaco. Il gancio di Niamh lo fece comunque cadere a terra rovinosamente.
Continui capovolgimenti di fronte.
Un eterno balletto. Una perpetua danza.
La magia si dissolse in pochi istanti, anche Siegmeyer era arrivato al limite delle forze, giusto in tempo per dargli modo di osservare la situazione.
Siegmeyer si era rialzato e ansimante stava andando contro Elza.
La cadetta stava cercando di ricaricare, il più velocemente possibile, le pistole. Ma i forti brividi che la attraversavano rendevano il tutto molto difficile.
Niamh si era nuovamente inginocchiata. La gamba non rispondeva più ai suoi comandi, aveva perso troppo sangue.
Leon si sentiva svenire, il fianco completamente distrutto, sarebbe stato più facile fermarsi.
Ma nessuno dei quattro voleva arrendersi.
Erano quattro orgogliosi cadaveri.
Fino alla fine, fino a trovare un vincitore.

Bravo. Questa era la tua introduzione, l’inizio del tuo percorso.
Non è ancora finita. Dai tutto te stesso. Consuma sino all’ultima scintilla. Fino all’ultimo briciolo di vita che possiedi.
Solo così potrai guardarti indietro senza vergognarti di nulla.
Nightmare/dark sephirot
SeeD
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Re: Tornei

Messaggio da Nightmare/dark sephirot »

Troppo stanchi, troppe ferite, carenza di energie.
Erano tutti e quattro nelle medesime condizioni, chi più chi meno, ed anche senza status alterati era certo che avrebbero sostenuto a fatica lo scontro; presto si sarebbe concluso tutto, nulla di nuovo.
Era lo sprint finale, quel piccolo tratto che separa dal traguardo, così breve ma così difficile da percorrere.
Non c'era più tempo per le cazzate.
E lo sapevano.

Le due coppie stavano a pochi metri di distanza gli uni dagli altri, scrutando reciprocamente i loro corpi nell'attesa di un qualche gesto o un qualche errore che avrebbe dato il via all'atto finale: non c'era tempo per castare un novox, un pugno lo avrebbe raggiunto prima; non c'era tempo per cambiare anima, un proiettile lo avrebbe disarmato; non c'era tempo per parlare col compagno, bisognava fidarsi.
Lungo la fronte di un Siegmeyer ansimante colava una goccia di sudore infingarda che andò ad adagiarsi, sporca di polvere e sangue, nel suo occhio; uno stropiccìo fugace della palpebra fu il segnale, rapida Elza mirò al petto del cadetto!
Uno sparo!
Sieg al suolo, ma senza ferite! Era intervenuta Niamh con un provvidenziale spintone per poi essere costretta subito dopo a pararsi dalla claymore di Leon.
"HASTE!"
"HASTE!"
Ed erano nuovamente lì a scambiarsi pugni e spadate, provoncando scintille al contatto, forti della rinnovata velocità!
Avevano formato una sorta di muro semovente, i loro colpi erano troppo violenti e veloci per poter intervenire direttamente ed aiutare il rispettivo compagno; Elza e Siegmeyer potevano solamente tentare qualche operazione di disturbo mirata, ma prontamente contrastata.
La wakizashi venne tempestivamente bloccata dalla lama nascosta, nel vano tentativo di recidere i tendini di Leon.
Due pugni metallici spazzavano via un rapido fendente, lasciando aperta la guardia del Seed; uno scatto di lato, un destro caricato ma non andato a segno e subito il timore nello scorgere con la coda dell'occhio un'Elza rotolata alle spalle pronta a pugnalarla alla schiena.
Mossa prevedibile, un calcio mirato della soul of Holden la spedì distante contro la fontana.
In un lampo Sieg le fu di nuovo addosso cambiando nella soul of Night, ma sebbene provata dallo scontro la ragazza non si fece prendere di sopresa sparando l'unico colpo in canna sul piede del suo aggressore: centro perfetto.
Quel che successe fu un rapido e confuso susseguirsi di azioni.
Un grido.
Una rovinosa caduta nella fontana.
Gli occhi chiusi, acqua che si fa strada nelle vie respiratorie.
Capelli tirati.
Una lama alla gola.
Una battuta di scherno?
Un tentativo in extremis.
"Mor...feo..."
La presa venne mollata e in quel momento Elza,poco prima di cadere vittima di un profondo sonno, si sentì così stupida per non aver previsto un'eventualità del genere.
In quelle condizioni la magia non sarebbe durata a lungo ma poteva bastare per far guadagnare al team una vittoria: doveva solo sperare che Niamh se la stesse cavando ancora bene.
Purtroppo ciò che vide fu solo un leon tanto ammaccato quanto incazzato che si dirigeva verso di lui con un braccio tremolante a sostegno del fianco.
Non aveva visto cosa era successo, ma poteva facilmente intuirlo: per quanto Niamh fosse agile e forte aveva comunque incassato troppi colpi e già prima riusciva a stento a reggersi in piedi; e a Leon bastava un secondo, un ginocchio a cedere, per concludere uno scontro.

Erano rimasti loro due.
Uno scambio di battute a distanza ravvicinata con il Seed era pura follia,ma non aveva altra scelta ed una volta in più confidò nella soul of Holden.
La wakizashi ondeggiava lentamente, accarezzando l'aria circostante in attesa di trovare un'apertura; passi lenti e calibrati, il primo attacco andato a buon fine avrebbe decretato il vincitore.
Un passo di fianco, il ventre di Leon visibile.
Affondo!
La wakizashi volava via, spazzata dalla claymore, mentre un Siegmeyer che riprendeva improvvisamente i sensi sentì rimbombare nella testa un solo semplice comando: fianco destro, calcio!
Agì d'istinto, la punta dello stivale andò a conficcarsi nella ferita provocata precedentemente al suo avversario. Ma non era abbastanza.
In un ultimo sfogo di adrenalina, Leon afferrò la gamba del cadetto pronto a stenderlo con una violenta botta sul cranio data con l'elsa della claymore.
*BANG*
Un proiettile della Senza vie di fuga si conficcò nel petto del Seed, entrambi caddero a terra.
"Ho vinto..."
Un piccolo sorriso si andava a formare sul volto provato del cadetto, subito interrotto da una smorfia di dolore e un colpo di tosse.
"Non ci contare...Stronzetto."
La mano tremolante di Leon andava a cercare nella tasca degli occhiali da sole neri mentre dei binari di fuoco solcavano il petto di Siegmeyer; l'arena si oscurò mentre in lontananza faceva la sua comparsa Kharonte, diretto a tutta velocità verso il cadetto con un'Elza che aveva ripreso i sensi in piedi su di esso.
Era questione di secondi ormai.
Che fine ingrata...


"VAULT BREAKEEEEEER"
Quel che potè udire Siegmeyer fu solo il fragoroso rumore di una Niamh scaraventatasi contro il guardian force per bloccarne l'avanzata, sfruttando tutto il dash fornitole dai guantoni; l'impatto fu violentissimo, ben più che sufficiente per far perdere l'equilibrio a Elza facendola finire a terra.
Ora sarebbe bastato rimetterla a nanna, sarebbe bastato un solo pugno della bruiser. Uno solo.
L'unico problema era metterlo a segno, l'audace gesto costò a Niamh una valanga di status alterati.

L'arena era di nuovo illuminata e le due contendenti stavano per fronteggiarsi per l'ultima volta, entrambe mosse dalla voglia di vincere...E nel caso di Niamh anche da un proiettile energia piantato tra le chiappe!
"Vai, ti affido tutto!"
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Re: Tornei

Messaggio da Pip :> »

GIUDIZIO

Innanzitutto scusate il ritardo. In secondo luogo, complimenti: veramente quattro post di alto livello, sono stato in grande difficoltà nella scelta dei vincitori.

Il post migliore è quello di Leon88, che passa il turno. C'è poco da dire, in tutta la manche è il post che ho apprezzato di più ed è un po' il mio "ideale" di post di combattimento. C'è tutto, dalla descrizione delle azioni, alla psicologia del personaggio (a questo riguardo, non si tratta di pensieri fini a se stessi, ma c'è un'elaborazione che penetra anche nelle parti di combattimento e soprattutto lo fa bene, andando ad impreziosirle parecchio), alle idee e l'originalità. Davvero un ottimo lavoro.

Il secondo utente a passare il turno è Macha. Sono stato molto indeciso, ma alla fine ho scelto di premiare l'azzardo. Sì, perché la parte su come neutralizzare la magia Slow solo con la tremenda forza bruta di Niamh l'ho trovato piuttosto azzardato ed anche, forse, discutibile nella meccanica. Solitamente, gli stati alterati si curano con oggetti o con magie come Esna. Tuttavia, l'ho trovato molto originale ed anche un modo per sfruttare in modo diverso le abilità di un personaggio esclusivamente fisico, denotando un'ottima inventiva. Bellissima la parte del dialogo fra le varie Soul. Bel post.

Anche i post dei due eliminati sono stati comunque di buonissimo livello, è stato il combattimento, ripeto, che mi ha messo più in difficoltà e che ho trovato migliore fra tutti. Il post di Leon è ricchissimo di contenuti anche se leggermente meno incisivo di quelli di Macha e Leon, mentre di quello di Night ho apprezzato molto lo stile, molto conciso ma con un crescendo di tensione, a sottolineare l'imminente fine dello scontro.

A dopo per i commenti, ora sono col cellulare. Editerò questo post appena possibile.

Ultimo scontro

Stray vs Raiden (questo l'ordine dei due post).

Al termine dello scontro, i due eliminati migliori fra tutti gli scontri si fronteggeranno in un combattimento singolo, l'ultimo della prima manche.

In bocca al lupo. :wink:

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Aenima
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Raiden vs. Kaleco Stray

Messaggio da Aenima »

Destroy Your Enemy
"La moglie del dorniano era bionda come l'oro
e più caldo della Primavera era il suo bacio.
Ma la lama del dorniano era acciaio nero,
e terribile era il suo bacio."





Si dice che l'istinto prevalga sugli animali e, a volte, anche sull'uomo: ed è vero, è inutile tentar di cambiare l'animo di un guerriero poiché questo rimarrà solo ed esclusivamente fedele a quello della propria spada.
Stringeva forte i pugni, nascosti dalle braccia conserte, era felice e il sorriso ch'aveva in volto parlava per lui: presto avrebbe combattuto. Aveva percorso il lungo e buio corridoio fino ad arrivare lì, in quell'arena che, di lì a poco, si sarebbe trasformata nel suo personale palcoscenico.
La mente stacca la spina dal resto del mondo, solo tre elementi vengono visualizzati: il proprio corpo, l'arena e, soprattutto, il nemico.
Tremava, Raiden. Ma non perché avesse paura.
L'adrenalina scorreva a mille nelle sue vene come fosse carburante vitale per mandare avanti l'intero organismo, sentiva ardere l'animo come un marchio a fuoco sulla pelle viva: l'istinto del predatore stava per destarsi e, assieme ad esso, la battaglia.
In poche parole, lo Spadaccino bramava lo scontro più d'ogni altra cosa e, fortunatamente, il suo avversario non si fece attendere: Kaleco Stray era arrivato.
Il Cadetto fece il suo ingresso in campo, solcando la torrida sabbia rossa dell'arena che andava disperdendosi in folate alle sue spalle, sospinta dal vento e dai suoi passi. I due contendenti vennero così a trovarsi l'uno di fronte all'altro: potevano così aprirsi le danze.
« Raiden. »
Mormorò Kaleco, in un sussurro impregnato di una leggera vena di sorpresa. Lui, Spadaccino inflessibile dagli enigmatici occhi di ghiaccio, come avrebbe reagito? Cento Guil per i tuoi pensieri, Raiden...
« E' dunque questo, l'epilogo? »
Sentendo pronunciare il suo nome, Raiden trasalì. Non per timore nè per sorpresa. Semplicemente per l'eccitazione che cresceva attimo dopo attimo, respiro dopo respiro. Si chiese, per un istante, come Kaleco avesse agito. Come si sarebbe comportato in quell'arena? Epilogo? Una pessima scelta di parole, a suo avviso. Inarcò un sopracciglio, fingendo disapprovazione profonda. Prese a camminare, con una calma forzatamente ostentata. Avanzò di uno, due passi.
Lento.
Sereno.
Nel muoversi estrasse la lama nera di Glamdring, facendola roteare sempre a contatto con il suolo e portando l'elsa in avanti, con la lama rivolta indietro. Nel suo incedere fu accompagnato dal sinistro rumore del metallo che strideva sulla sabbia e la sua voce trasudava un tono volutamente provocatorio, allo scopo di intimidire il suo avversario.

