Episode iFinal Fantasy XIII-2 Fragments Before è un romanzo pubblicato in Giappone il 15 Dicembre 2011, che narra gli eventi immediatamente successivi alla fine di Final Fantasy XIII. Funge da collegamento con le vicende del sequel Final Fantasy XIII-2 ed è incentrato su personaggi del tredicesimo capitolo (come Serah, Snow e Rygdea) ma anche su personaggi che ritroveremo in FFXIII-2 (come Noel).
Il suo Capitolo 1 corrisponde a Episode i, un romanzo breve scritto da Jun Eishima e pubblicato unitamente a "Final Fantasy XIII: Ultimate Hits International". Tutti i capitoli del romanzo, oltre a contenere spoiler su FFXIII, potranno essere apprezzati soltanto da chi abbia già completato questo gioco.
in queste pagine vi offro una traduzione in lingua italiana realizzata da me e da "Ponte" (da non pubblicare altrove senza aver prima chiesto).


Capitolo 2

Il vento era talmente forte da riuscire a slegarle i capelli.
Quando chiuse gli occhi per ripararsi dalla tempesta di sabbia, ricordò i campi coltivati che aveva appena annaffiato. Il villaggio marittimo di Nuova Bodhum era sabbioso, e tali erano anche i campi. Se non venivano annaffiate con costanza, le piante si seccavano immediatamente.
Era completamente diverso da quando aveva dato una mano nei campi su Cocoon. In realtà, il grano e gli ortaggi prodotti su Cocoon non mettevano radici su Gran Pulse. Quelli che stavano coltivando ora erano piante di Gran Pulse stesso. Era ciò che era stato raccolto dai resti di antiche civiltà come Oerba; piante che sembravano coltivabili.
Naturalmente solo piante di Pulse andavano bene per le terre di Pulse. Appena ripiantate mettevano velocemente radici, e in pochi mesi ce n’erano persino alcune che davano raccolto.
Il problema era che la verdura e la fauna indigene di Pulse avevano dei gusti nuovi per loro, ed erano quindi difficili da mangiare. Molto probabilmente, se la loro cuoca di talento, Lebreau, non ci fosse stata, gli abitanti di Nuova Bodhum avrebbero costantemente patito la fame.

Snow diceva di aver imparato da Vanille e Fang quali mostri erano commestibili e il modo migliore per catturarli. "Mi ricordo di come Fang si arrabbiava quando distruggevo i mostri. 'Si possono mangiare, quindi uccidili in modo che si possano ancora mangiare. Smettila di ridurli in carne trita', diceva."
Forse Snow ricordava qualcosa di quegli insegnamenti. Il ragazzo alzò esageratamente le spalle e rise. Nonostante il viaggio fosse stato durissimo, le storie di Snow suonavano come racconti di un’avventura emozionante. Eppure c’era un argomento che avrebbe mai voluto sfiorare...

"A che cosa stai pensando? Continua a muovere quelle mani!"
Dopo una pacca sulla schiena, i pensieri di Serah ritornarono al presente. Lebreau teneva in mano un fascio di piante rampicanti con delle noci e rideva. La cuoca non conosceva il nome di queste piccole noci dure che crescevano lungo le scogliere. Sapeva solo che, se le mettevi in un sacco di stoffa e le frantumavi finemente con una roccia, si potevano usare come spezie per la carne.
"Quando finisci laggiù, vieni ad aiutarmi a tritare questi."
"Posso venire anche adesso. Ho già finito di annaffiare le piante."
"Mi saresti di grande aiuto. Dopotutto, non importa quanti ne tritiamo, sparisce subito tutto. Anche le spezie e gli ingredienti si esauriscono così velocemente... E' sorprendente."
"E' perché il cibo qui ha un sapore così cattivo. Devi per forza annegarlo nelle spezie."
L’unica eccezione era il pesce, che aveva un sapore migliore se non veniva cucinato tanto. L’inconveniente era che il pesce che poteva essere pescato lungo la costa era così limitato che non riuscivano a mangiarlo spesso.

"Se, ad un certo punto, le nostre ricerche marittime faranno progressi e riusciremo a mandare delle imbarcazioni in alto mare, naturalmente vedremo più spesso il pesce sui tavoli. Per ora, comunque, è un piatto soltanto per i giorni speciali".

"L’unica possibilità è immergerlo nel sale per conservarlo, anche se si corrode in un attimo."

"Quando vivevamo su Cocoon, avevamo a disposizione così tanti attrezzi; ora dobbiamo fare tutto a mani nude".
Spesso, per riuscire a fare quello che una macchina completa in pochi secondi, un uomo impiega anche decine di minuti.
"Non penso che possiamo fare qualcosa a proposito del consumo così rapido delle spezie. Tutto ciò che fa la nostra fantastica chef è un capolavoro culinario."
"Grazie, ma adularmi non servirà a niente."

Mentre si scambiavano battute, portarono i sacchi di stoffa, le pietre e una tavola piatta sotto l’ombra degli alberi, e iniziarono il lavoro di macinazione delle noci.
Dato che la cucina del rifugio in cui vivevano da poco non era affatto spazioso, Serah e Lebreau si erano abituate a lavorare fuori. Anche se si erano spostate al Covo NORA, che faceva da casa e allo stesso tempo da bar, preparavano ancora il pesce e la carne fuori, quando il tempo era sereno.
Dando un’occhiata verso la spiaggia, le due videro che Gadot stava costruendo delle case. Anche se si poteva vivere al sicuro nei rifugi, gli abitanti ritenevano che sarebbe stato uno spreco non costruire case più ampie sulla spiaggia; così esortavano Gadot ad esaudire i loro desideri. Il Covo NORA, il bar sulla spiaggia, adesso era in attività. I clienti che si recavano lì, e vedevano il mare così da vicino, potevano in questo modo ritrovare la gioia di vivere.

La gioia fu inimmaginabile quando si trasferirono lì per la prima volta. Fino a qualche mese fa, quelle terre erano posti popolate da mostri, e si diceva che restare di notte al di fuori dei rifugi era impossibile. Molti abitanti del villaggio erano scettici sulla possibilità di stabilirsi lì.
L’unico motivo per cui riuscivano effettivamente ad edificare in quei territori erano probabilmente le parole incoraggianti di Snow: "Facciamo diventare questo posto una seconda Bodhum. Costruiremo la nostra nuova città qui con le nostre mani". Queste parole avevano convinto tutti.

Nuova Bodhum era diventata una casa libera dai fal’Cie e da PSICOM; una casa che apparteneva solo a loro. Non volevano mai più vedersi strappare via le loro vite tranquille. Con quel singolo pensiero, tutti impugnarono le armi contro i mostri, sopportando tutte le difficoltà di questa vita.
Inoltre, loro non erano gli unici a soffrire. Quelli che erano rimasti su Cocoon erano anch’essi costretti a vivere nel disagio. Immediatamente dopo la caduta del fal’Cie Orphan, tutti i fal’Cie sprofondarono nel sonno.
La centrale energetica e il complesso di produzione di cibo avevano smesso entrambi di funzionare. Ci volle quasi un mese prima che gli abitanti di Cocoon riuscissero a far funzionare queste fabbriche manualmente. Anche dopo averle rimesse in funzione, però, scoprirono di non essere capaci di utilizzarle in modo efficiente come facevano i fal’Cie, e la produzione scese drasticamente.
A Palumpolum, dove si era spostata la nuova sede del governo dopo la distruzione di Eden, era stata riattivata qualche infrastruttura. Tuttavia, molte altre aree semplicemente continuavano a vivere con razioni minime di cibo e acqua.
Per di più, Cocoon era completamente al buio. Il sole di Cocoon, il fal’Cie Phoenix, si era addormentato e ora emanava solo una debole luce. Poiché il governo di Cocoon aveva fissato come priorità l'illuminazione della capitale, Palumpolum, spostarono lì il fal’Cie Phoenix, trascurando tutte le altre città.
In termini di luminosità, all'incirca era la stessa delle luci di emergenza o delle luci dei campi che riuscivano appena ad illuminare il terreno sotto i piedi.
Coloro che si stancarono di vivere nell’infinita oscurità della notte, scesero su Pulse alla ricerca della luce del giorno. Era stato detto loro che ci sarebbe voluto almeno un anno per ridare l’energia alle zone al di fuori di Palumpolum. Così, su Gran Pulse, si formarono delle aree residenziali in cerchi concentrici intorno al pilastro di cristallo che sosteneva Cocoon. Certo, non potevano sperare di vivere piacevolmente come facevano prima; ma questo valeva anche rimanendo dentro Cocoon. Di conseguenza, anche se il ripristino di Cocoon aveva fatto qualche progresso, molti erano rimasti su Pulse.

D’altra parte, c’era anche chi si era impuntato a rimanere in zone in cui l'oscurità era perpetua. Anche in condizioni di scarsità di cibo e acqua, non mancava chi desiderava rimanere nelle proprie case. Ognuno sentiva un diverso livello di attaccamento alla propria patria. Non riuscivano ad andarsene solo perché adesso mancava qualcosa.

Così, chi sarebbe rimasto avrebbe ricostruito Cocoon, e chi sarebbe andato via avrebbe esplorato nuovi territori. Serah pensava che il mondo si sarebbe evoluto proprio perché ognuno è diverso.

"Ok. Penso che così possa andar bene."

Non appena le venne detto che poteva bastare, Serah guardò subito le sue mani. Senza neanche accorgersene, avevano polverizzato tutte le noci nel sacco di stoffa.

"Ora andiamo a preparare il pranzo? Ho la sensazione che oggi tutti quanti vogliano rimpinzarsi di cibo come goblin."

Snow e gli altri erano stati tra i resti delle loro vecchie abitazioni per tutta la mattina. Nei resti degli insediamenti e nelle rovine sparsi su Gran Pulse, si trovavano macchine antiche che potevano essere usate per le riparazioni, oltre a piante e branchi di animali selvaggi che si potevano mangiare.
La cosa sorprendente era che, tra tutte quelle cose, c’erano posti in cui si potevano trovare tracce di probabili attività umane degli anni più recenti. C’era una leggenda secondo cui gli abitanti di Gran Pulse erano morti centinaia di anni prima. Ciò era molto credibile, perché era noto che i fal’Cie avevano condotto indagini e ricerche mentre realizzavano scavi in cerca di risorse. Serah l’aveva imparato nelle lezioni di storia, e tutti i libri affermavano che "gli abitanti di Pulse si erano estinti".
Se ci fossero state davvero tracce di attività umana risalenti a tempi recenti, sarebbe stata una grande scoperta storiografica. Quando Serah, amante della storia, lo sentì per la prima volta, si sentì ribollire il sangue.
Ma Serah era l’unica che aveva preso la notizia con quel livello di stupore. Come facevano tutti gli altri a pensare "esistono anche cose del genere" e ad accettare come ovvio una scoperta così enorme da poter riscrivere i libri di storia? Essendosi presa occhiatacce da quanti che dicevano che non c’era niente di cui essere eccitati, Serah provò un profondo sentimento di sconforto.
Tuttavia questi insediamenti erano abbandonati nelle distese di Gran Pulse. Non c’era alcuna traccia di qualcosa che potesse assomigliare ad una strada di collegamento fra questi villaggi deserti, che quindi erano rimasti tutti isolati. Era come se interi villaggi si fossero dispersi, e poi fossero scomparsi.
Naturalmente era logico che, se una certa area non si trovava a distanza di cammino da Nuova Bodhum, ci si sarebbe dovuti spostare con le aeronavi della Cavalleria, quando si andava in esplorazione. Quando il Sanctum aveva dato loro la caccia in quanto l’Cie, Snow aveva collaborato con la Cavalleria, così i soldati che vi appartenevano furono lieti di aiutare nella costruzione di Nuova Bodhum.

