Cos'è Episode Zero? Lasciamo che a spiegarcelo sia la stessa Square-Enix, che così lo presenta sul suo sito ufficiale. "Final Fantasy XIII Episode Zero - Promise" è un romanzo web costituito da una serie di episodi collegati alla trama principale proposta nel gioco, una potenziale aggiunta che dona profondità al filone narrativo generale. I racconti sono curati da Jun Eishima, scrittore di numerosi altri romanzi targati Square-Enix. Gli eventi raccontati da Episode Zero hanno luogo prima delle vicende di Final Fantasy XIII e contribuiscono ad arricchire il background ed il carattere dei suoi personaggi. Il romanzo è stato diffuso online, gratuitamente, dalla casa produttrice, ma esclusivamente in lingua giapponese; in queste pagine vi offro una traduzione in lingua italiana da me realizzata (da non pubblicare altrove senza aver prima chiesto).



Episode Zero - Treasure (Family) - Capitolo 3

Non avevo mai capito davvero la frase "tutto divenne nero" fino ad ora. Ma è vero. Non proprio nero, ma semplicemente non si riesce più a vedere niente di niente. Non importa a cosa tu stia guardando, semplicemente non resta impresso nulla.
Ricordo di aver avuto accesso alle informazioni di qualche gruppo di ricerca universitario, o di qualche gruppo di esperti, o qualcosa del genere. Ma non ricordo cosa dicevano. Ricordo di averle lette, di questo ne sono certo. Penso dicessero qualcosa sugli "l'Cie del Sanctum", o qualcosa del genere. Ma nessuna di quelle era l'informazione che volevo conoscere, quello che volevo sentire. Tu sai quel che papà voleva sentire, vero? Solo una cosa. Una semplice cosa. Che suo figlio sarebbe stato bene.
Non so perché, pensai che il Luogotenente Nabaat sarebbe stato in grado di dirmelo. Ero nel panico. Ogni nuova cosa che leggevo era così incredibile. Non volevo crederci. Pensai che un soldato che si era laureato con il massimo dei voti nella sua classe sarebbe stato in grado di dirmi diversamente. Come se fosse un salvagente, mi aggrappai a quel pensiero.
Fu solo diversi giorni dopo che finalmente riuscii a vederla. Tre giorni dopo l'incidente...