« Epilogo? No, socio, non credo. Piuttosto direi "Prologo". La via per la fine è ancora lunga...per entrambi. »

Era a otto metri dal giovane Cadetto quando pronunciò quelle parole. Procedeva sempre con estrema lentezza, un atteggiamento appositamente snervante ed irritante.

« Perciò oggi vedi di farmi un grosso favore... »

Si fermò a circa sei metri dal suo avversario, con un ghigno beffardo stampato sul volto. Ghigno che divenne un tremante e inquietante sorriso traboccante aggressività. Non che nutrisse risentimento, odio o disappunto verso quel ragazzo, valido soldato, a suo avviso: era pura adrenalina, una scarica che pervadeva le sue membra spronandolo a dar tutto sé stesso in quella competizione.

« ...cerca di non crepare. »

Veloce come il vento, irruento come il fuoco. Scattò all'improvviso con tutta la forza di cui erano capaci le sue gambe. I suoi piedi macinavano metri rapidamente, complice la morbida sabbia sottostante. Fendette l'aria, piegando il busto in avanti per garantirsi una maggior velocità, e tenne la spada nella stessa posizione di prima: la lama rivolta indietro, che strisciava sulla sabbia tracciando un solco irregolare. Fu lucido e spietato nel costruire la prima offensiva della sfida. Superata l'esigua distanza che lo divideva da Kaleco, sollevò di scatto la mano destra flettendo il gomito come per sferrare un cazzotto improvviso. Assieme all'arto si levò dal terreno la nera lama di Glamdring, descrivendo un arco crescente che avrebbe mirato con estrema potenza e pericolosità alla coscia sinistra dell'avversario fino a salire verso la sua spalla destra. Tutto ciò ad una distanza di mezzo metro, in contemporanea con l'arrestarsi della corsa e il raddrizzamento del busto da parte dello spadaccino.
Dinanzi ad un attacco tanto rapido e senza fronzoli portato in un piccolo fazzoletto di terra, a Kaleco non restava altro che tentare la schivata. Servendosi delle abilità trasmessegli dagli impianti cibernetici presenti nel suo corpo, il giovane riuscì a scartare lateralmente un attimo prima che la lama di Raiden impattasse impietosa su di lui, subendo tuttavia una lacerazione superficiale all'altezza della clavicola destra.
Lo sguardo di Kaleco oscillava alternativamente tra Raiden e la piccola macchia cremisi formata dalle gocce di sangue che andavano rapprendendosi sotto la sua divisa. Niente di serio, eppure l'aggressività dello Spadaccino lo aveva colto di sorpresa, e non poco. Ma in battaglia, si sa, non si fanno sconti.
« Ma che ca... Ci è mancato poco... »
Non poteva in alcun modo competere con Raiden sulla breve distanza in quelle condizioni. Doveva inventarsi qualcosa in fretta, qualcosa che impedisse allo spadaccino di potersi rendere pericoloso come poco fa.
Doveva essere rapidissimo, e Kaleco di certo non temporeggiò.
Così, gli status alterati Blind e Slow afflissero Raiden nel medesimo istante in cui il giovane Cadetto architettava la sua controffensiva.
Facendo leva sulle mani e sulle gambe, il ragazzo scattò, in maniera simile ad un centometrista, tentando di sfruttare al meglio la velocità di cui disponeva, mantenendo basso il suo baricentro; le gambe flesse scattarono verso destra, in una breve corsa. Là, dopo appena un metro, si piegarono ancora, questa volta per permettere al giovane uno sfoggio atletico. Senza esitazioni, balzò appena per toccare la terra con una mano - una semplice "ruota", all'apparenza. Prima che anche la seconda aiutasse a sorreggere l'intero peso del corpo in quella instabile posizione, però, la stessa si abbandonò ad un movimento inconsueto: aveva sferzato l'aria. Lo sapeva fin troppo bene: se Raiden l'avesse raggiunto, avrebbe potuto anche squartarlo. Non poteva competere con lui a distanza ravvicinata. Gli avrebbe mostrato, comunque, che la vera forza di Kaleco Stray, Cadetto del Garden di Rinoa, non veniva dai muscoli.
Quando anche la seconda mano arrivò a terra, sorreggendo il Cadetto in una verticale, questo si sbilanciò per arrivare inginocchiato al suolo. Vedeva perfettamente Raiden brancolare nel buio alla velocità di una lumaca, alla ricerca del suo avversario che -non a caso- si era mosso in modo tanto arzigogolato, al fine di confonderlo ulteriormente e infine colpire da una posizione assolutamente casuale. Imbracciò così il suo arco e da quella stessa posizione scoccò una, due, tre frecce mirando a punti non vitali del corpo dello spadaccino, non un difficile bersaglio in quelle condizioni.
O, almeno, questo era quello che credeva. Perché Raiden riuscì a schivare i tre dardi sibilanti con disarmante facilità, come se questi si muovessero alla velocità di una moviola. Non riusciva a vederlo, annebbiata com'era la sua vista dall'effetto di Blind, ma poteva immaginarsi perfettamente lo stupore sul volto del suo giovane ed audace avversario, che aveva appena visto vanificata la sua offensiva.

« Kami-e, potenziamento dei Sensi. Bel tentativo, lo ammetto ma... Kaleco, è davvero tutto qui? »

Il tono di Raiden era volutamente canzonatorio, non che volesse sminuire l'avversario, soltanto provocarlo al fine di indurlo all'errore. Ma Kaleco aveva dimostrato di avere i nervi saldi. Agli occhi del giovane sembrava che Raiden provasse un insano piacere nel sorprendere il nemico, giusto per veder stampata sul suo volto un'espressione basita - stupida? -. Espressione che Kaleco deviò in un'inattesa contentezza: sorrise, sforzandosi di non mostrarsi esterrefatto.
Ma quelle non erano che le battute iniziali di uno scontro che Raiden tuttavia trovava -per i suoi standard- alquanto atipico, visto il particolare stile di combattimento del suo avversario.
Una piccola differenza che non faceva altro che stimolarlo a dare il meglio.
Rimase immobile, spiazzando ancora una volta il suo avversario, nel mentre una coltre di ghiaccio via via più spessa andava sostituendosi alla sabbia rossa che lo circondava. Adesso lo spadaccino era nel suo ambiente naturale. Nel suo regno.
Se Kaleco si fosse avvicinato, lo avrebbe fatto a suo rischio e pericolo. Bisogna sempre muoversi con cautela in casa altrui, è risaputo. Ma Raiden non riteneva Kaleco uno sprovveduto: era curioso - d'una curiosità insana - di vedere come il ragazzo avrebbe reagito.
Quel che è certo è che non si sarebbe affatto risparmiato.

« Diamo inizio al secondo atto dello spettacolo. Credo sia ora di placare i bollenti spiriti... »

"La moglie del dorniano cantava facendo il bagno,
dolce come una pesca era la sua voce.
Ma la lama del dorniano cantava la sua canzone,
freddo come una sanguisuga era il suo morso
."




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Spoiler
~ Tecniche utilizzate
Kami-E (Disegno di Carta) (2): E' una tecnica che richiede notevole concentrazione. Attraverso questa abilità è possibile aumentare in maniera massimale ma temporanea l'acuità sensoriale, così da poter schivare attacchi anche molto rapidi, persino proiettili, grazie al temporaneo potenziamento dei riflessi. L'incremento massimale interesserà, pertanto, il parametro DES dello spadaccino. (Max 1 volta a combattimento)

Ipotermia (2): Raiden può gelare il campo di battaglia entro un raggio massimo di 10 metri (o anche meno, a sua discrezione) ricoprendolo di ghiaccio. Ciò causa dunque danni da freddo ai nemici (o a eventuali alleati) che potrebbero trovarsi circondati da ghiaccio, fino all'ipotermia, soprattutto se questi vengono a trovarsi nelle vicinanze dello spadaccino o a stretto contatto fisico con lui (la temperatura del corpo di Raiden infatti può scendere molto rapidamente, tramutandosi in vero e proprio ghiaccio).
« The world needs bad men. We keep the other bad men from the door. »

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Scheda ~ Die soldaat - Background
Stray
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Battle of the Heroes

Messaggio da Stray »

La guerra non cambia mai dicono...ed a quanto pare, nemmeno il guerriero cambia se stesso: la sua via è quella della lotta, il suo credo è quello della battaglia, la sua vita è dedicata allo scontro.

Ed in quell'arena i combattenti che ad Ares avevano dedicato la propria esistenza erano due.


Il ghiaccio gli si era eccessivamente avvicinato, e non serviva certo un esperto per capire che il gelo gli sarebbe stato fatale: doveva prima di tutto proteggersi, il che lo costrinse ad esporre solo il lato mancino del corpo, rinforzandolo grazie ai naniti che operosi iniziarono a contrastare l'effetto congelante.

Una volta di più capiva come mai fosse proprio quel SeeD ad essere incaricato di istruire i giovani cadetti ai virtuosismi della lotta: quando lottava non si limitava ad affrontarti, ti faceva capire come ti affrontava...e come ti sconfiggeva.
Un'altra caratteristica di Kaleco Stray era che usava sempre il cervello per trovare la tattica giusta.

"Forse allora dovremmo parlare di meno, non trovi...socio?"

Una freccia partì diretta verso il petto dello Spadaccino, ma non ci volle molto prima che iniziasse a congelarsi ed a perdere velocità...ma un coltello era stato tirato verso la freccia per ridarle quel minimo di forza necessaria ad arrivare al bersaglio. Aveva sì perso di precisione, ma contava proprio su questo per far perdere quel minimo di concentrazione necessaria a mantenere l'effetto congelante.

Ed a quanto pareva, i sensi sviluppati di Raiden gli avevano sì detto dove la freccia avrebbe colpito in un primo momento...ma la deviazione improvvisa aveva sfalsato la sua prima certezza. La freccia aveva comunque fatto una brutta fine, tagliata in due a mezz'aria con un preciso fendente, ma ciò aveva permesso all'esthariano di estrarre le lame celate e prendere la rincorsa per poi usare il petto come slittino improvvisato sul ghiaccio che il connazionale aveva creato; obiettivo: le caviglie dell'avversario. Dopotutto, chi combatte all'arma bianca deve stare sempre attento a non venir azzoppato.

Aveva osato, aveva visto un possibile varco nella difesa perfetta che si trovava di fronte...ed aveva trovato un guerriero abile e capace, da cui c'era solo da imparare: con un minimo spostamento si era portato fuori pericolo, parando il colpo basso del cadetto con un roverso sgualembrato, arrestando la "corsa" del ragazzo.
Ora era veramente nei guai.

Raiden invertì rapidamente la presa sulla spada mentre la sollevava per vibrare un violento fendente verso Kal: il ghiaccio che schizzava da tutte le parti lasciò intuire all'Infiltratore cosa lo Spadaccino gli avrebbe potuto fare con una mossa minima. E ritrovarsi il braccio sinistro indolenzito per l'aver dovuto parare in quella maniera un diritto ridoppio non gli fece molto piacere: la cicatrice sulla guancia sinistra gli bruciava ancora nell'orgoglio, non ne desiderava decisamente altre così presto: il braccio destro scattò in un affondo verso la testa dell'istruttore, ma l'allievo sapeva benissimo che il colpo non sarebbe andato a segno.

Era proprio ciò a cui puntava.

Il dritto tondo partì come previsto, usando una sola mano, lasciando un minimo spazio aperto per colpire...ma non partì la lama, bensì a colpire il petto ed il muscolo del braccio, arpionando nel mentre i due punti che avevano appena impattato: la ginocchiata nello stomaco fu inevitabile, anzi le ginocchiate, portate sino a quando Raiden sgusciò via dalla presa sottoforma di acqua, inglobando il cadetto in una bolla, con solo la poca aria che era riuscito ad inalare prima di venir sommerso.
Mai come allora Levita si rivelò fondamentale per uscire dalla presa idrica.

Quanto tempo era passato dall'inizio dello scontro? Pochi minuti, eppure gli sembrava di combattere da ore. Ora pure lui capiva come mai lo Spadaccino era sempre così eccitato all'idea di uno scontro: l'adrenalina, il cogliere ogni istante come se fosse l'ultimo della tua vita, riuscire a sopraffare l'avversario anche solo per una volta, magari quella decisiva, dopo una lotta estenuante...

La guerra non cambia mai dicono...ed a quanto pare, nemmeno il guerriero cambia se stesso: la sua via è quella della lotta, il suo credo è quello della battaglia, la sua vita è dedicata allo scontro.

Ed in quell'arena gli eroi che si stavano affrontando erano due, determinati a vincere più degli stessi dei.
We know what you are doing...
We will react.