In un primo momento, gli abitanti di Bodhum, essendo stati vittime dell’Epurazione, si mettevano sul chi vive alla sola vista di un’uniforme militare, ma Snow era riuscito a fare in modo che si fidassero dell’ex-Cavalleria. "Loro sono sempre stati nostri alleati", aveva detto loro. I soldati dall’uniforme blu infatti avevano lavorato insieme alle persone per trasportare provviste e combattere i mostri. Non passò molto tempo prima che gli abitanti iniziarono a pensare: "non possiamo certo perdonare PSICOM, ma la Cavalleria è diversa".
Da quando avevano iniziato ad esplorare villaggi deserti e rovine, come oggi, erano stati sempre più in compagnia dei soldati in blu. Sia quando lasciavano guidare le aeronavi alle persone, sia quando ritornavano in città, tutti lavoravano insieme ed era quindi nata un’atmosfera pacifica.

"Cosa volevamo cucinare per pranzo?"
Serah raccolse gli strumenti e si alzò. Subito, Lebreau glieli prese.
"Ti chiamerò se avrò bisogno di aiuto, intanto puoi andare a riposarti, Serah. Il vento è così piacevole oggi. Perché non vai a fare un pisolino all’ombra, o qualcosa del genere?"
Forse si era accorta che Serah non aveva dormito. Aveva avuto un incubo la scorsa notte. Si era svegliata gridando "Light!" e non era più riuscita ad addormentarsi. Probabilmente Lebreau l’aveva sentita gridare.
Era stato così da quando si erano spostati a Nuova Bodhum. Quando Serah gemeva nel sonno, Lebreau la svegliava dolcemente. Quando si svegliava piangendo, le accarezzava la testa come quando si conforta un bambino. Lebreau trattava Serah, che aveva perso la sua amata sorella, come avrebbe fatto una vera sorella.
"Perché ti farò lavorare duramente dopo il pisolino."
Disse Lebreau, e poi le fece una strizzatina d’occhi.
"Ok... Grazie."
Mentre Serah annuiva, Lebreau le diede una pacca sulla testa con il palmo della mano e se ne andò. Serah mormorò un altro "grazie" mentre si allontanava.
Era proprio come aveva detto Lebreau: era fantastico stare all’ombra degli alberi. I bambini correvano sulla riva del mare. Mentre i suoni dei bambini che gridavano felicemente riempivano le orecchie di Serah, provò ad appoggiare la schiena al tronco di un albero e a chiudere gli occhi. Però non sentiva affatto sonno. L’immagine del sorriso di sua sorella da quel giorno fluttuava davanti alle sue palpebre chiuse.

Quando si svegliò dal suo sonno nel freddo cristallo, la prima cosa che vide fu il cristallo bagnato dalla luce del sole. Al suo fianco c’era un ragazzino che sembrava essere anche lui ritornato da cristallo a forma umana.
"Cos’è successo al chocobo? Signorina, dov’è andato il chocobo?", le disse, con un'espressione confusa e oscillando la testa.
Immediatamente lei si fermò, gli prese la mano, e iniziò a camminare. Non aveva dubbi su dove andare. Se avessero camminato verso Cocoon li avrebbero trovati. Per qualche motivo, i due lo sapevano. Sì, le loro intuizioni erano esatte. Serah si era riunita alle persone care sotto i cieli di Gran Pulse.
Ricordava Snow che diceva di volere la sua approvazione per il loro matrimonio. E le parole "La renderò felice". Sua sorella disse "Ti credo". Aveva un sorriso caldo. Per un momento fu come se il sorriso di sua madre, che era morta durante la loro infanzia, si fosse disegnato sul suo volto per qualche istante. Ancora una volta si rese conto di quanto sua sorella somigliasse a sua madre...

Forse fu a causa di qualcosa di sinistro, come il vedere il volto dei defunti, che il suo momento di felicità le venne portato via. O forse fu perché aveva percepito l’anomalia che sarebbe accaduta poco dopo, che pensò a qualcosa di così infausto.
Non aveva idea di quando fosse accaduto, o dove e che cosa era andato storto. Soltanto che sua sorella era improvvisamente scomparsa. Sarebbe dovuta essere proprio dietro di lei, ma quando si girò non c’era nessuno dietro.
Non era solo questo. Snow, che stava camminando al suo fianco e ridendo allegramente, era per qualche motivo dietro di lei, con un’espressione stranamente tetra sul volto.
Inghiottì la domanda che le era giunta in gola. Aveva paura. Era la prima volta che vedeva Snow con un’espressione simile. Era così eccitato, ma allo stesso tempo triste. Avendo paura di scoprire il perché, Serah chiese qualcosa di completamente diverso.

"Dov’è Lightning?"

Era lì appena un momento prima, quindi doveva esser ancora vicina. Immaginando che magari fosse stata chiamata da qualcuno della Cavalleria per qualche problema urgente, pensò che avrebbe ottenuto una risposta alla sua domanda. Prima di chiedere per quale motivo Snow avesse quell’espressione, voleva fare una domanda banale e avere una risposta rassicurante.

Ma.

"La sorellona... è dentro quel pilastro. E' stata trasformata in cristallo per sostenere Cocoon".

Si interrogò su ciò che aveva udito. Non era possibile che Snow le facesse uno scherzo così sgradevole. Allora sentì la sua voce come da qualche luogo distante chiedere "Cos’è successo?"
Oh giusto, quella faccia. Non appena provò a ricordare dove l’aveva vista, le tornò in mente sua sorella. Al funerale di sua madre, Lightning per tutto il tempo mantenne quell’espressione. Ma, perché? Perché Snow...?
"Lightning era proprio lì", gridò con tutta la sua voce. Si erano incontrate, avevano parlato e lei aveva approvato il suo matrimonio. Avevano riso tutti insieme fino a quel momento...
Non ci poteva credere.
"Ho trovato questo alla base del pilastro", disse Hope, mostrandole un oggetto di sua sorella. Era il coltello che Serah aveva scelto come regalo di compleanno. Le aveva regalato quell’oggetto con la speranza che sarebbe ritornata sana e salva anche dalle missioni più pericolose, e che sarebbe sopravvissuta in ogni situazione.
Se Lightning avesse tenuto sempre quell’oggetto con sé, allora non sarebbe morta. Sarebbe ritornata sempre, senza alcun dubbio. Ma il coltello era caduto ai piedi del pilastro.

"Lightning ha lasciato andare il coltello che le ho dato come portafortuna. E questo vuol dire...? è possibile!?"

"Potrebbe essere un sogno che hai fatto mentre eri in ibernazione dentro il cristallo... o qualcosa del genere, Serah?"
Hope disse questo mentre Serah, confusa, cercava di darsi una qualche spiegazione, anche piccola, che potesse avere senso. Anche Sazh annuì a quelle parole.
"Potrebbe essere. Il mio Dajh dice di aver sognato un chocobo, vero?"
"No, è impossibile", negò Serah disperatamente. Ricordava di quando era ibernata nel cristallo. Le cose intorno a lei erano pallide e sembrava davvero di essere in un sogno. Aveva la sensazione di vedere le stesse cose che vedeva Snow, ma con una chiarezza diversa di come avrebbe visto con i propri occhi.
I suoi ricordi del loro re-incontro invece erano molto più realistici. La voce che chiamava "Serah", la sensazione delle braccia intorno a lei, tutto era accompagnato da un forte senso di realismo. Poteva senza dubbio dire che Lightning era realmente lì. Ma di tutti quelli che erano lì, nessuno ricordava niente. Più che aver dimenticato, sembrava credessero che "non ci fosse mai stata".

Dopo che i sei ebbero sconfitto il fal’Cie Orphan, caddero insieme a Cocoon. Nel corso di questi eventi, persero momentaneamente coscienza. Videro Fang e Vanille allontanarsi da loro, ma non avevano idea di dove fosse Lightning, dissero. Quando si furono svegliati dall’ibernazione nel cristallo c’erano solo tre persone ad attenderli: Snow, Hope e Sazh...

Serah aveva visto Hope e Sazh durante il sonno nel cristallo. Quindi sapeva che non le avrebbero mentito. Ma soprattutto, Snow non poteva mentire. Snow aveva detto "La sorellona è stata trasformata in quel pilastro di cristallo ed è in ibernazione", quindi doveva essere certamente la verità.

Era più plausibile che fossero i ricordi di Serah ad essere falsi. Solo che erano troppo realistici per essere falsi.
Poteva essere forse una continuazione del sogno? Se si fosse svegliata di nuovo, forse sarebbe cominciata una realtà completamente diversa. Adesso era Lightning a mancare, ma nella prossima realtà forse non ci sarebbe stato nemmeno Snow. O forse sarebbero scomparsi anche Hope e Sazh, e lei sarebbe rimasta tutta sola…

Aveva paura di tutti questi "forse." Il mondo si era distorto, o era lei ad essere diventata pazza? Era diventata "qualcosa" di più sinistro di un l’Cie? Oppure era una punizione? Era una punizione crudele per il peccato di aver convolto così tante persone?
Perché se Serah non si fosse trascinata fino alle Vestigia di Bodhum, non avrebbe incontrato il fal’Cie di Pulse. Non sarebbe stata marchiata come l’Cie, non sarebbe diventata un nemico di Cocoon, il Sanctum non avrebbe ordinato l’Epurazione. L’isolamento di Bodhum e il massacro sul Margine Estremo non sarebbero avvenuti nemmeno.
Naturalmente lei sapeva che l’obiettivo del fal’Cie Baldanders era anientare tutti gli abitanti di Cocoon. Prima o poi, molte persone sarebbero state uccise su Cocoon. Sicuramente, anche se Serah non fosse stata lì, qualcun altro avrebbe creato l’occasione per farlo.
Ma alla fine è solo questione di possibilità. Il fatto che Serah Farron di Bodhum fosse diventata l’Cie. Da lì era iniziato tutto: questa era una verità indiscutibile, ed un peccato innegabile. Un peccato così gravoso che la via per l’espiazione era sconosciuta. Era una punizione per quel peccato, e doveva essere qualcosa di più crudele della morte stessa...

