A tre settimane esatte dall’uscita di Final Fantasy XVI, siamo giunti (salvo sorprese) all’ultimo round di interviste-fiume da parte del team di sviluppo, ed è particolarmente interessante quella pubblicata proprio sul blog ufficiale di Square Enix, a cui hanno partecipato l’immancabile producer Naoki Yoshida, l’art director Hiroshi Minagawa e il localization director Michael-Christopher Koji Fox. Il team ha parlato a tutto tondo dell’imminente sedicesimo capitolo della saga, ma con un occhio di riguardo agli spoiler – che sono del tutto assenti, al netto di quanto già annunciato con i trailer ufficiali – spaziando dal protagonista, Clive Rosfield, alle grandi sfide date da un umile Moguri… se volete saperne di più, accomodatevi e buona lettura!
Come si è arrivati al concept di Final Fantasy XVI?
Naoki Yoshida – Beh, Square Enix mi ha chiesto se il mio team, Creative Business Unit 3, potesse realizzare Final Fantasy XVI, quale prossimo capitolo numerato della serie Final Fantasy. E’ da quel momento che abbiamo iniziato a lavorare sul concept di gioco. Avendo giocato a Final Fantasy XIV Online per molto tempo, e avendo avuto l’opportunità di parlare con molti giornalisti e giocatori da tutte le parti del mondo, ho deciso di creare un gioco che potesse attrarre un pubblico molto vasto, qualcosa che un range più ampio di giocatori appartenenti a diverse generazioni volesse giocare. Per raggiungere questo obiettivo, i nostri concept iniziali furono creare un titolo action-based e raccontare una storia più matura.
In questo capitolo, si gioca quasi per tutto il tempo nei panni di Clive Rosfield…
Naoki Yoshida – Sì, e c’è una ragione. Final Fantasy XVI è il primo titolo della serie Final Fantasy ad essere un real-time action game, senza turni o elementi command-based. E visto che ci siamo mossi in questa direzione, volevamo assicurarci che anche i giocatori che non avessero confidenza con i titoli action potessero godersi appieno questo titolo. Ecco perché non abbiamo optato per un complesso schema di controllo oppure per un sistema che prevedesse lo switch in tempo reale tra più personaggi. Piuttosto, abbiamo deciso di fare in modo che il giocatore si concentri soltanto su Clive, e questo per essere certi che anche i giocatori senza esperienza nei titoli action potessero comunque giocare a FFXVI con soddisfazione piena.
Sarà anche semplice da controllare, ma ci sono così tante cose che Clive può fare! Su cosa vi siete concentrati per renderlo così divertente da controllare?
Naoki Yoshida – Avendo concentrato il controllo soltanto su Clive, ci siamo assicurati che fosse molto personalizzabile. In particolar modo, in Final Fantasy XVI abbiamo gli Eikons, e Clive potrà attingere dai vari poteri Eikonici che otterrà. Ci sono tante diverse Abilità Eikoniche associate a ciascun Eikon, e ciascun giocatore può creare il proprio stile di battaglia per Clive nel combinare queste abilità. Ci sono davvero moltissime possibilità. Quindi, per compensare l’impossibilità di controllare altri personaggi, ci siamo concentrati nel creare molte variazioni per il protagonista. Perfezionare questo aspetto è stato l’elemento su cui abbiamo impiegato più tempo e più energie!
Qual è la cosa che più preferisci, tra quelle che Clive può fare in battaglia?
Naoki Yoshida – Ma ce ne sono così tante! Non posso proprio scegliere! A seconda dell’Eikon che si seleziona, Clive può combattere in modalità difensiva oppure con un approccio profondamente offensivo. Quindi, credo che la risposta sia il divertimento nello scoprire qual è il Clive che meglio si adatta al proprio stile di gioco.
Il Nascondiglio è naturalmente una location molto importante nel gioco e in cui si ritornerà diverse volte. Perché avete creato questa sorta di hub centrale, che cosa porta al gioco?