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Pip :>
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Re: Tornei

Messaggio da Pip :> »

GIUDIZIO

L'utente ad accedere alla seconda manche è
Spoiler
Raiden
Il layout mi fa impazzire, davvero elegante. A prescindere da questo, ho apprezzato molto l'aver lasciato a Stray la "patata bollente". Mi spiego meglio: spesso in un combattimento ci si limita a descrivere i fatti e lo svolgimento dello stesso, inserendo una certa quantità di eventi prima di concludere e aspettare il proseguimento dell'altro utente. Qui, invece, è stata lasciata a Stray una situazione, praticamente uno spunto come se si stesse postando in Garden, del tipo: "io faccio questa mossa e ti metto in questa situazione, tu come rispondi?", sostanzialmente costringendo l'avversario a scrivere il proprio post secondo lo scenario da lui deciso. Riguardo l'altra parte del post, la ricerca del colpo di scena è una tua caratteristica: bene l'utilizzo di Kami-e, "costruito" con coerenza e senza sbavature; in generale, un buon post anche se non il migliore fra tutti i tuoi che ho letto.

Anche il post di Stray è di buon livello, anche se a tratti un po' troppo scenico, come quando Stray scocca la freccia accompagnata dal pugnale. In ogni caso, ben scritto e ricco di contenuti, si nota la ricerca di situazioni non convenzionali ed anche la presa di coscienza del fatto che, comunque, Kaleco sta combattendo contro un SeeD esperto, cosa che ha spinto il tuo personaggio a rischiare combinazioni inusuali.

--------------

Ballottaggio

Eccoci al ripescaggio. Entrambi sono stati autori a mio parere di due buonissimi post, quindi bando alle ciance e diamo il via al combattimento

Oushi Vs Leon Feather

In bocca al lupo, ne approfitto anche per avvisare che ho editato il mio post precedente inserendo i commenti al penultimo scontro. :wink:
Oushi
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Re: Tornei

Messaggio da Oushi »

Torneo Garden
Oushi vs Elza
Una goccia di sudore si fece strada lungo la sua guancia, scivolando quasi con fatica, rimanendo infine aggrappata al mento per una frazione di secondo prima di cadere e precipitare nel vuoto.
Non era una bella sensazione.
Come fosse finita lì, appesa alla spada conficcata nella parete dello strapiombo, era un mistero. Elza la guardava dall'alto, con il sangue che le colava da una ferita recente alla spalla, abbandonandosi a una breve risata liberatoria – quasi isterica – e crollò sfinita sulle ginocchia.
Sapeva che non avrebbe dovuto, ma Oushi guardò giù: sotto i suoi piedi uno strapiombo sprofondava per decine di metri, tanto che i sassi che precipitavano nel buio sotto di lei venivano inghiottiti dall'oscurità senza produrre alcun suono. Le braccia erano il suo unico sostegno, letteralmente il solo appiglio che la teneva sospesa sopra il baratro. Muoversi era fuori discussione: quando aveva rischiato di precipitare, l'unico freno alla sua caduta era stata la sua spada, che però in quel momento si trovava in una posizione troppo precaria. Una mossa sbagliata poteva costarle cara.
«Ok. Hai vinto. Adesso tirami su.»
Tra l'altro era anche ferita a un fianco, lì dove Elza l'aveva infilzata con la lama celata. Sì, ovvio, perdere ettolitri di sangue non l'aiutava a reggersi al suo trespolo.
«Certo, come hai detto prima sulla cima del palazzo. Poi hai tentato di buttare giù me.»
«Perché tu avevi chiesto una tregua. Io ti ho dato retta E MI HAI PIANTATO UN COLTELLO NELLA PANCIA.»
«Uff.»
«TIRAMI SU, YEVON CANE.»
Elza fece calare il cavo metallico dello sparampino per aiutarla, ma sporgendosi mise un piede in fallo. Il ciglio sdrucciolevole cedette sotto il suo peso, e la cadetta franò addosso all'avversaria trascinandola giù con sé.
Oushi si risvegliò da sola nel buio. Era distesa in una pozzanghera di acqua limacciosa e dall'odore capì ben presto che non si trattava di acqua: doveva essere caduta nella rete fognaria.
In qualche modo era ancora viva, ma di Elza non c'era traccia da nessuna parte.
Si rimise in piedi puntellandosi su un bastone. La luce filtrava dall'alto quel tanto che bastava ad illuminare la zona circostante, ma il percorso davanti a lei le era ignoto. Non c'era modo di sapere cosa l'aspettava nel buio, ma non poteva nemmeno rimanere ferma lì. Seccata, iniziò a procedere a tentoni, reggendosi il fianco e ansimando pesantemente per la fatica.
La via fognaria aveva ceduto in più punti disseminando detriti sulla via e costringendola a scavalcare i blocchi di cemento più ingombranti per procedere: lo sforzo fisico divenne in breve troppo faticoso da sopportare e la cadetta crollò a terra, quasi dissanguata.
Si sentiva stupida oltre ogni dire. Possibile che anche in un torneo amichevole dovesse spendere tutte le sue energie e rischiare di lasciarci le penne? La sua indole autodistruttiva aveva dell'incredibile, davvero, dopo tanti anni ancora riusciva a sorprendersene.
Ma non poteva smettere di lottare. Doveva andare avanti ad ogni costo, perché per quanto poco le importasse vincere il Torneo, l'idea che Elza passasse il turno le faceva ribollire il sangue - quello che le era rimasto in corpo. Sbatté un pugno a terra e inspirò profondamente, poi si rimise in piedi, tremante. Il suo corpo le urlava di fermarsi, di riposare, ma Oushi non dava mai retta a nessuno. Era talmente stanca da avere le allucinazioni: le sembrava che una luce sfolgorante si fosse accesa davanti a lei, così luminosa da rischiarare l'ambiente. Era calda, e sembrava volerle comunicare qualcosa. Si lasciò avvolgere come da un abbraccio materno.

Elza camminava da un'infinità di tempo, o almeno era l'impressione che aveva. Nella caduta, aveva avuto la fortuna di precipitare in un pozzo pieno d'acqua - “acqua” -, che le aveva salvato la vita. Sperava che Oushi stesse bene. Doveva vendicarsi per essere stata trascinata nel baratro assieme a lei – che entrambe fossero precipitate esclusivamente per colpa sua, Elza evitò di ricordarselo.
Rapita dai pensieri sciocchi, che la distraevano dalla reale paura che Oushi fosse morta, non fece caso a dove stava mettendo i piedi e inciampò su un qualcosa. Illuminò il suolo con la sua pila – una ladra, vabbé ex-ladra, non gira mai senza gli strumenti base – e scoprì una serie di strani oggetti. Un'uniforme ben piegata, una spada dall'aspetto strano e un bigliettino che spuntava dal colletto del vestito.
A chiunque entri in possesso di queste armi, auguro buona fortuna.
-GG
Quando alzò gli occhi dalla nota si trovò davanti l'uniforme, che la stava fissando. Non tecnicamente, ma non poteva fare a meno di sentirsi osservata. Una delle maniche si mosse, sollevata apparentemente da una volontà propria, e si posò sulla sua spalla ferita.
«Non mi piace. Non è divertente.»
Armi? Cosa? Non voleva saperne niente! Ma prima che potesse opporre resistenza, Elza venne inglobata dallo strano capo d'abbigliamento.
Recuperò tutte le sue forze: di colpo le sembrava di poter fare tutto. L'unica cosa che la lasciava basita, era la quantità di pelle nuda che lasciava esposta, ma non si può avere tutto. Afferrò la spada e provò a maneggiarla: era così comoda da sembrare un'estensione del suo corpo.
Sorrise divertita ed eccitata. Sapeva che era stupido, totalmente privo di logica, ma aveva voglia di tirare un pugno al muro. Caricò il colpo e sparò un diretto proprio contro la parete, e non fu affatto stupita quando quella si sgretolò dietro il suo tocco aprendo una gigantesca voragine.
Scoppiò a ridere come un folle e continuò a sferrare attacchi e colpi di spada all'ambiente intorno a lei, finché un affondo micidiale sfondò il soffitto sopra di lei, mostrandole uno spiraglio di luce.
Poi saltò, e salì per metri e metri, sfondando con la sua sola presenza ogni ostacolo tra lei e l'aria aperta e infine raggiunse la libertà. Era in alto, altissimo, sotto i suoi piedi aveva una panoramica chiarissima dell'arena intera: grattacieli svettanti, che non aspettavano altro se non lei.
Voleva provare a saltare da un edificio all'altro, ma prima ancora di aver finito di formulare quel pensiero, un calcio portato a segno da un tacco dodici di praticità discutibile, la colpì in pieno all'addome, facendola schiantare sul palazzo più vicino e scavando una voragine col suo corpo.
«ELZA!» Elza si rialzò quasi indenne. La sagoma nera di Oushi si stagliava contro il fuoco del tramonto, ma risplendeva di luce propria.
«Ci rivediamo.»
«Sei arrabbiata per prima?»
«Sono inc*zzata come una biscia.»
Avevano la stessa spada scarlatta, rossa come il sangue, vibrante come l'adrenalina pura che scorreva loro nelle vene. Erano speculari, come le due metà della stessa anima che le univa. Eppure si fronteggiavano come nemiche giurate.
«Andiamo, lo sai che solo una di noi due può vincere.»
«Tu hai ferito i miei sentimenti![CIT]»
«Quali sentimenti?»
«APPUNTO!»

Oushi si lanciò letteralmente come una furia contro l'avversaria, menando un fendente che Elza parò alzando la spada sopra la sua testa. L'onda d'urto aprì crepe nel cemento e sollevò i calcinacci. Trasportata dall'impeto, Lehner continuò a bersagliarla di colpi, che però Elza riusciva a contrastare o a schivare senza troppa difficoltà.
«Tutto qui?»
Quel momento di spavalderia le costò caro: un pugno la colpì in pieno viso scagliandola lontano, costringendola a frenare la sua corsa conficcando l'arma nel terreno e segnandolo per metri. Ma la furia di Oushi non conosceva fine: la raggiunse con uno scatto fulmineo e la caricò con l'ennesimo affondo, che questa volta andò a segno: le squarciò un fianco e la ferita esplose con un getto di sangue talmente copioso da essere irreale. Non solo Oushi ne fu ricoperta, ma anche il suolo sotto i suoi piedi.
«Adesso siamo pari.»
Elza digrignò i denti, ma l'armatura (?) era in grado di darle abbastanza energia da non farle quasi sentire il dolore.
«Mi sembra giusto.»
Sguainarono le spade gemelle, puntandole una in direzione dell'altra.
Il vero scontro iniziava in quel momento.
Spoiler
I'M NOT EVEN SORRY. La megacitazione a Kill la Kill è stata concordata prima con Leon. Mi dispiace di non essere riuscita a disegnare anche Elza :°
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Leon Feather
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Kill La Kill

Messaggio da Leon Feather »

Torneo Garden
Oushi Lehner vs Elza


Il suo attacco, portato impugnando l'enorme spadone con entrambe le mani, aveva lasciato un solco sul terreno di fronte a me, sulla cima di quell'enorme palazzo. Un solo colpo di quella portata, se fosse andato a segno, mi avrebbe ridotto in un frappè di Elza.
- Vacci piano!
- Smettila di saltare in giro come una -censura- lepre!
Purtroppo per lei non avevo nessuna intenzione di fargli il favore di correre contro la sua spada e finire a fettine. Sparai un paio di colpi di pistola, giusto per rallentare la sua carica e costringerla sulla difensiva mentre pensavo a un piano per contrastare la sua furia. Visto dove ci trovavamo non c'erano molti posti in cui scappare e nascondersi, a meno che non fossimo tornate a inseguirci tra i piani del palazzo. Cosa che mi aveva stancata abbastanza da scartare l'idea.
Rotolai su un lato per evitare l'ennesimo fendente e sparai altri colpi di pistola, che Oushi parò con il piatto dello spadone. Mi inseguì continuando ad agitare l'arma fendendo l'aria e lanciando imprecazioni ogni volta che mancava un colpo, fino a rassegnarsi e fermarsi a pochi metri da me, con il fiatone.
- Sei veramente fastidiosa.
- Curioso, non sei la prima a dirmelo in questo torneo.
Sbuffò e poggiò l'arma a terra. La osservai incuriosità cercando di capire cosa avesse intenzione di fare, poi capii: il peso della spada e la stanchezza non gli permettevano più di combattere come avrebbe voluto, e così aveva deciso di farlo a mani nude. Saggia scelta visto come era facile per me schivare i lenti colpi di quell'enorme spadone.
Sorrisi perchè mi trovavo ancora in qualche modo in vantaggio, e avevo finalmente la possibilità di avvicinarmi senza essere spazzata via.
Sparai un colpo e Oushi lo schivò scattando di lato, poi avanzò in una corsa frenetica verso di me. Riposi le pistole e con un movimento del polso estrassi la lama celata. Deviai un diretto, poi Oushi si abbassò ed eseguì uno sgambetto e caddi sbattendo la faccia a terra.
Mi girai, schiena contro il terreno e l'ombra della cadetta su di me, e portai una mano a stringere sul naso sanguinante. Oushi piantò uno stivale sul mio petto.
- Finalmente ti ho presa. - Sbuffò.
- Credi che stiamo giocando? Su un vero campo di battaglia non dureresti cinque minuti – sollevò il piede – Alzati e combatti come si deve.
Mi sollevai da terra barcollando e asciugai via il sangue con il dorso della mano. - Bla bla bla... - Risposi alla sua provocazione con qualche versaccio.
Era agile, tanto quanto me. Non me ne ero resa conto fino ad ora perchè quello spadone l'aveva rallentata.
- Che ne dici di una tregua?