Più Serah ci pensava, più cresceva il suo terrore. Tutto era diventato così spaventoso da non riuscire più a sopportarlo. Anche dopo aver rincontrato i membri del NORA e aver deciso che si sarebbero spostati a Nuova Bodhum, era come se lei fosse schiacciata dall’insicurezza.
Voleva scappare da tutto ciò che aveva visto, sentiva le ginocchia deboli, qualsiasi cosa facesse. Tutti gli altri avevano iniziato a lavorare per la ripresa, ma lei non riusciva a fare niente e si sentiva in colpa per questo.

"Se non riesci a fare niente, allora almeno sorridi per me. Se non riesci a sorridere, almeno stai con me. Sei viva, Serah, e sei qui. Già questo è abbastanza. Per me, e per tutti gli altri".

Le parole di Snow confortavano Serah, e lentamente si abituò alla vita in questo nuovo mondo. No, era perché si trovavano in un nuovo mondo che riusciva a distrarsi dalla sua tristezza e insicurezza.
I cieli erano di un colore completamente diverso rispetto a quelli di Cocoon, come anche l’odore del vento. Anche questo posto, che avevano scelto perché somigliava almeno un po’ a Bodhum, sembrava completamente diverso dalla loro città natale. Quando si erano spostati qui, tutti si erano innamorati dell’odore di pesce caratteristico della brezza oceanica.
Tuttavia, pare che gli uomini siano creature in grado di abituarsi praticamente a tutto. Adesso nessuno nota più l’odore di pesce nella brezza. Ogni volta che Gadot e gli altri ritornano dalle esplorazioni nell’entroterra, dicono, respirando profondamente, "Bene, bene. Respirare il profumo di questo vento ti fa proprio sentire a casa, vero?!".
Grazie a questo, la vita a Nuova Bodhum si era finalmente messa sulla strada giusta, e glik abitanti stavano recuperando il loro spirito di sempre. Ma, dall’altro lato, Serah, nella sua depressione, sentiva che c’erano moltissime cose al di là del suo controllo. Trovava doloroso continuare a dimostrarsi serena e a sorridere davanti agli altri. Pian piano, non fu più capace di ingannare le persone.
Mentre tutti gli altri stavano andando avanti, lei era l’unica a rimanere ferma, a testa bassa. Non poteva continuare così. Lo sapeva. Lo sapeva, ma...

"Perché...?"

Senza pensare, si coprì il viso con le mani. Era una domanda che si era ripetuta innumerevoli volte. Perché i suoi ricordi erano diversi da quelli degli altri? Perché ricordava un’immagine che nessun altro aveva visto e poteva non essere mai accaduta?

"Cosa c’è che non va?"

Inaspettatamente, una manina toccò le sue spalle.

"Ti fa male da qualche parte?"

C’era un giovane volto che la scrutava con preoccupazione. Era una delle bambine che giocavano sulla spiaggia.

"Grazie. Sto bene".

Probabilmente il suo viso diceva che stava quasi per mettersi a piangere. "Ho fatto pure preoccupare una bambina". Serah cambiò rapidamente espressione.

"Tieni, prendi questo"

Davanti ai suoi occhi apparve una conchiglia colorata. Aveva un motivo a strisce bianche e porpora e sembrava essere stata presa su Gran Pulse; non ne aveva mai viste così sulle spiagge di Bodhum.

"Sei sicura? Hai fatto così fatica per trovarla"
"Certo, ne ho tante".

La sua piccola mano tirò fuori diverse conchiglie dalla tasca. Guardando bene, anche l’altra tasca era gonfia. Probabilmente era piena delle conchiglie che aveva trovato.

"Wow. Ne hai trovate davvero tante".

Dopo aver annuito, la bambina si girò e se ne andò correndo. A giudicare dall’altezza, poteva avere più o meno l’età adatta per iniziare a frequentare la scuola.
Nuova Bodhum non aveva ancora una scuola. Per ora, avevano altri pensieri per la testa, come dove dormire la notte, o cosa avrebbero mangiato il giorno dopo, quindi finora problemi come l’educazione dei bambini erano stati accantonati.

"Avevo detto che sarei diventata un’insegnante, vero?"

Era un altro evento relativo a quell’altro ricordo. Ecco perché nessuno sapeva che Serah aveva detto di voler diventare un’insegnante. Snow, che aveva detto "Costruiamo una grande scuola", non ricordava nemmeno questo, probabilmente; persino la stessa Serah lo aveva dimenticato. Anche se erano parole e pensieri suoi, sembravano così distanti e inattendibili.

Pensò che a quei tempi non ne sapeva niente. Aveva sottovalutato quanto fosse difficile vivere in terre inesplorate, ed anche il peso del peccato che si portava dietro a causa della sua stessa imprudenza. Capiva la sua ingenuità ora, e dire qualcosa come "Voglio diventare un’insegnante" era fuori questione.
Però non c’era dubbio che questo villaggio in crescita avesse bisogno di una scuola. Nei giorni iniziali della ricostruzione, anche i bambini furono un prezioso aiuto nel lavoro. C’erano lavori da fare, nonostante non fossero forti o abili. Ma adesso tutto ciò che i bambini dovevano fare era, al più, "aiutare in casa". Quindi avevano abbastanza tempo a disposizione per gli studi.
In un giorno come questo, quando la maggior parte degli adulti erano lontani da casa, in esplorazione, i bambini non avevano altro da fare se non giocare sulla spiagga. Sicuramente non era la cosa migliore che potessero fare...

Ritornò alla realtà dopo aver sentito un suono somigliante ad un urlo. Era una voce che stava gridando "C’è un mostro". Serah ruotò rapidamente lo sguardo in quella direzione. I bambini che stavano giocando con le onde adesso gridavano e scappavano. Il mostro non era ancira in vista, ma i bambini di Nuova Bodhum erano molto sensibili alla presenza di mostri. Forse qualcuno ne aveva avvistato uno galleggiare sull’acqua.
Corse fin lì, pensando di dover proteggere i bambini.

"Veloci, fuori dall’acqua!"

Parecchi mostri acquatici odiavano la terraferma. Alcuni non erano persino in grado di respirare al di fuori dell’acqua. Serah pregò che si trattasse di uno di quelli.

"Qualcuno vada ad avvertire Lebreau!"

Mentre Serah urlava gli ordini, il primo ragazzo che risalì la spiaggia annuì e iniziò a correre.
Lei prese tra le braccia un bambino che era incespicato tra le onde, e ne prese per mano un altro che era rimasto pietrificato dalla paura.

"Andrà tutto bene. Venite, presto".

Dietro di lei, della schiuma continuava a schizzare dalle onde. Sentì una minaccia e un fetore tanto forte da farle venire i brividi lungo schiena. Allontanò i bambini che teneva per mano e gridò "correte!" Intanto, mentre teneva con una mano il bambino che si stringeva a lei, alzò l’altro suo braccio.
Fu un’azione quasi completamente inconscia. Ma il suo potere fece saettare della magia nell’aria. Era un potere che non voleva usare, un potere che aveva deciso persino di dimenticare di poter usare.
Non c’era solo quel mostro. Serah lanciò una seconda e una terza magia alle masse nere che si avvicinavano dalle onde.

Si era resa conto di poter usare la magia qualche tempo prima. Ci aveva provato solo perché aveva sentito dire che c'erano delle persone in grado di usare la magia nonostante non fossero l’Cie. Anche se Serah una volta era stata una l’Cie, non aveva mai usato la magia fino a quel momento. Sebbene non avesse mai imparato ad usarla, non appena ebbe mosso la mano qualcosa di invisibile si diresse verso l’albero caduto, facendolo volare via.
Se Lebreau non fosse stata lì a vederlo, Serah probabilmente non l’avrebbe detto a nessuno e si starebbe ancora tormentando. Il pensiero che il fatto di essere tornata normale era forse un’illusione, che lei fosse ancora una l’Cie, le faceva paura.
Ma la reazione di Lebreau fu tanto calma da lasciarla delusa.

"Oh. Anche tu puoi usare la magia, Serah?"
"Non sei sorpresa?"
"Perché dovrei?"

Invece era Serah ad essere sorpresa, per aver ricevuto una tale risposta. Ciò che la scioccava di più era che tutti avessero accettato l’idea che "le persone normali potevano usare la magia" come un dato di fatto.

"Snow, Serah è sorpresa per il fatto di poter usare la magia. E' così carina!"

Avendo sentito la novità da Lebreau, Snow inclinò la testa di lato e disse: "Non credo sia una cosa di cui sorprendersi, dal momento che siamo su Gran Pulse".
"Ora che siamo stati liberati dai fal’Cie, certamente sono possibili anche queste cose. Anche io posso usare la magia. Non te l’avevo detto?"

"Sta succedendo di nuovo", pensò lei. "Proprio come quando hanno accettato come se niente fosse la scoperta che c’erano stati uomini su Gran Pulse di recente. Perché io sono l’unica a trovare strane queste cose? Le persone normali non possono usare la magia. Questo dovrebbe essere buon senso. Visto che quel buon senso si è rovesciato, dovrebbe derivarne un grande scalpore".

Oltre al fatto di poter lanciare incantesimi, la spaventava anche che la sua percezione della realtà differisse così tanto da quella delle persone attorno a lei, quindi Serah decise che non avrebbe fatto mai più ricorso alla magia. Per una persona normale, comunque, cose come la magia erano inutili.

Serah lanciò un incantesimo. Per la prima volta pensò che potesse essere un potere necessario, in un luogo come Gran Pulse. In ogni caso, si trovava ancora molto a disagio dentro di lei...

"Serah!"

Un mostro all'attacco esplose davanti ai suoi occhi. Girandosi, vide Lebreau correre verso di lei con un’arma in mano. Serah rafforzò la presa sulla mano del bambino e corse. Se avesse dato la schiena ai mostri ora, Lebreau l’avrebbe protetta.
Oltre a Lebreau, c’erano anche diverse donne che impugnarono le armi e circondarono la spiaggia. Quelle che erano state addestrate per la battaglia al momento erano via, in esplorazione, ma quelle rimaste erano capaci almeno di usare le armi.
Inoltre si erano preparati alla possibilità di un attacco dal mare. C’erano delle forti reti posizionate lungo la spiaggia, così da impedire ai mostri di fare irruzione. In qualche modo si erano aspettati che sarebbe apparso un qualche mostro che avrebbe sfondato le reti. Ecco perché avevano avvertito i bambini di fare attenzione al mare aperto quando giocavano sulla spiaggia.
L’unica cosa che non avevano previsto era il numero dei mostri. All’inizio pensavano che ne sarebbe arrivato qualcuno al massimo. Ma i mostri continuavano ad apparire uno dopo l’altro, come uno sciame di insetti. Lebreau urlò, mentre abbatteva i mostri:

"Serah! Porta i bambini al rifugio! Più veloce che puoi"

Considerando che c’erano così poche persone a combattere contro un gran numero di mostri, c’era il pericolo che qualcuno potesse sfuggire. Anche se i mostri fossero arrivati al villaggio, dovevano comunque assicurarsi almeno di mettere al riparo i bambini.
In realtà sarebbe stato più pericoloso tornare al rifugio. Il terreno si piegava diventando una collina lì, quindi, visto che i bambini erano a piedi, sarebbero diventati facile preda delle creature acquatiche. Ma d'altra parte le case costruite di recente vicino alla spiaggia erano molto precarie. Erano state costruite rialzate rispetto al terreno in modo che i mostri acquatici non potessero raggiungerle, ma questi mostri avevano l’abilità di saltare molto in alto. A giudicare dalla resistenza che avevano mostrato contro i suoi incantesimi, la corazza dei loro corpi era piuttosto dura. Sembrava che sarebbero stati capaci di sfondare le finestre soltanto colpendole.