Naoki Yoshida – Per Final Fantasy XVI, abbiamo volutamente scelto un game design che non fosse un open world. Il nostro obiettivo era creare un avventura che portasse i personaggi ad attraversare tutto il mondo, una storia basata sul salvare il mondo. Perciò, se il gioco ti porta a seguire un percorso di viaggio che attraversa diverse aree, a differenza di quanto faccia un gioco open world, è necessario avere una sorta di area centrale o di riferimento. Lo abbiamo reso una “base” colma di caratteristiche tipiche degli RPG, in cui sarà possibile fare scorta di equipaggiamenti, acquistare diversi oggetti, quindi è perfettamente coerente poter partire verso nuove avventure e nuovi luoghi proprio da questo hub. Ecco perché abbiamo scelto questo formato. Ma è stato davvero difficile creare l’estetica del Nascondiglio, non è così?
Hiroshi Minagawa – Sì, è stato arduo. La messa a punto ha richiesto davvero molto tempo. Inizialmente, abbiamo creato il Nascondiglio come un luogo estremamente intricato, ci siamo lanciati in questa direzione senza fermarci a considerare i tempi di caricamento. Ricordo che, quando finalmente siamo arrivati al punto di dover far combaciare tutto, è stato estremamente complicato.
Naoki Yoshida – Tutto questo lavoro ha portato al risultato finale in cui, non appena si arriva al Nascondiglio, si ha davanti a sé una splendida location, con raggi di luce che penetrano al suo interno. Ma è stato tanto, tanto difficile far arrivare la grafica e la performance al livello ottimale in cui sono adesso (ride).
Hiroshi Minagawa – E’ stato così complicato che, durante lo sviluppo, mi sono seriamente chiesto se non dovessimo piuttosto rinunciare all’idea! Ma grazie al duro lavoro del team siamo riusciti a far funzionare tutto, e il risultato finale è meraviglioso!
Una delle cose che adoro è l’Active Time Lore System, che ti permette di leggere informazioni aggiuntive sui personaggi principali e sul mondo durante le sequenze filmate. Per quale motivo avete deciso di implementare questo sistema?
Michael-Christopher Koji Fox – Abbiamo una storia molto complessa ed intricata che si dipana lungo molti anni, molte decadi nel mondo di gioco. E, sapete, davvero molte cose possono accadere in questo arco di tempo. Dei personaggi vanno e vengono, accadono eventi molto importanti… se provassimo ad includere tutto all’interno di una cutscene, dovrebbe durare ore ed ore, e finirebbe con lo spezzare il gameplay. FFXVI è un gioco di ruolo, quindi la storia è estremamente importante, ma è anche un titolo action. Sappiamo bene che i giocatori vogliono tuffarsi nell’azione, quindi non abbiamo voluto caricare eccessivamente le cutscene con una mole eccessiva di informazioni. Ci sono tanti nomi, tanti eventi con cui i giocatori dovranno confrontarsi. Alcuni riusciranno a tenere traccia di tutti questi fattori, ma potrebbero esserci alcuni giocatori che magari non ricorderanno questo o quel nome. Se dovessero confondersi, finiremmo col perderli… e non vogliamo certo perderli! Quindi, introducendo l’Active Time Lore System, sarà possibile mettere in pausa la cutscene in qualsiasi momento e ottenere un elenco di tutti gli elementi che appaiono in quella scena, così da rinfrescarsi la memoria. E’ anche un’opportunità per i giocatori che vogliono approfondire e saperne di più sul mondo di gioco, senza “imporre” loro queste informazioni. Per questi motivi penso che sia un sistema davvero importante.
Dev’essersi trattato di una mole impressionante di righe di testo…
Koji-Fox – Lo è stata! Visto che il gioco si articola su più decadi, le informazioni che appariranno su schermo saranno diverse a seconda del punto di trama in cui ci si trova. I giocatori avranno modo di provarlo con mano: non si tratta di un sistema statico, ma vedranno chiaramente come le informazioni cambieranno man mano. Potranno richiamare le informazioni precedenti e compararle con quelle attuali, così da vedere subito cos’è cambiato nel frattempo. Quindi, sì, c’è davvero molto (ride).