Allungai il braccio verso Oushi nel disperato tentativo di raggiungerla, e azionando il meccanismo dello sparampino riuscii ad avvicinarmi e finalmente ad afferrarle la mano. Afferrai anche l'altra sua mano. Strette saldamente l'una all'altra continuavamo a cadere in quel vuoto senza fine.
- M-moriremo?
- Calmati, è solo una simulazione. - Suonò quasi come un rimprovero.
Mi strinsi forte al suo petto e chiusi gli occhi.
- Ho paura - mugolai.
Oushi rimase in silenzio, imperturbabile.

Era ormai chiaro che quel vestito si nutrisse del loro sangue, dando loro quel potere incredibile in ritorno. Elza convenì che fosse uno scambio equo, nonostante mettesse in bella vista tanto di tette e di culo. Sentiva un'energia infinita fluire attraverso il suo corpo, dalla punta dei capelli fino alla pianta dei suoi piedi. Non sentiva dolore, non accusava stanchezza. Era un potere inebriante.
- Non ti permetterò di vincere questo torneo, Elza!
- Torneo? - la ladra rise sguaiatamente. - Non mi importa più nulla di vincere, con questa forza potrò ottenere facilmente qualsiasi cosa.
- Allora perchè sei ancora qua, a fronteggiarmi?
Strinse e rilasciò il pugno ritmicamente. - Una prova di quello che sono in grado di fare.
Oushi sorrise. Fece segno con la mano alla sua avversaria di avvicinarsi, provocandola. - Sono proprio curiosa.
Elza non se lo fece ripetere due volte e scattò in avanti caricando un fendente. La lama della spada fendette l'aria e calò su Oushi che si limito a parararla con il piatto della sua. Il terreno sotto di lei tremò pericolosamente, ma la cadetta respinse il colpo e rispose con un pugno alla bocca dello stomaco che lasciò l'avversaria senza fiato. Elza venne così sbalzata via e rotolò per una decina di metri, per poi rialzarsi con una piroetta e frenare l'avanzata affondando i tacchi nel terreno.
Quando Elza finalmente riacquistò il controllo totale del suo corpo, Oushi le era già di fronte, pronta a tornare all'assalto con una velocissima scarica di colpi. Risultò tuttavia facile per la giovane ladra anticipare ogni suo movimento e contrattaccare di conseguenza.
- Che velocità!
Oushi indietreggiò in uno scatto velocissimo. - Non darti troppe arie! - Compì un gran balzo e si lanciò su Elza, pronta a riceverla con la sua spada alzata a mo' di scudo. L'impatto fu violentissimo: l'energia scaturita dallo scontro delle due lame causò scintille e frastuono, e il terreno attorno a loro tremò e si lacerò, macerie volarono ovunque.
Ancora una volta, Elza strinse e rilasciò il pugno ritmicamente, mentre Oushi atterrava dolcemente sul terreno di fronte a lei. - Incredibile, non è vero? - Vapore sbuffò dalle spalle e dai fianchi del vestito.
- Basta giocare.
Il volto di Elza si trasformò in un ghigno. Si lanciò su Oushi afferrandola per il collo e sbattendola violentemente contro il muro di uno dei palazzi che svettavano nel panorama di fronte a loro.
- Qualunque sia il motivo per cui abbiamo ottenuto questo potere, non vorrai limitarti a sprecarlo per uno stupido torneo?
- Elza... - la voce soffocata di Oushi era appena udibile.
La ladra la spinse ancora di più contro la parete, fino a che questa non cedette ed esplose in mille pezzi.
Oushi si rialzò tossendo e arrancando, mentre Elza camminava lentamente verso di lei attraverso le macerie.
- Sei un cadetto del Garden di Rinoa. Non puoi fare quello che ti pare.
- Credi che me ne importi qualcosa?
- Vuoi approfittare della prima occasione che ti capita?! Non volevi diventare una persona migliore?!
- Sono solo una prigioniera! - urlò. - Sono stata costretta, non capisci?
Oushi afferrò la ladra per il colletto del vestito. Si trovarono faccia a faccia, fronte contro fronte.
- Bene! Adesso puoi scegliere!
- Ho già scelto!
La lasciò andare malamente, respingendola. - Allora fai come ti pare, ma almeno non stare lì a piagnucolare sul mio petto come se fossi morta.
- Oushi...

- Tris di regine.
- Full.
- Fanxxxo.
Oushi buttò le carte in mezzo al letto con fare scocciato.
Sorrisi mentre raccoglievo le carte e cominciavo a rimescolarle - Ancora una partita?
- Pokoyo ladro, perchè cxxxo continui a barare? Non stiamo giocando nemmeno per soldi, non ce n'è nessun bisogno!
- Non sto barando!
- Sì, certo – cominciò a mimare il gesto di battere le dita su una tastiera - Aspetta che ne prendo nota con la mia macchina da scrivere invisibile.
- Divertente. Davvero divertente.
- Giocherò ancora con te solo se ti spogli completamente, così sarò sicura che non nascondi carte da qualche parte.
Scossi la testa. - Cosa ho fatto di male per meritare tanto astio e pregiudizio?
- Ti rendi conto che stai parlando dall'interno di una cella? - scese dal letto di Elza e si buttò sul suo, premunendosi di stropicciare il cuscino. Poi spense la fioca luce del lumino che gli avevano messo a disposizione.
- Buonanotte.
Prima di mettersi a dormire, mi rivolsi a lei un'ultima volta. C'era una questione che mi tormentava fin da quella mattina.
- Mi dispiace di averti cacciato in questo guaio. Avrei dovuto stare più attenta.
- Pazienza - la ragazza si girò dall'altro lato. - Almeno hai qualcuno da fregare anche qui dentro.

- Oushi! Oushi!
Era morta di sicuro. Una simulazione, aveva detto. Eppure non si muoveva, e sembrava non respirasse. Poggiai un orecchio sul suo petto. Non sentii nulla.
Avevo ucciso Oushi Lehner.
Lacrime calde cominciarono a solcarmi le guancie e cominciai a singhiozzare. Le carezzai il volto, le labbra; le scostai una ciocca di capelli dalla fronte.
- Oushi...
Ripensai alla caduta, cercando di ricostruire mentalmente cosa fosse successo. Oushi non aveva mai dato l'impressione che le importasse qualcosa di me, eppure doveva avermi protetta, altrimenti non riuscivo a spiegarmi come io fossi sopravvissuta alla caduta e lei no. Affondai le braccia e la testa nel suo petto e scoppiai a piangere. Poi sentii una mano cadermi sulla testa.
- Ho fatto un sogno stranissimo.
Sollevai lo sguardo e asciugai le lacrime con il dorso della mano. - Credevo...
- Questo non ti ha impedito di rovistarmi nelle tasche e rubarmi il portafogli, scommetto.
Can you feel my, can you feel my, can you feel my tears?
They won't dry
Can you feel my tear drops of the loneliest girl?
The loneliest girl


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Re: Tornei

Messaggio da Pip :> »

Boh.. Facciamo un sondaggio per decidere il ballottaggio?

I due post sono veramente identici. E pure belli. Fosse per me e sommando i vostri due post nella prima manche, meritereste entrambi di accedere al secondo round: purtroppo nei tornei bisogna essere fortunati anche nel sorteggio, ma i vostri post non sono assolutamente inferiori a quelli dei 7 che hanno già passato il turno. Quindi a chi avrà ricevuto la seconda eliminazione di fila dico: sei stato sfigato/a. :asd:

Scherzi a parte, può sembrare brutto ma in verità entrambi avete prodotto in questo torneo post molto validi. Complimenti.

Ora.. Che fare? Non parlerò di vincitore perché non mi sembra la parola più adatta. Tuttavia, ritengo che a passare il turno debba essere
Spoiler
Leon Feather
Il motivo è opinabile ma è l'unica cosa che mi è venuta in mente: c'era più Elza nel suo post che Oushi nell'altro. Le tentazioni della ladra e l'aver parlato dei suoi rapporti col Garden, il suo barare nelle sfide, sono tutte caratteristiche di Elza, c'è pure un momento in cui viene evidenziato un certo crollo emotivo; mentre Oushi si è da questo punto di vista un po' trattenuta.

Mi dispiace molto per Oushi ma i tornei, ripeto, sono anche eliminazioni immeritate.

*****************

Proseguiamo! Ricapitolando, coloro che hanno passato la prima manche sono

Alexandra
Aeli
Hjordis
Nataa
Leon88
Macha
Raiden
Leon Feather


E dopo l'estrazione, si sono formate queste coppie che si fronteggeranno per due dei quattro posti previsti per la finale!

Hjordis/Alexandra vs Leon88/Aeli

L'ordine è, al solito, Hjordis, Leon88, Alex e Aeli.

Le cose iniziano a farsi davvero interessanti! In bocca al lupo a tutti. :wink:
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Hjordis
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Re: Tornei

Messaggio da Hjordis »

Seconda Manche
Hjørdis/Alexandra Vs Leon/Evan

"Nel Paese della Memoria il tempo è sempre Ora."
- Stephen King -





Fu un momento solo. Un istante che durò una vita intera: il pugno di Leon, nel gelo e nella desolazione di un'arena così reale da farmi scordare la finzione, spaccò il sopracciglio, perfetta mimica di un passato-presente indelebile.

Crack.

Il colpo di Raghaer è dolore e sangue, sul volto come nel cuore, ma pianto i piedi nella neve e continuo a lottare, incrollabile, disperata; scanso l'attacco successivo, lasciando che il suo acciaio strida innocuo contro la pietra.
Le sorgenti di Leiptrmir sono un inferno in cui tutto ribolle, acqua sulfurea e bollente nascosta nelle profondità gelide del Continente Isolato, un paesaggio di roccia dove il silenzio è scandito da incessanti gorgoglii e anche il cielo appare come una massa contorta e tumefatta; intossicati dalle esalazioni, persino i polmoni dolgono perché ogni respiro è uno spasmo, ogni passo una bestemmia che non trova voce - il fiato è prezioso per essere sprecato.
Il sudore riga la pelle per le lacrime che non riesco a piangere: non è ciò che fanno i soldati, né quanto concesso a chi dovrà governare un giorno, persino se l'uomo che stai combattendo è quello cui hai promesso la tua vita.
«Ancora resisti, figlia di Brynja? Il tuo cuore trema e sarà condanna, perché la paura nutre solo chi la inocula.»
La luce nei suoi occhi è l'appetito invincibile di qualsiasi predatore, una provocazione alla quale non rispondo per affidare invece i pensieri al vuoto, saggiando la gravità della stanchezza fra le dita e sulla spada. «Raghaer...»
«TACI» urla lui - belva, principe, folle. «Nessuno ha alcun diritto di pronunciare ancora il mio nome. Non tu.»
Evito la carica del martello per un soffio, staccandomi il mantello dalle spalle e rotolando in una pozzanghera di quell'acqua rovente: un battesimo di sangue e fuoco, lo stesso che avrebbe ridotto ogni suo ricordo in cenere.
Mi concede il tempo di alzarmi, poi schianta l'arma nel terreno instabile riducendolo a un tappeto di crepe: perdo l'equlibrio prima di realizzare cosa stia succedendo ed è allora che il lupo degli Ajsynn morde. Senza pietà.

Plo
tch.