"Mi spiace di averla fatta attendere per tre giorni". Nabaat chinò la testa profondamente. "Sono sicura che sarà stato parecchio preoccupato". La sua espressione sembrava addolorata.
Erano all'interno di una sala di osservazione medica, e guardavano un monitor sulla parete. Lo schermo mostrava Dajh giocare con qualcosa che somigliava ad un puzzle. Era uno degli strumenti che avevano usato durante le loro indagini, a quanto dicevano. Sazh non aveva ancora il permesso di fargli visita, ma Nabaat aveva preparato questa stanza con il monitor apposta per lui, in modo che potesse almeno accertarsi che suo figlio stesse bene.
"Comunque sia, non mi importa. Ma Dajh, mio figlio..." "Lasciate che lo riporti a casa", voleva dire Sazh, ma non lo fece. Guardò Dajh, sul monitor, battere felicemente le mani. C'era il simbolo, proprio sul dorso della sua mano. "Non posso ancora chiederlo", pensò, "dobbiamo fare qualcosa per quello, prima. Prima di tornare a casa".
"Probabilmente lei l'avrà già capito, ma..."
Nabaat sembrava stesse per dire qualcosa di difficile. Respirò, e disse quel che voleva dire.
"Suo figlio è stato scelto per essere un l'Cie. Dal fal'Cie Kujata".
Nei tre giorni appena trascorsi, Sazh aveva fatto ricerche e studiato gli l'Cie, per quanto il tempo gli aveva permesso. Ma questo gli aveva solo fatto perdere la speranza. Nabaat era l'ultimo barlume che gli era rimasto. Era certo che lei gli avrebbe detto "Ha sbagliato tutto. Non è possibile che suo figlio sia un l'Cie", ed avrebbe spazzato via le sue paure con una risata.
Ma alle sue parole cadde nella disperazione. Non si accorse neanche di stare urlando.
"Come può scherzare su questa cosa? Gli l'Cie sono solo una vecchia storia..."
"Capisco come si sente". Nabaat chiuse gli occhi tristemente. Sazh era senza parole. Avrebbe dovuto dirle "Lei non capisce niente!", oppure dirle "Non mostri compassione per me!" ? No, non sarebbe cambiato nulla. Non importava quel che le avrebbe detto, non sarebbe cambiato nulla. Invece, spinse quei sentimenti nel profondo del suo cuore.
"Non capisco. Non ci capisco niente". Sazh strinse i pugni per la frustrazione.
"Anche noi siamo rimasti molto sorpresi", continuò lei tranquilla.
"Secondo i nostri archivi, non è più stato scelto un l'Cie da centinaia di anni. Non più, dalla Guerra delle Rivelazioni".
"Allora perché? perché è successo a Dajh?"
perché Dajh? C'erano altri bambini nello stesso posto, a tonnellate. Bambini della stessa età di Dajh. No, doveva proprio essere un bambino? C'erano adulti lì. Non avrebbe avuto importanza se invece fosse stato scelto uno di loro. Allora perché, perché ha scelto Dajh?
"Ad essere onesti, non lo sappiamo. Possiamo solo pensare che sia stato giudicato dal fal'Cie come la scelta migliore".
"Un bambino di sei anni? E' ridicolo!"
"Mr. Katzroy...", aprì le labbra come per dire qualcosa, ma allontanò lo sguardo senza dire nulla. "Sa qualcosa", pensò Sazh. "Mi sta ancora nascondendo qualcosa".
"La PSICOM... il Sanctum, cos'hanno a che fare con Dajh?"
Nabaat aveva detto nell'aeronave che la sicurezza di Dajh era importante. Ma Sazh sapeva che l'esercito non avrebbe impiegato così tante risorse per un solo bambino.
"Se prende quel che sto per dirle come un segreto..."
"Bingo", pensò Sazh. Nabaat lo fissò dritto negli occhi.
"Un grosso pericolo si sta avvicinando a Cocoon. Abbiamo osservato Pulse, e sappiamo che è in corso un'invasione".
"Huh?"
Cosa voleva dire con "un invasione"? Da Pulse? Era una cosa troppo grande, non riusciva a capire cosa intendesse dire.
"Il Sanctum sta cercando di trattenere un annuncio pubblico, ma quel che è accaduto all'impianto non è stato un incidente. E' stato causato da nemici provenienti da Pulse".
La nebbia bianca, il tremare della terra, il Sanctum aveva annunciato che si era trattato soltanto di un incidente. Ma invece era stato pianificato, da Pulse.
"La ragione per cui ci sono stati così pochi danni è stata Dajh. Lui è stato scelto dal fal'Cie per essere un l'Cie".
"Impossibile. Come potrebbe fare qualcosa un bambino di sei anni?"
Era incredibile. Come poteva, un bambino di soli sei anni, fare qualcosa contro nemici provenienti da Pulse?
"E' la verità", disse Nabaat, interrompendolo.
"Ma i nemici sono scappati, sono ancora a piede libero. Non sappiamo quando o dove ci sarà il prossimo attacco. Ecco perché le stiamo chiedendo di cooperare".
"Cooperare?"
Non riusciva a pensare a tutto questo se non come ad un orribile scherzo. Cooperare? Con cosa?
"Dajh è stato scelto. Lui è la chiave per salvare Cocoon. Potrà non essere consapevole del suo potere, ma il Sanctum gli darà supporto. Lui fronteggerà l'invasione da Pulse. Perciò la prego, Mr. Katzroy, ci aiuti".
"Non so cosa rispondere. E' davvero... troppo".
Voleva sentire una spiegazione più concreta. Non riusciva a capire niente. Non gli importava di questa invasione da Pulse. Voleva soltanto sapere quando sarebbe stato in grado di riportare Dajh a casa.
... c'era una qualche possibilità, per loro, di tornare ad una vita normale?
"Sì, sì capisco". Nabaat annuì diverse volte. Non sembrava un soldato in quel momento, ma un'insegnante che parla con un bambino piccolo.
"Non le stiamo chiedendo di fare niente di speciale. Vorremmo solo che vegli su di lui".
"Devo sembrare proprio un bambino imbronciato in questo momento", pensò Sazh.
"Non sappiamo quale Focus o quali poteri Dajh abbia ricevuto. Stiamo provando a scoprirlo il prima possibile, ecco perché stiamo conducendo quelle indagini. Sfortunatamente, non possiamo ancora permetterle di visitarlo, ma capisco che è molto preoccupato. Quindi la prego..."
Focus? Oh, certo. Se un l'Cie non completa il suo Focus si trasformerà in un Cie'th. Ecco quel che stava dicendo. Adesso la cosa più importante era scoprire quale fosse questo "Focus". Aveva capito. Con la testa aveva capito, ma con il suo cuore...
"Proverò a vedere se potrà fargli visita domani. Ma dovremo fare quanti più test ci è possibile oggi. Quindi la prego, aspetti un altro giorno".
Non c'era nulla che Sazh potesse dire.



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