Un altro elemento che mi ha colpito è il modo in cui gli aspetti più fantastici di Final Fantasy siano rappresentati con uno stile ben più realistico. Quanto è stato complicato raggiungere questo risultato?
Hiroshi Minagawa – Prima di lavorare a Final Fantasy XVI, ho lavorato a Final Fantasy XIV e ho curato l’art direction di Final Fantasy XII. Direi che lo stile, o comunque l’impostazione generale della grafica, era piuttosto simile in questi titoli. Quel che ho fatto in FFXVI è una sorta di estensione dello stesso stile a cui ho lavorato in passato. Quindi non avevo grossi dubbi sulla direzione da prendere, in termini di immagine generale di gioco. Fatta questa premessa, c’è da dire che abbiamo faticato parecchio con i personaggi, perché adesso abbiamo la possibilità tecnica di rappresentare così tanto in più rispetto al passato. Non abbiamo avuto lo stesso tipo di problemi con i mostri, ma le espressioni dei personaggi sono state una sfida particolare. Chi di noi ha lavorato con gli asset in-game ha trovato davvero impegnativo rappresentare le loro espressioni, che erano decisamente più realistiche di quelle con cui avessimo mai lavorato in passato. Alla fine, siamo riusciti a raggiungere un ottimo stile visivo, grazie all’aiuto e alla collaborazione del team che ha lavorato sulle scene pre-renderizzate. Ma più di tutto, direi che la sfida più significativa è stata combinare il fotorealismo e una sensazione più da illustrazione con il nostro accresciuto potere tecnico di rappresentare le cose – trovare il giusto equilibrio e assicurarci che non sembrasse innaturale.
Naoki Yoshida – Probabilmente la sfida più grande, su un livello fondamentale, è stato il moguri.
Hiroshi Minagawa – (ride)
Naoki Yoshida – Il team di sviluppo temeva sia che i moguri fossero troppo difficili da creare, sia che non si sarebbero bene integrati nell’atmosfera di gioco, ma il nostro Assistant Producer ha esclamato “Non mi importa, inseriamoli nel gioco!”. Alla fine, abbiamo seguito il suo consiglio e ne abbiamo introdotto uno nel gioco, ma è stato molto più faticoso di quanto avremmo immaginato.
Hiroshi Minagawa – Il problema principale con i moguri è sorto quando abbiamo implementato la modalità Performance, intorno alla fine dello sviluppo. La modalità Performance altera leggermente l’estetica dei poligoni, e abbiamo avuto davvero parecchie difficoltà con il moguri… è finito con l’avere molta meno pelliccia.
Naoki Yoshida – (ride)
Hiroshi Minagawa – Sembrava quasi un riccio! E noi: “questo… sarebbe un moguri? Hmmm”. Alla fine, abbiamo introdotto degli accorgimenti tecnici apposta per il moguri.
Naoki Yoshida – Insomma, per farla breve, il moguri è stata la sfida più grande, non è vero?
Hiroshi Minagawa – Mentre tutti erano incantati dal Molboro e lo hanno realizzato subito!
Naoki Yoshida – Già.
Un altro aspetto che adoro è il modo in cui i dialoghi suonino così naturali, e come si susseguono lungo le scene animate. Come siete riusciti a trovare questo tono perfetto per il gioco?