Portai una mano al fianco, sibilando il mio dolore quando l'uomo ritrasse la lama e tornò immobile a squadrarmi.
Era rapido e letale, spietato eppure lucidissimo: la guerra - avevo avuto modo di scoprirlo all'apice della resistenza di Lys Black, quando la sopravvivenza non respirava nella superiorità numerica - era per lui naturale quanto la sua predisposizione al combattimento, e ad essa si abbandonava con una leggerezza che avresti definito respingente, ma al contrario di molti aveva imparato a conoscerne l'anima profonda senza per quello diventarne assoggettato.
Mentre ancora ero inginocchiata a terra, puntellata sulla spada per riprendere fiato, strinse la presa su una soltanto delle Claymore e caricò. Fu l'intervento di Alexandra a salvarmi: spostandosi di fronte a me, si preparò al cozzo impugnando Durandal con entrambe le mani, il baricentro basso. La potenza del colpo la fece arretrare, eppure non demorse, liberando l'arma con un'imprecazione sorda e pensando forse con un giustificato sollievo alla sua fattura.
Senza l'adamantio, a difenderla sarebbe rimasto a stento il moncone dell'elsa. Scartò di lato prima che Leon potesse castarle qualunque magia, sfruttando il ghiaccio per scivolargli più facilmente alle spalle, ma il SeeD conosceva molto bene le potenzialità di un corpo - e una mente - forgiato per combattere e si preparò a sfruttarle. Tutte.
Un Haste sussurrato. Una rapida torsione del polso accompagnata da un gioco di gambe: la violenta spazzata colse la ragazza di sorpresa, costringendola a una difesa maldestra che non la salvò quella volta dal perdere la spada.
Nello stesso istante, l'atmosfera attorno a lei s'increspò e una freccia cadde innocua al suolo. Il sigillo aveva reagito proteggendola da un attacco a tradimento di Evan, che aveva sfruttato la distrazione per la sua prima offensiva.
La velocità con cui un secondo dardo lasciò la corda fu imprevedibile per entrambe. Strizzai le palpebre, inebetita dallo stupore, e il tempo parve rallentare; il cuore pompò con un'energia che conoscevo, ri-conoscevo, mentre i muscoli delle gambe, indeboliti dalla perdita di sangue, urlarono per lo sforzo al quale li costrinsi nel sollevarmi.
Agguantai Alexandra per un lembo della divisa e la scaraventai alla mia sinsitra. Il dardo penetrò in profondità nella polpa della spalla, sbilanciandomi; schiusi le labbra ma non uscì un fiato, solo un rivolo di sangue che morì in terra.

Plotch

All'alba appartiene una lucidità imprevista, un guizzo di consapevolezza che sfugge all'ora media: lo stesso che mi fa comprendere l'impossibile esistenza, speranza, di un futuro diverso, un se che cambierebbe la storia. Finirà qui.
Non ho bisogno d'interrogare la spalla - un grumo dolorante e sanguinante - per capire quale sarà la conclusione di questo scontro disperato; il dente del martello è calato così forte da far battere i dentri, sotto di noi il ribollire dell'acqua, nell'aria neve e piastre di metallo che schizzano. Assieme, sembrano schizzare anche pensieri e ricordi.
[Io credo che Raghaer stia impazzendo e un re folle non merita il trono, né può proteggere la propria gente o assicurarne la sopravvivenza. Se deve essere distrutto perché non divori il cielo e la terra, sarò io a farlo.]
Non ho bisogno di conoscere il futuro, perché l'avevo già visto quando i suoi occhi di ghiaccio si erano affilati e il sorriso era diventato solo il morso di una fiera. Eludo l'assalto, stringendo con rinnovato vigore la spada, appena prima che Raghaer possa colpirmi al viso: una frazione d'istanti e la punta del martello avrebbe perforato l'orbita.
«Straordinario. Sei più rapida di quanto tu mi abbia mai mostrato.» Non c’è autentica sorpresa né astio in questo apprezzamento: a differenza di qualunque soldato, fallibile e dunque legittimato all'odio, egli aveva sempre avuto dalla sua l’impunità dell’eccellenza. Ad abbatermi subito avrebbe provato tedio. «Ma non abbastanza... per me.»
L'ennesima carica è terribile: Raghaer aveva dello spazio una percezione unica, del tutto priva di angoli ciechi, un semplice spasmo muscolare gli era sufficiente a prevedere la traiettoria dell’avversario e ad anticiparne il colpo.
Lo evito di nuovo, respirando un momento in più, poi la mia lama disegna un arco di sangue e carne, incidendogli l'addome, incastrandosi tra le piastre dell'armatura. Contrae le labbra in una bestemmia trattenuta, afferra l'acciaio e cerca di spezzarlo ma con il movimento fluido, pratico, di chi ha passato anni tra le armi e il loro fragore, la sfilo.

Plo
tch.

Sapeva difendersi, Leon: impugnava la spada per vivere ma non temeva di morire. Questo offriva ai suoi colpi un equilibrio raro e un’efficacia nelle sue reazioni che molto suggeriva dell’esperienza di anni sul campo di battaglia.
Balzò indietro prima che colpissi di nuovo. Dalla lieve vibrazione attorno a lui, intuii che aveva innalzato un Protect, tuttavia il senso di attesa che lo accompagnò e si mostrò nei muscoli contratti del volto mi fece fiutare l'inganno.
Nascosto sul ponte della nave sopra le nostre teste, vidi Evan prendere la mira e calibrare il lancio: scattai in avanti nel momento stesso in cui la freccia sferzò l'aria, eludendo l'insidia dell'arciere per affibbiare all'uomo una spallata in pieno petto che lo scaraventò contro il fianco marcio del vascello, facendo esplodere una nube di schegge.
Superai lo squarcio e lo inseguii dentro la stiva, dove il SeeD affondò di sorpresa il taglio della Claymore sperando d'incontrare ancora una volta la carne debole del fianco. Io fui più rapida ancora: il piatto della spada si abbatté con violenza sul polso, costringendolo ad allentare la stretta e sbilanciarsi in avanti per non perdere del tutto l'arma.
Strinse i denti e tentò di sottrarsi a uno scontro che, era evidente, non riusciva a controllare in quella semioscurità ma io non ero scesa in campo per giostrare né per concedergli l'opportunità di guadagnare il minimo vantaggio.
Un nuovo affondo, eluso con una facilità quasi offensiva, un pugno fermato, il suo lamento rabbioso quando gli incisi la pelle sopra il gomito destro e la ginocchiata che lo fece barcollare addosso a un barile. Il legno si spezzò.

Crack.

Mi sottraggo alla punta del martello ma non alla sferzata implacabile di ritorno del dente: la terra manca da sotto i piedi all’improvviso mentre le costole, fratturate dal violentissimo impatto, mi strappano un rantolo sofferente.
La neve attutisce l'impatto e beve ingorda il denso fiotto di sangue che vomito come tento di riprendere fiato.
Tossisco con violenza, trattenendo sulle labbra un uggiolio penoso. Negli anni ero diventata forte a sufficienza da perdere l’abitudine al dolore e alla paura: il re folle in questo momento sta ricordandomelo nel modo peggiore.
«Coraggio, Leonessa di Rheithiel. Dov’è ora il tuo fuoco?» La sua voce mi provoca sprezzante ma non sento più nulla, se non il battito inquieto di un cuore terrorizzato. Posso aspettare l’ultimo assalto, oppure affrontare la morte con la dignità di un popolo che lui non rappresenta ancora: la spada di nuovo salda nel pugno, decido di attaccare.
L'uomo si trattiene sino alla fine poi, con agilità impensabile, scarta di lato, mi sorprende alle spalle, colpisce secco alla schiena. Cado in ginocchio boccheggiando e Raghaer stringe alla gola con una sola mano, alzandomi di peso.
«Mia sposa... Maledetta, amatissima regina...» sospira, poi affonda la lama nello stomaco. Un fiotto rugginoso e dolciastro sgorga dalla bocca lordando anche il mio carnefice. Avvicina soddisfatto il volto mentre la mia mano, non vista, scivola tremante verso la cintola. Una leggenda. Un mito sbagliato. Una maledizione. Ecco cosa diventerà, tra le clessidre del tempo e l'inchiostro indelebile della memoria di chi l'ha vissuto. «Questo è il sapore della vittoria.»
Un uomo. Un marito. Un innamorato. Ecco cosa è stato davvero e sarà sempre per me, nel cuore e nella pelle - tra sogni rubati e quell'amore che ci era costato tutto. Il coltello gli sferza la gola con la stessa forza del mio grido.

Plo
tch.

Ha un odore, la sconfitta? Ha una consistenza, la disfatta? La lama della Claymore era gelida contro mio il collo e il respiro affannoso si condensava in deboli sbuffi di vapore; sollevai lo sguardo per studiare l'espressione di Leon, occhi scuri e determinati a reggere il confronto mentre la pelle si tendeva, liberando qualche piccola bolla scarlatta.
Il silenzio assoluto era interrotto solamente da tonfi lontani provenienti da sopra di noi, sul ponte. Contrassi le dita attorno all'elsa, i muscoli tesi pronti a reagire, quando all'improvviso tutto rallentò e sembrò dilatarsi all'infinito.
Squarciò l'aria un tremore che divenne ruggito, il legno si spezzò, polvere e schegge divorarono il nostro orizzonte quando il soffitto ci crollò addosso, obbligando il SeeD a ripararsi e me a rotolare di lato per evitare una trave.
Fissai un attimo le dita incrostate di sangue rappreso e quasi nere, l'odore del legno marcio un sapore che s'insinuò nelle narici, poi sollevai la testa in tempo per vedere Alexandra rimettersi in piedi da sotto un cumulo di macerie sibilando fra i denti in una lingua che non compresi - forse niente di particolare, più probabilmente un insulto.
Mi alzai, un po' instabile sulle gambe, e sfiorai il fianco dove la ferita inferta da Leon bruciava ancora, poi mi affiancai alla SeeD estraendo con un colpo secco la spada che si era incastrata fra alcune assi e sacchi ammuffiti.
Di fronte a noi, a una distanza sufficiente da consentirglielo, Evan era già pronto a scoccare l'ennesima freccia.
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Re: Tornei

Messaggio da Aeli »