"Bambini, raccoglietevi intorno a me!"

Per prima cosa, pensando di doverli guidare in un qualche posto distante dal mare, riunì i bambini che si erano sparpagliati in tutte le direzioni.

"Tenete per mano chi è più piccolo di voi!"

Fece allineare tutti i bambini in fila per due e li contò. "Ok, sono tutti qui", pensò Serah con sollievo. Forse perché li vedeva giocare vicino alla spiaggia praticamente ogni giorno, conosceva le facce e i nomi di tutti i bambini.

"Ascoltatemi tutti! Andremo a rifugiarci nell’officina di Maqui. Sapete tutti dove si trova, vero?"

Tutti i ragazzi annuirono insieme. L’officina di Maqui era dove venivano create cose interessanti di qualsiasi genere, irresistibili per ogni ragazzino di quell’età. Era più sicuro andare in un posto che conoscevano bene che non in uno sconosciuto.
Per prima cosa, quel posto era lontano dal mare. Originariamente era vicino al Covo NORA, ma ci furono lamentele dei vicini per il troppo rumore, quindi divenne inevitabile spostarlo. Il fatto che Maqui armeggiasse con le macchine senza cognizione del tempo era una cosa rimasta uguale a quando erano su Cocoon.
La sua nuova officina si trovava lungo uno stretto sentiero dietro il Covo NORA e dalla parte opposta rispetto all'orto. Anche se venivano emessi forti rumori, da lì non riuscivano a raggiungere il villaggio, quindi Maqui poteva armeggiare con le macchine quanto gli pareva senza pensare agli altri. C’era anche una grotta perfetta per depositare i materiali.

"Non correte. Non fate rumori. Non lasciate la mano della persona accanto a voi. Capito?"

Serah aveva messo i ragazzi più grandi davanti e lei si era messa sul retro. In questo modo poteva tenere d’occhio sia i bambini sia quello che c’era dietro di loro. In realtà, i mostri erano veloci e lei dovette persino lanciare delle magie alcune volte per respingerli.
I mostri all'inseguimento arrivarono uno per volta, quindi non fu difficile rispondere al fuoco mentre camminavano.
In realtà non fu affatto facile mantenere i bambini in silenzio e farli camminare.

"Wooow. La maestra Serah può usare la magia"
"Andiamo, giratevi e continuate a camminare"

Dopo aver detto questo con un tono un po’ serio, ripensò al fatto che era stata chiamata "maestra". Ripensandoci bene, le sembrò di ricordare che prima anche un altro bambino l’aveva chiamata così. Le era sfuggito, nella frenesia di trovare un modo per guidare in salvo i bambini.
Forse i bambini erano disperati. C’era un solo adulto su cui potessero contare. Era normale che fossero preoccupati. Ecco perché chiamavano quell’adulto "maestra". Era una cosa naturale che ci fosse un solo insegnante per classe.

Pensava di non avere il diritto di dire qualcosa come "Voglio diventare un’insegnante". Nonostante ciò, i bambini si erano affidati a lei. Per questo motivo pensò che doveva fare tutto il possibile per non deluderli. "Farò del mio meglio per vestire i panni dell’insegnante. Così i bambini potranno stare tranquilli, almeno un po'".

"Ehi, non correte! Se doveste cadere vi ritrovereste tutti in pericolo".

"Camminare velocemente" per i bambini piccoli significava "correre". Era un bene che i più grandi li tenessero per mano.
Aveva detto loro "Tenete per mano qualcuno più piccolo di voi" perché si era ricordata di quella volta in cui era stata tenuta per mano, tanto tempo fa. La mano di qualcuno più grande era come un’ancora di salvezza per i più piccoli. Solo grazie a questo, potevano sentirsi sollevati.
"Io sono stata sempre protetta", ripensò. Lei c’era stata sempre, ancor prima che lei avesse acquisito il senso del pericolo. Non importa quando o dove stesse andando, era stata sempre guidata dalla sua mano. "Lightning mi ha protetta come se fosse la cosa più naturale da fare. La mano di mia sorella, la mia "maestra," era...".

"Maestra Serah, sono stanco!"
"Mi fanno male i piedi"
"Prendiamoci una pausa".

Dopo aver camminato un po’, tutti i bambini iniziarono a lamentarsi. Forse si erano rilassati non vedendo più arrivare mostri ad inserguirli. Soprattutto, stavanno costeggiando i frutteti, con colture ovunque. Per un bambino, quello era un posto in cui fermarsi a giocare.

"Ci siamo quasi, quindi date il vostro meglio ora. Se venissimo acciuffati dai mostri qui sarebbe un problema".

In realtà c’era un’alta recinzione e le solite campane posizionate intorno al campo in modo che si potesse coltivare in pace. Ecco perché Serah aveva scelto l’officina dalla parte più lontana del campo, ma era troppo presto per abbassare la guardia.

"Guardate, ora si vede l’officina. Possiamo farcela a raggiungerla, vero? Se ce la potete fare, alzate la mano"

Si alzò solo qualche mano...

"Oh? Non abbiamo tanta energia a quanto pare? Riproviamo. Se ce la potete fare, alzate la mano".

Questa volta, le mani si alzarono tutte accompagnate dai "Sì". Urlando "Più forte", Serah fece alzare di nuovo le mani ai bambini. A quanto pare, dopo essere stati distratti in questo modo, le lamentele svanirono e riuscirono a percorrere la strada fino allo spazio aperto in cui si trovava l’officina.

"Bel lavoro, ragazzi. Ma continuate a tenervi per mano ancora. Raggiungete quella grotta".

L'ampiezza della grotta in cui venivano depositati i materiali era tale da riuscire a contenere soltanto i bambini. Se li avesse messi al sicuro lì dentro, avrebbe potuto tirare un sospiro di sollievo. Nel caso in cui altri mostri avessero attaccato, se Serah fosse riuscita a tenerli lontani dall’entrata, allora i bambini sarebbero stati al sicuro.
Inoltre, Serah sapeva che Maqui aveva costruito prototipi di macchine che respingevano i mostri. Visto che c’erano anche reti per catturare i mostri e armi varie modificate, pensò: "Nel peggiore dei casi, dovro attivare tutti gli strumenti e poi saremmo a posto..."

"Ora, non uscite finché non lo dico io, ok?"
"E tu, maestra Serah? Non starai qui con noi?"
"No. Io devo stare da guardia fuori".

Immediatamente, le espressioni dei bambini si riempirono di preoccupazione. Sarebbe comunque rimasta nelle vicinanze, anche facendo la guardia.
"Anche rimanendo a distanza di pochi metri i bambini avrebbero paura. Però sarebbe troppo pericoloso distogliere gli occhi da quel che succede all’esterno".
Doveva calmare i bambini, in qualche modo.
"Ripensandoci, cosa facevo quando la mia maestra non era in classe? Quando frequentavo la scuola superiore, ci facevano studiare da soli, ma quando ero più piccola? Oh, vero. Ora ricordo..."

"Voi, ragazzi più grandi, avete imparato un gioco per i giorni di pioggia, vero? Lo ricordate ancora?"

Conoscevano tutti quel gioco da fare a scuola quando pioveva e non si poteva giocare nel cortile. Era un gioco che si poteva fare in tranquillità guardando il proprio banco. Si usava nelle scuole inferiori, anziché far studiare da soli i bambini.

"Quello in cui si collega una linea ad un cerchio?"
"Proprio quello. Voi, ragazzi più grandi, insegnatelo ai piccoli. Quando tutti l’avrete imparato, faremo un grande torneo per stabilire il vincitore. Riuscirete ad impararlo tutti finché la vostra maestra non sarà ritornata?"

Sentendo che avrebbero fatto un grande torneo, i volti dei bambini si illuminarono. Quelli che non vedevano l’ora di iniziare presero a disegnare delle linee sul terreno con delle rocce poco distanti. Serah si allontanò sentendosi sollevata. Corse fino all’officina e portò fuori qualunque cosa le sembrava potesse essere usata come arma. Era troppo rischioso avere a disposizione soltanto la magia. Anche se prima i mostri erano stati catapultati per aria dai suoi incantesimi, non era comunque riuscita ad infliggerli nemmeno un colpo di grazia.
Mentre era alla ricerca di armi, premette l’interruttore del generatore di onde sonore impostandolo sulle alte frequenze per fermare l'eventuale avanzata dei mostri. Era un prototipo che Maqui aveva appena finito di costruire. Modificandolo per resistere all’acqua lo avrebbero potuto posizionare al di fuori delle case o anche vicino all’oceano. Maqui aveva detto che col tempo li avrebbe posizionati tutti intorno all’insediamento.
Stando alle parole di Maqui, c’erano mostri sui quali non funzionava, ma circa l’ottanta percento di quelli che apparivano a Nuova Bodhum non sopportavano le onde sonore ad alte frequenze e scappavano. Per quanto riguardava il rimanente venti percento, tutto ciò che si poteva fare era pregare.

Successe in quel momento. La ricetrasmittente wireless che teneva in tasca squillò. Doveva essere Lebreau. Forse avevano finito di sterminare i mostri sulla spiaggia.
Proprio come si aspettava, sentì la voce di Lebreau che le chiedeva "Serah, dove sei in questo momento?" attraverso la ricetrasmittente. Avevano una qualità audio peggiore di quelli che usavano su Cocoon, ma erano molto più efficaci nelle trasmissioni a lunghe distanze. Sicuramente anche questo era dovuto a qualche modifica di Maqui. Su Gran Pulse, l’abilità di trasmettere a lunga distanza nonostante il disturbo era molto più utile che sentire suoni limpidi e puliti.

"Sono nell’officina di Maqui. Ci sono armi qui, così ho pensato che sarebbe stato sicuro". "Saggia decisione. E i bambini?"
"Stanno tutti bene. Li sto tenendo nascosti nella grotta dei materiali. Voi?"
"Continuavano ad arrivarne così tanti che ci siamo stancati, ma in qualche modo li abbiamo sistemati tutti. Vi veniamo a prendere".
"Ok. Grazie".
"Ah, aspetta. Ne è rimasto uno! Ci metteremo solo un po’ di più".