Koji-Fox – Final Fantasy è una serie che spazia molto. Ha tantissime ambientazioni diverse, molti personaggi diversi, una serie di elementi altisonanti ed anche un po’ esagerati. Non è una cosa negativa, molti giocatori lo apprezzano. Ma in questo titolo, il “tema” generale è davvero dark e se avessimo inserito degli elementi “esagerati”, avrebbero finito con lo sminuire il tono serio a cui miravamo. E questo non lo volevamo di certo. Ciò a cui ambivamo era realizzare qualcosa che desse la sensazione di essere molto naturale ed accessibile. Ad esempio, serie come il Trono di Spade dimostrano che è possibile avere un’ambientazione high fantasy, ma senza necessariamente limitarsi ad una fiera rinascimentale! Ha comunque un sentore unico e sicuramente fantasy, ma non così esagerato da alienare quei fan che non amano quel tipo di discorsi. E, sapete, poter registrare i dialoghi in lingua inglese ha significato avere molta libertà di lavorare con gli attori ed il motion capture per assicurarci che il tutto sembrasse il più natura possibile. Piuttosto che avere una sola persona a parlare per 10 righe di dialoghi, abbiamo questo alternarsi di battute che sembra molto naturale. Dà un po’ l’idea di guardare un film o un drama, piuttosto che giocare ad un videogame.
Quanto è stato complicato realizzare qualcosa di così innovativo, mantenendo salda allo stesso tempo l’identità della serie Final Fantasy?
Naoki Yoshida – Sia Sakaguchi-san, padre di Final Fantasy, che Kitase-san (manager del brand Final Fantasy) mi hanno detto: Final Fantasy è qualsiasi cosa il director dell’ultimo capitolo ritiene essere il gioco migliore, la storia migliore in quel momento storico. Se si crea un videogioco con questa idea in mente, allora quello è un Final Fantasy, per cui non c’è davvero bisogno di sentirsi vincolati a quel che si è fatto in passato. Avendo ricevuto questo messaggio da Sakaguchi e Kitase, realizzare “un Final Fantasy” per me non è stata una sfida particolarmente complicata. Certo, naturalmente abbiamo riflettuto e rimuginato su diversi elementi, ma non direi che è stata “una sfida”. Una volta presa una decisione, questo era tutto ciò che importava. Ti viene in mente qualcosa, Minagawa-san?
Hiroshi Minagawa – Beh, visto che Final Fantasy XVI è l’ultimo capitolo della serie, credo che per il team artistico si sia trattato semplicemente di lavorare al massimo, per ottenere delle grafiche di massimo livello. Ci sono tanti altri titoli eccellenti in uscita, e volevamo raggiungere lo stesso elevato standard. C’è sempre una questione di equilibrio: cosa ottimizzare, cosa sacrificare, e tutti avevano la propria idea al riguardo. Direi che mettere insieme le visioni di tutti è stata la sfida più complessa, anche se si tratta di un concetto che può valere per tutti i videogame, e non solo per Final Fantasy XVI. Fatta questa premessa, devo dire che, avendo oggi la possibilità tecnica di rappresentare e riprodurre fedelmente molti più aspetti che in passato, la sfida più complicata è stato il bilanciamento. Se si esagera, si potrebbe finire con l’avere un singolo asset che necessita di risorse esorbitanti…
Naoki Yoshida – Assolutamente.
Hiroshi Minagawa – Abbiamo avuto molta più libertà che in passato, perciò abbiamo faticato molto per raggiungere il giusto equilibrio.
Naoki Yoshida – Alla fine, la sfida più grande nel realizzare l’ultimo capitolo Final Fantasy in questo periodo non sono forse… i soldi? (ride) Sì, sono decisamente i costi di sviluppo.
Hiroshi Minagawa – Beh, ho cercato di non pensarci (ride). Era troppo spaventoso!
Quindi, tirando le somme, qual è stata secondo voi la sfida più grande nel realizzare Final Fantasy XVI?