Seconda Manche
Hjørdis/Alexandra Vs Leon/Evan
Si sentiva come un fuscello piantato al centro di una distesa di rumoroso nulla. Il vascello fatiscente mandava scricchiolii sinistri ad ogni loro respiro, quasi come una creatura dormiente che li ospitava nel proprio ventre muffito. Hjørdis lo scrutava dal basso, tra le macerie del soffitto appena crollato, una mano premuta sul fianco sanguinante. Non era certo un colpo come quello che avrebbe scalfito la sua dura scorza di Ajsynn, e non c’era esitazione né tremore nelle sue movenze.
Evan era bravo.
Sin da piccolo i suoi occhi sapevano leggere in quelli altrui più di ciò che voce e corpo volutamente esprimevano.
Ma cosa leggeva, dietro quelle iridi pallide e lattiginose? La donna appariva tanto imperturbabile non per mancanza di emozione, al contrario: ogni fibra di quegli occhi chiari era intessuta di storie, stralci di vita sovrapposti e tanto intensamente vissuti, da risultare quasi fastidiosi.
Come quando ci si porta una mano alla fronte per schermarsi da un sole troppo forte, Evan frappose tra sé e Hjørdis il proprio arco, la freccia incoccata.
Lui non era come loro, Leon, Hjørdis, Alexandra; il suo combattimento non era un’arte, il suo impeto non era battagliero. Ad una prima occhiata, e probabilmente anche ad una seconda, era ancora un ragazzino che tirava freccette ad un bersaglio di paglia intrecciata.
Ma non tremava, non poteva. Non era un guerriero, ma quello era esattamente il suo posto.
L’arco in mano, gli occhi fissi. L’arena intorno a lui, il gelo che penetrava nelle ossa, odore di salsedine e legno marcio, muschio, conchiglie incastonate tra le assi imbarcate come un monile incrostato di gemme. Evan scagliava quelle frecce perché era l’unica cosa che sapeva e poteva fare, perciò non c’era alcuna ragione di tremare: respirava vita.
La corda vibrò.
Le dita lasciarono andare.
Il sibilo, amplificato dalla forma vuota e tonda della stiva, risuonò come uno sparo nell’aria greve di umidità. Il tempo di un battito di ciglia: entrambe le loro avversarie erano più vicine a Leon che ad Evan, e attaccarono quasi in sincrono.
Hjørdis roteò la spada, un colpo di taglio, una danzatrice letale; Alexandra estrasse un pugnale e lo tirò in direzione del fauno. La lama si conficcò nel legno, ma non era importante che il lancio andasse a segno per raggiungere il suo scopo: Evan era dovuto rotolare di schiena lungo la parete lignea per evitare di essere ferito, e così la Seed, imitando la compagna di squadra, preparò un fendente, veloce quanto micidiale.
Un altro momento, un frullo d’ali: Leon era ingabbiato tra le due donne e non c’era lo spazio materiale per utilizzare entrambe le Claymore; il piatto della spada doveva parare un colpo, lo scudo magico appena innalzato l’altro, ma il rischio era alto.
Una freccia calò, veloce, piantandosi sul pavimento che, docile, si lasciò tagliare come morbido pane. Un’altra si conficcò nel tacco sinistro di Alexandra, troppo impegnata per schivare appieno.
La terra d’improvviso tremò e il vascello barcollò con un rumore alquanto sinistro.
Il clangore assordante della Claymore che cozzava contro la spada di Hjordis aggiunse rumore al rumore, i due guerrieri furono scossi dalla potenza dello scontro e dallo scotimento del suolo instabile; ruzzolarono entrambi verso il fondo della stanza, rotolando sul fianco e rialzandosi in modo quasi speculare.
Alexandra era stata costretta ad interrompere l’attacco a metà, la gamba incollata a terra e come ingessata da quello che sembrava a tutti gli effetti un Blizzard, l’effetto congelante accentuato da temperature artiche che poco avevano di virtuale.
Era riuscita a tenersi in pedi compiendo una manovra affrettata, ed aveva dovuto piantare la spada sul pavimento per riuscire a sorreggersi.
Evan la fissava, in bilico sul suo trespolo di legno marcio che stava assieme per pura forza della disperazione, gli occhi fissi nei suoi, come a rimproverarla di essersi dimenticata chi fosse il suo avversario.
Avrebbe potuto scagliarle un altro dardo, ma a quella distanza Alexandra avrebbe parato senza alcun problema. Attese. Nell’esatto istante in cui la magia si esaurì, il fauno scivolò di lato e scomparve alla vista.
La Seed ci mise poco a raggiungere il punto dove un attimo prima si trovava il ragazzo; estrasse il pugnale dal legno e lo rinfoderò, si issò sul parapetto e cominciò a correre.
I passi pesanti di Evan risuonavano come colpi di tamburo e le sue tracce erano sin troppo facili da seguire.
La donna gli stava alle calcagna, e il ragazzo si fermò giusto una frazione di secondo: si voltò, incoccò e lasciò andare: Alexandra mosse appena il braccio e tagliò di netto la freccia, che esplose in una lingua di fuoco.
Evan si gettò oltre una rampa di scale, macinando gradini talmente in fretta che alla vista gli apparivano quasi sfocati; svoltò a destra, superò una porta – praticamente la divelse dai cardini con una manata – e riprese a scendere.
Duellare con lui, se di duello si poteva mai parlare, era frustrante oltre ogni dire.
« Non puoi scappare per sempre! »
La voce rabbiosa gli giunse alle orecchie come un ringhio ferino.
L’odore di marcio e stantio gli riempiva le narici, provocandogli un diffuso senso di nausea; sembrava che perfino l’aria stessa si fosse muffita. Tossendo, piantò uno zoccolo a terra e fece perno per voltarsi. Lanciò una freccia diretta alla balaustra, che scatenò una nebbia fitta e scura appena Alexandra entrò nel suo campo visivo, ma prima ancora che potesse esultare, quella carcassa fatiscente lo tradì.
Una delle assi del pavimento, molle e bagnata, cedette sotto il suo neppur considerevole peso, ed Evan precipitò senza il tempo di prendere fiato.
Tossì, sputacchiò, si scosse la polvere di dosso: un bagliore metallico e il suo istinto di sopravvivenza gli suggerì di tuffarsi a terra, lo scatto appena sufficiente a schivare un fendente che non era nemmeno sicuro fosse rivolto a lui.
Una fugace visione bianca, e un colpo fortissimo lo prese in pieno petto, scaraventandolo oltre un’apertura squadrata sul fianco della nave.
Sarebbe finito fuori a volo d’angelo se uno zoccolo, impigliatosi tra le schegge aguzze, non avesse frenato in parte la sua caduta libera, ma non servì poi a molto: l’urto fece fare ad Evan una capriola storta, ma sotto di lui, ancora il vuoto. Agitò le braccia quasi a caso, e si sarebbe sentito stupido se il suo cervello e il suo corpo non fossero stati interamente votati allo sforzo di trovare un appiglio.
Graffiò il legno, le palme raschiavano sulle assi, un’unghia si spezzò, la pelle abrasa si arrossava e spillava infinitesimali goccioline di sangue.

Se avesse potuto raggiungerlo subito, Leon l’avrebbe fatto senza pensarci due volte, abbandonando quella mortale danza di spade con Hjørdis; ma lei era un’avversaria troppo capace, che incalzava continuamente nonostante le ferite, e sulla cui guardia si aprivano ben pochi spiragli. A quel ritmo serrato, la dimensione della Claymore era più d’intralcio che d’aiuto, ma dove la leggera spada della Ajsynn primeggiava, arrivavano, per compensare, un Protect o uno Shell castati a mezza voce.
L’impetuoso stile della donna, nervoso a tratti ma al contempo fluido, era bilanciato ed equilibrato dal gioco pesante e cadenzato di Leon, che però ora sentiva montare la preoccupazione per il compagno di squadra, temendo che ormai fosse troppo tardi e che il fauno si fosse sfracellato sul ghiaccio.
Scartò di lato, caricando un colpo dall’alto al basso in direzione di Hjørdis, ancora a metà di un affondo, ma ella spostò il baricentro in basso e fece un movimento singolare, metà schivando e metà parando il fendente; le spade scivolarono l’una sull’altra, e con un mezzo giro i due spadaccini si scambiarono di posto, pronti a ricominciare da capo.
Le sopracciglia inarcate, la fronte corrugata, Leon cercò di distanziarsi: non appena Hjørdis scattò, lui abbassò la guardia, solo un attimo, e le castò uno Slow, per poi colpirla di piatto con la spada e scagliarla metri avanti a sé.
Si voltò di scatto e corse verso la parete squarciata, affacciandovisi e guardando giù, nell’abisso: temeva il peggio, ma un fruscio di capelli rossi poco più in basso gli fecero capire che non tutto era perduto: Evan, con uno sforzo estremo, era riuscito – all’ultimo – ad estrarre il falcetto e conficcarlo nel legno morbido, dove era penetrato senza sforzo, fornendogli un appiglio di fortuna se non definitivo.

In poco tempo, Leon fu da lui; aveva sceso le scale saltando i gradini a due a due, e gli era bastato un unico colpo di spada per aprire un varco nella chiglia già semidistrutta e tirare dentro il ragazzino, che ormai aveva raggiunto il limite dello stremo, e ancora tremava per il colpo che aveva ricevuto – e incassato malissimo – da Hjørdis.
Il Seed gli passò un braccio attorno alla vita e lo issò sul legno accanto a lui; Evan si strinse al suo braccio fino a che le zampe gli consentirono di nuovo di reggersi in piedi da solo.
Un rumore secco che spezzò l’aria attirò la loro attenzione: Alexandra, che nel frattempo aveva raggiunto la compagna, e la pallida Ajsynn erano ritte in piedi, fianco a fianco sullo stretto pianerottolo, le armi sguainate, e li scrutavano dall’alto, pochi metri di legno marcescente a separarli.
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Re: Tornei

Messaggio da schwarzlight »

Seconda Manche
Hjørdis/Alexandra Vs Leon/Evan


"How many Seeds can I kill today?"



La stasi durò pochi attimi. Un veloce scambio di sguardi tra Alexandra e Hjørdis, un silenzioso accordo su come agire, e subito Leon imbracciò di nuovo la Claymore, mettendosi a protezione di Evan, il quale aveva appena incoccato una freccia sull'arco che era riuscito miracolosamente a salvare infilandolo al braccio durante la caduta. In simultanea, Alex aveva estratto Sky con la destra, tenendo lo sguardo inchiodato su Leon.
La freccia partì nemmeno un secondo dopo. A Evan non importava colpire qualcuno, non ne aveva nemmeno la pretesa con il tremore che ancora lo scuoteva in seguito al violento attacco subito prima e le mani scorticate dalla caduta sul fianco della nave; il suo unico scopo era rallentare le avversarie quel tanto che bastava per mettersi al riparo, sfruttando la copertura offerta dal suo compagno.
E appena il dardo si conficcò nel legno di uno scalino, la nuvola di fumo nero di blind si liberò nell'aria, ostruendo completamente la visuale. Una barriera visiva tra le due squadre.
Un sibilo, però, accompagnò la daga di Alex, che fendette la nebbia magica e andò a colpire la gamba destra di Leon. Il gemito di dolore gli morì in gola, quando una potente scossa elettrica si liberò dall'arma percorrendolo da capo a piedi. Si era aspettato un diversivo, ma non aveva tenuto in considerazione i Sigilli di cui faceva uso la ragazza. Così ora si trovava a boccheggiare in preda allo shock, la Claymore sfuggitagli dalle mani, impossibilitato a reagire. E difatti non riuscì a proteggersi dall'assalto della Seed, che emerse dal fumo brandendo Nivalis, e non più Durandal, lasciata indietro perché troppo scomoda per quell'ambiente. Aveva letteralmente saltato la scalinata - non aveva la minima intenzione di rischiare di finirci incastrata per colpa del crollo di qualche asse - atterrando un arrancante Leon e recuperando Sky, non prima di aver ulteriormente affondato la lama nella carne del nemico. L'urlo questa volta si fece sentire.
Almeno quel gentilissimo favore gli aveva restituito quel tanto di lucidità e riflessi che bastava a rotolare di lato per evitare un affondo diretto alla gola.
Ma fu quando si rimise in piedi, a fatica, allora realizzò esattamente quanto fosse nei guai.
Con i movimenti nettamente limitati dalla ferita alla gamba e una Alexandra armata e quasi incolume fra lui e la sua Claymore, poteva definirsi tranquillamente fo*tuto. E non nel senso che avrebbe preferito.
***
Evan era rimasto immobile, il respiro sospeso, le orecchie tese a percepire qualsiasi rumore provenisse dal luogo in cui Hjørdis si trovava. O almeno quello in cui credeva che si trovasse. Alex non l'aveva degnato nemmeno di uno sguardo quando si era scagliata contro Leon, e ciò l'aveva un po' sollevato. Combattere per la seconda volta contro di lei in quel torneo lo aveva messo abbastanza in agitazione, specie visto il modo in cui era andata a finire la volta precedente. Una freccia nella schiena non doveva aver fatto molto piacere alla Seed.
Ma in fondo l'altra possibilità era avere a che fare con Hjørdis, e anche quella non era esattamente una prospettiva che gli andava a genio. E in quell'esatto momento, il silenzio oltre la coltre del blind lo metteva ancor più in agitazione. Doveva fare qualcosa prima fosse troppo tardi.

Ginocchio a terra, mano sul fianco ferito, Hjørdis attendeva il regolarizzarsi del respiro e il dissiparsi dello Slow lanciatole in precedenza da Leon e della nebbia causata dal suo attuale avversario.
Non aveva fretta. La pazienza e la frenesia della battaglia potevano parere inconciliabili ai più, ma era proprio l'esserne privi e il non prendersi un attimo per valutare la situazione che portava anche alla morte.
Rinsaldò la presa sulla propria arma; riusciva già a vedere chiaramente i primi gradini, e i suoi movimenti erano di nuovo fluidi, non più avvolti in quel torpore fastidioso. Si rialzò e scese un paio di scalini con cautela, solo per vedere come Evan si fosse dileguato. Superò Alex, ancora ferma di fronte al proprio avversario, e seguì l'unica via che poteva aver preso il fauno: una porticina che passava quasi inosservata, oltre la quale c'erano gli alloggi dell'equipaggio e una scala a pioli che risaliva. Non c'erano dubbi sulla via che aveva preso l'altro.
Lasciò alle proprie spalle i rumori di una lotta che aveva appena ripreso vita, e uscì sul ponte.
***
Scalciò indietro la Claymore prima di scattare verso Rayearth.
Era da tanto che non affrontava un combattimento quasi esclusivamente con Sky e Nivalis. Molti la sottovalutavano quando impugnava le due daghe, credendo che non fosse abile al livello di un'arma principale. Ma era un grave errore.
Anzi, se proprio si voleva essere precisi, l'abilità di Alexandra Schwarzlight nell'uso delle due armi era forse addirittura superiore che non rispetto al manovrare Durandal. Questo perché in origine, anni addietro, erano loro la sua specialità.
Era stato un caso se Durandal aveva quella forma.
Era un caso se Garak, il Varadian da cui l'avrebbe ereditata, era morto prima che potesse essere riforgiata per adattarsi al suo successore.
Era un caso se era finita ad abituarsi a una tipologia di lama che in principio non le apparteneva.
Utilizzare Sky e Nivalis era sempre come tornare indietro nel tempo, a un periodo della propria vita in cui tutto sembrava un po' più semplice e un po' più immediato.