La trasmissione si interruppe con uno colpo improvviso e si spense. Serah trasse un profondo sospiro. Se era rimasto solo un mostro sicuramente non ci avrebbero messo molto. Doveva continuare a fare la maestra solo per un altro po’. Per un adulto, la spiaggia era poco distante da lì.
No, anche per i bambini: se si fossero allineati correttamente e avessero camminato senza distrarsi sarebbero arrivati più velocemente. I bambini che andavano a scuola dovevano sapere come si cammina in fila e come camminare velocemente durante un’evacuazione, ma quelli che non avevano raggiunto l’età da scuola ancora non conoscevano queste cose.
Quando erano su Cocoon, le esercitazioni per i casi di calamità venivano organizzate più che altro per spettacolo. Infatti nemmeno gli adulti pensavano che fossero davvero necessarie. Ma qui è diverso. Questa è una terra in cui non si è al sicuro nemmeno in presenza di adulti. C’è bisogno di organizzare delle esercitazioni, in modo che anche i bambini riescano a proteggersi da soli.
"C’è disperatamente bisogno di scuole, dopotutto. C’è molto da imparare, soprattutto considerando che viviamo come un gruppo. Non soltanto lo studio, anche imparare a divertirsi quando si è in gran numero, perché i bambini ne hanno bisogno. Eventi regolari come escursioni e festival di atletica sono i tesori inestimabili di un gruppo. Voglio regalare questi tesori anche ai bambini di questo villaggio..."

Accadde tutto mentre pensava a queste cose. Dal cielo, un’ombra si proiettò sul terreno. Sentì un battito di ali. L’espressione di Serah si trasformò in una di shock.

"Impossibile..."

Un mostro gigante con ali da rettile stava guardando in basso, verso Serah, con i suoi occhi privi di palpebre. Quel tipo di mostro non era mai stato avvistato in quella zona. Inoltre, faceva parte di quel venti percento che riusciva a sopportare le onde sonore ad alte frequenze. Voleva gridare "Perché proprio adesso?"
Lebreau e gli altri non erano ancora arrivati. Sicuramente erano ancora occupati con quell’ultimo mostro. Non c’era traccia di persone sul sentiero che portava all’insediamento.
Il mostro emise un urlo penetrante che suonò come pezzi di metallo strofinati tra loro. Le sue ali erano aperte completamente, in tono minaccioso.

"Maestra Serah, coooos’era quel suono?"

Le voci dei bambini provenivano da dietro le sue spalle. Il nervosismo le fece sembrare che fosse passato poco tempo, ma in realtà ne era passato parecchio da quando li aveva lasciati al riparo nella grotta. Alcuni bambini dovevano aver iniziato a scocciarsi del gioco. Serah fissò il mostro, e urlò a pieni polmoni.

"Non uscite! Tornate dentro!"

Prendendo quella voce come un segnale, il mostro si lanciò in una ripida picchiata. Lei lanciò magie in aria mentre arretrava. No, non aveva intenzione di arretrare, ma i suoi piedi cercavano da soli di scappare. O perché la sua magia era debole, oppure perché non aveva proprio effetto, sembrava che il mostro non subisse alcun danno.
La belva emise un ruggito stridulo. Sembrava che si fosse infuriato a causa di quel contrattacco. Serah si rese conto di star battendo i denti posteriori. Le iniziarono a tremare involontariamente le ginocchia. Il suo corpo voleva fuggire. Fuggire da questo posto, adesso.
Tutte le armi che aveva portato fuori dall’officina erano inutili. Ma non era per via delle armi; le sue mani tremavano così tanto che non riusiva ad usarle. Provò a lanciarle con tutta la sua forza, ma non c’era possibilità che colpissero un mostro volante.
Serah iniziò a lanciare incantesimi alla cieca. Non poteva fuggire. C’erano i bambini nella grotta dietro di lei. Se non avesse fatto qualcosa per uccidere il mostro, essersi rifugiati lì dentro non avrebbe avuto alcun senso.
Le orecchie le fischiavano terribilmente, forse perché aveva lanciato incantesimi a ripetizione in un breve lasso di tempo. Lei stessa si rendeva conto che le dita erano diventate insensibili. Ma, nonostante ciò, non poteva permettersi di fermarsi. Voleva guadagnare tempo almeno finché Lebreau e gli altri non fossero accorsi.
Tuttavia, il suo debole potere magico servì soltanto a provocare il mostro, e non riuscì a respingerlo. Da quanto tempo stava continuando a lanciare quelle magie inefficaci? Dopo un po’, il mostro sembrò essersi ripreso dallo stordimento e gonfiò le ali.
Artigli affilati si avvicinarono. Non c’era niente che potesse fare. Incapace di stare ancora in piedi, Serah chiuse gli occhi e si rannicchiò.
Poi sentì dell'aria calda sul braccio con cui si proteggeva la testa. Il mostro lanciò un urlo così acuto da lacerare i timpani. Serah si preparò all’impatto degli artigli. Ma, nonostante il tempo passasse, l’impatto non giunse mai.
Serah sollevò cautamente la testa. Il mostro che prima volava in cielo adesso stava strisciando a terra. Le ali bruciacchiate fremevano violentemente; il mostro aveva smesso di muoversi.

"Serah!"

La voce di Snow giunse dal cielo. Non appena si alzò e guardò verso il cielo, vide Snow e Maqui su un aeromoto biposto. Il mostro era stato abbattuto da loro due. Dopo un po’, un’aeronave giunse in vista.
Non riusciva a smettere di tremare, anche se sapeva di essere stata salvata. Non aveva più forza nelle ginocchia. Così, Serah crollò al suolo.


Il primo a notare che c’era qualcosa di strano fu Maqui.
Ripulirono i corpi dei mostri sterminati e fecero le riparazioni di emergenza per gli edifici danneggiati. Era già tarda sera quando giunse la cena. Naturalmente, l’argomento principale della discussione a tavola fu l’attacco dei mostri. Mentre Serah spiegava gli eventi dall’inizio alla fine, Maqui annuiva soddisfatto.

"Proprio come pensavo. Sei stata tu ad usarle, vero, Serah?"

Maqui spiegò che le macchine nel deposito erano impostate in modo da poter capire se qualcuno le aveva usate, anche da un posto lontano. A quanto pareva, si poteva anche capire se fossero state usate male o se fossero state rotte da qualcuno.

"Perché, insomma, non sono pericolose? Se i bambini le avessero toccate... Voglio dire, solo gli adulti salgono al campo, e non vanno a curiosare all'interno dell’officina".

Inoltre il prototipo di macchina per fermare i mostri non era stato usato male o danneggiato, anzi, era stato avviato come da procedimento. Poi Maqui raccontò che aveva parlato a Serah del prototipo solo due giorni prima, quando lei era passata a trovarlo.

"Se era stata Serah ad avviarlo, visto che sapeva del macchinario per fermare i mostri, allora ho pensato che sicuramente le cose si stavano mettendo male".
"Così siamo subito saliti sull’aeromoto e ci siamo precipitati qui."

"Meno male che ce l’abbiamo fatta", pensò Snow sollevato.

"Mi dispiace. Avremmo dovuto lasciare al villaggio più persone. E' stata colpa nostra".
"Nient’affatto. Anch’io sono stata imprudente. Non siamo solo io e Snow a sentirci così, ma tutti quanti, vero?"

Soltanto qualche giorno prima i covi di mostri comparsi attorno all’insediamento erano stati in gran parte distrutti. La recinzione che avevano montato e le trappole che avevano posizionato tutt’intorno erano state un successo, e gli attacchi dei mostri erano calati rapidamente. Ecco perché pensavano che anche in un giorno così, in cui molti adulti erano fuori dal villaggio, sarebbe andato tutto bene.

"Già. Non avevo idea che sarebbe arrivata una cosa del genere dal cielo. Era un mostro che non si vede di solito qui intorno, quindi suppongo che il loro covo deve essere lontano".

C’erano ancora tanti altri mostri sconosciuti su Gran Pulse. Non era come Cocoon, che era gestito totalmente dai fal’Cie.

"Dovremmo farci aiutare da quei militari a trovare il covo. Non sembra che siano velenosi, quindi se li colpissimo quando sono ancora piccoli, potremmo usarli come cibo".
"Quelli cresciuti sono abbastanza duri, però", disse Lebreau ridendo e scrollando le spalle. A quanto pare aveva già aperto con un coltello i mostri che avevano abbattuto per ispezionarli.

"Prima di fare questo bisogna riparare le case. Rinforziamo i telai delle finestre dato che ci siamo?"

Forse ricordando le pareti e le finestre distrutte dai mostri acquatici che tentavano di irrompere, Gadot fece uno sguardo aggrottato. Come se si fosse trattato di un segnale, iniziarono una serie di discussioni sull'aumentare le trappole intorno all’insediamento o sul rafforzare le reti in acqua. Era normale che idee e proposte di miglioramento arrivassero dopo un attacco dei mostri o dopo che il cattivo tempo aveva arrecato dei danni.

"Um... Ehi"

Serah alzò la voce decisa in mezzo ai membri del NORA che parlavano di questo e di quello.
"Se devo dire qualcosa, la devo dire ora", pensò.


"Che c’è, Serah?"

"Lo Snow di ora ha dimenticato la volta in cui gli confidai di voler diventare un’insegnante. Lo approverà come ha fatto quella volta? Anche adesso che siamo in un posto molto più selvaggio?"

"Voglio creare una scuola!"

Era un po’ diverso dal dire "Voglio diventare un’insegnante".
"Volevo creare un posto per i bambini. Un luogo in cui potessero imparare ma allo stesso tempo dove potessero sentirsi sicuri. Un bel posto in cui ci siano gli amici, una maestra che li protegga, e dove possano acquisire la conoscenza e la forza necessarie per vivere".

"Oggi, quando ho messo al riparo i bambini, ho capito. Ho capito che non possiamo lasciare che siano solo gli adulti a proteggerli; dobbiamo insegnare loro il modo per proteggersi da soli.
Snow ha detto "Avremmo dovuto lasciare al villaggio più persone", come se fosse stato un loro sbaglio, ma io non la penso così. L’esplorazione delle rovine di vecchi insediamenti è un lavoro necessario per vivere qui. Quindi dovremmo assicurarci che il villaggio non rimanga senza protezione prima di tutto.
Dove dovrebbero scappare in una situazione di pericolo? A chi dovrebbero riferirlo? Cosa dovrebbero fare per proteggere quelli più piccoli di loro mentre scappano? Queste sono cose che non abbiamo mai insegnato loro finora"


"Ora che ne parli, credo che nemmeno noi abbiamo mai pensato a dove scappare o a qualcos’altro. Se un mostro appare, lo uccidiamo e basta".
"Beh, avevamo intenzione di fare solo questo finora. Tutto il resto lo abbiamo trascurato".

Venne affrontato anche il problema dell’istruzione dei bambini. Ma i bambini che si trovavano lì erano ex residenti di Bodhum ed erano stati vittime dell’Epurazione. Questo significava che era da oltre un anno che non studiavano in modo appropriato. Serah spiegò che non potevano posticipare ancora oltre la vita scolastica dei bambini.

"Piuttosto che una vera e propria scuola, abbiamo i numeri solo per dei corsi accelerati. Per ora, comunque".
"Basta così", disse Snow aprendo le braccia e sorridendo. Serah si prese di paura per quel movimento. Immediatamente pensò che avrebbe dovuto trovare qualcos’altro di cui parlare. Non voleva che gli altri vedessero che era agitata.