Naoki Yoshida – La sfida più grande… beh, direi il fatto che, quando abbiamo iniziato a lavorare allo sviluppo, eravamo un po’ indietro rispetto allo standard degli altri titoli AAA in termini di tecnologia. Conseguentemente, dovevamo sia lavorare allo sviluppo del gioco, sia, contemporaneamente, accrescere le nostre conoscenze e abilità nell’uso delle più recenti tecnologie, e far “crescere di livello” il tema di sviluppo. Ma mentre noi lavoravamo sullo sviluppo, il resto del mondo non stava certo fermo ad aspettarci, continuava ad evolversi. Credo che l’aspetto più complicato sia stato proprio tenere il passo con tutti questi aspetti e, nello stesso tempo, sviluppare il gioco.
Hiroshi Minagawa – Con il senno di poi, io credo che la sfida più grande sia stata il volume di contenuti che abbiamo creato. Quando ho iniziato a lavorare su questo progetto, avevo sentito che si sarebbe trattato di un open world, per cui mi sono approcciato in modo abbastanza “casual”, pensando che non sarebbe stato un lavoro così difficile. Ma non era affatto così! (ride) C’erano molte persone al lavoro su questo titolo, molte più persone di quante io abbia mai visto impegnate su un singolo progetto, il che significava bilanciare ancora più elementi, tenuto conto di tutte le cose che ciascuna di queste persone voleva creare ed inserire nel gioco, e altrettanto elevati erano i costi. Ma quando si è trattato di mettere e legare tutto insieme, il volume e la qualità di contenuti è balzata davvero alle stelle!
Naoki Yoshida – Credo che l’aspetto più complesso sia stato mantenere una coerenza nello sviluppo. Abbiamo impiegato un po’ di tempo a delineare uno standard coerente, e ci sono stati diversi asset che alla fine non abbiamo potuto utilizzare, anche se erano stati creati appositamente per il gioco. Una volta stabilito questo livello fondamentale, direi che lo sviluppo si è mosso abbastanza velocemente, ma è stato piuttosto complicato arrivare a questo punto.
Final Fantasy è una serie con una fanbase molto appassionata. Durante lo sviluppo avete percepito la pressione delle aspettative? Come ha influenzato il vostro lavoro?
Naoki Yoshida – Mentirei se dicessi che non ho percepito nessuna pressione. Ed anzi proprio adesso, con l’uscita del gioco che si avvicina rapidamente, devo onestamente dire che sento questa pressione ancora un po’ più forte. Ciò premesso, va detto che la fanbase di Final Fantasy non è costituita soltanto da fans dell’intera serie. Direi che un sacco di fan appassionati sono particolarmente legati a dei titoli specifici. Ad esempio, qualcuno potrebbe adorare Final Fantasy VII, mentre altri potrebbero essere legati a Final Fantasy IX, e qualcun altro ancora potrebbe pensare che Final Fantasy XII sia il titolo migliore. Tutte queste persone hanno aspettative e speranze differenti, riguardo ciò che desiderano vedere in un titolo Final Fantasy. Alcuni penseranno “dev’essere un titolo turn-based”, ed altri che invece potranno pensare “gli ultimi capitoli Final Fantasy sembrano un po’ datati, non mi trovo più a giocarli in questi giorni…”. La nostra scelta di rendere Final Fantasy XVI un titolo real-time action significa che certamente alcuni fans decideranno di dare alla serie un’altra possibilità… mentre altri diranno che questo capitolo “non è un Final Fantasy”, perché non ha un sistema di combattimento basato sui turni. Non è proprio possibile soddisfare le aspettative di tutti con un singolo gioco. Certo, personalmente mi dispiace non riuscire a dare ad alcuni il titolo che desiderano, e sento certamente questa pressione. Ma Final Fantasy ha raggiunto ormai i suoi 35 anni di storia. Avendo adottato un sistema real-time action per un capitolo numerato e principale della serie Final Fantasy, spero che i giovani sviluppatori che un giorno realizzeranno i futuri capitoli potranno guardare al passato, a FFXVI, e pensare “questo tipo di Final Fantasy è altrettanto valido, quindi possiamo avere la libertà di creare il gioco che desideriamo!”. Credo che sia un obiettivo molto importante da incoraggiare, specialmente quando Final Fantasy raggiungerà il traguardo del suo quarantesimo o cinquantesimo anniversario. E se mi chiedete come faccio a gestire questa pressione, beh, direi che tutto quello che posso fare è parlare apertamente e con onestà ai giocatori, raccontando loro il titolo che abbiamo creato e spiegando di che tipo di gioco si tratta!