Leon scartò di lato per evitare un attacco un po' troppo veloce per le condizioni in cui si trovava al momento, ma non riuscì del tutto a impedire che l'altra lama lo colpisse di striscio all'addome. Se la stava prendendo comoda, quella stronza. Per le condizioni in cui era ridotto, avrebbe dovuto impiegarci veramente poco per stenderlo definitivamente.
Forse stava prendendo tempo affinché gli altri due si allontanassero abbastanza da evitare che ci fossero interferenze... era l'unica spiegazione. Lei non era il tipo da giocare in quel modo con le vite degli altri.
...o sì?
Se ne sarebbe pentita in ogni caso.
- Slow.
Ecco, ora sì che era facile evitare i suoi fendenti. Riuscì ad afferrarle entrambi i polsi, rifilandole una ginocchiata allo stomaco prima di ribaltarla sulla schiena. Si gettò verso la Claymore proprio in concomitanza con l'inizio del rollare della nave. Era un movimento abbastanza impercettibile, in principio, ma che man mano si faceva sempre più forte. Finché non arrivò uno scossone, come se la nave avesse urtato contro un ostacolo.
Poi, tuoni in lontananza.
***
Non capiva cosa stesse succedendo.
Una ressa di nuvoloni avevano oscurato l'ambiente, il mare aveva cominciato ad agitarsi sotto il muro di ghiaccio, e il vento soffiava sempre più forte, sempre più gelido, compromettendo la traiettoria delle sue frecce.
Si stava avvicinando una tempesta.
E Hjørdis era là, poteva vederla. E lui non era in grado di colpirla.
Era frustrante.
Un lamento sordo accompagnò l'ennesimo rollìo della nave, che concluse con uno scossone. Le lastre di ghiaccio sfregavano contro la chiglia, minacciando nuove voragini nel legno troppo vecchio per resistere all'urto.
Evan rimase nascosto sul ponte di poppa anche quando arrivarono Alex e Leon dallo stesso passaggio attraversato da lui e Hjørdis, rimanendo entrambi interdetti dal cambiamento atmosferico.
Poi i ghiacci cominciarono a spingere la nave contro la parete dell'iceberg poco distante; l'urto finale fu violento, e sbalzò Alex fuori dal parapetto, facendola finire nelle gelide acque sottostanti. Il freddo spezzò ogni pensiero, e mentre si affrettava a risalire spinta solamente dall'istinto di sopravvivenza, vide un'altra sagoma agitarsi poco distante, ma senza ottenere alcun risultato. Non ci pensò due volte prima di afferrargli il colletto della divisa e trascinarlo a galla con sé.
Si aggrappò al bordo tagliente di una lastra, tirando su prima Evan, che cominciò a tossire l'anima pur di liberarsi di tutta l'acqua che l'aveva soffocato. Col senno di poi avrebbe anche potuto lasciarlo là sotto, in fondo avrebbero avuto un avversario in meno. Ma era un modo veramente brutto di vincere. E annegare, anche se virtualmente, non era affatto una bella esperienza.
Si scostò i capelli dalla fronte, imprecando per l'aver perso le proprie armi. Oh, be', in fondo Evan era talmente provato che forse se la sarebbe cavata anche a mani nude. E per quanto riguardava l'altro, non le rimaneva che confidare nella propria compagna.
Poi, uno scricchiolio, e un rumore secco, di qualcosa che si spezzava.
Fu con terrore che si guardò attorno.
Il ghiaccio si stava spaccando.




"Too many to count don't get in my way."

- Certo, Alex, che ti sei proprio fissata con quella canzone.

"I use Time Stop just to cast a Fire Bomb
Abdomen chop is my death blow"



- E dai, non ignorarmi!
- Pff, Leon... L'unico motivo per cui non la stai canticchiando anche tu è perché non vuoi mettere il tuo compagno di squadra più in soggezione di quanto già non sia.
- Ma no! Mettersi a cantare certe canzonette commerciali... non fa per me.
- Certo, certo... datti una mossa, che fra poco comincia. Io ti precedo!
- Ok! ...
...
...
...
- ...Sagramor, Sagramor!
- Ti ho sentito!


"Sagramor, Sagramor"



Spoiler
La canzone citata sarebbe questa. Però le modifiche al testo sono ad opera di tidusisback <3
#tidchenonpuopostare #lafidanzatadimerda #paroliereonthego #esseresprucidinoneunamodamaunostiledivita
Leonheart88
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Re: Tornei

Messaggio da Leonheart88 »

Seconda Manche
Hjørdis/Alexandra Vs Leon/Evan

Centoventi secondi. Avvolta da una coltre di irreale silenzio, la nave sparì alla vista dei presenti: con uno scricchiolio sinistro e terrificante si perse tra i ghiacci che fino a quel momento la cullavano e la sostenevano.
Non c’era più. Sparita.
L’istinto puro li aveva portati a rifugiarsi in cima alla collina innevata, per una frazione di secondo il torneo aveva smesso di esistere, le alleanze avevano perso importanza, la simulazione era diventata vita.
La tempesta li colse che erano già al sicuro.
Una piccola goccia d’acqua lo colpì sulla guancia, accarezzandogli delicatamente la pelle. Lentamente scivolò lungo il viso, un piccolo salto e le spalle vennero raggiunte. Ma la sua marcia non era conclusa. Scese lungo il petto, arrivò al costato, percorse il fianco. Lentamente ma inesorabilmente la piccola goccia continuava il suo cammino. L’obiettivo era lì, a portata di mano o quasi. I suoi grandi fratelli bianchi, presto si sarebbe congiunto a loro, presto sarebbe diventato un fiocco di neve anche lui.
I suoi sogni si infransero contro la lama della Claymore, sguainata da Leon come fosse un segnale per riprendere le ostilità.
Eccolo.
Il momento perfetto.
Quell’attimo in cui tutti i pensieri scompaiono, le parole perdono significato; puoi assaporarlo come se fosse l’ultimo, viverlo totalmente, essere realmente te stesso.
Vivi.
Vivi pienamente. Non ti fai trascinare dalla corrente ma la crei, la plasmi, sei tu a comandare.
Leon viveva per momenti, per attimi, come quelli. Quelle sensazioni, quei respiri, quei movimenti: era la sua vita. Strinse forte la Claymore, inspirò a pieni polmoni, sentì l’aria gelata entrare dentro di lui, era vivo.
Era felice.
Combattere era la sua vita.
Un ghigno prese forma sulla sua bocca. Non si sarebbe mai arreso, il profumo del sangue lo accompagnava dall’infanzia, il dolore era un suo caro amico. La sconfitta esisteva, la resa no.
Poi lo vide.
Evan era al suo fianco. Sguardo spento, mani tremanti, calde lacrime che facevano da contorno al viso. Avrebbe combattuto, ma non era quello il suo posto. La battaglia la stava subendo, non la stava vivendo, non provava un brivido di piacere nel pararsi di fronte a nemici sempre più forti. A lottare per migliorarsi, per crescere, per provare quella sensazione che ti fa sentire di vivere davvero la vita.
Non era come lui.
“Quando sei diventato una bestia?” Una voce prese forma dentro la sua testa.
Ma non c’era più tempo.

Centodieci secondi. La spada volò dalla mano di Hjørdis a quella di Alexandra. Antarian fece la sua comparsa tra le braccia della cadetta. Ora erano armate entrambe, la perdita dei due pugnali e di Durandal era solo un tenue e vacuo ricordo, erano di nuovo pronte a solcare i campi di battaglia.
Leon guardò il proprio compagno. Senza l’arco, ormai immerso nelle profondità del lago, e con una vitalità pressoché esaurita, il cadetto appariva del tutto indifeso.
Un tenero bocconcino per le due iene che gli si stavano per parare davanti.
Per un frammento d’istante Leon soppesò l’ipotesi di cedergli una delle due Claymore, ma non era neanche sicuro sarebbe riuscito a reggerne il peso, altro che impugnarla e sferrarne fendenti.
C’era una sola soluzione.
Sguainò la seconda lama. Una per mano. Avrebbe danzato con entrambe. Unico partecipante di uno dei più bei balli mai esistiti.
“A loro ci penso io, tu riposati e appena puoi colpisci.” Leon rivolse uno sguardo d’intesa al compagno, se riusciva a coprirlo con le sue magie forse c’era un po’ di speranza.
”Hai paura eh? Paura che questo ragazzino diventi come te? Che fai ti tiri indietro? Preferisci combattere da solo che rischiare di macchiare un’altra anima?”
Leon zittì mentalmente la propria coscienza.

Cento secondi. Leon si lanciò all’assalto. Non aveva nulla da perdere, nulla da temere. Puntò velocemente verso Alexandra, giunto a meno di dieci metri puntò con forza sulla gamba destra cambiando repentinamente direzione. Hjørdis era attenta. La sua esperienza era immensa, la donna era davvero vissuta nei campi di battaglia, la sua pelle era stata forgiata dal clangore delle spade e dagli stridii delle lame, coglierla impreparata era impossibile, ma non tentare equivaleva fallire. Sebbene preparata, la forza d’urto di Leon fu impressionante.
Un fendente della Claymore sinistra, parato dalla lama della picca, un tondo da destra a sinistra della seconda. Hjørdis dovette retrocedere per evitare il colpo fatale. Leon continuava ad incalzare, le lame che guizzavano in aria come se possedessero una propria anima. La gamba però gli doleva molto, Alexandra aveva fatto un ottimo lavoro: un Haste sussurrato tra i denti, implorato, gli permetteva di continuare a muoversi normalmente, non sapeva per quanto avrebbe ancora resistito, ma non era il momento di arrendersi. Alexandra avanzò alle spalle del Seed cercando di coglierlo di sorpresa, un affondo della spada per sancire la fine dell’incontro.
Un Fire infiammò l’aria cogliendo la Seed impreparata, la spalla destra venne marchiata a fuoco.
“C’è sempre qualcuno a pararti il culo. Da solo fai schifo” Ancora i pensieri, subito ricacciati indietro.
Leon si girò di scatto, era la sua occasione, un tondo da sinistra a destra verso la testa avversaria, Alexandra si affidò all’istinto portando la spada a protezione, una ginocchiata nello stomaco però le mozzò il fiato. Non era tempo di rilassarsi, aveva ancora un grosso bersaglio addosso, Leon frappose immediatamente la Claymore dietro la propria schiena, deviando all’ultimo momento il colpo della picca. Con un calcio allontanò la Seed mentre riprendeva a danzare con la cadetta.

Ottanta secondi. Hjørdis non dava segno di voler cedere, nei suoi occhi lampi di orgoglio e di soddisfazione. Era come lui. Dannatamente come lui. Ma uno dei due prima o poi avrebbe dovuto allentare la presa e cedere. Non c’era tempo per riflettere, Alexandra si era rialzata, uno sguardo d’intesa con Evan e Leon si mosse in direzione della ragazza. Hjørdis fece per inseguirlo, il desiderio di non farsi sfuggire l’avversario era sempre presente in lei, ma qualcosa glielo impedì. Inizialmente non riconobbe l’artificio per via della tempesta che li sovrastava. Poi l’aumento d’intensità, le gambe iniziarono a essere preda di un vento maligno, il corpo a sollevarsi da terra contro la propria volontà.
Tornado. E lei era proprio al centro del ciclone.
Evan la guardò sollevarsi, inerme, in aria.