"Aspetta un minuto, boss".

Prima che Serah potesse cambiare argomento, Gadot propose un problema di cui discutere.

"Rimandiamo a più in là il divertimento di costruire una grande scuola. Che ne dite intanto di pensare al numero di aule che potremmo usare? Anche se prendiamo in prestito dello spazio da qualche parte per ora, le case qui sono abbastanza piccole, giusto?"

Sia il rifugio che le case sulla spiaggia non erano affatto spaziose. Anche se i bambini erano pochi, Gadot sapeva meglio di chiunque altro che non erano costruite per fare da comode aule.

"Penso che lo spazio all’aperto sia l’ideale per ora. Abbiamo un’area libera di fronte all’officina di Maqui, vero? Pensavo che potremmo usare quella..."

Quel posto era tranquillo, e soprattutto non mancavano i luoghi in cui rifugiarsi in casi di emergenza. Se fosse successo qualcosa, avrebbero potuto facilmente correre dentro la grotta, come oggi. Normalmente, gli adulti sarebbero lì a lavorare i campi, e loro potrebbero trovare riparo rapidamente.

"Per di più, Maqui sta testando tutte quelle macchine e armi, quindi se succedesse qualcosa potrebbe lasciarveli usare. O non va bene?"

Maqui incrociò le braccia e iniziò a pensare. Forse stava pensando che se i bambini avessero fatto confusione davanti all’officina l’avrebbero disturbato.

"Non ti stiamo chiedendo di cederci l’officina, quindi collabora!"

Era stata Lebreau a intervenire.

"Ripulisci tutti quegli aggeggi che stavi usando. E' colpa tua se stanno dappertutto".
"Eh!? Perché io!?"

Quando Maqui lavorava vicino al Covo NORA, era qualcosa che Lebreau gli ripeteva di continuo. Maqui diceva "Scusa" e Serah non poteva fare a meno di ridere.

"Dirò ai bambini che è assolutamente vietato per loro entrare nell’officina, ok?"
"Se Serah è disposta a dirlo, allora non mi interessa..."

Snow posò la mano sulla spalla di Serah dicendo "Allora è deciso".

"Maestra Serah, quando vuoi iniziare le lezioni?"

Chiese Yuj alzando la mano come uno studente.

"Probabilmente non domani, ma al più presto possibile. Voglio almeno fare le esercitazioni per i casi di calamità prima che gli eventi di oggi vengano dimenticati"
"Allora dobbiamo dirlo a tutti domani mattina, prima di tutto"

Yuj, che aveva un bel modo di rapportarsi con le persone, era il consigliere e il collegamento con gli abitanti di Nuova Bodhum. Se qualcosa li preoccupava, ne parlavano con Yuj prima di ogni altro. Dall’altro lato, se c’era qualcosa che tutti dovevano sapere, Yuj andava porta a porta a riferire la notizia. In questo modo si poteva trasmettere l’informazione esatta e soprattutto si poteva conoscere la risposta delle persone, e i loro pensieri a riguardoe cosa ne pensavano.

"Una maestra, eh? è proprio da Serah, vero?"

Le sue parole erano esattamente le stesse del ricordo che aveva soltanto Serah. Anche il gesto delle braccia di prima per indicare "basta così" era lo stesso. Snow non sapeva di quella conversazione, perciò sorrise e diede a Serah coraggio come sempre. Anche se i suoi ricordi erano diversi, Snow non era cambiato. Sentendo lacrime bagnarle gli occhi, Serah sbatté gli occhi rapidamente.

"Non piangerò più. Perché ho deciso di diventare una maestra e di insegnare un sacco di cose ai bambini. Come Lightning aveva fatto per me. Così non continuerò a stare senza far niente..."

Serah sorrise e annui a Lebreau, che canzonandola disse: "Fai del tuo meglio, Maestra Serah".


Era già passato metà anno da quando Serah era diventata la "maestra" dei bambini. All’inizio, l’aula era composta solo da sedie allineate in uno spazio aperto, ma Gadot costruì un semplice pergolato, tra uno dei suoi lavori e l’altro.
Fino a quel momento, quando pioveva dovevano correre velocemente dove venivano immagazzinati i materiali, ma da quando avevano un tetto sulla testa non dovevano più interrompere le lezioni.
In ogni caso, era solo un tetto con dei supporti, quindi era piuttosto duro rimanere lì durante l’inverno. Quando arrivò la fine dell’estate, le nuove costruzioni e le riparazioni alle case esistenti nell’insediamento erano state completate fino ad un certo punto, così Gadot si mise a rimodellare la tettoia. Quando l’inverno fu ormai alle porte, il piccolo edificio con una sola aula, ma degno di essere chiamato edificio scolastico, era stato completato.
Fu Yuj a montare le tende alle finestre, e i bambini erano tutti felici per quel che aveva fatto. Maqui installò una campanella per indicare l’inizio e la fine delle lezioni e montò un grosso orologio che si poteva vedere anche da molto lontano.
Gli abitanti del villaggio facevano i turni in pattuglia del perimetro della scuola quando lavoravano i campi. Grazie a questo stratagemma, non ci furono mai attacchi dei mostri durante le lezioni.
Tuttavia, non è che i mostri non fossero mai apparsi. Alcune Wasabirane erano cadute nelle trappole posizionate vicino alla spiaggia, e alcuni Galkimasela erano stati intrappolati nelle reti vicino agli alberi. Nonostante ciò, la vita delle persone era stata prevalentemente tranquilla e il villaggio si era sviluppato agevolmente.
Anche Serah stessa era più su di morale rispetto a metà anno fa. Prima sentiva che, anche se sorrideva, una parte di lei si stava sforzando. Adesso invece si rendeva conto che rideva e si arrabbiava davvero con i bambini. Era una scuola che aveva fondato lei perché i bambini ne avevano bisogno, ma forse era Serah ad averne bisogno più di chiunque altro.

L’unica cosa che non andava bene era proprio lo studio. Piuttosto che stare seduti ad un banco, i bambini preferivano giocare fuori. Anche quelli che inizialmente avevano prestato attenzione giusto per curiosità, erano diventati sempre più irrequieti da quando il senso di novità era cominciato a scemare.
I più problematici erano i ragazzi in età da scuola superiore. A differenza dei gradi inferiori, in cui si faceva solo semplice matematica o lettura e scrittura, gli studi diventavano più difficili passando ai gradi più avanzati.
Per esempio, nei problemi di matematica pensati per i bambini si potevano disegnare esempi a partire dai solchi nei campi, oppure usare le verdure raccolte per spiegarli, ma i ragazzi più grandi dovevano apprendere teorie matematiche più astratte: erano difficili da capire e si finiva inevitabilmente per annoiarsi.
Inoltre, i ragazzi più grandicelli grandi facevano spesso domande del tipo: "A cosa ci serve imparare questa cosa?"

"Studiare è un esercizio della mente e allo stesso tempo una forma di pratica. Non è importante la pratica anche nella caccia o negli sport? Non si diventa all’improvviso capaci di fare cose difficili, non è così?"

"Gli studi scolastici sono un esercizio del pensare, non c’è motivo di cercare il significato di ciò che studi in se stesso" era la formula che ripeteva sua sorella. "E' pratica, quindi naturalmente penserai che non abbia nessun senso", aveva detto. Quando era piccola, veniva rimproverata in questo modo ogni volta che pensava che lo studio era una sofferenza.
Però a quel tempo parole come "esercizi del pensare" o "significato" erano difficili da comprendere per Serah, e in realtà se ne stava seduta al suo banco solo perché sua sorella era terrificante quando si arrabbiava. Non capì il significato di quelle parole per molto tempo. Fu dopo aver compreso il concetto degli "esercizi del pensare" che Serah iniziò ad amare lo studio e a diventare un’alunna eccellente.

"Fare le addizioni, le sottrazioni, le moltiplicazioni e le divisioni dovrebbe essere sufficiente. Non abbiamo bisogno di studiare più difficili di queste!"

Chi aveva fatto questa osservazione era il più grande della classe e si chiamava Reto. Era un leader tra i bambini, era forte ed era persino stato chiamato da suo padre per aiutare a combattere i mostri. Probabilmente si sentiva orgoglioso del fatto che poteva essere utile per il villaggio senza essere bravo negli studi. Stava cercando in qualche modo di giustificare la sua antipatia per lo studio.

"Anche strappare le erbacce è una seccatura, non è così? Si limita a far sembrare il campo più ordinato e non sai nemmeno se servirà mai a qualcosa. Ma quando è il tempo del raccolto, le colture raccolte da un campo senza erbacce sono grosse e succose, vero? Studiare è la stessa cosa. Non impari nel presente, e quando arriva il tempo del raccolto è troppo tardi per rimpiangere di non aver strappato le erbacce nel modo giusto".
"Beh, io sto chiedendo che cosa potremmo ricavare dallo studio, però. Inoltre, a che cosa ti riferisci quando dici 'quando arriverà il momento?"
"Ok, facciamolo come compito per casa io e te, Reto. Hai davvero bisogno solo di saper fare le addizioni, le sottrazioni, le moltiplicazioni e le divisioni? Va bene essere un adulto che conosce solo queste cose? Pensaci intensamente ancora una volta. Io ripenserò ancora alle risposte".

"Per ora lasciamo stare quest’argomento" disse Serah riprendendo la lezione. I ragazzi come lui avevano anche l’obiettivo di interrompere la lezione tirando fuori argomenti di discussione.
La domanda se lo studio scolastico fosse utile o meno esisteva da sempre, ma far aprire gli occhi ad un ragazzo che odiava studiare era inaspettatamente difficoltoso. Questo valeva soprattutto su Gran Pulse, perché condurre una vita di agricoltura e di caccia ai mostri ha portato anche gli adulti ad essere scettici riguardo agli studi che non avevano utilità pratica.
Persino Serah sapeva che in tutte le famiglie aiutare gli adulti era il compito principale, e c’era una tendenza a mettere in secondo piano i compiti per casa. Ecco perché lei voleva che i ragazzi si concentrassero a studiare, anche se per poco tempo.

"Questo è sicuramente difficile...", mormorò tra sè e sè dato che non riusciva a togliersi quel pensiero dalla testa.
"Che cosa è difficile?", chiese Lebreau mentre mescolava il contenuto della pentola.
"Oh, tutto. Ed esempio, perché le persone devono studiare? O a che serve studiare a scuola, e cose così"
"Ahi ahi, indifferentemente dal tempo e dal luogo in cui ci troviamo, i bambini cattivi diranno sempre la stessa cosa. Dovresti dire loro di finirla con queste sottigliezze e colpirli sulla testa".
"Può darsi".

Serah annuì e continuò a sbucciare gli ortaggi. Il motivo per cui Serah non usava un metodo semplice come colpire qualcuno sulla testa era probabilmente perché lei stessa voleva una risposta a quella domanda.