Mancano poche settimane al lancio di Final Fantasy XVI. Quali sono gli aspetti di cui siete più orgogliosi?
Naoki Yoshida – Ho un enorme rispetto per il team di sviluppo, per il modo in cui ha continuato a lavorare fino alla fine ultimando lo sviluppo del gioco, e ho grande rispetto per Square Enix per avere approvato questo budget (ride). Sono anche orgoglioso del fatto che abbiamo ricevuto il sostegno di una grande fanbase, composta da così tante persone in tutto il mondo, compresi fan, giornalisti e soprattutto giocatori, che ci hanno detto di non vedere l’ora di poter giocare a Final Fantasy XVI.
Hiroshi Minagawa – Sono completamente d’accordo. Sviluppo giochi da 30 anni ormai, e quando ho iniziato la mia carriera ho notato che il ruolo di ciascuna singola persona nello sviluppo di un gioco era estremamente importante. Il tuo lavoro incideva in grandissima parte sul gioco finale. Ma in Final Fantasy XVI, il lavoro che ho fatto singolarmente è stato insignificante. C’è stato bisogno di un team composto da molte, molte persone che mettessero a disposizione le loro energie e abilità, poiché in caso contrario non avremmo mai potuto creare un gioco di questo livello. Ogni aspetto ha alle spalle il lavoro di un intero team, ed è questa la cosa di cui sono più orgoglioso. E adesso, è tempo per i giocatori di provare il gioco che abbiamo creato! Se ne saranno soddisfatti, di certo ne sarò entusiasta ed estremamente orgoglioso!
Koji-Fox – Io sono molto orgoglioso del doppiaggio. Penso che abbiamo fatto un ottimo lavoro. E quando dico “abbiamo”, mi riferisco ai doppiatori, che hanno fatto tutto il lavoro – io mi limitavo a fornire loro le linee di dialogo (ride). Quando creiamo un personaggio, abbiamo una certa idea di come quel personaggio dovrebbe essere, ma è soltanto quando lo si consegna in mano ad un attore, che quel personaggio prende davvero vita. Il nostro cast è stato fenomenale e ha fatto un ottimo lavoro. E come Yoshida- san e Minagawa-san hanno appena detto, anch’io sono molto orgoglioso del team con cui ho avuto occasione di lavorare. Non mi sono occupato da solo della traduzione del gioco. Molti pensano che si tratti di un lavoro affidato ad una sola persona, ma in realtà avevo un intero team a supportarmi. Ho trovato una squadra fantastica in John Taylor, Phil Bright, e a Londra in Olie Chance e Morgan Rushton… il solo fatto di riuscire a riunirci per creare questo aspetto del gioco è qualcosa di cui sono molto orgoglioso. E come terza cosa… non sono orgoglioso dei miei giochi di parole (ride). Ci sono un sacco di buoni “pessimi” giochi di parole nel gioco (ride).
Per finire, una domanda veloce: qual è il vostro Eikon preferito?
Naoki Yoshida – Ifrit!
Hiroshi Minagawa – Aaah! Anche per me – Ifrit!
Koji-Fox – Titan!
Grazie infinite a Yoshida, Minagawa e Koji-Fox per avere risposto a queste domande. Mancano davvero poche settimane all’uscita di Final Fantasy XVI, in arrivo su console PlayStation 5 (in esclusiva temporale) il 22 giugno 2023. Se non avete ancora preordinato la vostra copia, vi ricordiamo che su Amazon sono disponibili la versione Standard, la versione Deluxe, ed una versione speciale, esclusiva Amazon, che allo stesso prezzo della Standard include in omaggio gli stendardi dei regni di Valisthea.