Settanta secondi. Un sibilo.
Il sangue che schizza prepotentemente sulla neve fresca, un disegno grottesco.
Alexandra aveva intuito le mosse del suo avversario, anticipandole nettamente, un montante si era frapposto nella corsa del Seed che a malapena era riuscito a schivarlo, gettandosi immediatamente a terra. Leon si portò la mano sulla guancia, ritraendola piena di sangue. La spada aveva avuto il suo tributo di sangue.
“Ehi! Guarda che la faccia mi serve!”
“Su su, non lo sai che le cicatrici rendono l’uomo più virile?” Alexandra gli si avvicinò sogghignando, lama puntata alla gola.
“Ah vero, ecco perché Rina mi ha detto che trova sensuale da matti la cicatrice che Arne ha sul culo, tu che ne pensi?” Un’occasione irripetibile per utilizzare dei vecchi discorsi fatti con Hjørdis. Alexandra rimase per mezzo secondo interdetta, l’immagine del proprio uomo a letto con la prosperosa cadetta affollò per un istante i suoi pensieri. Un gesto involontario del quale il Seed approfittò immediatamente. Un getto di neve colpì la Seed, la quale arretrò di qualche passo per non cadere. Leon fu lesto ad approfittarne colpendola alla caviglia destra con la propria gamba. Alexandra cadde e lui le fu subito sopra. Le parti erano invertite, la Claymore puntava, ora, alla gola della Seed.
Antarian fendette l’aria, lanciata con precisione dalla sua proprietaria ormai rimessasi in piedi. Gli occhi che bramavano vendetta, le mani che cercavano una vittima. L’urlo tempestivo di Evan non cambiò la sorte del Seed. La picca lo colpì alla spalla destra, penetrando nella carne come a volersene saziare. Altro sangue si aggiunge al dipinto nella neve. Sempre suo.
Ovviamente sempre e solo suo.
“Godi nel farti male? A sentire la carne che si lacera, le ossa che si spezzano, il corpo che muore ogni volta un poco di più. Tu non ami la vita. Tu vuoi la morte.”

Cinquanta secondi. Da quanto tempo non combatteva così? Da quanto non lasciava andare tutto se stesso?
Era tanto tempo.
Troppo.
Pensare alle conseguenze era il primo passo verso la sconfitta. Erano stronzate a cui non voleva e non doveva pensare.
Con un gesto folle si strappò la picca dal braccio, fiotti di sangue sboccarono, subito rallentati da un impacco di neve fresca. Hjørdis lo guardava come se fosse uno specchio, in lui, la cadetta poteva riconoscere il suo passato, la sua impulsività, la sua voglia di vincere. Un passato mai dimenticato e mai abbandonato del tutto.
Riprese l’arma ed immobile lo guardò alzarsi e bloccare l’emorragia. Si godette lo spettacolo di un uomo che non vuole arrendersi, felice di averlo come avversario. Poi la danza sarebbe continuata senza sosta e senza tregua, ma l’onore veniva prima di ogni altra cosa.
Anche Alexandra si rialzò. Per lei la questione era più semplice. Arrivati a questo punto non voleva più perdere.

Trenta secondi. Erano stremati. Distrutti. Esausti.
Avevano dato tutto, ricevendo niente in cambio, forse solo l’onore di continuare il torneo, ma non era importante. Per lui, per Hjørdis, per Alexandra il viaggio valeva molto di più della destinazione. Un combattimento del genere valeva tutti gli sforzi fatti. Anche Evan sarebbe stato fiero di quanto fatto, doveva solo crescere.
“Non deve diventare come te, ha tutto da perdere. Guardarsi indietro e scoprire che tutti quelli a cui hai voluto bene sono morti o peggio è troppo doloroso.”
“Sarà una sua scelta.” Leon sussurrò tra i denti una risposta a sé stesso.
Basta parole, basta riflessioni stupide, basta stronzate.
Quella era la sua vita, basta, non c’era da pensare.
Per le due compagne era arrivata l’ora di chiudere. Un gesto d’intesa, solo quello, erano una squadra non solo a parole. Un nome le univa.
Arne.
Scattarono immediatamente verso il Seed.
Un tondo da sinistra della cadetta, la lunga picca permetteva di colpire dove una spada non poteva arrivare. Più lenta e meno manovrabile di una spada ma potenzialmente più letale. Leon parò con la lama destra, istintivamente si guardò intorno pronto a ricevere il secondo attacco.
Ma niente.
Alexandra fintò il colpo e lo superò di corsa. Obiettivo Evan.
Il fauno aveva già oltrepassato il limite, poteva sentire ogni fibra del suo corpo in preda allo spasmo, aveva la sensazione che un vetro opaco gli fosse stato posto dinnanzi agli occhi: aveva dato fondo ad ogni briciola del suo potere. Ma nonostante tutto doveva andare avanti anche lui.
Per Leon.
Per la squadra.
E per se stesso.
Protese le mani in avanti, concentrando tutta la sua essenza, un lampo di energia iniziò a prendere forma. Era la sua ultima cartuccia. L’ultima speranza. Schwarzlight era ormai a pochi metri, sapeva che non sarebbe mai riuscita a schivarlo. Lo lanciò.
La Seed rimase impassibile, arrestò la sua corsa. Portò pigramente il braccio destro dinnanzi a sé, un sorriso contornò il suo volto, e successe quello che tutti si erano dimenticati.
Reflex. La magia venne deviata all’istante, l’estremo tentativo era stato vano.

Venti secondi. Hjørdis seguitava a tenere occupato il proprio avversario. Affondo. Fendente. Tondo. Ancora affondo. L’obiettivo al momento non era sconfiggerlo ma aspettare, temporeggiare, eliminare il secondo problema per ridurre anche la pericolosità del primo. Lo scontro stava davvero per finire.
Alexandra si parò davanti al cadetto, senza più difese. Levò la spada al cielo, gustandosi quel momento glorioso, Evan arretrò impaurito, incespicando e cadendo rovinosamente nella neve. Negli occhi la paura.
La lama calò come una sentenza. Un rombo di tuono sembrò fare da contorno all’esecuzione. Nel rumore della tempesta tutto sembrò fermarsi, arrestarsi. Quell’attimo sembrò estendersi all’infinito.
La spada squarciò il ventre, le mani che inutilmente provavano a tamponare la ferita, sangue caldo le impregnò quasi subito ed iniziando a fuoruscire lentamente dal corpo ormai senza vita del cadetto. Gli occhi sbarrati al cielo mentre l’ultimo soffio di vita si era ormai spento.
Un solo colpo di spada ed il nemico era morto.
O almeno cosi sarebbe successo se si fossero trovati in una vera battaglia. Evan sarebbe morto ed inutili sarebbero stati i tentativi di rianimarlo. Alexandra si era, ovviamente, saputa trattenere. Il cadetto avrebbe imparato una fondamentale lezione che forse in futuro gli avrebbe anche salvato la vita.
Un calcio secco all’addome, Evan si contorse per il dolore. Ad Alexandra a quel punto fu sufficiente colpire il fauno con il pomolo della spada per porlo fuori gioco. Uno in meno.
Due contro uno.

Dieci secondi. Successe tutto rapidamente. Alexandra alle spalle. Hjordis di fronte. Sapeva di non poterle fronteggiare entrambe. Ma ci provò, fino all’ultimo secondo.
“Arrenditi. Ormai sei solo. Come sempre.” Ignorò il suo stesso consiglio.
Andò all’attacco, l’ennesimo tentativo disperato. Erano saltati tutti gli schemi, tutti i piani erano falliti. Ormai poteva solo lottare per prolungare la sua agonia. Ogni attimo in più sarebbe stato per lui motivo di orgoglio. Non arrendersi era come una vittoria ormai.
Un improvviso affondo della picca, Leon arretrò istintivamente per schivare il colpo decisivo.
Errore.
La lama penetrò con forza nella sua carne. Leon si portò istintivamente le mani al fianco destro, cercando di tamponare la ferita. Sentì il freddo acciaio dell’arma ancora dentro di lui. Poteva vedere la punta della lama. Lo aveva attraversato. Il sangue sboccò, scivolò lungo i pantaloni, lungo il piede, fino ad arrivare al suolo. Dove si unì alla neve.
La Seed ritrasse l’arma, non era un colpo mortale, era stata attenta a non ledere organi vitali, ma sapeva di aver vinto.
Leon cadde a terra. Le due Claymore di fianco. Quasi senza vita come lui.

Zero secondi. Game Over.
Si era arreso. Giaceva in una pozzanghera rossa in mezzo ad un inferno bianco.
Gli occhi chiusi, la bocca storta bloccata in una smorfia di dolore.
Soffriva. Non sapeva se più per le ferite o per l’orgoglio spezzato.
Davvero ti arrendi? Tutto finito?
“Non c’è niente che possa fare”
”Ti vuoi arrendere ora? Vuoi startene steso a terra a frignare come un bambino? Questo è il tuo momento, se lo sprechi potrebbe non tornare mai più. Lotta.”
“Non ne ho le forze”
”Mi deludi. Sei una bestia. Un animale. L’odore del sangue ti eccita. Il dolore è la tua droga. Sei passato attraverso mille inferni e ti arrendi ora? Che senso ha aver sofferto, aver perso tutte le persone care per diventare quello che sei e poi arrenderti così? Mi deludi”
Alzati.
Alzati, combatti.
Alzati, combatti, vinci.


Oltre il limite. Leon puntellò la mano a terra e fece leva. Il ginocchio puntato contro la neve. La mano sinistra a prendere la Claymore.
Si rialzò.
L’arma vacillò qualche istante nella sua mano. Poi cadde. Sapeva quello che faceva.
Un NoGrav appena sussurrato. Il piede colpì con precisione l’elsa dell’arma. Un proiettile gigantesco venne scagliato contro la Seed Alexandra.
Venne scaraventata all’indietro, colta di sorpresa. L’arma la attraversò da parte a parte. Come con Leon.
Chi di lama nella carne colpisce, di lama nella carne perisce.
Uno contro uno.
Non c’era tempo per pensare, solo per agire. Prese la seconda Claymore. Ogni movimento gli procurava spasmi immensi. La vista era completamente annebbiata. Stava per svenire. E questa volta sul serio.
“Sei come me.” Sentì sussurrare la cadetta a mezza voce.
Uno.
Due.
Tre.
Corse verso Hjørdis, un Audacia a dargli la spinta decisiva. L’ultimo fendente. La cadetta si preparò a riceverlo, abbassò il baricentro e flesse le ginocchia per avere una maggiore stabilità. Scattò con la picca.
Entrambi i colpi andarono a segno.
Sangue scarlatto a disegnare un magnifico affresco sulla neve.
Un corpo cadde nella neve. Un tonfo leggero, attutito dalla grande massa bianco. Ma pesantissimo per il suo significato.
C’era un vincitore. Solo uno.
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Re: Tornei

Messaggio da Pip :> »

GIUDIZIO

Post complessivamente inferiori a quelli prodotti nella prima manche, eccezion fatta per l'utente che si è rivelato migliore in questo scontro. Ancora una volta si tratta di
Spoiler
Leon
Che è forse andato anche oltre al suo precedente post. Lo stile è lo stesso, ormai una garanzia (ma occhio a non adagiarti sui concetti che stai esprimendo): devo dire che la caratteristica del suo modo di scrivere è quella di sintetizzare tutte le parti del combattimento senza dare l'impressione di stacchi, con molta naturalezza: momenti descrittivi, riflessivi, dialoghi e scene di combattimento puro si intersecano e si fondono senza problemi. Il layout particolare con la conta dei secondi fino allo zero, e oltre al limite, è una chicca in più sempre apprezzata, che va ad incrementarne l'originalità. Complimenti a Leon che passa in finale con due ottimi post! (un tempo non ne facevi di così belli :smt110 )

Il secondo utente a passare il turno è
Spoiler
Alexandra
con un post leggermente inferiore al precedente e con uno spoiler che quasi mi ha fatto pensare al defenestrarla :asd:
Scherzi a parte, si tratta comunque di un buon post come quello di Hjordis e di Aeli, di post brutti in questo torneo non ne ho trovati ed il livello, già alto in prima manche, non poteva che riconfermarsi anche nella seconda. Tuttavia, il discrimen del post di Alexandra rispetto a quelli di Hjordis e Aeli sta nell'essersi concentrata non solo sul combattimento, ma anche nell'ambiente esterno. Mi è piaciuto il cambio di passo ed il cambiamento di ambientazione, lasciato da gestire a Leon. In più, l'ho trovato un pochino più appassionante rispetto agli altri due.

Per quanto riguarda Hjordis, la sensazione è sempre quella di leggere un libro scritto benissimo: stavolta però ho trovato il post un po' freddo, nonostante l'ampio spazio riservato al flashback personale, forse addirittura eccessivo e che distoglie dal combattimento vero e proprio.
Per Aeli, invece, molto bene la descrizione delle varie "scene", molto chiare e che non ho fatto alcuna fatica a comprendere: sicuramente si tratta di un pregio. Tuttavia, c'è praticamente solo combattimento, mentre Leon e Alex hanno inserito elementi in più che hanno impreziosito i loro post.

Complimenti in ogni caso a tutti!

**************

Proseguiamo con l'altro scontro della seconda manche. Secondo l'estrazione, lo scontro sarà tra

Macha/Raiden vs Leon Feather/Nataa

L'ordine, come sempre, è Macha - Leon Feather - Raiden - Nataa.

In bocca al lupo. :wink:
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