"Sto cercando una risposta che sia diversa da quella che mi ha insegnato Light. Perché se si continuasse ad agire in base a quello che mi ha detto lei, si rimarrebbe sempre soltanto uno studente. Scommetto che ciò di cui lei parlava era un "esercizio del pensare" come questo. Parlava dell’usare la propria testa per pensare e trovare le proprie risposte.
Ehi, Light. Se riesco a farcela allora suppongo che sarò riuscita a smettere di essere una tua studentessa e a diventare un’insegnante a tutti gli effetti, vero?"


Pensò di sentire la voce di sua sorella che le diceva: "Buona fortuna". Serah tornò alla realtà, facendosi quasi cadere di mano il coltello. Istintivamente guardò verso la cucina, ma naturalmente c’erano solo lei e Lebreau.

"Lebreau, quella voce, proprio adesso..."
"Quale voce?"

Lebreau si guardò intorno dubbiosa. Quella risposta era bastata.

"Non è niente. Non importa"

"Sono io a sentire voci. Probabilmente ho sentito quella voce perché volevo essere incoraggiata. Devo prendermi una pausa", si disse Serah, e aggiustò la presa sul coltello.

Quella notte, sognò di nuovo del suo passato, per la prima volta dopo anni. Era passato anche molto tempo dall’ultima volta che si era svegliata urlando "Light!". Probabilmente accadde perché durante il giorno si era ricordata di quando lei esaminava i suoi compiti per casa da bambina.
Serah fece un piccolo sospiro e scese dal letto. Tutte le volte che le succedeva questo, non riusciva più a dormire, neanche volendo.
Solo che adesso era diverso da sei mesi fa, quando per il giorno dopo non aveva un programma preciso; l’indomani c’era scuola. Non poteva mettersi a sbadigliare in classe, quindi doveva riuscire a dormire.
Silenziosamente sgattaiolò fuori da casa. Aveva sentito che faceva bene fare leggeri esercizi quando non si riusciva a dormire. Pensò di fare una piccola corsetta intorno al vicinato.
Grazie alle luci montate per respingere i mostri durante la notte, l’insediamento era molto più luminoso rispetto a prima. Andava benissimo per una corsetta. Facendo attenzione a non fare troppo rumore, iniziò a correre.
Non sentiva affatto il freddo. Al contrario, la fresca aria notturna era rasserenante. Le finestre di tutte le case erano buie. Non soltanto le persone, ma anche gli uccelli e gli animali probabilmente stavano dormendo. Era tutto tranquillo. C’era solo il rumore del mare a tenere salda la sua concentrazione.
Se si fosse trovata su Cocoon, a quest'ora probabilmente ci sarebbe stato ancora un via vai di gente. Ma qui tutti erano stanchi dal lavoro fatto durante il giorno, così andavano a dormire presto dopo cena. Questo significava che ci si alzava presto la mattina. Senza dubbio, Vanille, che era nata su Gran Pulse, conduceva questo tipo di vita.

"Vanille..."

Fu un attimo, mentre si voltò casualmente per guardare in su, verso Cocoon. Pensò di aver scorto qualcosa muoversi nell'angolo del proprio campo visivo. Era un mostro? Rapidamente abbassò lo sguardo.

"Ina".

Le vedeva la schiena ma non era difficile immaginare chi fosse. Ina era una ragazza un anno più piccola di Reto. Cosa ci faceva in piedi a quest’ora? Serah la seguì a distanza in modo da non farsi scoprire.
Ina camminò lungo la spiaggia al di fuori dell’insediamento, e si sedette sulla riva. Forse perché le onde coprivano il rumore dei suoi passi, Ina non si era accorta della presenza di Serah. Chiuse le braccia intorno alle ginocchia e si rannicchiò a terra come una bambina.

"Cosa c’è che non va, a quest’ora?"

La schiena di Ina fremette per la sorpresa. Considerando il suo improvviso gesto di sfregarsi il viso con le mani, Serah capì che Ina stava piangendo.

"Non fa niente, ok. Vuoi dirmi il perché?"

Ina, che era brava e costante negli studi, era la più popolare a scuola. Soprattutto le ragazze più giovani erano molto legate a lei. Aveva un fratello minore, ed era brava a prendersi cura dei più piccoli.
Quindi, visto che Ina adesso stava piangendo come una bambina, anche gli altri adulti che la conoscevano ne sarebbero stati sorpresi.

"Non posso permettermi... di essere triste".

Erano passati due anni, così anche Ina si era asciugata le lacrime e aveva fatto un sorriso. Poi si ricordò. La madre di Ina era morta al Margine Estremo. Adesso viveva insieme a suo padre e suo fratello.

"Nessuno piange più, e ci sono altri bambini che hanno avuto una sorte molto peggiore. Inoltre..."

Ina fece diversi piccoli sospiri. Forse stava cercando di fermare le lacrime.

"Io sono la sorella. Non posso continuare a piangere. Devo riprendere il controllo".
"Io penso che sei davvero forte. Sei una sorella bravissima".

Ma Ina scosse la sua testa in silenzio. Era zitta perché stava stringendo i denti per non piangere. Vedendo le sue labbra contratte, Serah sentì una fitta di tristezza nel profondo del cuore.

"E' vero che sono passati due anni da allora, ma... ma, sai, penso che la tristezza di perdere un familiare non sia qualcosa che sparisca dopo qualche anno. Volevi bene a tua madre, non è vero, Ina? Se è così, è normale che tu sia ancora triste. Io lo sono ancora, anche se sono un’adulta. Una bambina come te non deve trattenersi".

La sua voce tremava. Lei si era rifugiata negli impegni giornalieri e aveva iniziato a provare di dimenticare. Pensava davvero di avercela fatta. Ma si sbagliava. Era ancora triste ricordarlo ora. Nel petto sentiva ancora lo stesso dolore di quando aveva realizzato che il loro incontro era stata solo un’illusione.

"Ma... se continuo a piangere allora mia mamma sarà triste. E' quello che mi ha detto mio papà".
"Potrebbe aver ragione. Del fatto che sarebbe triste se tu piangessi. Ma quelli sono i sentimenti di tua madre. Non sono i tuoi, Ina".

Serah posò una mano sul lato sinistro del petto di Ina.

"Qui ci sono i tuoi sentimenti di amore per tua madre e di tristezza. Entrambi sono preziosi per te".

Sono cose che non scompariranno mai. Non importa quanto vorrai allontanarli o quanto proverai a prendere in giro te stessa, quando ci penserai sarai ancora triste. Anche se cercherai di continuare a tenerli dentro, arriverà un momento in cui non riuscirai più a farlo, e poi sarà ancora peggio.
Serah avvolse silenziosamente le sue braccia intorno a Ina. "Questa ragazza sono io", pensò. "E ci sono altri bambini che nutrono la stessa tristezza. Non solo bambini, ma anche gli adulti che non lo dimostrano hanno le loro cicatrici. Vale lo stesso per chiunque si trovava quel giorno a Bodhum".
Solo che c’era un aspetto che rendeva Serah diversa da tutti loro. Quando pensava a ciò che la divideva dagli altri, ossia che loro non avevano commesso nessun peccato, si sentiva depressa.
Per questo motivo voleva stringere tra le braccia quella bambina in lacrime. Anche se non poteva cancellare i suoi peccati, adesso, nel presente, voleva diventare una persona in grado di aiutare gli altri.
Quando Ina finalmente sollevò la testa, dopo aver pianto un bel po’, Serah le prese le mani e la tirò su.

"Torniamo indietro. Se non vai a letto presto, ti addormenterai in classe".

Tenendole la mano come si fa con un bambino piccolo, Serah riportò Ina fino a casa.

"Non puoi uscire da sola a quest’ora della notte. Promettimi che non lo farai di nuovo".
"Ok. Mi dispiace, maestra".

Ina sollevò lo sguardo verso di lei dispiaciuta facendo "Uhm".
"Se mi sento triste, posso venire fino a casa tua?"
"Certo. Ovviamente. Vieni quando vuoi".

Quando qualcuno fosse stato triste, lei sarebbe rimasta al loro fianco. Avrebbe potuto dare loro una spalla su cui piangere. Questi fatti misteriosamente riempirono Serah di coraggio. Era un sentimento diverso dalla fiducia di poter fare qualcosa. Era qualcosa di più gentile, pieno di calore. Forse perché dentro di noi abbiamo un calore che può aiutare gli altri, non importa quante volte bisogna provarci.
Dopo averla guardata saltellare dentro casa sua, Serah ritornò sui propri passi.
"Ora dovrei riuscire a dormire profondamente".

Accadde mentre stava per imboccare la strada da cui era arrivata. Improvvisamente Serah si imbatté in qualcosa di gigantesco e lanciò un urlo.

"Whoa, scusa. Non volevo origliare o cose così".
"Snow!? Perché!?"
A quanto pare, visto che Serah si era voltata e aveva cominciato a correre all'improvviso, Snow non aveva fatto in tempo a spostarsi. Scosse la testa con imbarazzo.

"Beh, è così tardi, no? Ho pensato che sarebbe stato pericoloso metterti a camminare tutta da sola".

Esattamente come Serah aveva seguito Ina, sembrava che anche Snow avesse seguito Serah, essendosi accorto che lei era uscita da casa tutta sola. Normalmente, Serah l’avrebbe sicuramente notato, ma oggi le sue preoccupazioni erano state catturate da Ina che camminava davanti a lei.

"Perché ha una faccia così seria stasera?, mi chiedevo... capisci?"
"Davvero avevo una faccia del genere?"

Snow fece una faccia serissima e annuì.

"Scusa per averti fatto preoccupare. Stavo pensando al mio compito per casa"
"Compito per casa?"
"Sì, un compito per casa per me e prt un ragazzo a cui non piace studiare".

"La risposta non mi era ancora venuta. No, in effetti qualche risposta standard che un insegnante avrebbe potuto dare mi era venuta in mente". Solo che quelle risposte non erano quelle che Serah cercava.

"Va bene. Ci posso pensare domani durante la colazione. Dovrei riuscire a farmene venire una in tempo... Almeno spero".
"Capisco".

Snow si trattenne e non chiese altro, così iniziò a camminare.

"Ehm ehi, ho sentito la voce di mia sorella".

Serah raccontò di quello che era successo mentre stavano preparando la cena.

"All'inizio pensai che stessi sentendo delle voci in quel momento, ma poi ho pensato che fosse davvero lei".

Quella voce era troppo gentile e calda per essere un’illusione architettata a convenienza per il suo debole spirito. Sua sorella la stava davvero tirando su. C'era troppa bontà in quel "Buona fortuna".

"Anche se non riusciamo a vederci, lei mi starà osservando da qualche luogo. Io ci credo ancora".

I piedi di Snow si fermarono.

"Ehi, Serah. Mi puoi raccontare di quando ci siamo riuniti con la sorellona?"

Serah fu presa alla sprovvista, come colpita da qualcosa di inaspettato.

"Perché, così all’improvviso?"
"Beh, lo stavi dicendo a quella ragazza prima, no? Che la tristezza di aver perso un membro della famiglia non è qualcosa che sparisce dopo qualche anno".
"L’ho detto... ma..."
"Io ho sempre pensato che sarebbe stato un dolore per te ripensare alla sorellona, così non te l’ho mai chiesto. Mi andava bene aspettare un po’ di tempo finché tu non fossi diventata più serena, prima di chiederti. Così ho continuato a rimandarlo".

Snow parlava sempre con gioia di argomenti come il viaggio su Gran Pulse e i suoi compagni. Però, l’unico argomento che nemmeno provava a toccare era Lightning. Da quel giorno in poi, Snow non uso più "sorellona" o "Lightning" come soggetti di una frase. Probabilmente perché Serah diventava così triste quando pensava a sua sorella.

"Ma mi sbagliavo, vero? Non è qualcosa per cui ti sentirai meglio dopo qualche anno. Naturalmente. Quindi ho pensato che avrei dovuto chiedertelo prima. Anche se è dura parlarne, quando abbiamo finito di parlarne ci potremo pensare insieme, giusto?"

Improvvisamente, una voce risuonò di nuovo nelle sue orecchie. Era la voce di Snow che diceva "Affrontiamolo insieme".
Fu qualche giorno dopo la rivelazione di Serah, quando lei gli disse di essere diventata una l’Cie, e gli aveva parlato di lasciarsi. Snow le aveva risposto: "Cerchiamo un modo di sconfiggere la maledizione l’Cie, insieme".

"Grazie. Mi hai salvato di nuovo, eroe".

"Non sono sola", pensò Serah. Anche se nessun altro aveva questi due ricordi, non era sola. C’era qualcuno vicino a lei che avrebbe capito.

"Quello che so è che la sorellona con cui ci siamo riuniti è scomparsa. Ecco tutto. Cos’altro è successo quella volta?"

Ripensandoci, nemmeno Serah stessa aveva provato a parlarne mai nei dettagli. Sentiva di aver solo continuato a ripetere "Dov’è Lightning?".

"Hai detto che lei aveva approvato il matrimonio, vero? Questo significa che la sorellona era lì, giusto?"
"Non solo tu, anche Hope e Sazh erano lì. Come Dajh".
"Ricordi ancora quello che ho detto agli altri?"
"Si", annuì Serah. Non l’avrebbe dimenticato, quel momento in cui tutti avevano provato a fare un passo nel futuro, a dare inizio al futuro di ognuno di loro.
"Raccontami. Tutto. Quello che è successo nel ricordo che nessuno oltre te possiede".
"Ok. Capisco".

"Ne posso parlare ora. Senza scoppiare in lacrime o rimanerne sconvolta. E' diverso dal giorno in cui sono ritornata umana dal cristallo".

Anche se il tempo era passato, la tristezza non era svanita. Ma con il passare del tempo, si riesce a pensarci su. Si diventa capaci di trasformare quello che è stato doloroso in parole. E se si riesce a trasformarlo in parole, si può condividere la tristezza e il dolore. Grazie ad Ina, capì che ce la poteva fare.

"Da dove dovrei cominciare? Quel giorno, ritornando umana dal cristallo, io..."

Lentamente, Serah trasformò in parole quelle memorie lucide che ancora erano rimaste intatte.

Il mattino seguente, dormì fin troppo. Forse uscire nel bel mezzo della notte l’aveva stancata, dopotutto. No, forse si sentiva in pace. Aveva raccontato a Snow tutto quanto, e si era scrollata un peso dalle spalle. Snow si era offerto di sostenere parte del fardello che aveva minacciato di schiacciarla.
Era quasi l’alba quando era ritornata a letto. Non appena chiuse gli occhi, perse conoscenza e dormì così profondamente che non ebbe nemmeno un sogno. Fu grazie a Lebreau, che la svegliò, che evitò di fare tardi.
Anche Ina arrivò a scuola giusto in tempo sfregandosi gli occhi stanchi, ma in ogni caso il suo viso sembrava raggiante.

"Reto, hai fatto il compito per casa che ti ho assegnato?"

Lei aveva dormito fino all’ultimo minuto quindi il tempo per la colazione quella mattina era stato più corto del solito. Snow si era preoccupato ricordandosi che lei aveva detto "Ci posso pensare domani durante la colazione", ma Serah aveva lasciato casa con un sorriso. La risposta le era già venuta. La notte scorsa, parlando con Snow.

"Maestra Serah, io penso che, anche se non si studia, non si avranno problemi quando si diventa adulti. Mio padre ha detto che quello che ha studiato a scuola su Cocoon non ha avuto nessuna utilità qui. Ha detto che lavorare i campi e cacciare i mostri non ha niente a che fare con lo studio".
"Ok. Capisco".

Mentre Serah faceva un largo sorriso, uno sguardo confuso apparve sulla faccia di Reto. Sicuramente pensava che gli avrebbe detto "Smettila con queste sottigliezze" e che l’avrebbe colpito sulla testa o qualcosa del genere.

"Ehi, Reto, a te non piace lo studio?"
"Lo odio completamente. Se servisse a qualcosa allora lo sopporterei, ma c’è un motivo per fare qualcosa che non ha nessuno scopo?"
"In passato i bambini di Cocoon e anche gli adulti pensavano la stessa cosa, sai? Non sei solo tu, Reto".

Anche se si diceva "in passato", in realtà era solo un po’ di tempo prima. Prima che la scala del tempo fosse cambiata a DC. Sembra molto tempo fa, ma non erano passati nemmeno due anni da allora.

"Non pensavano a cose che potevano essere complicate, e non facevano cose che detestavano. Era bello che tutti studiassero solo quello che volevano e facessero soltanto i lavori che erano adatti a loro"

Esisteva l’educazione obbligatoria anche su Cocoon, ma chi voleva acquisire abilità tecniche o imparare un mestiere aveva il permesso di trasferirsi presso scuole che insegnavano solo in campi specializzati o che offrivano una formazione professionale specializzata. A chi aveva il desiderio di studiare veniva offerto il miglior ambiente di lavoro possibile gratuitamente. D’altra parte, coloro ai quali non piaceva lo studio non avevano comunque problemi, perché vivevano lo stesso le loro vite e il Sanctum li proteggeva.

"Ma proprio perché conducevano quel tipo di vita, tutti smisero di pensare alle cose complicate e a ciò che detestavano. Tutte quelle cose potevano essere lasciate ai fal’Cie. Anche se non ci pensavamo, il Sanctum avrebbe pensato a tutto e avrebbe preso ogni decisione, credevano".

Dall’altro lato, il mondo della scienza e della tecnologia avanzava molto. Proprio grazie al modo in cui le persone si dedicavano alle cose a cui erano interessate e per cui erano portate. E questo è il motivo principale del perché ci fossero così poche voci critiche verso il sistema sociale che esisteva.

"Le Vestigia di Pulse erano state a Bodhum per molto tempo, ma poiché il Sanctum diceva che erano sicure, tutti ci credevano. Lo facevano da centinaia di anni. Ma, lo sanno tutti, le Vestigia non erano affatto sicure".

Anche Serah aveva creduto a ciò che diceva il Sanctum e, proprio per questo motivo, quando aveva visto la porta delle Vestigia aperte, era entrata senza prestare alcuna accortezza. "Visto che il Sanctum ha detto che sono sicure, non può esserci nulla di pericoloso all'interno", aveva pensato, sottovalutando il problema.

Forse i residenti di Bodhum che vivevano vicino alle Vestigia pensavano la stessa cosa. Non provarono nemmeno ad accusare Serah quando avevano scoperto che era stata marchiata come l’Cie. Tutti avrebbero voluto dare un’occhiata all’interno di una porta che improvvisamente si era aperta. C’erano addirittura persone che le avevano detto che le era semplicemente capitato di estrarre un biglietto perdente.

"Cose che non piacciono e cose che si odiano, sono tutti buchi nel proprio mondo. Ognuno di voi, provate a immaginare un buco nel muro della vostra casa. Se ignorate il buco e lo lasciate lì, la pioggia e il vento entreranno e la vostra casa diverrà una gran confusione, non è così?
Se aveste chiuso il buco quando era ancora piccolo, se qualcuno avesse nutrito critiche per il Sanctum e i fal’Cie, forse la società di Cocoon sarebbe stata diversa. Visto che Cocoon era stato costruito principalmente per accudire gli esseri umani e accrescerne il numero, qualcosa di così semplice non avrebbe cambiato nulla.
Tuttavia, avremmo comunque dovuto farci più domande".


C’era una parte di lei che pensava "Perché io sono solo una semplice scolara", e non poteva andare oltre a ciò che era di fronte a lei. Non avrebbe mai immaginato che quella "semplice scolara" sarebbe diventato un l’Cie e avrebbe causato l’Epurazione.

"Pensare alle cose che non vuoi fare, e impegnarsi a fare anche le cose che non ti piacciono, è come trovare i buchi nel proprio mondo e chiuderli. Non ti piace pensare a cose spaventose, vero? Ma, se non lo fai, quando qualcosa di spaventoso accadrà, non potrai fare niente. Non importa se non vuoi pensare a come proteggere te stesso, o a come scappare in un luogo sicuro, devi pensare a queste cose in anticipo".

è troppo tardi pensarci dopo che qualcosa è già successo, non si può tornare indietro. "Devo far capire questa cosa ai bambini", aveva pensato Serah, da un mondo che nessuno ricordava. Ecco perché aveva detto a Snow "Voglio diventare un’insegnante". Lo aveva ricordato la notte scorsa. Aveva capito che tutto ciò che pensava a riguardo sarebbe stata la risposta a quel compito per casa.

"Per di più, anche se adesso non avete bisogno di quello che state studiando, non potete dire per certo che sarà lo stesso tra dieci o venti anni, giusto? Quando ero una bambina, nemmeno immaginavo che avrei lavorato i campi o cacciato mostri su Gran Pulse. Forse, quando crescerai, Reto, ci sarà una società dove i bambini che non possono conseguire gli studi scolastici avranno dei problemi".

Quando vivevano su Cocoon, l'anno successivo sarebbe accaduto esattamente quello che era già accaduto dieci anni prima. "Pensavamo che avremmo condotto le stesse vite fino alla morte. Ma su Gran Pulse non sappiamo nemmeno che cosa accadrà domani".

"Non c’è una singola cosa che si può dire assoluta in questo mondo. Ecco perché riempirete i buchi davanti ai vostri occhi per ora. Prendete le misure per proteggere voi stessi. Ecco cos’è lo studio".

Sembrava che Reto non avesse ancora capito. "Oh, bene", pensò Serah sorridendo di sbieco dentro di sé. "Sarò paziente", pensò.

"Ma ora il motivo per cui non dovreste studiare è escluso, giusto? Perché nessuno sa che tipo di società ci sarà nel futuro".

Nessuno lo sa, ma non c’è niente di male. Perché se la gente non conosce che cosa riserva loro il futuro, può vivere nella speranza. La speranza che domani sarà un giorno più luminoso e che, anche se ora le cose sono dure, in futuro si potrà essere felici.

"E questo è quanto", sogghignò Serah scrutando tutta la classe. "Per favore, consegnate i compiti per casa di ieri. Li avete fatti tutti, vero?"



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